Decisiva la ricostruzione dell’episodio. Fondamentale in questa ottica il racconto fatto dal giovane. Irrilevante, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, che la dazione di denaro si sia verificata in un unico caso.
Trenta euro ricevuti per mano del giovane – minorenne, per giunta – che in strada vende il proprio corpo sono sufficienti per parlare di sfruttamento della prostituzione . Ricostruito l'episodio denunciato dal giovane, i giudici di merito ritengono inevitabile la condanna dell'uomo sotto processo, considerato colpevole di «sfruttamento della prostituzione» poiché «si è fatto consegnare, in una circostanza, la somma di 30 euro» che il ragazzo – minorenne – aveva a disposizione in quanto «provento del meretricio» da lui esercitato sulla strada. Consequenziale la pena, fissata in quattro anni di reclusione e 11mila euro di multa. Col ricorso in Cassazione, però, l'uomo sotto processo prova a demolire l'intero castello accusatorio. In prima battuta egli sostiene non si possa parlare di « prostituzione minorile », poiché il ragazzo – con cui aveva avuto rapporti sessuali – «esercitava liberamente e autonomamente il meretricio». In seconda battuta, poi, egli parla di «singola condotta di sfruttamento» da ritenere «inoffensiva», difettando dei «requisiti di sistematicità ed abitualità richiesti ex lege», e «svincolata dai guadagni derivati al minore dall'esercizio della prostituzione». L'uomo presenta l'episodio denunciato dal ragazzo come «una generica richiesta di danaro » e sottolinea «la mancanza di un nesso sinallagmatico tra la somma richiesta e il meretricio praticato volontariamente dal giovane». Di conseguenza, va escluso, sostiene ancora l'uomo, «lo sfruttamento» della prostituzione esercitata liberamente dal ragazzo, anche perché «non vi è alcuna prova della consapevolezza in merito alla provenienza del denaro posseduto dal giovane». Inutili le obiezioni proposte dall'uomo a propria discolpa. Per i Giudici di terzo grado, difatti, è incontestabile «la condotta di sfruttamento» da lui compiuta e concretizzatasi «nel conseguimento della somma di 30 euro ottenuta in cambio della protezione offerta al ragazzo». E in questa ottica «è irrilevante l'asserita unicità della condotta» compiuta dall'uomo. Decisiva è la ricostruzione dell'episodio. Difatti, è emerso che «l'uomo si è recato più volte sul luogo in cui il giovane esercitava la prostituzione, sia pure senza svolgere alcuna attività propulsiva od agevolatrice dell'attività autonomamente praticata dal giovane», e quest'ultimo ha raccontato che, «dopo alcuni rapporti sessuali» tra loro due, «l'uomo si è fatto consegnare dal giovane la somma di 30 euro» che rappresentava «il provento dei guadagni derivati dalla prostituzione».
Presidente Marini – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 26.10.2020 la Corte di Appello di Venezia, nel rigettare l'appello tanto dell'imputato quanto della procura Generale, ha affermato la penale responsabilità di G.D. per il reato di cui all' articolo 600 bis c.p. , per aver sfruttato la prostituzione di un ragazzo minorenne, con il quale aveva rapporti sessuali, facendosi consegnare in una circostanza la somma di Euro 30,00 quale provento del meretricio, e, pur avendo escluso l'aggravante di cui all' articolo 61 c.p. , numero 9 e riqualificato la circostanza di cui all' articolo 602 ter c.p. , comma 3, ai sensi dell' articolo 600 sexies c.p. , ha confermato la pena comminatagli dal Tribunale di Padova di quattro anni di reclusione ed Euro 11.000,00 di multa. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all' articolo 173 disp. att. c.p.p. . 2.1. Con il primo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all' articolo 600 bis c.p. e al vizio motivazionale, che la condotta ascrittagli possa essere ricondotta al delitto di prostituzione minorile, la cui ratio è quella di apprestare tutela alla condizione di libertà del minore venendo punite tutte quelle condotte che, compromettendone lo sviluppo fisico, psicologico, spirituale e morale, lo sottopongono al potere altrui riducendolo ad una “res”. Assume che risultando, invece, l'attività di prostituzione liberamente ed autonomamente svolta dalla vittima, la singola condotta di sfruttamento - avendo la Corte di appello escluso il favoreggiamento ritenuto dal giudice di primo grado in relazione alle ulteriori condotte consistite nella mera presenza dell'imputato sul luogo del meretricio all'interno della sua auto senza svolgere alcuna attività propulsiva o agevolatrice nei confronti del ragazzo - dovesse ritenersi inoffensiva, difettando dei requisiti di sistematicità ed abitualità richiesti ex lege, nonché svincolata dai guadagni derivati al minore dall'esercizio della prostituzione, atteggiandosi, piuttosto, ad una generica richiesta di danaro la mancanza di un nesso sinallagmatico tra la somma richiesta dall'imputato e il meretricio praticato volontariamente dal giovane esclude, in ciò sostanziandosi il nucleo della contestazione difensiva, lo sfruttamento erroneamente ritenuto dai giudici del gravame integrante la tipicità della condotta illecita. 2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all' articolo 600 bis c.p. e al vizio motivazionale, l'elemento psicologico del reato non essendoci alcuna prova della conoscenza da parte dell'imputato in ordine alla provenienza del danaro posseduto dalla p.o., che neppure sapeva si prostituisse, evidenziando come dal verbale dell'incidente probatorio emergesse solo una richiesta di soldi da parte dell'uomo nel mentre si trovava, con il ragazzo a bordo della sua auto, a far benzina. Deduce al riguardo la contraddittorietà della motivazione, non avendo la Corte di appello considerato il contesto in cui era avvenuta la conoscenza fra il minore e l'imputato, del tutto estraneo all'attività di prostituzione, l'interessamento da parte di quest'ultimo per cercare un lavoro regolare al minore ed il soccorso prestatogli in un'occasione del tutto avulsa dal meretricio, ma legata invece all'abuso di sostanze alcoliche, l'aspetto e l'abbigliamento ordinario del giovane che non consentiva di presumerne alcun legame con il mondo della prostituzione, nonché l'irrisorietà della somma richiestagli, pari ad appena 30 Euro, specie se rapportata alla regolare attività lavorativa svolta dal prevenuto, non bisognevole di ulteriori fonti di sostentamento. 2.3. Con il terzo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, la consapevolezza da parte dell'imputato dell'età della vittima, evincendosi dalla motivazione resa dalla Corte di appello, secondo cui le sembianze del minore non sarebbero state suscettibili di percezione erronea e non era plausibile che l'uomo non si fosse informato dell'età del giovane, al più una condotta omissiva colposa e come tale non punibile atteso che al momento del fatto, risalente al 2007, non era vigente l' articolo 602 quater c.p. , richiedendosi invece che l'agente fosse a conoscenza della minore età della p.o Precisa che dall'istruttoria dibattimentale era emerso che questi non aveva mai riferito all'uomo la sua età e che le occasioni d'incontro fra i due, assolutamente sporadiche e fugaci, non avessero consentito di approfondire la vicendevole conoscenza, essendo al contrario emerse circostanze, quali il fatto che il ragazzo era intenzionato ad andare a vivere da solo e che volesse prendere la patente, che inducevano a ritenere che la maggiore età fosse stata da costui ampiamente raggiunta. 3. Con successiva memoria redatta 13.11.2021 il difensore ha ulteriormente sviluppato i motivi del ricorso. Considerato in diritto 1. Il primo motivo deve essere dichiarato inammissibile. Nel far leva sulla esclusione, ad opera della Corte distrettuale, della rilevanza penale delle condotte ricondotte dal primo giudice al favoreggiamento della prostituzione, la difesa vorrebbe, con operazione ermeneutica a dir poco ardita, negare l'offensività della condotta dello sfruttamento che i giudici del gravame individuano, invece, con compiutezza di ragionamento nel conseguimento della somma di Euro 30,00 ottenuta dall'imputato in cambio della protezione offerta al ragazzo. Va in primo luogo rilevato che l'abitualità non costituisce elemento integrante il reato di sfruttamento della prostituzione, il quale consiste, così come l'omologo reato di cui alla L. numero 75 del 1958, articolo 3, in una consapevole partecipazione, anche occasionale, ai proventi ai guadagni che il minore si procura con il commercio del proprio corpo, ovvero nel trarre una qualche utilità, anche di natura non economica, dall'attività sessuale della prostituzione Sez. 3, Sentenza numero 21335 del 15/04/2010 - dep. 04/06/2010, Rv. 247633 Sez. 3, Sentenza numero 741 del 24/10/2018 - dep. 09/01/2019, Rv. 274762 . Del resto, tanto la dottrina quanto la giurisprudenza lo annoverano nell'ambito dei delitti di natura solo eventualmente abituale, potendosi risolvere tanto in un'unica condotta, quanto nella reiterazione di più azioni omogenee, le quali, pur costituendo di per sé reato se considerate isolatamente, danno vita ad un'unica figura delittuosa Sez. 3, Sentenza numero 364 del 17/09/2019 - dep. 09/01/2020, Rv. 278392 , non rilevando la circostanza, ai fini della configurazione dell'attività illecita dell'agente, che ad esercitare la prostituzione sia un minore e non già un soggetto maggiorenne, differenziandosi il reato ex articolo 600 bis c.p. , da quello di cui alla L. numero 75 del 1958, articolo 3, per la maggiore riprovevolezza della condotta, di cui è frutto il più severo trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore, posta in essere ai danni di un soggetto passivo la formazione della cui personalità è ancora in via di formazione e che, perciò, viene messa a repentaglio da qualsiasi attività di mercificazione del suo corpo. Se, quindi, del tutto irrilevante ai fini dell'affermazione di responsabilità è l'asserita unicità della condotta, le restanti censure di natura eminentemente valutativa del compendio istruttorio non possono trovare ingresso nella presente sede di legittimità. Emerge con chiarezza dalla ricostruzione in fatto effettuata dai giudici del gravame come il prevenuto si fosse recato più volte sul luogo in cui il minore esercitava la prostituzione, sia pure senza svolgere alcuna attività propulsiva od agevolatrice dell'attività autonomamente praticata dal giovane, e come la stessa notte, successiva al fatto, in cui era stata sporta denuncia contro di lui sia stato visto dagli agenti di PG sul luogo di esercizio abituale del meretricio in attesa del ragazzo, come da lui stesso dichiarato, senza che sia stata ritenuta plausibile, in ragione dell'abbigliamento da costui indossato una tuta da ballerino, aderente al corpo , del tutto anomalo per una guardia penitenziaria, la giustificazione addotta secondo la quale si erano dati appuntamento per bere una birra. È stata perciò ritenuta attendibile la versione della vittima in ordine alla circostanza che, dopo alcuni incontri avvenuti nel luogo ove il giovane svolgeva l'attività di meretricio, in cui i due avevano avuto rapporti sessuali, il prevenuto si fosse fatto consegnare dal giovane la somma di 30 Euro, configurante il provento dei guadagni derivati dalla prostituzione, anche alla luce dei plurimi riscontri evidenziati dalla Corte lagunare, quali l'utilizzo, spiegabile solo in ragione delle losche intenzioni perseguite, di un nome di fantasia in luogo di quello di battesimo con cui l'imputato si era presentato al minore la convergente deposizione resa da S.F. , qualificatosi affidatario del ragazzo, che aveva peraltro annotato il numero della targa dell'auto dell'uomo consentendo così di pervenire alla riconducibilità del mezzo all'imputato le plurime telefonate da costui effettuate al minore la sera della denuncia, come del resto la sua presenza sul posto durante la stessa notte. 2. Deve, del pari, ritenersi inammissibile anche il secondo motivo. Il quadro fattuale che emerge dalla sentenza impugnata dimostra a tutto tondo, quand'anche la sua permanenza in macchina mentre il ragazzo esercitava la prostituzione non sia stata ritenuta l'esternazione dell'attività di protezione promessa al minore in cambio di precedenti prestazioni sessuali gratuite, la piena consapevolezza dell'imputato dell'attività svolta dal giovane e, conseguentemente, dell'origine del danaro da costui posseduto, senza che le contestazioni svolte dalla difesa in ordine all'elemento psicologico del reato, le quali si sviluppano esclusivamente nell'orbita del merito, possano ritenersi ammissibili in questa sede. Del resto, il ricorso riporta solo stralci delle dichiarazioni rese dal minore nel corso dell'incidente probatorio, relative alla richiesta di danaro da parte dell'imputato allorquando si era trovato insieme al ragazzo a far benzina, le quali non consentono di rilevare alcuna manifesta illogicità della motivazione a fronte della tesi sostenuta dalla difesa, secondo la quale solo questa sarebbe stata l'unica richiesta di danaro rivoltagli. Tale prospettazione, comunque in contrasto con le dichiarazioni del minore, secondo il quale l'uomo gli aveva chiesto una sera 30 Euro quale provento del meretricio e un'altra volta dei soldi per fare benzina, si risolve in un'allegazione non deducibile innanzi a questa Corte, non potendosi il ricorso ritenere sul punto autosufficiente l'estrapolazione di singoli passaggi dal complesso della prova dichiarativa non permette, trattandosi di tecnica volta a corroborare la tesi propugnata mediante l'indebita frantumazione dei contenuti probatori, di apprezzare la medesima nella sua integralità, senza che a tale carenza possa supplire l'elenco di atti menzionati in calce alla memoria integrativa, attraverso la quale si pretende una rivalutazione ex novo dell'intero compendio istruttorio. 3. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche per il terzo motivo. In nessuna violazione di legge risulta essere incorsa la Corte territoriale che, proprio considerando il diverso regime vigente in ordine alla consapevolezza dell'età della p.o. all'epoca del commesso reato, ha valorizzato, riannodandosi peraltro alle argomentazioni già spese dal Tribunale estense, oltre alle fattezze del giovane corrispondenti alla sua età ancora adolescenziale, gli elementi venuti a conoscenza dell'imputato, quali il fatto che vivesse con i nonni e il conflitto con l'avo con lui convivente, inidonee a dar adito a presunzioni divergenti circa l'età del ragazzo, quand'anche questi non gli avesse espressamente riferito la sua età. Il quadro complessivo tratteggiato, con motivazione compiuta ed intrinsecamente logica, dai giudici veneziani in ordine agli elementi conosciuti dall'imputato consente pertanto di ritenere la consapevolezza, anche qualora si ritenesse retroattivamente applicabile alla fattispecie delittuosa in esame l'ignoranza inevitabile sancita dall' articolo 602 quater c.p. , il cui inserimento nel testo codicistico è avvenuto con la L. 1 ottobre 2012, numero 172 , da parte di costui dell'età effettiva della giovane vittima. Non è, del resto, ravvisabile alcun travisamento delle dichiarazioni rese dalla p.o. sulle quali indulge la difesa, dietro la cui contestazione si cela soltanto la richiesta di una nuova e differente lettura delle medesime emergenze istruttorie esaminate dal Giudice del merito, richiedendosene a questa Corte ad una alternativa e più favorevole valutazione. Operazione questa che, lungi dal lasciare emergere una contraddittorietà processuale, è all'evidenza inammissibile, non essendo consentita un'interlocuzione diretta con la Suprema Corte in ordine al contenuto delle prove già ampiamente vagliate in sede di merito, posto che il compito del giudice di legittimità è limitato al controllo della coerenza strutturale della decisione, di cui può essere soltanto saggiata la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo e non l'apprezzamento delle risultanze istruttorie su cui si fonda. Invero, le argomentazioni addotte dalla sentenza impugnata non delineano affatto un rimprovero mosso all'agente per non aver adottato le cautele necessarie a verificare l'età del ragazzo, così come richiesto dal principio dell'ignoranza cd. evitabile sancito dall' articolo 602 quater c.p. , ma escludono alla radice la configurabilità dell'ignoranza in capo all'imputato, in difetto di alcun elemento che consentisse di equivocare l'età effettiva del ragazzo con la maggiore età. 3. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile, seguendo a tale esito l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 , quanto imposto dalla legge.