Legittima la sospensione del medico no vax

Per i Giudici è prioritario il diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto alla posizione del singolo operatore sanitario restio a sottoporsi alla vaccinazione anti COVID.

Legittima la sospensione del medico che si oppone alla vaccinazione anti COVID. Prioritario è il diritto fondamentale alla salute della collettività, e ciò a maggior ragione quando la posizione no vax arriva da un esponente del personale sanitario che è tenuto, per legge e per il cosiddetto ‘giuramento di Ippocrate’, ad adoperarsi per curare i malati. Prevedibili ulteriori tappe nella battaglia giudiziaria tra il medico che ha rifiutato il vaccino anti COVID e l’Ordine dei medici che lo ha sospeso. Per ora, quindi, i giudici del Consiglio di Stato, pur non entrando nel merito della vicenda, si sono limitati a respingere la domanda cautelare con cui il medico ha chiesto di vedere annullato il provvedimento adottato dall’Ordine. Confermata, quindi, la sua sospensione in quanto medico no vax. Fondamentale il bilanciamento tra la pretesa del personale sanitario a non vaccinarsi – malgrado, spiegano i giudici, l’imponente quantità di studi scientifici che indicano la netta prevalenza del beneficio vaccinale anti Covid-19 per il singolo e per la riduzione progressiva della pandemia ancora gravemente in atto – e l’esigenza essenziale di protezione della salute collettiva. Su quest’ultimo aspetto si soffermano i giudici, ribadendo la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate. Questa prospettiva è ancora più solida quando il rifiuto di vaccinazione arriva da un medico che, per legge e ancor prima per il cosiddetto ‘giuramento di Ippocrate’, è tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui entri in diretto contatto nell’esercizio dell’attività professionale. Per spazzare via ulteriori dubbi a sostegno delle posizioni no vax, infine, i giudici ribadiscono che soltanto la massiva vaccinazione – anche ed anzitutto di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità – rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti. E all’ipotesi, fatta balenare dal medico, di una lesione irreparabile causata dalla vaccinazione i giudici ribattono che il danno sarebbe incomparabilmente più grave per la collettività dei pazienti e per la salute generale, rispetto a quello lamentato dal singolo operatore sanitario sulla base di dubbi scientifici certo non dimostrati a fronte delle ampie superiori prove, con l’erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane e sociali.

Presidente Frattini Visti il ricorso in appello e i relativi allegati Vista l'istanza di misure cautelari monocratiche proposta dal ricorrente, ai sensi degli articolo 56, 62, co. 2 e 98, co. 2, cod. proc. amm. Considerato che l'appello avverso il decreto monocratico cautelare adottato dal Presidente del Tribunale amministrativo regionale, a fronte del testuale disposto normativo di cui all' articolo 56 c.p.a ., può essere considerato ammissibile nei soli casi del tutto eccezionali di provvedimento che abbia solo veste formale di decreto ma contenuto sostanzialmente decisorio Considerato, quanto al fumus boni juris, che gli argomenti posti a base del decreto presidenziale appellato appaiono in linea con i criteri che il Consiglio di Stato ha indicato per valutare il bilanciamento tra la pretesa del personale sanitario a non vaccinarsi - malgrado l'imponente quantità di studi scientifici che indicano la netta prevalenza del beneficio vaccinale anti Covid 19 per il singolo e per la riduzione progressiva della pandemia ancora gravemente in atto - e la esigenza essenziale di protezione della salute collettiva Rilevato, ancora una volta da parte del Consiglio di Stato, che la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate, assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia - per legge e ancor prima per il cd. “giuramento di Ippocrate”- tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell'esercizio della attività professionale entri in diretto contatto Del resto, soltanto la massiva vaccinazione anche ed anzitutto di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità, rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti quanto ora sottolineato, anche sotto il profilo del danno irreparabile, indica che, semmai, esso sarebbe incomparabilmente più grave per la collettività dei pazienti e per la salute generale, rispetto a quello lamentato dall'operatore sanitario sulla base di dubbi scientifici certo non dimostrati a fronte delle amplissimamente superiori prove, con l'erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane, sociali e di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra Costituzione P.Q.M. respinge l'istanza cautelare di appello Il presente decreto sarà eseguito dall'Amministrazione ed è depositato presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all 'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 19 6, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.