La Corte di Cassazione sottolinea nuovamente l’oggettiva diversità tra il regime dei legali interni e quella dei liberi professionisti destinatari di incarichi professionali.
Il Tribunale liquidava ad un avvocato ben 61.005, 38 euro a titolo di compenso per il patrocinio svolto in favore della Provincia di Forlì – Cesena in alcune controversie civili. La suddetta Provincia ricorre in Cassazione sostenendo che il giudice di merito non avrebbe considerato che il professionista era stato officiato del patrocinio per il fatto di essersi già occupato delle cause «allorquando era legale interno dell'ente e che non vi era alcuna soluzione di continuità tra l'attività svolta prima e dopo la sua cessazione dal servizio, come provava il fatto che il difensore aveva continuato ad usufruire dei mezzi e dei locali dell'amministrazione, non disponeva di un proprio studio ed aveva svolto l'attività senza chiedere alcun rimborso spese». Il ricorso è inammissibile, in quanto la pronuncia ha considerato la possibilità di estendere all'avvocato il trattamento economico riservato ai legali interni, «osservando però che vi era un'oggettiva diversità di adempimenti e remunerazione rispetto ai difensori/liberi professionisti, osservando, inoltre che, nello specifico, la delibera di incarico non prevedeva la misura del compenso». Secondo la Corte di Cassazione, infatti, sussiste «un'oggettiva diversità tra il regime dei legali interni, inseriti nell'organizzazione amministrativa con vincolo di dipendenza e assoggettati ai regolamenti dell'ente di appartenenza, alla contrattazione collettiva e alla disciplina del rapporto di servizio, che ne stabiliscono i rispettivi diritti ed obblighi e quella dei liberi professionisti destinatari di incarichi professionali, che restano regolati dal contratto di mandato anche per gli aspetti di carattere economico» Cass. numero 7731/2007, CdS numero 8166/2019 . Per questi motivi il Collegio condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Presidente Lombardo – Relatore Fortunato Ragioni in fatto in diritto della decisione 1. L'avv. Z.V. ha chiesto la liquidazione di Euro 61.005,38 a titolo di compenso per il patrocinio svolto in favore della Provincia di Forlì-Cesena in talune controversie civili. Ha dedotto che con deliberazione di Giunta del 16.09.1997, l'ente, in occasione della cessazione dal servizio dello Z. , già dirigente del settore Avvocatura interna, gli aveva conferito l'incarico - come professionista esterno - per le cause di cui l'attore si era già occupato quando ancora era alle dipendenze dell'amministrazione, ma che, una volta espletato il mandato, le richieste di pagamento delle parcelle professionali non avevano sortito alcun effetto. Si è costituita la Provincia, sostenendo che i compensi dovevano essere calcolati in base ai minimi di tariffa, occorrendo evitare disparità di trattamento e garantire l'osservanza di una prassi interna, da reputarsi vera e propria fonte normativa. Il tribunale ha liquidato l'importo di Euro 61.005,35, oltre accessori, regolando le spese processuali. Per la cassazione dell'ordinanza, la Provincia di Forlì-Cesena propone un unico motivo di ricorso. L'avv. Z.V. resiste con controricorso e con memoria illustrativa. Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente inammissibile, poteva esser definito ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., in relazione all'articolo 375 c.p.c., comma 1, numero 5, il Presidente ha fissato l'adunanza in Camera di consiglio. 1.2. Con l'unico motivo di ricorso si denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Il tribunale non avrebbe considerato che l'avv. Z. era stato officiato del patrocinio per il fatto di essersi già occupato delle cause allorquando era legale interno dell'ente e che non vi era alcuna soluzione di continuità tra l'attività svolta prima e dopo la sua cessazione dal servizio, come provava il fatto che il difensore aveva continuato ad usufruire dei mezzi e dei locali dell'amministrazione, non disponeva di un proprio studio ed aveva svolto l'attività senza chiedere alcun rimborso spese. La pronuncia sarebbe errata anche laddove ha negato valenza normativa alla prassi interna di riconoscere i minimi di tariffa anche ai professionisti esterni. Il motivo è inammissibile. L'ordinanza ha specificamente considerato la possibilità di estendere allo Z. il trattamento economico riservato ai legali interni, osservando però che vi era un'oggettiva diversità di adempimenti e remunerazione rispetto ai difensori/liberi professionisti, osservando inoltre che, nello specifico, la delibera di incarico non prevedeva la misura del compenso. Proprio perciò il tribunale ha ritenuto irrilevante il contenuto delle disposizioni in materia di compensi professionali, a firma del dirigente del Servizio Affari Generali ed Istituzionali della Provincia, Dott. M.M. prot. XXXXX del OMISSIS , trattandosi di regolazione volta a vincolare il potere dell'amministrazione al momento della fissazione delle condizioni economiche del rapporto, le quali, nel caso concreto, non erano state adottate. Non vi era inoltre alcuna prova - secondo la pronuncia dell'esistenza anche di una prassi dell'ente volta a parificare il trattamento economico delle due categorie di professionisti, non potendo l'amministrazione invocarne - per tale preliminare ragione ostativa, su cui il ricorso nulla deduce - l'asserita cogenza normativa. Sussiste - per contro - un'oggettiva diversità tra il regime dei legali interni, inseriti nell'organizzazione amministrativa con vincolo di dipendenza e assoggettati ai regolamenti dell'ente di appartenenza, alla contrattazione collettiva e alla disciplina del rapporto di servizio L. numero 247 del 2012, articolo 23 , che ne stabiliscono i rispettivi diritti ed obblighi Cass. numero 7731 del 2007 Consiglio di Stato 8166/2019 , anche quanto ai limiti massimi erogabili a titolo di compenso D.L. numero 90 del 2014, articolo 9, comma 1, convertito con L. numero 114 del 2014 e quella dei liberi professionisti destinatari di incarichi professionali, che restano regolati dal contratto di mandato anche per gli aspetti di carattere economico. In ogni caso, nessuna delle circostanze asseritamente non valutate appare decisiva il mancato invio del preventivo non era indispensabile, trattandosi di incarichi per la difesa in giudizio suscettibili di perfezionarsi mediante il rilascio della procura, con conseguente quantificazione del compenso in base ai criteri di cui al D.M. numero 127 del 2004 applicabile ratione temporis in mancanza di accordo tra le parti, tenendo conto della complessità delle cause dell'impegno profuso e dei risultati ottenuti. Nè la circostanza che il resistente si fosse già occupato del medesimo contenzioso quale dipendente della Provincia o che si fosse avvalso dei mezzi e dei locali dell'amministrazione poteva condurre all'automatica applicazione dei minimi tabellari, potendo al più incidere sulla sola quantificazione dell'importo finale secondo i valori tariffari. Il ricorso è quindi inammissibile, con aggravio delle spese processuali liquidate in dispositivo. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%. Dà atto, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.