Nei procedimenti ai quali è applicabile il rito camerale, l’acquisizione dei mezzi di prova e, segnatamente dei documenti, è ammissibile sino all’udienza di discussione in camera di consiglio.
Il Tribunale di Catanzaro rigettava l'opposizione proposta da un cittadino straniero avverso il diniego della Commissione territoriale della domanda di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria. Lo straniero ricorre in Cassazione in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto inammissibili i documenti prodotti in udienza, «essendo invece applicabili alla fattispecie le norme relative al procedimento camerale di cui all'articolo 737 ss. c.p.c.». La doglianza è fondata. Secondo l'articolo 35-bis, d.lgs. numero 25/2008, «le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti previsti dall'articolo 35 del predetto d.lgs. anche per mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale a norma dell'articolo 32, comma 3, sono regolate dalle disposizioni di cui agli articolo 737 e seguenti del codice di procedura civile, ove non diversamente disposto dall'articolo in esame». Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità, «nei procedimenti ai quali è applicabile il rito camerale, l'acquisizione dei mezzi di prova e, segnatamente dei documenti, è ammissibile sino all'udienza di discussione in camera di consiglio, sempre che sulla produzione si possa considerare instaurato un pieno e completo contraddittorio, che costituisce esigenza irrinunziabile anche nei procedimenti camerali» Cass. numero 11319/2005, numero 5876/2012, numero 1656/2007 . Nel caso di specie, il ricorrente aveva il diritto di produrre i documenti alla stessa udienza, «indipendentemente dal fatto che i suddetti documenti fossero, o meno, afferenti a fatti sopravvenuti al deposito del ricorso». Per tutti questi motivi la S.C. accoglie il ricorso e rinvia al Tribunale di Catanzaro in diversa composizione.
Presidente Cesare – Relatore Caiazzo Rilevato in fatto che Il Tribunale di Catanzaro, con decreto del 10.3.2020, ha rigettato l'opposizione proposta da D.I. , cittadino della omissis , avverso il diniego della Commissione territoriale della domanda di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, osservando che il ricorrente aveva in precedenza presentato altra domanda di protezione internazionale, che fu rigettata premesso ciò, il ricorrente non aveva addotto nuovi elementi inerenti alla prospettata persecuzione che avrebbe subito in patria, non essendo peraltro ammissibile il documento presentato per la prima volta il 13.12.19 mandato di rappresentanza del candidato L. G. per le elezioni del 2010, privo di data, indicante il nome del ricorrente , non avendo al riguardo il ricorrente chiesto di essere rimesso in termini, non indicando come sia entrato in possesso di tale atto era da confermare il giudizio di non credibilità del ricorrente in ordine alla narrata vicenda persecutoria, considerato anche che lo stesso, in sede di audizione, non aveva saputo neppure spiegare il significato dell'acronimo del partito da lui sostenuto, XXX i documenti relativi all'asserita attività lavorativa dell'istante erano inammissibili perché prodotti per la prima volta in giudizio e in parte da considerare anche irrilevanti, quelli di formazione successiva, perché non integranti alcuna ipotesi di protezione internazionale non sussistevano dunque i presupposti dello status di rifugiato e neppure della protezione sussidiaria, D.Lgs. numero 251 del 2007, ex articolo 14, lett. a e b , ed ai sensi della lett. c , dato che dalle fonti esaminate aggiornate al 2019 non si desumeva che nella zona di provenienza del ricorrente fosse diffusa una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato non era riconoscibile la protezione umanitaria in quanto il ricorrente non aveva provato che la domanda reiterata sarebbe stata presentata il 3.5.18 l'unico documento su cui è apposta la data è il mandato difensivo , mentre la domanda presentata in Questura il 22.1.19 era successiva all'entrata in vigore del D.L. sicurezza . D.I. ricorre in cassazione con tre motivi. Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all'eventuale udienza di discussione. Ritenuto in diritto che Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articolo 115,116,183 e 738 c.p.c., D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bis, articolo 10 - 16 direttiva numero 2013/32/UE, 13CEDU, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto inammissibili i documentali prodotti in udienza, essendo invece applicabili alla fattispecie le norme relative al procedimento camerale di cui all'articolo 737 c.p.c. e ss., che non contemplano decadenze per la produzione documentale, con previsione di ampi poteri d'ufficio del giudice anche per l'acquisizione documentale. Il ricorrente lamenta altresì che l'accertamento dell'inammissibilità avrebbe presupposto il contraddittorio sul punto ex articolo 183 c.p.c., comma 4 e che i documenti in questione erano stati comunque depositati in udienza prima che la causa fosse trattenuta in decisione, come desumibile dal fascicolo telematico. Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 3, 14 e 17, D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 8, comma 3. Al riguardo, il ricorrente deduce che l'omesso esame dei documenti prodotti ha precluso la verifica dei presupposti dello status di rifugiato, atteso il pericolo di morte o di trattamenti inumani in caso di rimpatrio, per il sostegno dato al candidato alle elezioni, denominato Gbagbo , considerata la situazione politica attuale in omissis sussisteva la situazione di violenza indiscriminata nella zona di provenienza del ricorrente. Il terzo motivo deduce l'omesso esame di fatti decisivi, nonché violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 35 bis, articolo 112,115,116 e 738 c.p.c., D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 5, comma 6, articolo 19, articolo 11 preleggi, avendo il Tribunale escluso la protezione umanitaria senza considerare che la domanda reiterata era stata presentata il 3.5.18 e formalizzata il 22.1.19, come incontestato tra le parti, avendo il Ministero contestato solo la mancata allegazione di fatti nuovi rispetto alla prima domanda. Al riguardo, il ricorrente assume che la domanda reiterata non fu formalmente depositata il 3.5.18 in quanto la Questura aveva rinviato a tale fine l'istante alla scadenza del permesso di soggiorno 12.6.18 , rilevando che alla data convenuta tale formalizzazione non era stata possibile poiché il fascicolo telematico Vestanet risultava ancora nello stato di contenzioso, pendendo all'epoca ancora i termini per proporre il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello tale situazione precludeva il deposito di nuova domanda di protezione internazionale. Per quanto esposto, il ricorrente deduce che, sebbene si ritenga tardiva la domanda in esame, non sarebbe applicabile alla fattispecie il nuovo decreto sicurezza numero 113/18 , trattandosi di domanda che reiterava la precedente del 2015, con la conseguenza che è erronea la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso la possibilità di trasmettere gli atti alla Commissione territoriale, riproponendo i medesimi rilievi posti a sostegno del precedente motivo. Vanno accolti i primi due motivi, esaminabili congiuntamente poiché connessi. Con il primo motivo, in particolare, il ricorrente si duole che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto inammissibile la produzione documentale perché tardivamente avvenuta nel corso del giudizio innanzi al Tribunale, data l'applicabilità alla fattispecie delle norme relative al procedimento camerale di cui all'articolo 737 c.p.c. e ss La critica è fondata. Invero, a norma del D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bis, le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti previsti dall'articolo 35, del predetto D.Lgs., anche per mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale a norma dell'articolo 32, comma 3, sono regolate dalle disposizioni di cui all'articolo 737 c.p.c. e ss., ove non diversamente disposto dall'articolo in esame. Ora, trattandosi di rito camerale, come esposto dal ricorrente, la decisione d'inammissibilità dei documenti prodotti in udienza non è corretta. Al riguardo, a tenore della consolidata giurisprudenza di questa Corte, nei procedimenti ai quali è applicabile il rito camerate, con le norme di cui all'articolo 737 c.p.c. e ss., l'acquisizione dei mezzi di prova, e segnatamente dei documenti, è ammissibile sino all'udienza di discussione in camera di consiglio, sempre che sulla produzione si possa considerare instaurato un pieno e completo contraddittorio, che costituisce esigenza irrinunziabile anche nei procedimenti camerati per tale soluzione, in tema di rito camerate in materia di divorzio, v. Cass., numero 11319/05 5876/12 in tema di ricongiungimento familiare, v. Cass. numero 1656/07 . Nel caso concreto, il Tribunale ha ritenuto tardiva la produzione di alcuni documenti, prodotti dal ricorrente nel corso del giudizio, a sostegno della domanda reiterata di protezione internazionale, deducendo che, trattandosi di giudizio camerate con udienza solo eventuale, le preclusioni si verificano con la presentazione del ricorso, salva la possibilità di produrre elementi sopravvenuti. Tale motivazione in diritto non può essere condivisa. Invero, nel giudizio in questione è stata fissata l'udienza di comparizione delle parti, come si evince dalla motivazione del decreto impugnato. Ne consegue che, secondo i principi generali che disciplinano il rito camerate, alla stregua della richiamata giurisprudenza di legittimità, il ricorrente aveva il diritto di produrre i documenti alla stessa udienza, indipendentemente dal fatto che tali documenti fossero, o meno, afferenti a fatti sopravvenuti al deposito del ricorso. Al riguardo, non persuade la diversa interpretazione del Tribunale secondo la quale, dato che il procedimento di cui al citato articolo 35 bis, prescrive l'obbligo di fissare l'udienza di comparizione delle parti nei soli casi espressamente indicati al comma 10, la mera eventualità della stessa udienza comporterebbe che la soglia delle preclusioni istruttoria sia da collocare rigidamente al deposito del ricorso. Va osservato, anzitutto, che in mancanza di una norma specifica che fissi il termine delle preclusioni istruttorie, non sussiste alcuna ragione di disapplicare i principi generali che informano gli articolo 737 c.p.c. e ss., circa la possibilità di produrre documenti in udienza. Invero, venendo in rilievo norme generali disciplinanti il rito camerale, un'interpretazione restrittiva in tema di preclusioni istruttorie avrebbe certo richiesto un'esplicita deroga sulla base di una norma speciale qual è il D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bis . Inoltre, sarebbe irragionevole, poiché non sorretto da alcuna ratio processuale, ritenere che l'eventualità normativa della fissazione dell'udienza precluda l'ammissibilità della produzione documentale nel caso in cui l'udienza sia poi fissata, determinando tale interpretazione un'ingiusta disparità di trattamento con le altre fattispecie di rito camerale. Va, al riguardo, evidenziato che la mancanza di preclusioni istruttorie è una caratteristica specifica del rito camerale, in quanto deformalizzato rispetto a quello ordinario, sicché negare la produzione documentale all'udienza in questione costituisce una chiara lesione del diritto di difesa, non giustificata da alcun principio processuale, considerato che, nella fattispecie, risulta pienamente garantito il contraddittorio tra le parti. Pertanto, da quanto esposto consegue anche la fondatezza della doglianza afferente all'omesso esame dei documenti prodotti in udienza. Il terzo motivo è da ritenere assorbito dall'accoglimento dei primi due, afferenti ad una questione logicamente preliminare. Per quanto esposto, in accoglimento dei primi due motivi if decreto impugnato va cassato, con rinvio al Tribunale competente che s'atterrà al suddetto principio di diritto, in tema di ammissibilità di documenti all'udienza nel rito camerale di cui al D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bis, provvedendo anche alle spese del grado di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.