«La prova che l’IVA sia inclusa o meno nel corrispettivo concordato per la fornitura di beni o la prestazione di servizi incombe sul creditore che agisca per il relativo pagamento».
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso numero 1612/2022 proposto da C.R. nei confronti di una società siciliana per una causa avente ad oggetto un contratto d'opera per lavori di fornitura e posa di infissi. La società in questione aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del ricorrente C.R. per il pagamento del saldo della fornitura oggetto della disputa. Il decreto è stato poi opposto dall'ingiunto, articolando domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto a causa delle infiltrazioni d'acqua attraverso gli infissi acquistati, nonché la riduzione del prezzo preventivamente concordato. Il complesso ricorso viene accolto dalla Corte di Cassazione solo per uno dei cinque motivi sottoposti alla sua attenzione. La Suprema Corte infatti, si è concentrata sulla violazione e sulla falsa applicazione degli articolo 2097 e 2709 c.p.c., per avere secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado, erroneamente disatteso il gravame in relazione alla contestazione del credito, in particolare sottolineando come l'opponente non avesse assolto l'onere di provare che il prezzo concordato fosse o meno esente da IVA. Proprio su questo punto il Collegio ha sottolineato come tale affermazione abbia condizionato la causa, aggiungendo poi come l'imposta di IVA costituisca una parte di quanto dovuto al creditore, la cui prova, incombe su colui che ne chiede il relativo pagamento e non sul debitore. Proprio per avvallare queste convinzioni, la Suprema Corte ha pronunciato un importante principio, secondo il quale «la prova che l'IVA sia inclusa o meno nel corrispettivo concordato per la fornitura di beni o la prestazione di servizi incombe sul creditore che agisca per il relativo pagamento».
Presidente Di Virgilio – Relatore Casadonte Rilevato in fatto che - la società M. e L.F. s.numero c. di L.F.F. & C. otteneva, dal tribunale di Patti-sezione distaccata di Sant'Agata Militello, decreto ingiuntivo nei confronti di C.R. per il pagamento del saldo della fornitura e posa di infissi -l'ingiunto proponeva opposizione al suddetto decreto, articolando domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto in ragione delle infiltrazioni d'acqua attraverso gli infissi e, in subordine, la riduzione del prezzo concordato - l'adito tribunale respingeva l'opposizione del C. che impugnava la decisione avanti alla corte d'appello di Messina - la corte territoriale ha confermato il rigetto dell'opposizione sulla premessa che era corretta la qualificazione in termini di contratto d'opera dell'accordo negoziale come operata dal tribunale - il giudice d'appello ha poi argomentato che, a prescindere dai profili di inammissibilità per la novità dell'allegazione circa l'efficacia interruttiva della decadenza e della prescrizione a seguito dell'asserito riconoscimento dei vizi, non poteva comunque ravvisarsi alcun riconoscimento nella collocazione di una bacchetta di legno agli infissi da parte della ditta esecutrice, collocazione effettuata per mera cortesia ciò in quanto è rimasto accertato, anche nell'ambito della ctu, che la ditta aveva avvertito della possibilità di infiltrazioni a causa dell'assenza di canalette di scolo, imputabile alla parte committente - da ultimo il giudice d'appello ha disatteso il gravame in relazione alla contestazione del credito, argomentando che l'opponente non aveva assolto all'onere di provare che il prezzo concordato era esente o meno da IVA - la cassazione della sentenza d'appello è chiesta con ricorso affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso, pure illustrato da memoria, la società M.G. e L.F.F. s.numero c. di L.F.F. & C Considerato in diritto che - Con il primo motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la violazione/falsa applicazione dell'articolo 345 c.p.c., e dell'articolo 2226 c.c., per avere la corte d'appello erroneamente, se pure incidentalmente, dichiarato l'inammissibilità in appello per novità della questione della controeccezione di non operatività di decadenza e prescrizione dell'azione per vizi dell'opera in ragione del riconoscimento dei vizi asseritamente effettuato dal prestatore d'opera - con il secondo motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, la violazione dell'articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia e l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti nonché l'omesso esame di fatti rilevanti accertati dalla CTU e la violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c. - con il terzo motivo si deduce la violazione del combinato disposto dell'articolo 2226 c.c., comma 3, e dell'articolo 1667 c.c., nonché l'omessa applicazione e violazione degli articolo 2946 e 1227 c.c., per avere la corte erroneamente escluso il riconoscimento dei difetti da parte del prestatore d'opera e, conseguentemente, dichiarato l'appellante decaduto dall'azione di garanzia e l'azione prescritta - con il quarto motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la violazione degli articolo 112 e 116 c.p.c., dell'articolo 2226 c.c., e dell'articolo 1168 c.c., comma 1, per non avere il giudice d'appello individuato e valorizzato l'esistenza di concause delle infiltrazioni addebitabili alla negligenza e imperizia della ditta prestatrice d'opera e valutato le stesse ai fini del risarcimento dei danni - con il quinto motivo si deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3, 4 e 5, la violazione o falsa applicazione degli articolo 2697 e 2709 c.c., per avere la corte d'appello erroneamente concluso che l'appellante non aveva assolto l'onere probatorio in ordine alla circostanza che il prezzo concordato tra le parti fosse o meno comprensivo di Iva - ciò posto va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per decadenza ai sensi dell'articolo 327 c.p.c., poiché l'ultimo giorno utile per l'impugnazione, e cioè il 28 gennaio 2017 cadeva nel giorno di sabato secondo il relativo calendario e, pertanto, ai sensi dell'articolo 155 c.p.c., comma 5, lo stesso è prorogato di talché il termine ultimo doveva ritenersi il successivo lunedì 30 gennaio 2017, giorno nel quale risulta effettuata la notifica del ricorso in esame - tanto premesso, i motivi di ricorso possono essere raggruppati ed esaminati insieme i primi tre perché attengono tutti alla questione del riconoscimento dei vizi che secondo il ricorrente sarebbe avvenuto da parte della ditta prestatrice d'opera con la conseguenza che non si sarebbe verificata alcuna decadenza dalla denuncia e alcuna prescrizione dell'azione di garanzia - le censure sono infondate perché, come sopra evidenziato, la corte ha motivato sul punto sostenendo che la collocazione della bacchetta di legno agli infissi da parte della ditta esecutrice è stata effettuata per mera cortesia e non può essere valorizzata come riconoscimento di cattiva esecuzione dell'opera - la corte territoriale ha, peraltro, ritenuto di evidenziare, preliminarmente, l'inammissibilità dei rilievi in esame in quanto nuovi - il ricorrente contesta detta statuizione, ma la questione è assorbita dalla declaratoria di infondatezza del motivo di appello, giustificata dalla ritenuta inidoneità della bacchetta di legno posata dalla società fornitrice degli infissi a configurare il riconoscimento di vizi, stante la ritenuta prevalenza causale della mancata realizzazione della canaletta di scolo che avrebbe consentito all'acqua di defluire verso l'esterno e non riversarsi verso l'interno dell'abitazione - appare pure infondata la censura incentrata sull'omesso esame di circostanze di fatto dedotte dall'opponente C. l'esistenza di vizi diversi e di interventi riparatori ma prive, nella ricostruzione operata dal giudice d'appello, di valenza decisiva alla stregua delle risultanze istruttorie - il quarto motivo è pure infondato perché la censura attinge il giudizio di causalità formulato avendo riguardo alle concause delle infiltrazioni ed asseritamente addebitabili, secondo il ricorrente, alla negligenza ed imperizia della ditta - il ricorrente censura la conclusione della corte senza, però, specificare in quale vizio interpretativo sarebbe incorso il giudice di appello nell'apprezzamento dei fatti accertati attraverso l'istruttoria e la ctu cfr. Cass. sez. Unumero 20867/2020 , con la conseguenza che la critica finisce per basarsi sulla non condivisione della conclusione del ragionamento del giudice di merito, diversa da quella propugnata dal ricorrente - il quinto motivo appare, invece, fondato - appare, infatti, inficiata dalla violazione degli articolo 2697 e 2709 c.c., l'affermazione della corte d'appello con cui a pag. 6 della sentenza impugnata si afferma che rientra fra i fatti impeditivi, modificativi o estintivi del credito, la cui prova grava sull'opponente, la circostanza di fatto che il prezzo concordato tra le parti sia o meno comprensivo di IVA - tale imposta, disciplinata dal D.P.R. numero 633 del 19721, costituisce infatti una parte del quantum dovuto al creditore, la cui prova, secondo i principi generali, incombe su chi ne chieda il relativo pagamento e non sul debitore che ne contesti la spettanza cfr. Cass. 19502/2009 , potendo le parti, a prescindere dai presupposti di legge che ne regolano la sussistenza e l'importo verso lo Stato, raggiungere uno specifico accordo in ragione delle condizioni soggettive o di altri profili negoziali -la fondatezza del motivo comporta l'accoglimento sul punto del ricorso e la cassazione della sentenza in relazione ad esso, con rinvio alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, perché riesamini l'impugnazione alla luce del seguente principio di diritto la prova che l'IVA sia inclusa o meno nel corrispettivo concordato per la fornitura di beni o la prestazione di servizi incombente sul creditore che agisca per il relativo pagamento - il giudice del rinvio provvederà altresì per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il quinto motivo, respinti gli altri cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.