Mancato rispetto del termine a comparire e conseguente nullità delle successive fasi processuali

La nullità a regime intermedio derivante dalla concessione di un termine di comparizione inferiore rispetto a quello previsto dalla legge, non determina la nullità derivata degli atti successivi nel caso in cui l’imputato partecipi all’udienza e non richieda la concessione del termine a comparire ex articolo 184 c.p.p.

Il condannato impugna la sentenza di secondo grado che, confermando quella del Tribunale, lo aveva ritenuto responsabile dei reati di oltraggio e rifiuto di fornire le proprie generalità. In particolare, col motivo di ricorso, egli sostiene che non sarebbe stato rispettato il termine a comparire a seguito della notifica della fissazione dell'udienza dibattimentale con conseguente nullità di tutte le successive fasi processuali. Con riferimento al primo motivo, il ricorrente sostiene che l'instaurazione del dibattimento risulterebbe affetta da nullità derivante appunto dal mancato rispetto del termine di comparizione, posto che tra la notifica dell'avviso con cui veniva comunicata la ripresa del dibattimento e l'udienza fissata non intercorreva il termine minimo di 60 giorni. Ai sensi dell'articolo 184, comma 3, c.p.p., si prevede che la parte che compaia, non accettando gli effetti dell'atto nullo, ma facendo valere il mancato rispetto del termine per comparire, ha diritto esclusivamente alla concessione ex novo del termine violato. Ma dal caso in esame si evince che la difesa non abbia avanzato tale richiesta. Pertanto, può affermarsi che la nullità a regime intermedio derivante dalla concessione di un termine di comparizione inferiore rispetto a quello previsto dalla legge, non determina la nullità derivata degli atti successivi nel caso in cui l''imputato partecipi all'udienza e non richieda la concessione del termine a comparire ex articolo 184 c.p.p. Qualora non sia concesso tale termine si verificherà un'altra nullità, a sua volta da ritenersi sanata, ex articolo 182, comma 2, c.p.p., in mancanza di immediata eccezione da parte dell'imputato che vi assiste. Da qui l'infondatezza del motivo di ricorso.

Presidente Criscuolo – Relatore Di Geronimo Ritenuto in fatto 1. Con ricorso ritualmente proposto, F. P. impugnava la sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello di Milano che confermava quella di primo grado, con la quale era stato condannato per i reati di oltraggio ex articolo 342 c.p., e rifiuto di fornire le proprie generalità. 2.1. Con il primo motivo di ricorso, l'imputato si duole dell'inosservanza di norme processuali, sostenendo che non sarebbe stato rispettato il termine a comparire a seguito della notifica della fissazione dell'udienza dibattimentale ai sensi dell'articolo 420 quinquies c.p.p., comma 3, con conseguente nullità di tutte le successive fasi processuali, essendo stato leso il diritto alla partecipazione dell'imputato al procedimento. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione di legge conseguente all'omessa dichiarazione di estinzione del reato contravvenzionale previsto dall'articolo 651 c.p., essendo la prescrizione intervenuta in data antecedente alla pronuncia della sentenza di appello. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, limitatamente al secondo motivo. 2. L'esame del primo motivo di ricorso presuppone la sintetica ricostruzione dei passaggi processuali che hanno caratterizzato l'avvio del dibattimento in primo grado. Il ricorrente ha ricostruito i vari passaggi procedimentali evidenziando che alla prima udienza dibattimentale, fiata per il 18 marzo 2019, il Tribunale disponeva la rinnovazione della notifica del decreto di citazione, ai sensi dell'articolo 420 bis c.p.p., mancando la prova dell'effettiva conoscenza del processo. Alla successiva udienza del 20 maggio 2019, il giudice prendeva atto delle vane ricerche e disponeva la sospensione del processo per l'assenza dell'imputato. Nel corso di un occasionale controllo da parte delle forze dell'ordine, in data 10 settembre 2019 veniva notificato all'imputato sia l'iniziale decreto di citazione per l'udienza del 18 marzo 2019 , sia l'ordinanza di sospensione del 20 maggio 2019. Una volta intervenuta la notifica del decreto a mani proprie e venuta meno l'irreperibilità dell'imputato, il Tribunale fissava l'udienza dell'8 gennaio 2020 per lo svolgimento del giudizio, dandone avviso all'imputato con atto notificato in data 9 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 420 quinquies c.p.p., comma 3. 2.1. Sostiene il ricorrente che l'instaurazione del dibattimento risulterebbe affetta da nullità derivante dal mancato rispetto dei termini di comparizione, posto che tra la notifica dell'avviso con il quale veniva comunicata la ripresa del dibattimento 9 dicembre 2019 e l'udienza fissata per l'8 gennaio 2020, non intercorreva il termine minimo di sessanta giorni. In particolare, si afferma che il termine di comparizione, anche nel caso di sospensione del procedimento per l'assenza dell'imputato, deve essere necessariamente quello previsto dall'articolo 552 c.p.p., comma 3, pur se tale norma non è espressamente richiamata dall'articolo 420 quinquies c.p.p Si afferma, infatti, che nel caso in cui l'imputato sia assente e non sia stato reperito, la sospensione del procedimento comporta che la sua riattivazione debba avvenire rispettando le regole generali per la vocatio in iudicium, ivi compreso il rispetto del termine minimo di comparizione. Il ricorrente, inoltre, contesta la tesi recepita dalla Corte di appello, secondo cui il termine a comparire risulterebbe rispettato, in quanto andrebbe sommato il periodo intercorrente tra la notifica dell'ordinanza di sospensione e del decreto di citazione avvenuta il 10 settembre 2019 all'ulteriore periodo intercorrente tra la notifica dell'avviso di rifissazione dell'udienza e la celebrazione di quest'ultima. 2.3. Il motivo di ricorso è infondato. In linea astratta può condividersi l'assunto secondo il quale, una volta reperito l'imputato, la nuova fissazione dell'udienza deve intervenire nel rispetto del termine di comparizione, posto che all'imputato va riconosciuto per intero il periodo di tempo necessario per la predisposizione della propria difesa. Nè può computarsi il termine sommando il periodo successivo alla notifica dell'ordinanza di sospensione e dell'iniziale decreto di citazione, posto che tali atti sono funzionali esclusivamente a garantire la conoscenza effettiva del procedimento e consentono al giudice che procede di instaurare correttamente il giudizio. Invero, sulla tematica affine concernente la nullità per insufficienza del termine di comparizione indicato nell'atto di vocatio in iudicium, sussistono orientamenti divergenti. Secondo quello più risalente, infatti, la nullità sarebbe sanata concedendo un termine a difesa che, sommato a quello di cui ha già usufruito, sia tale da assicurare all'imputato il godimento dei termini complessivamente Sez.5, numero 1765 del 28/11/2007, dep.2008, Panariti, Rv. 239097 . Per un contrario orientamento, invece, si ritiene che la violazione del termine a comparire, comporta una nullità di ordine generale a regime intermedio che, se non sanata ai sensi dell'articolo 184 c.p.p., impone al giudice la rinnovazione dell'atto, ex articolo 185 c.p.p., a seguito della quale non è consentito integrare il termine originario insufficiente, occorrendo provvedere alla sua integrale rinnovazione, di modo che sia sempre garantito un termine libero di pari durata Sez. 5, numero 16732 del 31/1/2018, Reinard, Rv. 272865 conf. Sez.3, numero 48367 del 18/4 2018, Lettieri, Rv. 274738 Sez.2, numero 30019 del 27/3/2014, Braidich, Rv.259978 Sez. 4, numero 40897 del 28/9/2012, Migliorino, Rv.255005 . 2.4. Ciò detto, si ritiene ugualmente che il motivo di ricorso sia infondato, in quanto l'imputato, nel comparire nel giudizio dibattimentale di primo grado, non poteva limitarsi ad eccepire la nullità della vocatio in iudicium, ma avrebbe dovuto richiedere la tutela specifica riconosciuta nel caso di mancato rispetto del termine di comparizione. L'articolo 184 c.p.p., comma 3, infatti, prevede espressamente che la parte che compaia, non accettando gli effetti dell'atto nullo, bensì facendo valere il mancato rispetto del termine per comparire, ha diritto esclusivamente alla concessione ex novo del termine violato. Nel caso di specie, non risulta che la difesa abbia avanzato tale richiesta, in tal modo dando causa alla lamentata nullità, il che preclude ulteriormente la possibilità di eccepirla ai sensi dell'articolo 182 c.p.p Ove pure si volesse ritenere che, a fronte dell'eccezione di nullità, il tribunale avrebbe dovuto concedere d'ufficio il nuovo termine di comparizione, la nullità risulterebbe ugualmente non deducibile ai sensi dell'articolo 182 c.p.p., comma 2, posto che la parte, avendo assistito al compimento dell'atto nullo consistente nel rigetto dell'eccezione e nella mancata concessione del termine avrebbe dovuto eccepire tempestivamente il vizio. In conclusione, può affermarsi che la nullità a regime intermedio derivante dalla concessione di un termine di comparizione inferiore rispetto a quello previsto, non determina la nullità derivata degli atti successivi nel caso in cui l'imputato partecipi all'udienza e non richieda la concessione del termine di comparizione ai sensi dell'articolo 184 c.p.p Qualora il suddetto termine non sia concesso si verificherà un'ulteriore nullità, a sua volta da ritenersi sanata, ai sensi dell'articolo 182 c.p.p., comma 2, in mancanza di immediata eccezione da parte dell'imputato che vi assiste. 3. Il secondo motivo di ricorso è fondato. La contravvenzione di cui all'articolo 651 c.p., risulta commessa in data 28 giugno 2015, ne consegue che il termine massimo di prescrizione, pari a cinque anni, è venuto a scadenza in data 28 giugno 2020. La sentenza di primo grado è stata pronunciata il 21 febbraio 2020 e le motivazioni sono state depositate il 18 maggio 2020, ne consegue che deve applicarsi la sospensione dei termini di prescrizione pari a 64 giorni, come previsto dal D.L. numero 83 del 2020, articolo 83, comma 4. Pur sommando la sospensione per il periodo emergenziale, ne consegue che il termine di prescrizione è definitivamente spirato a settembre 2020 e, quindi, in epoca precedente rispetto alla pronuncia della sentenza di appello, emessa il 25 febbraio 2021. 4. L'intervenuta prescrizione del reato contravvenzionale comporta la rideterminazione della pena, dovendosi detrarre l'aumento a titolo di continuazione irrogato rispetto al più grave reato di cui all'articolo 342 c.p Nella sentenza impugnata si dà atto che, per il reato più grave, è stata irrogata la pena di Euro 1.000,00 di multa, ridotta di Euro100,00 per le circostanze generiche e nuovamente aumentate ad Euro 1.000,00 per la continuazione. Ne consegue che, una volta venuto meno il reato posto in continuazione, la pena per il solo reato residuo è pari Euro900,00 di multa. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B perché estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di Euro 100. Rigetta nel resto il ricorso.