Niente reversibilità per la figlia disabile della pensionata se è ancora vivo il padre

Respinta la pretesa avanzata dalla ragazza nei confronti dell’INPS. Decisiva la mancata prova della “vivenza a carico” della madre oramai deceduta. Significativo anche il fatto che dallo stato di famiglia risulti la presenza del marito della pensionata.

Niente reversibilità per la figlia disabile della pensionata oramai deceduta. Decisiva la constatazione che la ragazza non abbia vissuto a carico della madre e che, soprattutto, sia ancora vivo il padre, il quale è in grado di fornirle un adeguato sostegno economico. A respingere la pretesa avanzata dalla figlia disabile della pensionata nei confronti dell'INPS sono innanzitutto i giudici di merito. Sia in primo che in secondo grado, difatti, viene esclusa la possibilità di riconoscere alla ragazza la pensione di reversibilità. Ciò perché non è stato provato «il requisito della “vivenza a carico”» della figlia nei confronti della madre. Inutile si rivela la decisione della ragazza di proporre ricorso in Cassazione. Anche i Giudici di terzo grado, difatti, escludono l'ipotesi della pensione di reversibilità in suo favore. Per fare chiarezza, comunque, i magistrati ribadiscono che «in caso di morte del pensionato» il figlio superstite «ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore» quando quest'ultimo è deceduto. E, aggiungono i Giudici, «il requisito della “vivenza a carico”», pur non identificandosi «indissolubilmente con lo stato di convivenza né con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile», va comunque «considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva in via continuativa, e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile». In questa vicenda, però, il requisito della “ vivenza a carico ” della ragazza rispetto alla madre non è stato assolutamente dimostrato, poiché sono stati depositati «esclusivamente il certificato di morte della pensionata e uno stato di famiglia da cui risulta peraltro la presenza, nel nucleo familiare, anche del marito della pensionata, il quale ben può provvedere al mantenimento» della figlia. In questo quadro è irrilevante, aggiungono i Giudici, «la mancata contestazione del requisito della “vivenza a carico” da parte dell'INPS nella fase amministrativa». Questo dettaglio non ha comunque liberato la ragazza dall'onere di provare la propria situazione di dipendenza dalla madre.

Presidente Doronzo – Relatore Piccone Rilevato che - con sentenza depositata il 21 novembre 2019, la Corte d'appello di Firenze, rigettando l'appello proposto da N.G. , ha confermato la decisione di primo grado che aveva ritenuto infondata la domanda della stessa volta ad ottenere la condanna dell'INPS alla corresponsione in proprio favore, in qualità di figlia disabile, della pensione della madre, S.A. , avvenuta in data omissis - la Corte in particolare, ha condiviso la decisione del Tribunale che aveva ritenuto la mancata allegazione e dimostrazione, da parte della ricorrente, del requisito della vivenza a carico che, unitamente a quello medico legale, costituisce presupposto indefettibile per la concessione del beneficio richiesto - per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso per cassazione N.G. , affidandolo a tre motivi - l'INPS ha rilasciato procura - è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in Camera di consiglio. Considerato che - con il primo motivo di censura si deduce la violazione e falsa applicazione della L. numero 903 del 1965, articolo 22, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , nnumero 3 e 5 - con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell' articolo 24 Cost. , nonché dell' articolo 420 c.p.c. , in merito alla non concessione di rimessione in termini per depositare documenti - con il terzo motivo si deduce la violazione dell' articolo 152 c.p.c. , in relazione alla condanna al pagamento delle spese di lite - il primo motivo e il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico - sistematiche, sono infondati - giova evidenziare, al riguardo, come correttamente la Corte d'Appello abbia fatto applicazione della consolidata giurisprudenza di questa Corte fra le tante, Cass. numero 9327 del 2018 , Cass. numero 1861 del 2019 secondo cui in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi, laddove il requisito della vivenza a carico , se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza nè con una situazione di totale soggezione finanziaria dei soggetto inabile, va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile tale accertamento di fatto è rimesso al giudice di merito e, pertanto, incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato nel caso di specie, secondo quanto si legge nella motivazione della sentenza di secondo grado, il requisito della vivenza a carico non è stato oggetto di alcuna allegazione essendo stato depositato esclusivamente il certificato di morte della madre ed uno stato di famiglia da cui risultava, peraltro, la presenza, nel nucleo familiare, anche del marito della madre della ricorrente, che ben avrebbe potuto provvedere al suo mantenimento correttamente la Corte ha escluso che la mancata contestazione del requisito della vivenza a carico da parte dell'INPS nella fase amministrativa esonerasse la parte dagli oneri di allegazione che sulla stessa incombono nella fase giudiziale inerendo agli elementi costitutivi del diritto vantato d'altro canto, considerata la piena autonomia tra l'accertamento amministrativo e l'azione giudiziaria, la prima si pone esclusivamente quale condizione di procedibilità della seconda quanto alla dedotta violazione dell' articolo 24 Cost. , deve ritenersi sussistente un difetto di specificità, in violazione dell' articolo 366 c.p.c. , poiché nulla al riguardo viene rinvenuto in atti relativamente, infine, alla dedotta violazione dell' articolo 152 disp. att. c.c. , va rilevato che la Corte d'Appello ha liquidato le spese, secondo il principio della soccombenza, ai sensi del D.M. numero 55 del 2014 come affermato da questa Corte V. Cass. numero 16616 del 2018 , in tema di esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali, l' articolo 152 disp. att. c.p.c. , nel testo modificato dal D.L. numero 269 del 2003, articolo 42, comma 11, conv. con modif. nella L. numero 326 del 2003 , laddove fa carico alla parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell'esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, di rendere apposita dichiarazione sostitutiva nelle conclusioni dell'atto introduttivo va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell'atto introduttivo del giudizio nella specie risulta dalla produzione documentale di parte ricorrente che la stessa aveva presentato apposita dichiarazione sostitutiva attestante le proprie condizioni reddituali conseguentemente, il requisito in questione deve reputarsi accertato e pertanto vanno ritenute non dovute le spese relative al giudizio di appello alla luce delle suesposte argomentazioni, il terzo motivo deve essere accolto e, decidendo la causa nel merito ai sensi dell' articolo 384 c.p.c. , devono dichiararsi non dovute le spese relative al giudizio d'appello le spese relative al giudizio di legittimità vanno compensate in ragione della parziale soccombenza sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, articolo 1 –bis, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la parte ricorrente non tenuta al pagamento delle spese relative al giudizio d'appello. Compensa le spese relative al giudizio di legittimità. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , articolo 1 –bis, comma 1 quater, ove dovuto.