Niente copertura del fondo di garanzia per il lavoratore che si è limitato a una sola esecuzione mobiliare nei confronti dell’impresa

Respinta la richiesta avanzata dal lavoratore nei confronti dell’INPS e mirata all’ottenimento di quasi 2mila e 200 euro. Per i Giudici è evidente che egli non ha tenuto una condotta diligente a tutela del proprio credito.

Esclusa la copertura del fondo di garanzia per il lavoratore che, pur vantando un credito lavorativo, si è limitato a una sola esecuzione mobiliare nei confronti dell’ex datore di lavoro – non soggetto a fallimento –. Decisivo è il passaggio in Corte d’appello. Lì i giudici respingono la richiesta avanzata da un lavoratore e mirata ad ottenere la condanna dell’INPS al pagamento di quasi 2mila e 200 euro come «ultime tre mensilità a carico del ‘Fondo di Garanzia’». Questa presa di posizione viene motivata con «l’insufficienza della sola esecuzione mobiliare tentata – senza altre ricerche –» dal lavoratore nei confronti del «datore di lavoro, non soggetto a fallimento». In sostanza, al lavoratore in credito verso l’azienda viene addebitata una condotta caratterizzata da scarsa diligenza.   In Cassazione il lavoratore fornisce, ovviamente, la propria versione, sostenendo si possa ritenere «sufficiente la sola esecuzione mobiliare tentata presso la sede dell’impresa», anche perché «l’ufficiale giudiziario ha dato atto di precedenti pignoramenti negativi di altri creditori». Il lavoratore prova a giustificare, quindi, la propria condotta, ritenendo non si potesse sobbarcare «azioni esecutive verosimilmente infruttuose». Prima di entrare nei dettagli della vicenda, i giudici di terzo grado ribadiscono che «ai fini della tutela prevista in favore dei lavoratori per i crediti a carico del ‘Fondo di Garanzia’, in caso di insolvenza del datore di lavoro, ove quest’ultimo non sia assoggettabile al fallimento, è ammissibile un’azione nei confronti del ‘Fondo’», purché, però, «il lavoratore abbia esperito in modo serio e adeguato, ancorché infruttuoso, una procedura di esecuzione forzata, salvo che risulti l’esistenza di altri beni aggredibili con l’azione esecutiva». Nel comportamento tenuto dal lavoratore in questo caso, però, i giudici riconoscono «la mancata diligenza ordinariamente esigibile». Ciò perché egli si è limitato, sottolineano i giudici, ad effettuare «un solo pignoramento mobiliare presso la sede del datore di lavoro, senza procedere, come pure avrebbe dovuto, ad effettuare altre ricerche presso altri luoghi nella disponibilità del datore di lavoro» e senza accertare «la titolarità di beni immobili» da parte dell’impresa.

Presidente Doronzo – Relatore Patti Rilevato che 1. con sentenza 26 novembre 2019, la Corte d'appello di Firenze rigettava la domanda di B.E. di condanna dell'Inps al pagamento di Euro 2.165,95, per ultime tre mensilità a carico del Fondo di Garanzia in riforma della sentenza di primo grado, che l'aveva invece accolta 2. in base alla ragione più liquida, rispetto a quella di prescrizione del credito, essa riteneva l'insufficienza della sola esecuzione mobiliare tentata, senza altre ricerche, a carico del datore di lavoro, non soggetto a fallimento 3. con atto notificato il 1 luglio 2020, il lavoratore ricorreva per cassazione con unico motivo, cui l'Inps resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell'articolo 380bis c.p.c Considerato che 1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 80 del 1992, articolo 1 anche con riferimento alla Direttiva 80/987/CEE, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto insufficiente la sola esecuzione mobiliare tentata presso la sede dell'impresa, pure avendo dato atto l'ufficiale giudiziario di precedenti pignoramenti negativi di altri creditori non potendosi onerare dell'esperimento di azioni esecutive verosimilmente infruttuose il lavoratore, che pure aveva dimostrato, con l'istanza presentata, rigettata dal Tribunale per carenza dei requisiti, non essere il proprio datore di lavoro soggetto a fallimento unico motivo 2. esso è infondato 3. è noto che, ai fini della tutela prevista in favore dei lavoratori per i crediti a carico del Fondo di Garanzia, in caso di insolvenza del datore di lavoro, ove quest'ultimo non sia assoggettabile al fallimento, sia ammissibile un'azione nei confronti del Fondo, purché il lavoratore abbia esperito in modo serio e adeguato, ancorché infruttuoso, una procedura di esecuzione forzata, salvo che risulti l'esistenza di altri beni aggredibili con l'azione esecutiva Cass. 11 luglio 2003, numero 10953 Cass. 1 luglio 2010, numero 15662 Cass. 20 novembre 2017, numero 27467 3.1. nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato in fatto, con argomentazione congrua non sindacabile nell'odierna sede di legittimità, la mancata diligenza ordinariamente esigibile dal lavoratore creditore, essendosi egli limitato ad effettuare un solo pignoramento mobiliare presso la sede del datore di lavoro , senza procedere, come pur avrebbe dovuto, ad effettuare altre ricerche presso altri luoghi nella disponibilità del datore di lavoro . così come accertare la titolarità di beni immobili, producendo una visura immobiliare negativa primo e secondo capoverso di pg. 4 della sentenza 4. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese di giudizio secondo il regime di soccombenza ed esenzione dal contributo unificato, come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.