Confermata la multa per il titolare del conto corrente. Irrilevante il fatto che egli abbia provveduto a emettere l'assegno in epoca precedente alla revoca decisa dalla banca.
Assegni bancari postdatati incassati in epoca successiva alla revoca delle autorizzazioni da parte di due istituti di credito. Legittima la sanzione pecuniaria applicata al titolare del conto corrente, punito anche col divieto di emettere assegni per settantadue mesi Cass. civ., sez. II, ord., 22 novembre 2021, numero 35947 . Il fattaccio è «l'emissione di tre assegni in data successiva alla revoca dell'autorizzazione delle banche trattarie». Di conseguenza, la Prefettura impone alla persona che da titolare del conto corrente bancario ha emesso i tre assegni «il pagamento della sanzione pecuniaria di 3mila e 96 euro». A corredo viene anche imposto «il divieto di emettere assegni per complessivi settantadue mesi». A legittimare il provvedimento della Prefettura è, innanzitutto, il Giudice di pace, seguito a ruota dai Giudici del Tribunale. Inutile la sottolineatura, da parte del titolare del conto, del fatto che «gli assegni sono stati emessi a garanzia, postdatati, in epoca antecedente a quella desumibile dalle date figuranti sui titoli e dunque in epoca antecedente a quella in cui i due istituti di credito hanno provveduto a revocare le autorizzazioni». Respinta la tesi difensiva secondo cui «al momento dell'emissione dei titoli egli non avrebbe potuto avere consapevolezza della successiva revoca delle autorizzazioni da parte degli istituti di credito». Inutile anche il riferimento al fatto che «il conto corrente da cui sono stati tratti gli assegni è intestato in via esclusiva a una s.r.l., società per la quale ha agito in veste di legale rappresentante». E inutile, infine, anche l'osservazione che «in epoca di poco successiva all'emissione a garanzia degli assegni la società è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, sicché qualsivoglia pagamento», secondo l'uomo, «non può che sottostare alle regole della procedura concorsuale». A rispondere a tali obiezioni provvedono i Giudici del Tribunale, chiarendo che «l'emissione di assegni a garanzia, postdatati, non ha alcuna valenza esimente, siccome l'assegno ha da esser completo pur della data all'atto della sua emissione» e osservando che «l'uomo ha rappresentato che la società era in crisi di liquidità, sicché, a fortiori, si è assunto il rischio correlato all'emissione di assegni postdatati, portati all'incasso in assenza di provvista o di autorizzazione». Infine, «dalla documentazione agli atti si evince che l'uomo aveva veste di legale rappresentante della società, allorché gli assegni sono stati effettivamente emessi» e quindi «il comportamento illecito si è perfezionato all'atto dell'emissione dei titoli postdatati e la responsabilità per nulla può essere ascritta alla persona fisica che successivamente ha assunto la veste di legale rappresentante della società ovvero al commissario giudiziale del concordato preventivo cui successivamente la società è stata ammessa». Inutile il ricorso proposto in Cassazione dall'uomo. Anche per i Giudici di terzo grado, difatti, è evidente l'illecito da lui compiuto, poiché è indiscutibile che «l'uomo è stato sanzionato per aver emesso assegni successivamente alla revoca delle autorizzazioni in veste di legale rappresentante della s.r.l.». A questo proposito, poi, viene ribadito che «autore dell'illecito amministrativo» in discussione «può essere unicamente la persona fisica che ha commesso il fatto, sicché gli enti e le società, per le quali la persona fisica ha operato in veste di legale rappresentante, sono responsabili in solido esclusivamente al fine di garantire il pagamento della sanzione pecuniaria». Per fare chiarezza, poi, i Giudici di terzo grado ribadiscono il principio secondo cui «colui che emette un assegno bancario privo della data di emissione, valevole come da promessa di pagamento, con l'intesa che il prenditore possa utilizzare il documento come titolo di credito in epoca successiva apponendovi data e luogo di emissione, si assume la responsabilità – quanto meno a titolo di dolo eventuale – della eventuale attribuzione al medesimo documento delle caratteristiche dell'assegno bancario, e pertanto può rispondere dell'illecito amministrativo previsto se, al momento dell'utilizzazione del titolo, non vi sia l'autorizzazione ad emetterlo». E ragionando in questa ottica, aggiungono i Giudici, «ogni qualvolta si rilascino a terzi titoli senza data o con data successiva ci si espone consapevolmente al rischio che alla data poi scritta sulla cartula non vi sia provvista sul conto corrente o sia venuta meno l'autorizzazione». A nulla rileva, poi, che gli assegni siano stati portati all'incasso allorquando il traente non aveva più veste di legale rappresentante della società e che, per effetto dell'ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, non era più possibile procedere al pagamento degli assegni, siccome ne sarebbe scaturita violazione della par condicio creditorum». Difatti, «chi emette un assegno bancario privo della data di emissione accetta altresì il rischio che, al momento del riempimento del documento e della sua utilizzazione come assegno, il pagamento risulti precluso in dipendenza dell'operatività delle regole della concorsualità, correlate alla sottoposizione ovvero all'ammissione del debitore ad una procedura concorsuale», concludono i Giudici.
Presidente Bellini – Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto 1. Con ordinanza in data 30.5.2014 la Prefettura di Bergamo, per l'illecito amministrativo di cui alla L. numero 386 del 1990, articolo 1, ovvero in dipendenza dell'emissione di tre assegni in data successiva alla revoca dell'autorizzazione delle banche trattarie, ingiungeva a A.C. , in qualità di traente, ed alla Euroser s.r.l., in qualità di obbligata in solido, il pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 3.096,00, oltre spese di notifica, nonché irrogava a A.C. la sanzione accessoria del divieto di emettere assegni per complessivi 72 mesi. 2. Con ricorso L. numero 689 del 1981, ex articolo 22, al Giudice di Pace di Bergamo A.C. proponeva opposizione. Esponeva che gli assegni erano stati emessi a garanzia , postdatati , in epoca antecedente a quella desumibile dalle date figuranti sui titoli e dunque in epoca antecedente a quella in cui la Banca di Credito Cooperativa di Sorisole e di Lepreno e la Banca Popolare di Bergamo avevano provveduto a revocare le autorizzazioni. Esponeva quindi che al momento dell'emissione dei titoli non avrebbe potuto avere consapevolezza della successiva revoca delle autorizzazioni da parte degli istituti di credito trattari. Esponeva che il conto corrente da cui erano stati tratti gli assegni, era intestato in via esclusiva alla Euroser s.r.l., società per la quale aveva agito in veste di legale rappresentante, società nei cui confronti, semmai, avrebbe dovuto esser rivolta la pretesa sanzionatoria. Esponeva che in epoca di poco successiva all'emissione a garanzia degli assegni la Euroser s.r.l. era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, sicché qualsivoglia pagamento non poteva che sottostare alle regole della procedura concorsuale. Chiedeva annullarsi l'ordinanza - ingiunzione. 3. Con sentenza numero 375/2015 il giudice di pace rigettava l'opposizione. 4. Proponeva appello A.C. Resisteva il Ministero dell'Interno, Prefettura di Bergamo. 5. Con sentenza numero 2898/2016 il Tribunale di Bergamo rigettava il gravame e compensava le spese del grado. Dava atto previamente il tribunale che, contrariamente all'assunto dell'appellante, la Prefettura si era costituita in prime cure, come si desumeva dal timbro apposto dalla cancelleria del giudice di pace, riproducente la data del 4 febbraio 2015 e rinvenibile nel fascicolo di primo grado. Evidenziava poi che l'emissione di assegni a garanzia , postdatati , non aveva alcuna valenza esimente, siccome l'assegno ha da esser completo pur della data all'atto della sua emissione. Evidenziava che del resto lo stesso appellante aveva rappresentato che la Euroser s.r.l. era in crisi di liquidità, sicché, a fortiori, si era assunto il rischio correlato all'emissione di assegni postdatati , portati all'incasso in assenza di provvista o di autorizzazione. Evidenziava inoltre che dalla documentazione agli atti si evinceva che A.C. aveva veste di legale rappresentante della Euroser s.r.l., allorché gli assegni erano stati effettivamente emessi che di conseguenza il comportamento illecito si era perfezionato all'atto dell'emissione dei titoli postdatati e la responsabilità per nulla poteva essere ascritta alla persona fisica che successivamente aveva assunto la veste di legale rappresentante della Euroser ovvero al commissario giudiziale del concordato preventivo cui successivamente la Euroser era stata ammessa. 6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso A.C. ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese. Il Ministero dell'Interno - Prefettura U.T.G. di Bergamo non ha svolto difese. 7. Il ricorrente ha depositato memoria. 8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 4 e 5, la violazione degli articolo 24 e 111 Cost., e dell'articolo 115c.p.c., e articolo 132 c.p.c., numero 4. Deduce che, contrariamente all'assunto del tribunale, la Prefettura di Bergamo non si è ritualmente costituita in primo grado. Deduce che la Prefettura ha, sì, trasmesso via p.e.c. all'ufficio del giudice di pace le proprie note, ma su siffatte note non è stato apposto il rituale timbro di depositato e tali note non sono state inserite nel fascicolo d'ufficio. Deduce quindi che ne è scaturita la lesione del principio del contraddittorio. Deduce altresì che il giudice di primo grado avrebbe dovuto porre a fondamento della decisione i fatti addotti, siccome non contestati dalla Prefettura non costituita ritualmente. 9. Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento e va respinto. 10. È sufficiente il rinvio all'insegnamento di questa Corte a tenor del quale la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito cfr. Cass. 18.12.2014, numero 26831 Cass. 9.8.2017, numero 19759 Cass. 23.2.2010, numero 4340 . 11. Su tale scorta non può non rimarcarsi che del tutto generica è la lesione del diritto di difesa che il ricorrente prospetta, allorché in dipendenza dell'omesso inserimento delle note della Prefettura nel fascicolo d'ufficio - deduce, sic et simpliciter, che la lettura della comparsa avversaria di cui al primo grado di giudizio, avrebbe consentito di comprendere agevolmente e completamente le ragioni difensive della Prefettura così ricorso, pag. 5 così memoria, pag. 3 . D'altra parte, seppur la Prefettura di Bergamo fosse stata, così come assume il ricorrente, da dichiarar contumace in primo grado, di certo, a fronte della legittima determinazione della controparte di non costituirsi dinanzi al giudice di pace, A.C. non avrebbe avuto, a rigore, nè comparsa avversaria da leggere nè motivo per dolersi del fatto che gli è risultata del tutto sconosciuta la posizione dell'ente a seguito della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado così ricorso, pag. 5 così memoria, pag. 3 . 12. Neppure merita seguito il rilievo veicolato in fine dal primo mezzo. Invero, seppur la Prefettura di Bergamo fosse stata da dichiarar contumace in prime cure, avrebbe esplicato valenza l'insegnamento di questa Corte secondo cui la contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova cfr. Cass. sez. lav. 21.11.2014, numero 24885 Cass. sez. lav. 14.1.2015, numero 461, secondo cui il principio di non contestazione presuppone un comportamento concludente della parte costituita Cass. 23.6.2009, numero 14623, secondo cui l'esclusione dei fatti non contestati dal thema probandum non può ravvisarsi in caso di contumacia del convenuto, in quanto la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema . 13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la violazione e falsa applicazione del R.D. numero 1736 del 1933, articolo 31, comma 2, della L. numero 386 del 1990, articolo 8, della L. Fall., articolo 168 e 173, e L. Fall., articolo 216, comma 3, e del principio della par condicio creditorum in pendenza di concordato preventivo. Deduce che il tribunale non ha tenuto conto che l'ordinanza - ingiunzione lo indicava quale persona fisica e non quale legale rappresentante dell' Euroser s.r.l., che gli assegni erano stati tratti dal conto corrente della Euroser s.r.l., che aveva emesso gli assegni in qualità di legale rappresentante della Euroser s.r.l Deduce che il tribunale non ha tenuto conto che la postdatazione non inficia in alcun modo l'assegno. 14. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, la violazione del precedente giudiziale, del principio dell'eguale trattamento di casi simili, del principio della certezza del diritto. Deduce che la motivazione dell'impugnato dictum è contraddittoria, siccome il tribunale non ha tenuto conto di ben quattro - e per giunta di una quinta - decisioni a sé favorevoli, assunte dagli uffici giudiziari di Bergamo in casi del tutto analoghi, relativi ad ordinanze - ingiunzioni emesse a suo carico. 15. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, la nullità della sentenza per difetto di motivazione. Deduce che la motivazione è inesistente, apparente ed insufficiente. 16. Il secondo motivo, il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso sono strettamente connessi se ne giustifica perciò la disamina contestuale i medesimi motivi sono comunque privi di fondamento e da respingere. 17. Con precipuo riferimento al quarto motivo si rimarca che, contrariamente all'assunto del ricorrente, l'impugnato dictum per nulla difetta della motivazione la motivazione vi è ed è esaustiva e congrua. Più esattamente il tribunale lombardo, così come si è premesso, ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo. Del tutto ingiustificata è pertanto la denuncia di motivazione apparente che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico - giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito cfr. Cass. 21.7.2006, numero 16672 . Del tutto ingiustificata è in pari tempo la denuncia di insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Tanto, ben vero, a prescindere da un duplice rilievo. Ossia dal rilievo per cui l'insufficienza della motivazione non è annoverabile tra le figure di anomalia motivazionale rilevanti alla luce della pronuncia numero 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte. Ossia dal rilievo per cui nel vigore del nuovo testo dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 - al di là dell'ipotesi del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili , insussistente nel caso de quo - non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce valenza solo all'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo articolo 360 c.p.c., numero 4, cfr. Cass. ord. 6.7.2015, numero 13928 . 18. Con precipuo riferimento, del pari, al quarto motivo il ricorrente non ha margine per prospettare un presunto incongruo esame della documentazione prodotta. Difatti il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, nè in quello del precedente numero 4, disposizione che - per il tramite dell'articolo 132 c.p.c., numero 4, - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante cfr. Cass. 10.6.2016, numero 11892 . 19. Con precipuo riferimento al terzo motivo si rimarca che nessun vincolo era ed è atto a scaturire nella specie da più o meno coeve decisioni assunte in casi analoghi dal Tribunale e dall'Ufficio del Giudice di Pace di Bergamo. Invero, affinché il giudicato sostanziale formatosi in un giudizio operi all'interno di altro giudizio instaurato successivamente, è necessario che tra la precedente causa e quella in atto vi sia, oltre che identità di parti e di petitum , anche di causa petendi , ai fini della cui individuazione rilevano non tanto le ragioni giuridiche enunciate dalla parte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l'insieme delle circostanze di fatto che la parte stessa pone a base della propria richiesta cfr. Cass. sez. lav. ord. 25.6.2018, numero 16688 . Evidentemente, in questi termini, la causa petendi del giudizio de quo agitur è senz'altro diversa dalle causae petendi dei giudizi analiticamente richiamati dal ricorrente è lo stesso A.C. che riferisce che gli ulteriori giudizi hanno avuto ad oggetto ulteriori ordinanze - ingiunzioni, concernenti ulteriori assegni cfr. ricorso, pag. 8 cfr. memoria, pagg. 6 - 7 . Ovviamente il precedente giurisprudenziale non rientra tra le fonti del diritto e, pertanto, non è vincolante per il giudice cfr. Cass. sez. unumero 3.5.2019, numero 11747 . Viepiù che nella fattispecie, nel solco - appunto - della pronuncia delle sezioni unite testè menzionata, il dictum del Tribunale di Bergamo è senza dubbio frutto di una scelta interpretativa consapevole e riconoscibile come tale ed appieno comprensibile alla stregua della motivazione all'uopo assunta. 20. Con precipuo riferimento al secondo motivo si rimarca che il Tribunale di Bergamo ha senz'altro tenuto conto delle circostanze di fatto della cui pretesa omessa considerazione il ricorrente si duole. 21. In ogni caso, indiscutibilmente, A.C. è stato sanzionato per aver emesso assegni successivamente alla revoca delle autorizzazioni in veste di legale rappresentante della Euroser s.r.l Cosicché non ha precipua valenza che l'ordinanza ingiunzione non ne specificasse la qualità. D'altronde, il tribunale ha precisato, nel quadro della previsione della L. numero 689 del 1981, articolo 6, comma 3, che autore dell'illecito amministrativo di cui alla L. numero 386 del 1990, articolo 1, può essere unicamente la persona fisica che ha commesso il fatto, sicché gli enti e le società per le quali la persona fisica ha operato in veste di legale rappresentante, sono responsabili in solido esclusivamente al fine di garantire il pagamento della sanzione pecuniaria. 22. Al contempo questa Corte non può che ribadire il proprio insegnamento. Ossia l'insegnamento secondo cui colui che emette un assegno bancario privo della data di emissione, valevole come da promessa di pagamento, con l'intesa che il prenditore possa utilizzare il documento come titolo di credito in epoca successiva apponendovi data e luogo di emissione, si assume la responsabilità quanto meno a titolo di dolo eventuale della eventuale attribuzione al medesimo documento delle caratteristiche dell'assegno bancario, e pertanto può rispondere dell'illecito amministrativo previsto dalla L. numero 386 del 1990, articolo 1, come sostituito dal D.Lgs. numero 507 del 1999, articolo 28 se, al momento dell'utilizzazione del titolo, non vi sia l'autorizzazione ad emetterlo cfr. Cass. 20.6.2007, numero 14322 Cass. ord. 22.9.2020, numero 19797, secondo cui chi emette un assegno bancario privo della data di emissione accetta il rischio che, al momento del riempimento del documento e della sua utilizzazione come assegno, il titolo risulti privo di autorizzazione, sicché risponde dell'illecito previsto dalla L. numero 386 del 1990, articolo 1, se al momento dell'utilizzazione del titolo non vi sia autorizzazione ad emetterlo . 23. In questi termini non può che rimarcarsi ulteriormente quanto segue. Per un verso, è da condividere in toto il rilievo del tribunale secondo cui ogni qualvolta si rilascino a terzi titoli senza data o con data successiva ci si espone consapevolmente al rischio che alla data poi scritta sulla cartula non vi sia provvista sul c/c o sia venuta meno l'autorizzazione così sentenza d'appello, pag. 7 . Per altro verso, a nulla rileva che gli assegni sono stati portati all'incasso allorquando il ricorrente non aveva più veste di legale rappresentante della Euroser s.r.l. cfr. ricorso, pag. 7 e che, per effetto dell'ammissione della Euroser s.r.l. alla procedura di concordato preventivo, non era più possibile procedere al pagamento degli assegni, siccome ne sarebbe scaturita violazione della par condicio creditorum cfr. ricorso, pag. 8 . Evidentemente, chi emette un assegno bancario privo della data di emissione accetta altresì il rischio che, al momento del riempimento del documento e della sua utilizzazione come assegno, il pagamento risulti precluso in dipendenza dell'operatività delle regole della concorsualità , correlate alla sottoposizione ovvero all'ammissione del debitore ad una procedura concorsuale. 24. La Prefettura U.T.G. di Bergamo non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in tema di spese va perciò assunta. 25. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1, quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell'articolo 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell'articolo 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.