Due immobili in eredità all’ex moglie, confermato il suo diritto all’assegno divorzile: decisivo il richiamo alla vita da casalinga

Confermato l’obbligo dell’uomo di garantire ogni mese il proprio contributo economico all’ex moglie. Decisivo il richiamo ai sacrifici affrontati dalla donna e consistiti nell’interrompere gli studi universitari per dedicarsi completamente alla famiglia.

La maggiore solidità economica dell'ex moglie, che ha ereditato ben due immobili, non basta, checché ne dica l'ex marito, per negarle l' assegno divorzile . Decisivo e favorevole alla donna il riferimento ai sacrifici da lei fatti durante il matrimonio e consistiti nell'interrompere gli studi universitari e nel dedicarsi completamente alla famiglia. In primo grado l'ex marito ottiene una parziale vittoria e vede ridotto a 500 euro l'assegno di divorzio, originariamente fissato in 1.000 euro, da versare all'ex moglie. Questa decisione viene collegata al «peggioramento della situazione economica» dell'uomo e al contemporaneo «miglioramento di quella della donna». In secondo grado, però, l'uomo vede respinta la sua ulteriore richiesta di vedere revocato l'assegno riconosciuto all'ex moglie. Per i giudici d'Appello, difatti, non può essere trascurato il matrimonio preso in esame, durato trent'anni, impreziosito da tre figli e caratterizzato dai sacrifici affrontati dalla donna, la quale «ha dovuto interrompere gli studi universitari di Medicina e ha sempre svolto attività di casalinga , dedicandosi alla cura della famiglia». Impossibile, quindi, revocare l'assegno divorzile riconosciuto alla donna, proprio tenendo delle « aspettative professionali ed economiche» da lei sacrificate sull'altare della famiglia. Secondario, invece, il riferimento alla riduzione del «reddito netto da attività professionale» percepito dall'uomo e alla contemporanea acquisizione per la donna di due immobili ricevuti in eredità, immobili idonei a produrre reddito «attraverso la vendita o la locazione». Inutile il ricorso in Cassazione proposto dall'uomo. Respinta, difatti, la sua richiesta di vedere cancellato in via definitiva l'obbligo di versare ogni mese l'assegno divorzileall'ex moglie. Per i Giudici di terzo grado, difatti, non si può ignorare che l'assegno divorzile è anche uno strumento destinato a consentire al coniuge più debole economicamente «il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate». E questa visione è stata correttamente applicata nella vicenda in esame, poiché, osservano i Giudici, si sono adeguatamente apprezzati «il contributo della donna alla gestione familiare» e «il sacrificio da lei affrontato consistente nell'interruzione dei propri studi universitari». Confermato, quindi, l'assegno divorzile in favore della donna, assegno ricalcolato tenendo conto delle «mutate condizioni reddituali di entrambi gli ex coniugi».

Presidente Bisogni – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - In data 3 febbraio 2017 la Corte di appello di Firenze, in sede di reclamo, aveva determinato in Euro 1.000,00 mensili l'assegno di divorzio che F.A. doveva corrispondere alla moglie M.P. . Decidendo sulla richiesta di modifica delle condizioni di divorzio, il Tribunale di Livorno, in considerazione del peggioramento della situazione economica di F. e del miglioramento di quella di M.P. , ha rideterminato l'assegno divorzile nell'importo di Euro 500,00. 2. - F. ha proposto reclamo instando per la revoca dell'assegno. Ha resistito la ex-moglie. La Corte di appello di Firenze ha respinto l'impugnazione ha rilevato che il mantenimento dell'assegno trovava giustificazione nella funzione perequativo-compensativa del contributo da erogarsi e, specificamente, nel fatto che veniva in questione un matrimonio che era durato trent'anni, da cui erano nati tre figli il più piccolo dei quali minorenne al momento della separazione, e affidato alla madre matrimonio in costanza del quale M.P. - che aveva dovuto interrompere gli studi universitari di medicina - aveva sempre svolto attività di casalinga, dedicandosi alla cura della famiglia. La Corte di merito ha perciò ritenuto che l'assegno di divorzio non potesse essere revocato, dovendosi guardare alle aspettative professionali ed economiche che il coniuge più debole ha dovuto sacrificare. Ha poi osservato che la statuizione del primo giudice doveva essere modificata, dal momento che, per un verso, nel periodo di imposta 2017, il reddito netto da attività professionale di F. si era ridotto a Euro 16.480,00 e, per altro verso, il patrimonio dell'ex moglie si era incrementato, avendo la stessa ereditato due immobili nel 2018 cespiti, questi, da cui era possibile ritrarre reddito attraverso la vendita o la locazione. 3. - Contro il decreto della Corte di Firenze depositato il 31 ottobre 2019, ricorre per cassazione, con un unico motivo, F.A. . M.P. , intimata, non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1. - Il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6. Osserva che presupposto indefettibile dell'erogazione dell'assegno di mantenimento a beneficio del coniuge è la disparità reddituale a sfavore del soggetto che richieda l'assegno stesso e che, nella fattispecie, la condizione di sfavore era riferibile proprio ad esso istante e cioè al soggetto tenuto alla contribuzione di cui trattasi. 2. - Il motivo non ha fondamento. L'istante, nell'esaltare il dato delle disponibilità economiche che l'intimata si sarebbe procurata con l'acquisizione dei due immobili oltre che di altre fonti di reddito, rimaste però estranee all'accertamento della Corte di merito mostra, di fatto, di conferire rilievo assorbente alla funzione assistenziale dell'assegno di mantenimento. In base al recente e noto arresto delle Sezioni Unite, invece, all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate Cass. Sez. U. 11 luglio 2018, numero 18287 . In tal senso, l'assegno divorzile deve assicurare all'ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita - assistenziale, perequativa e compensativa -, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri Cass. 17 febbraio 2021, numero 4215 . La Corte di appello, apprezzando, per un verso, il contributo dell'intimata alla gestione familiare e il sacrificio, dalla stessa affrontato, consistente nell'interruzione dei propri studi universitari e, per altro verso, le mutate condizioni reddituali di entrambi gli ex coniugi -comunque rilevanti quali giustificati motivi atti a giustificare una revisione della statuizione originariamente assunta in punto di assegno di mantenimento -, ha reso una decisione che si sottrae a censura. Infatti, il mantenimento dell'assegno nell'importo ridotto è pienamente coerente con la valorizzazione dei tre profili che si sono sopra indicati e sottende l'accertamento, in questa sede non sindacabile, quanto al fatto che il divorzio abbia comunque prodotto uno squilibrio economico ai danni della moglie. 3. - Segue il rigetto del ricorso. 4. - Le spese del giudizio di legittimità sono regolate dal principio di soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.