Continuità nell’esercizio della professione forense e termine di decadenza

«Anche le verifiche del requisito della continuità nell'esercizio della professione, previste dall'articolo 22, l. numero 576/1980, soggiacciono al termine di decadenza di cinque anni decorrenti dall'adempimento, da parte del professionista, degli obblighi di comunicazione previsti dagli articolo 17 e 23, l. numero 576/1980».

La Corte d'appello di Napoli confermava il rigetto della domanda con cui un avvocato aveva chiesto l'annullamento della delibera con la quale la Giunta esecutiva della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense aveva dichiarato l'inefficacia della contribuzione da lei versata nell'anno 2000. L'avvocato ricorre in Cassazione, lamentandosi, tra i vari motivi, del fatto che la Corte territoriale avesse ritenuto tempestiva la contestazione effettuata dalla Giunta esecutiva della Cassa del requisito della continuità dell'esercizio della professione in relazione all'anno 2000, nonostante la delibera fosse intervenuta oltre il termine di cinque anni di cui all'articolo 22, l. numero 576/1980. Il ricorso è fondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che il termine quinquennale per le verifiche del requisito della continuità nell'esercizio della professione, previsto dall'articolo 21, penultimo comma, l. numero 6/1981, ai fini dell'anzianità dell'iscrizione, ha natura di termine di decadenza, che decorre dalla data in cui il professionista ha presentato la prescritta dichiarazione sostitutiva funzionale all'esercizio della potestà di verifica Cass. civ., numero 16252/2018 . Tale principio può essere esteso al termine di cui all'articolo 22, l. numero 576/1980, con la conseguenza che anche le verifiche del requisito della continuità nell'esercizio della professione soggiacciono al termine di decadenza di cinque anni decorrenti dall'adempimento, da parte del professionista, degli obblighi di comunicazione previsti dagli articolo 17 e 23, l. numero 576/1980. Nel caso di specie, pertanto, la Corte di merito ha erroneamente confermato la decisione di primo grado che aveva valorizzato, ai fini del tempestivo esercizio della potestà di verifica, la nota con cui la Cassa aveva inviato i prospetti riepilogativi dei redditi dichiarati dalla ricorrente negli anni 1997-2000. Per questi motivi, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli.

Presidente Berrino – Relatore Cavallaro Rilevato in fatto che, con sentenza depositata il 23.10.2014, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda con cui l’avv. D.M. aveva chiesto l’annullamento della Delib. del 6.7.2007 con la quale la Giunta esecutiva della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense aveva dichiarato l’inefficacia della contribuzione da lei versata nell’anno 2000, chiedendo altresì che si accertasse il requisito della continuità professionale nell’anno in questione che avverso tale pronuncia l’avv. D.M. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura successivamente illustrati con memoria che la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’improcedibilità dell’impugnazione avversaria. Considerato in diritto che l’eccezione d’improcedibilità, argomentata dalla Cassa controricorrente sul rilievo che il deposito in Cancelleria del ricorso notificato sarebbe avvenuto oltre il termine di venti giorni di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 1, è infondata, risultando dalla produzione in atti che il ricorso, dopo la notifica avvenuta il 12.10.2015, è stato spedito a mezzo posta raccomandata in data 28.10.2015, dunque entro il termine di venti giorni di cui all’articolo 369 c.p.c., che per il caso in cui il deposito si compia a mezzo spedizione di plico raccomandato si ha per rispettato avuto riguardo alla data di spedizione articolo 134 disp. att. c.p.c., penultimo comma che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 14, 20, 1372 e 2697 c.c., nonché della L. numero 319 del 1975, articolo 3, L. numero 576 del 1980, articolo 22, e articolo 20, 21, 22 e 30 dello Statuto della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, approvato con decreto interministeriale del 23.12.2003, per avere la Corte di merito ritenuto che la Giunta esecutiva della Cassa avesse tempestivamente contestato il requisito della continuità dell’esercizio della professione in relazione all’anno 2000, nonostante che la delibera fosse intervenuta in data 6.7.2007, oltre il termine di cinque anni di cui alla L. numero 576 del 1980, articolo 22 che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli articolo 21 e 1372 c.c., L. numero 319 del 1975, articolo 2, L. numero 576 del 1980, articolo 22, e altresì degli articolo 1, 3, 4, 29, 31, 37 e 38 Cost., per non avere la Corte territoriale considerato che, ai fini dell’accertamento del requisito della continuità dell’esercizio della professione, la maternità esonera la madre dalla relativa prova per due anni, compreso quello di nascita del figlio che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione degli articolo 21 e 1372 c.c., L. numero 319 del 1975, articolo 2, L. numero 576 del 1980, articolo 22, e altresì degli articolo 3, 24 e 111 Cost. e articolo 244 e 245 c.p.c., nonché di omesso esame circa fatti decisivi, per non avere la Corte di merito ritenuto che la flessione nel reddito prodotto doveva comunque imputarsi a grave impedimento correlato alle difficoltà di accrescimento della di lei figlia che, con riguardo al primo motivo, va premesso che la L. numero 576 del 1980, articolo 22, u.c., ha modificato la L. numero 319 del 1975, articolo 3, stabilendo, per quanto qui rileva, che La giunta esecutiva della cassa, sulla scorta dei criteri fissati dal comitato dei delegati, può provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell’esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell’anzianità di iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine, detta continuità non risulti dimostrata che, con riguardo al rispetto del termine quinquennale, la sentenza impugnata ha confermato la statuizione del primo giudice che, all’uopo, aveva ritenuto di valorizzare la nota del 4.12.2002 con cui la Cassa aveva inviato i prospetti riepilogativi dei redditi dichiarati dall’odierna ricorrente negli anni 1997-2000, invitandola a verificarne l’esattezza prima dell’inoltro alla Giunta esecutiva e con avvertenza che, in mancanza di riscontro entro il termine di novanta giorni, i dati esposti sarebbero stati ritenuti confermati che questa Corte, in tema di trattamento pensionistico degli ingegneri e architetti liberi professionisti iscritti alla Cassa di previdenza professionale, ha già avuto modo di statuire che il termine quinquennale per le verifiche del requisito della continuità nell’esercizio della professione, previsto dalla L. numero 6 del 1981, articolo 21, penultimo comma, ai fini dell’anzianità dell’iscrizione, ha natura di termine di decadenza, che decorre dalla data in cui il professionista ha presentato la prescritta dichiarazione sostitutiva funzionale all’esercizio della potestà di verifica Cass. numero 16252 del 2018 che tale principio di diritto ben può essere esteso al termine di cui alla L. numero 576 del 1980, articolo 22, trattandosi di disposizione di contenuto affatto analogo a quella di cui all’articolo 21 cit. cfr. in tal senso già Cass. numero 3319 del 2006, che – sulla scorta dell’identità di contenuto delle due disposizioni di legge cit. - ha esteso all’INARCASSA il principio di diritto enunciato da Cass. S.U. numero 13289 del 2005 in relazione alla L. numero 576 del 1980, articolo 22, secondo cui, quando non sia stata esercitata la facoltà di revisione prevista dall’articolo 22, cit., e l’interessato abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dalla L. numero 576 del 1980, articolo 17 e 23, cit., la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense non può più contestare il requisito della continuità della professione per i periodi anteriori al quinquennio precedente la domanda di pensione che, essendo estranee alla decadenza le previsioni in tema di interruzione della prescrizione articolo 2964 c.c. e potendo la decadenza essere evitata solo dal compimento dell’atto previsto dalla legge articolo 2966 c.c. , ha errato la Corte di merito a confermare la pronuncia di prime cure, che - come dianzi ricordato - aveva valorizzato, ai fini del tempestivo esercizio della potestà di verifica, la nota del 4.12.2002 con cui la Cassa aveva inviato i prospetti riepilogativi dei redditi dichiarati dall’odierna ricorrente negli anni 1997-2000 che, in senso contrario, va affermato che anche le verifiche del requisito della continuità nell’esercizio della professione, previste dalla L. numero 576 del 1980, articolo 22, soggiacciono al termine di decadenza di cinque anni decorrenti dall’adempimento, da parte del professionista, degli obblighi di comunicazione previsti dalla L. numero 576 del 1980 cit., articolo 17 e 23 che, non essendosi la Corte territoriale attenuta all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata, assorbiti il secondo e il terzo motivo, va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.