Rifinanziamento ipotecario di debiti chirografari: la banca deve rispondere di bancarotta

Il decisum pone al centro dell’attenzione il tema della responsabilità di una Banca. In particolare, si tratta di stabilire se la stessa, attraverso la stipulazione di un mutuo garantito da ipoteca da parte di un suo funzionario, abbia concorso, o meno, con il suo mutuatario, già suo debitore, poi fallito, nel reato di bancarotta.

E, i Giudici della Prima sezione civile di Piazza Cavour, con l’ordinanza numero 31513/21, ribadiscono che, in tema di bancarotta preferenziale, integra gli estremi della simulazione di prelazione di cui all’articolo 216, comma 3, parte seconda, l. fall., la condotta di un’impresa che, prima o durante la procedura fallimentare, consegua da una banca creditrice mutui fondiari garantiti da ipoteca immobiliare utilizzati per il ripianamento di propri preesistenti debiti verso la stessa banca, così trasformandosi i crediti vantati da quest’ultima verso l’impresa da chirografari in privilegiati e, quindi, costituendosi un titolo di prelazione in danno di ogni altro creditore. In tali casi, il concetto di simulazione di cui alla norma suindicata non deve essere inteso in senso civilistico, poiché la ratio della previsione è quella di sanzionare tanto le condotte che realizzano la costituzione fittizia di un titolo preferenziale quanto quelle che trasformano un credito chirografario in credito assistito da cause di prelazione  con la costituzione effettiva di una garanzia in presenza dello stato di insolvenza, poiché entrambe producono il medesimo risultato di alterazione della par condicio creditorum. Il fatto. Sempronio nel dicembre del 1992 stipulò con la Banca Gamma s.p.a. un mutuo ipotecario di Lire 200 milioni, utilizzato per ripianare le sue esposizioni debitorie e quelle di Filano, entrambi debitori dell’istituto di credito stesso.  In seguito, a causa della revoca degli affidamenti da parte di quest’ultimo, Sempronio fu dichiarato fallito ed il Fallimento agì giudizialmente nei confronti della Banca Gamma s.p.a. per ottenere il risarcimento del danno. In particolare, la curatela sostenne che l’accensione del mutuo ipotecario costituì illecito penale perché, se avvenuta con il consenso del debitore, integrava il reato di bancarotta per distrazione e/o preferenziale, ex articolo 216, l. fall., in quanto rivolta al trasferimento, a titolo gratuito, in favore di terzi, di denaro del fallito ed a costituire il fittizio diritto di prelazione ipotecaria a vantaggio della banca trasformandone il credito chirografario in ipotecario se effettuata senza il consenso del fallito, invece, configurava gli estremi del reato di ricettazione fallimentare, ex articolo 232, l. fall., o di altro reato quale estorsione, usura, ricettazione perché la banca si sarebbe appropriata senza il consenso predetto, della somma di Lire 150 milioni stornandola dal conto di Filano per accreditarla su quella di Sempronio, esposto nei confronti della medesima Banca Gamma s.p.a. L’adito tribunale di Bari, tuttavia, rigettò la domanda del Fallimento, che, parimenti, venne respinta dalla Corte di appello del capoluogo pugliese.  La curatela soccombente presenta quindi ricorso in cassazione. In particolare, con il primo gravame, si censura l’assunto della corte distrettuale secondo cui, nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, lo stato d’insolvenza che dà luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso, e, dunque, deve porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente e deve essere altresì, sorretto dal dolo. Gli Ermellini, accogliendo il motivo de quo, chiariscono che il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell’imprenditore, ex articolo 216, comma 1, numero 1 , l. fall., va individuato nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio dell’imprenditore ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto dell’imprenditore medesimo, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori. Nell’odierna vicenda, dunque, il suddetto dolo doveva valutarsi tenuto conto proprio della natura della complessiva operazione posta in essere dal mutuatario, poi fallito, con la banca, la quale era consapevole che l’operazione de qua altro non era che un mero rifinanziamento ipotecario di precedenti debiti chirografari, nei suoi confronti, che non trovava altra ragione che quella di favorire esclusivamente la banca erogante mediante la creazione, in suo favore, di un titolo preferenziale in tal guisa chiaramente alterando la par condicio creditorum. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello di Bari per il corrispondente nuovo esame. La bancarotta preferenziale è un reato a dolo specifico. Essa richiede che l’imputato agisca al fine di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi. Il pregiudizio degli altri creditori, però, non è collegato alle finalità dell’agire, per cui non costituisce oggetto del dolo specifico tale risultato, essendo sufficiente che il fallito si rappresenti la possibilità di ledere i creditori non favoriti, secondo i principi del dolo eventuale. In tal senso, l’elemento soggettivo è ravvisabile ogni qual volta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore secondo lo schema tipico del dolo eventuale. La condotta delittuosa di bancarotta per simulazione di titoli di prelazione. Il problema non è tanto quello di verificare se si tratti di “simulazione” ovvero di semplice “creazione del titolo di prelazione”, quanto di stabilire se il risultato pratico sotteso all’intera operazione, insito nella “trasformazione” di un credito chirografario in prelatizio, trovi una giustificazione giuridico-economica tale da escludere che esso concreti una lesione del bene penalmente protetto. Invero, risulta di tutta evidenza che, se la somma mutuata dall’imprenditore viene completamente utilizzata per estinguere un precedente credito chirografario, potrà ben sospettarsi il carattere “simulato” dell’operazione giacché il negozio giuridico – accensione di mutuo fondiario – non sembrerebbe trovare altra ragione che quella di favorire la banca. Concludendo, ai fini dell’integrazione di una responsabilità concorsuale dei funzionari di banca, oltre al carattere simulato e preferenziale dell’operazione, è necessario, sul piano oggettivo, la dimostrazione di un contributo causale alla realizzazione della simulazione, nonché, su quello soggettivo, la volontà di partecipare ad un’operazione di simulazione di titoli di prelazione volta a favorire la banca con danno degli altri creditori. Nell’odierna vicenda, risulta per tabulas che il funzionario bancario era consapevole che l’operazione altro non era che un mero rifinanziamento ipotecario di precedenti debiti chirografari – per giunta anche di un terzo – che non trovava altra ragione che quella di favorire esclusivamente la banca erogante, la quale, in sede fallimentare, ha visto antergato il suo credito e verrà soddisfatta con preferenza rispetto a tutti gli altri creditori.

Presidente Vannucci – Relatore Campese Fatti di causa 1. Il 3 dicembre 1992, D.R.A. stipulò, con la Cassa di risparmio di P. s.p.a. poi divenuta Banca s.p.a. e, successivamente, Sanpaolo s.p.a. , un mutuo ipotecario di Lire 200.000.000, utilizzato per ripianare esposizioni debitorie sue e del fratello D.R.P. sul cui conto era stata girocontata, asseritamente all'insaputa del primo, la somma Lire 150.000.000 , entrambi debitori della banca. In seguito, a causa della revoca degli affidamenti da parte di quest'ultima, D.R.A. fu dichiarato fallito ed il fallimento agì giudizialmente nei confronti del menzionato istituto di credito per ottenere il risarcimento del danno. Sostenne che l'accensione del mutuo ipotecario costituì illecito penale perché, se avvenuta con il consenso del debitore, integrava il reato di cui alla L. Fall., articolo 216, bancarotta per distrazione e/o preferenziale , in quanto rivolta al trasferimento, a titolo gratuito, in favore di terzi, di denaro del fallito ed a costituire il fittizio diritto di prelazione ipotecaria a vantaggio della banca trasformandone il credito chirografario in ipotecario se effettuata senza il consenso del fallito, configurava gli estremi del reato di ricettazione fallimentare, di cui alla L. Fall., articolo 232, o di altro reato quale estorsione, usura, ricettazione, perché la banca si sarebbe appropriata, senza il consenso predetto, della somma L 150.000.000 stornandola dal conto corrente di D.R.A. per accreditarla su quello del fratello, D.R.P., esposto nei confronti della stessa banca . 1.1. L'adito Tribunale di Bari, con sentenza del 4 dicembre 2008, resa nel contraddittorio con la Banca s.p.a., rigettò la domanda del Fallimento. Osservò che i con precedente sentenza della Corte di appello di Bari, era stato accertato che l'accredito della somma Euro 150.000.000 sul conto corrente del fratello del fallito era avvenuto con il suo consenso, sicché non sussisteva il reato di ricettazione fallimentare di cui alla L. Fall., articolo 232 ii nemmeno era configurabile il concorso della convenuta nel reato di bancarotta consistito nell'avere distratto la somma dal patrimonio del fallito con il consenso di questi, per estinguere il debito di un terzo, e nell'avere costituito, in favore della banca stessa, un fittizio diritto di prelazione con il mutuo ipotecario bancarotta preferenziale all'epoca della stipulazione del mutuo, infatti, non sussisteva lo stato di insolvenza del debitore e, comunque, non vi era prova che, ove pure esistente, il funzionario della banca che aveva proceduto a detta stipulazione ne fosse a conoscenza iii nello stesso atto di citazione introduttivo del giudizio, il fallimento aveva affermato che l'accensione del mutuo era avvenuta per sopperire ad una momentanea carenza di liquidità dell'impresa e che lo stato di insolvenza si era determinato solo a seguito della revoca dei fidi successiva alla stipula del mutuo. 2. L'appello promosso dal fallimento contro questa decisione venne rigettato dalla Corte di appello di Bari con sentenza del 8 maggio 2014, pronunciata nel contraddittorio con Sanpaolo s.p.a 2.1. Dopo aver dato atto che l'accredito dell'importo di E. 150.000.000 sul conto intestato a D.R.P. era avvenuto con il consenso del fratello A. circostanza rimasta definitivamente accertata da altra sentenza della medesima corte distrettuale, numero 491/2000, resa tra le stesse parti e divenuta cosa giudicata , da ciò derivandone il rigetto della domanda risarcitoria del fallimento fondata sulla L. Fall., articolo 232, la sentenza, per quanto qui di residuo interesse, afferma che i non sussiste, a carico della banca appellata, il reato di concorso in bancarotta per distrazione e/o preferenziale, poiché non vi è prova che, al momento della concessione del mutuo, il D.R. si trovasse in stato di insolvenza. All'atto della richiesta del finanziamento, il D.R. aveva dichiarato un'unica esposizione debitoria di Lire 27.390.000 nei confronti dell'istituto bancario Sanpaolo, come risultava anche dalla segnalazione alla centrale dei rischi richiamata dal tribunale. Inoltre, con l'atto di citazione introduttivo del giudizio, la stessa curatela aveva sostenuto che il mutuo fu contratto solo per far fronte ad una momentanea crisi di liquidità e che lo stato di insolvenza fu causato dal comportamento della banca che revocò gli affidamenti comportando il venir meno della credibilità dell'impresa nei confronti dei terzi e quindi il fallimento. Si può quindi osservare che la sussistenza della stato di insolvenza al momento della stipulazione del mutuo appare incompatibile con la tesi sostenuta nell'atto introduttivo del giudizio, secondo la quale sarebbe stata la revoca degli affidamenti successiva al mutuo a determinare la crisi della impresa dovuta alla impossibilità di accesso al credito ii inoltre, come ha osservato il tribunale, non vi è prova che il funzionario bancario che stipulò il mutuo di cui si discute fosse consapevole dell'eventuale stato di insolvenza, la cui conoscenza costituisce presupposto necessario per la sussistenza del reato di cui alla L. Fall., articolo 216 . In proposito, vengono richiamati i principi resi da Cass. penumero , sez. 5, numero 41333 del 27/10/2006, dep. 18/12/2006, Tisi ed altro, e da Cass. penumero , sez. 5, numero 23675 del 22/4/2004 Ud., dep. 20/5/2004 iii infine, per quel che riguarda la costituzione dell'ipoteca a garanzia del credito della banca, in linea astratta tale comportamento potrebbe essere sussunto sotto la fattispecie della bancarotta preferenziale , alla stregua di quanto sancito da Cass. penumero , Sez. 5, numero 16688 del 02/03/2004 -dep. 08/04/2004, P.G. in procomma Manfredini ed altro. Tuttavia, per la sussistenza del reato , oltre alla situazione di decozione dell'impresa, è necessaria la conoscenza della situazione di insolvenza da parte del funzionario bancario che abbia effettuato l'operazione. Si è infatti affermato, con giurisprudenza da cui non vi è motivo di dissentire, che integra il reato di bancarotta preferenziale, sub specie di simulazione di un titolo di prelazione, attribuibile in concorso all'imprenditore individuale dichiarato fallito ed al funzionario di banca, il fatto di concedere all'imprenditore, pur essendo consapevole del suo stato di decozione prefallimentare, un mutuo per consentirgli di ripianare uno scoperto di pari entità determinatosi sul conto corrente, con contemporanea costituzione, a garanzia di tale mutuo, di un'ipoteca su un immobile di proprietà dell'imprenditore stesso nella specie, la Corte aveva ritenuto provato che il funzionario di banca avesse fatto pressioni sull'imprenditore affinché questi concludesse l'operazione della quale la banca si avvantaggiava, vedendo trasformarsi un credito da chirografario a privilegiato. cfr. Corte di Cassazione penale sez. V 01/12/1999, Numero 2126, in Dir. e prat. socomma 2000, 11, 91 . La curatela non ha chiarito per quale motivo si dovrebbe ritenere che il funzionario della banca che stipulò il mutuo era consapevole della situazione di insolvenza del D.R Trattandosi, la responsabilità penale, di responsabilità personale, sarebbe stata necessaria una attenta disamina del comportamento del funzionario della banca per giungere alla conclusione che costui aveva concorso nel reato di bancarotta commesso da D.R.A. ai danni dei creditori essendo consapevole della situazione di insolvenza. Questo perché solo dopo aver accertato l'astratta responsabilità penale del funzionario bancario sarebbe stato possibile ritenere responsabile a sua volta l'istituto di credito civilmente, per il fatto illecito commesso dal dipendente, ai sensi dell'articolo 2049 c.c La prova non è stata raggiunta nemmeno in via presuntiva in assenza di ogni chiarimento circa il comportamento concretamente adottato dal funzionario . 3. Per la cassazione di questa sentenza il fallimento ricorre affidandosi a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c Resiste, con controricorso, corredato da analoga memoria, la Sanpaolo s.p.a Ragioni della decisione 1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente I Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in relazione al combinato disposto di cui all'articolo 110 c.p., e L. Fall., articolo 216, comma 1, numero 1, con riferimento alla parte motiva in cui si assume che elemento essenziale del reato è lo stato di insolvenza dell'imprenditore . Si censura l'assunto della corte distrettuale secondo cui, nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, lo stato d'insolvenza che dà luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso, e, dunque, deve porsi in rapporto causale con la condotta dell'agente e deve essere, altresì, sorretto dall'elemento psicologico del dolo. Si assume, invece, che la giurisprudenza di legittimità è da tempo orientata nell'affermare che, nel reato di bancarotta fraudolenta, i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilevanza penale in qualunque tempo essi siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza. Tutte le ipotesi alternative previste dalla L. Fall., articolo 216, comma 1, si realizzano mediante condotte che determinano una diminuzione del patrimonio pregiudizievole per i creditori e per nessuna di queste ipotesi la legge richiede un nesso causale o psichico tra la condotta dell'autore ed il dissesto dell'impresa. Pertanto, né la previsione dell'insolvenza come effetto necessario, possibile o probabile, dell'atto dispositivo, né la percezione della sua preesistenza nel compimento dell'atto, possono essere condizioni essenziali ai fini dell'antigiuridicità penale della condotta. Del resto, quando il legislatore ha ritenuto necessaria l'esistenza di un tal nesso lo ha previsto espressamente, distinguendo le condotte previste dall'articolo 216 L. Fall., articolo 223, comma 1 da quelle specificamente volte a cagionare il dissesto economico della società articolo 223, comma 2, L. Fall. , per modo che solo in tali ultime fattispecie delittuose è previsto un nesso causale o psichico tra condotta ed evento. Principi, questi, che sono stati ribaditi allorché si è rilevato che il delitto di bancarotta per distrazione è reato di pericolo ed è pertanto irrilevante che al momento della consumazione l'agente non avesse consapevolezza dello stato d'insolvenza per non essersi lo stesso ancora manifestato. Da tanto conseguiva che, diversamente da quanto ritenuto dalla corte di appello con l'impugnata sentenza i il fallimento non doveva fornire la prova che, al momento della concessione del mutuo, il D.R. si trovasse in stato d'insolvenza ii nessuna rilevanza rivestiva la circostanza che, all'atto della richiesta del finanziamento, il D.R. avesse dichiarato un'unica esposizione debitoria di Euro 27.390.000 nei confronti dell'Istituto bancario San Paolo, come risultava dalla centrale dei rischi richiamata dal tribunale iii non v'era alcuna incompatibilità fra la sussistenza dello stato d'insolvenza al momento della stipulazione del mutuo e la tesi, sostenuta nell'atto introduttivo del giudizio, secondo la quale sarebbe stata la revoca degli affidamenti successiva al mutuo a determinare la crisi dell'impresa dovuta alla impossibilità di accesso al credito iv il fallimento non doveva fornire la prova che il funzionario bancario che stipulò il mutuo , fosse consapevole dell'eventuale stato di insolvenza, la cui conoscenza costituisce presupposto necessario per la sussistenza del reato di cui alla L. Fall., articolo 216 II Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in relazione al combinato disposto di cui all'articolo 110 c.p., e L. Fall., articolo 216, comma 3, con riferimento alla parte motiva in cui si assume che elemento essenziale del reato è lo stato di insolvenza dell'imprenditore . Si critica il convincimento del giudice di appello che ha escluso la responsabilità concorsuale del funzionario di banca extraneus per carenza di prova in ordine alla conoscenza di quest'ultimo dello stato d'insolvenza dell'intraneus, aderendo a quell'orientamento che ritiene lo stato d'insolvenza, che dà luogo al fallimento, elemento essenziale anche del reato di bancarotta preferenziale e che, in qualità di evento dello stesso, pertanto, deve porsi in rapporto causale con la condotta dell'agente e deve essere, altresì, sorretto dall'elemento psicologico del dolo. Sennonché, detto orientamento è ormai superato alla luce delle indicazioni fornite dalle Sezioni Unite, che hanno analizzato il reato di bancarotta L. Fall., ex articolo 216, in tutte le sue condotte tipiche delineate e, quindi, anche in quella descritta al comma 3, affermando che oggetto della punizione non è il fallimento, ma i singoli fatti di bancarotta, che ledono o pongono comunque in pericolo gli interessi dei creditori, sempre che l'imprenditore sia stato dichiarato fallito, rappresentando tale dichiarazione una condizione di esistenza del reato Sez. U. del 25/01/1958, imp. Mezzo . Il fallimento, infatti, non integra - di per sé - l'illecito penale della bancarotta, non fosse altro perché può trovare origine in cause non attribuibili in alcun modo all'imprenditore di riferimento . Può esservi fallimento senza che vi sia, quasi per automatismo, bancarotta. Ad integrare tale illecito concorrono, con pari incidenza, i fatti tipici previsti dalle corrispondenti norme incriminatrici e la dichiarazione di fallimento, elemento questo imprescindibile per la punibilità dei primi, che altrimenti sarebbero, come fatti di bancarotta, penalmente irrilevanti cfr. Cass. S.U., numero 21039 del 27.11.2011 . Secondo il ricorrente, dunque, il fallimento - e, quindi, lo stato d'insolvenza - non può essere considerato evento in senso naturalistico del reato di bancarotta e, pertanto, giova ribadirlo, non deve essere conseguenza causalmente collegata alle condotte tipiche, né oggetto di una volizione specifica da parte del soggetto agente . Quanto, poi, alla condotta delittuosa di bancarotta per simulazione di titoli di prelazione, il fallimento, dopo aver richiamato quanto affermato da Cass. penumero 16888 del 2 marzo 2004, - secondo cui il problema non è tanto quello di verificare se si tratti di simulazione ovvero di semplice creazione del titolo di prelazione , quanto di stabilire se il risultato pratico sotteso all'intera operazione, insito nella trasformazione di un credito chirografario in prelatizio, trovi una giustificazione giuridico-economica tale da escludere che esso concreti una lesione del bene penalmente protetto id est, un indebito favore fatto ad un creditore in danno degli altri - osserva essere di tutta evidenza che, se la somma mutuata dall'imprenditore viene completamente utilizzata per estinguere un precedente credito chirografario, potrà ben sospettarsi il carattere simulato dell'operazione giacché il negozio giuridico - accensione di mutuo fondiario - non sembrerebbe trovare altra ragione che quella di favorire la banca . Si deduce, infine, che, ai fini dell'integrazione di una responsabilità concorsuale dei funzionari di banca, oltre al carattere simulato e preferenziale dell'operazione, è necessario, sul piano oggettivo, la dimostrazione di un contributo causale alla realizzazione della simulazione, nonché, su quello soggettivo, di contro a quanto ritenuto dalla Corte di appello di Bari, la volontà di partecipare ad un'operazione di simulazione di titoli di prelazione volta a favorire la banca con danno per gli altri creditori. Nell'odierna vicenda, risulta per tabulas che il funzionario bancario ha cooperato con l'imprenditore alla violazione della par condicio nella forma dell'accordo, avendo, cioè, d' con l'imprenditore D.R.A., partecipato alla simulazione del titolo di prelazione volta a favorire la banca. Questi era perfettamente consapevole che l'intera operazione altro non era che un mero rifinanziamento ipotecario di precedenti debiti chirografari per giunta anche di un terzo - che non trovava altra ragione che quella di favorire esclusivamente la banca erogante, la quale, in sede fallimentare, ha visto antergato il suo credito e verrà soddisfatta con preferenza rispetto a tutti gli altri creditori III Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in relazione agli articolo 2043 e 2059 c.c., nonché articolo 185 c.p. articolo 2049 c.c., e articolo 538 c.p.p. articolo 2056,1123,1226 e 1227 c.c. . Si ascrive alla corte territoriale di avere erroneamente escluso l'astratta responsabilità penale del funzionario e, conseguentemente, la responsabilità civile della banca per il fatto illecito commesso dal dipendente ai sensi dell'articolo 2049 c.c. . Di contro, risultando per tabulas detta responsabilità, l'istituto di credito dovrà essere chiamato a rispondere civilmente per il fatto commesso dal dipendente e ciò indipendentemente dalla proposizione, o meno, dell'azione penale IV Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in relazione agli articolo 61 e 116 c.p.c. , atteso che, acclarata la responsabilità civile della banca e la fondatezza delle domande formulate dal fallimento in punto di an debeatur, diviene evidente la illegittimità, erroneità e/o ingiustizia della pronuncia gravata con riferimento al mancato accoglimento della richiesta di ammissione di consulenza tecnica d'ufficio volta alla precisa quantificazione per i danni patrimoniali, come richiesti . 2. Il primo motivo è fondato. 2.1. Invero, è incontroverso che il mutuo di L 200.000.000, garantito da ipoteca, del 3 dicembre 1992, venne concesso dalla Cassa di Risparmio di Puglia s.p.a. oggi Sanpaolo s.p.a. in favore di D.R.A. poi dichiarato fallito al fine di ripianare esposizioni debitorie sue e del fratello D.R.P. già esistenti, all'epoca, verso la banca. E' pure rimasto accertato dalla precedente sentenza della Corte di appello di Bari, numero 491/2000, resa tra le stesse parti e divenuta cosa giudicata che l'accredito, mediante giroconto, della somma L 150.000.000 sul conto corrente di D.R.P. avvenne con il consenso di suo fratello A., sicché è stata esclusa e sul punto non è stata proposta impugnazione qualsivoglia responsabilità risarcitoria della banca odierna controricorrente in relazione al reato di cui alla L. Fall., articolo 232. 2.2. La doglianza in esame investe, in particolare, la diversa responsabilità della banca pure invocata dal fallimento ricorrente ai sensi del combinato disposto dellaarticolo 110 c.p., e L. Fall., articolo 216, comma 1, numero 1 . In particolare, per avere la stessa, attraverso la stipulazione del mutuo predetto da parte di un suo funzionario, concorso con il suo mutuatario, già suo debitore, D.R.A., poi fallito, nel reato di bancarotta per distrazione consistito nel pagamento, ad opera di quest'ultimo, di un debito del fratello D.R.P. verso la medesima banca ciò tramite l'acconsentito giroconto sul suo conto corrente della somma di L 150.000.000. 2.3. Pacifiche le circostanze fattuali appena descritte, la corte barese ha negato la suddetta responsabilità della banca assumendo non esservi prova che i al momento della concessione del mutuo, il D.R. si trovasse in stato di insolvenza , come desumibile, tra l'altro, dalle allegazioni dello stesso fallimento, il quale, nella citazione introduttiva del presente giudizio, aveva sostenuto che il mutuo fu contratto solo per far fronte ad una momentanea crisi di liquidità e che lo stato di insolvenza fu causato dal comportamento della banca che revocò gli affidamenti comportando il venir meno della credibilità dell'impresa nei confronti dei terzi e, quindi, il fallimento il il funzionario bancario che stipulò il mutuo di cui si discute fosse consapevole dell'eventuale stato di insolvenza, la cui conoscenza costituisce presupposto necessario per la sussistenza del reato di cui all'articolo 216 della legge fallimentare . Per giustificare questo suo convincimento, la stessa corte ha richiamato il principio, reso da Cass. pen, sez. 5, numero 41333 del 27/10/2006, dep. 18/12/2006, Tisi ed altro, secondo cui al fine della configurabilità del concorso del/'extraneus nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione articolo 216 L. Fall. , è necessario che sussista la consapevolezza del percettore della somma - versata dall'imprenditore, successivamente dichiarato fallito - in ordine allo stato di decozione dell'impresa da cui il denaro proviene e, quindi, in ordine al rischio cui siano esposte le ragioni creditorie, con la conseguenza che il giudice deve dare rigorosa dimostrazione del sufficiente contenuto rappresentativo dell'elemento psicologico, focalizzato sul concreto rischio di insolvenza, anche se non qualificato da una specifica volontà di cagionare danno ai creditori dell'imprenditore nonché quello, evincibile da Cass. penumero , sez 5, numero 23675 del 22/4/2004 Ud., dep. 20/5/2004, a tenore della quale il dolo nel reato di bancarotta per distrazione è quello generico e, consistendo nella volontarietà della ricezione, oltre che nella consapevolezza che la stessa è idonea a recare danno ai creditori, è desumibile dalla conoscenza, da parte dell'agente, dello stato di decozione della società. 2.4. Rileva, però, il Collegio che, secondo la più recente ed ormai consolidata giurisprudenza penale di questa Corte da cui non vi è motivo di dissentire , l'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte cfr. Cass. Sez. U, numero 22474 del 31/03/2016, Passarelli e altro, Rv. 266805 Cass. Sez. 5, numero 38731 del 17/05/2017, Bolzoni, Rv. 271123 Cass., Sez. 5, numero 52077 del 04/11/2014, Lelli, Rv. 261348 Cass. Sez. 5, numero 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156 . 2.5. Inoltre, secondo l'indirizzo interpretativo nettamente prevalente, in tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell'imprenditore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori cfr., ex multis in motivazione, Cass., Sez. 5, numero 9316 del 03/02/2021, Fracassa, Rv., 281020 Cass., Sez. 5, numero 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, cit. Cass., Sez. 5, numero 38731 del 17/05/2017, Bolzoni, cit. Cass., Sez. 5, numero 12414 del 26/01/2016, Morosi, Rv. 267059 Cass., Sez. 5, numero 41055 del 04/07/2014, Crosta, Rv. 260932 Cass., Sez. 5, numero 11624 del 08/02/2012, Fanini, Rv. 252315 Cass., Sez. 5, numero 1706 del 12/11/2013, dep. 2014, Barbaro, Rv. 258950 Sez. 5, numero 16579 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879 Cass., Sez. 5, numero 9299 del 13/01/2009, Poggi Longostrevi, Rv. 243162 . 2.6. Si rivelano, dunque, decisive le esaustive argomentazioni di Cass., Sez. 5, numero 13382 del 03.11.2020, dep. 2021, Verdini, Rv. 281031, la quale ha puntualizzato che l'attività distrattiva dell'imprenditore bancario non si colloca su un piano peculiare, diverso da quello tradizionale, soggetto a regole proprie, , dovendo, invece, tale attività valutarsi alla luce dei principi costantemente affermati da questa Corte in merito all'elemento materiale e soggettivo del reato di cui all'articolo 216/1, numero 1, l.fall Per la sussistenza dell'elemento materiale della bancarotta distrattiva è sufficiente il distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore - sebbene il reato venga a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento - avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta alla sottrazione, con possibile danno per i creditori Sez. 5 numero 13820 del 03/03/2020 Rv. 278951 Sez. 5, numero 39635 del 23/09/2010, Rv. 248658 . Il distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore, poi fallito con conseguente depauperamento in danno dei creditori , in cui si concreta l'elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell'atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l'esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela Sez. 5, numero 44891 del 09/10/2008, Rv. 241830 . Distrattivo e', pertanto, un qualsiasi atto di disposizione patrimoniale, affetto da anomalie genetiche o funzionali, dal quale deriva una diminuzione patrimoniale oggettivamente certa e prevedibile in tale definizione sono distinguibili, da un lato, la condotta materiale, vale a dire il compimento dell'atto negoziale e, dall'altro, l'effetto di tale condotta, cioè la diminuzione patrimoniale Sez. 5, numero 18517 del 22/02/2018 Rv. 273073 Sez. 5, numero 15850 del 26/06/1990 . Nel reato di bancarotta, l'evento è costituito dal depauperamento del patrimonio aziendale posto a garanzia dei creditori ex articolo 2740 c.c., e, segnatamente, l'evento storico naturalistico va ravvisato nella diminuzione patrimoniale eziologicamente connessa alla condotta, mentre l'evento normativo è rappresentato dalla lesione degli interessi della massa dei creditori Sez. 5, numero 18517 del 22/02/2018, Rv. 273073 . Questa Corte ha anche affermato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilevanza penale in qualunque tempo essi siano stati commessi, e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza Sez. U, numero 22474 del 31/03/2016, Rv. 266805 . All'uopo, il concetto di zona di rischio penale può valere ad escludere la rilevanza penale della condotta soltanto quando l'azione addebitata non sia, per le sue caratteristiche intrinseche, idonea a determinare l'esposizione a pericolo del patrimonio e non sia collocabile in un contesto di condotte che abbiano determinato il dissesto. Peraltro, dalle disposizioni penali della legge fallimentare si ricava che il legislatore, quando ha ritenuto necessario il rispetto di un perimetro temporale, lo ha previsto espressamente, come ad esempio per la L. Fall., articolo 217, comma 2 . Non si richiede, poi, alcun nesso causale o psichico tra la condotta dell'autore ed il dissesto dell'impresa, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. L'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e', infatti, costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte. S.U. numero 22474 del 31/03/2016 Passarelli . E, del resto, quando il legislatore ha ritenuto necessaria l'esistenza di un tal nesso lo ha previsto espressamente nell'ambito della legge fallimentare, all'articolo 223, distinguendo le condotte previste dall'articolo 216, L. Fall., articolo 223, comma 1 da quelle specificamente volte a cagionare il dissesto economico della società L. Fall., articolo 223, comma 2 , per modo che solo in tali ultime fattispecie delittuose è previsto un nesso causale o psichico tra condotta ed evento Cass., Sez. 5, numero 39546 del 15/07/2008, Bonaldo . 2.7. Da quanto detto consegue, allora, che i l'estraneità del dissesto, in quanto elemento non qualificabile come costitutivo del reato di bancarotta patrimoniale, all'oggetto del dolo caratteristico di quest'ultimo, osta, in aderenza alle regole generali sul concorso di persone nel reato, all'attribuzione a tale oggetto di un contenuto diverso, e più ampio, per la posizione del concorrente estraneo, rispetto a quello che è richiesto all'intraneus ii deve ricondursi al terreno probatorio la rilevanza dello stato di decozione da parte dell'extraneus, nel senso che qualora l'impresa depauperata dalla distrazione versi in stato di decozione, la consapevolezza di tale stato costituisce un indice inequivocabile del dolo del concorrente che a tale distrazione abbia prestato il proprio contributo, giacché tale consapevolezza contiene inevitabilmente e senza necessità di prova ulteriore la rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori. Ciò, peraltro, non significa che, in situazioni in cui il dissesto o anche il solo disequilibrio economico dell'impresa non si sia ancora palesato, le circostanze del fatto cui il soggetto concorre non possano rivelarne la natura effettivamente distrattiva nel senso illustrato in precedenza. 2.8. E chiaro, pertanto, che il già riportato assunto sul quale la sentenza impugnata fonda il rigetto della domanda risarcitoria del fallimento, ex articolo 110 c.p., e L. Fall., articolo 216, comma 1, numero 1 , nei confronti della banca - per avere la stessa, attraverso la stipulazione del mutuo predetto da parte di un suo funzionario, concorso con il suo mutuatario, già suo debitore, D.R.A., poi fallito, nel reato di bancarotta per distrazione consistito nel pagamento, da parte di quest'ultimo, di un debito del fratello D.R.P. verso la medesima banca tramite l'acconsentito giroconto sul suo conto corrente della somma di L 150.000.000 - non è in linea con il descritto, più recente, orientamento della giurisprudenza penale di legittimità. 2.8.1. Invero, da quest'ultimo emerge agevolmente che il dolo del concorrente extraneus nella specie, il funzionario di banca che ebbe a stipulare il mutuo in discorso con D.R.A. nel reato proprio dell'imprenditore L. Fall., ex articolo 216, comma 1, numero 1 , va individuato nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio dell'imprenditore ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata - la specifica conoscenza del dissesto dell'imprenditore medesimo, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori. 2.8.1.1. Rappresentazione della pericolosità che, nell'odierna vicenda, doveva valutarsi tenuto conto proprio della natura della complessiva operazione posta in essere da D.R.A., poi fallito, con la banca concedente il mutuo, la quale era perfettamente cosciente che l'intera operazione predetta altro non era che un mero rifinanziamento ipotecario di precedenti debiti chirografari - per giunta anche di un terzo - che non trovava altra ragione che quella di favorire esclusivamente la banca erogante mediante l'estinzione, con danaro dell'imprenditore poi fallito, anche di una posizione debitoria di un terzo soggetto D.R.P., fratello del menzionato imprenditore verso la banca stessa. 3. Fondato è anche il secondo motivo che, giova ricordarlo, investe, specificamente, la ulteriore responsabilità della banca pure invocata dal fallimento ricorrente ai sensi del combinato disposto dell'articolo 110 c.p., e L. Fall., articolo 216, comma 3. In particolare, per avere la stessa, attraverso la stipulazione del mutuo predetto da parte di un suo funzionario, concorso alla eliminazione di esposizione a breve ed alla trasformazione dei debiti del fallito da chirografari a garantiti da ipoteca. 3.1. Orbene, costituisce principio di diritto qui condiviso e da ribadirsi quello per cui, in tema di bancarotta preferenziale, integra gli estremi della simulazione di prelazione di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 3, parte seconda, la condotta di una impresa che, prima o durante la procedura fallimentare, consegua da una banca creditrice mutui fondiari garantiti da ipoteca immobiliare utilizzati per il ripianamento di propri preesistenti debiti verso la stessa banca, così trasformandosi i crediti vantati da quest'ultima verso l'impresa da chirografari in privilegiati e, quindi, costituendosi un titolo di prelazione in danno di ogni altro creditore. In tali casi, il concetto di simulazione di cui alla norma suindicata non deve essere inteso in senso civilistico, poiché la ratio della previsione è quella di sanzionare tanto le condotte che realizzano la costituzione fittizia di un titolo preferenziale quanto quelle che trasformano un credito chirografario in credito assistito da cause di prelazione con la costituzione effettiva di una garanzia in presenza dello stato di insolvenza, poiché entrambe producono il medesimo risultato di alterazione della par condicio creditorum in questo senso, cfr. Sez. 1, numero 51861, del 18/05/2018, Costanzo, Rv. 274668 Cass. Sez. 5, numero 16688 del 02/03/2004, Manfredini, Rv. 228765 . 3.1.1. Ecco perché, da sempre, fra le ipotesi di simulazione dei titoli di prelazione, la giurisprudenza fa rientrare anche il caso in cui si proceda ad immotivata novazione del credito e la nuova posizione creditoria sia assistita da un titolo di garanzia. Quindi - per richiamare un caso di specie analogo a quello oggetto della presente decisione - ricorre l'ipotesi delittuosa in esame nel caso in cui un istituto di credito, che vanta un credito privo di ogni privilegio o garanzia reale nei confronti di una persona in stato di decozione, conceda a quest'ultimo un mutuo ipotecario e le somme percepite a seguito della stipula del suddetto mutuo vengano utilizzate per estinguere l'originario debito non assistito da ipoteca. 3.2. E' noto, poi, che la bancarotta preferenziale è un reato a dolo specifico, richiedendo che l'imputato agisca al fine di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi. Il pregiudizio degli altri creditori, però, non è collegato alla finalità dell'agire, per cui non costituisce oggetto del dolo specifico tale risultato, essendo sufficiente che il fallito si rappresenti la possibilità di ledere i creditori non favoriti, secondo i principi del dolo eventuale cfr. Cass. Sez. 5, numero 16983 del 05/03/2014, Liori, Rv. 262904 . In tal senso, l'elemento soggettivo è ravvisabile ogni qual volta l'atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore secondo lo schema tipico del dolo eventuale cfr. Cass. Sez. 5, numero 31894 del 26 giugno 2009, Petrone, Rv. 244498 . 3.3. Secondo la più recente giurisprudenza penale di legittimità, inoltre, in tema di concorso in bancarotta preferenziale, il dolo dell'extraneus nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell'intraneus, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento di uno dei creditori rispetto agli altri, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società cfr. Cass. Sez. 5, numero 16983 del 05/03/2014, Liori, cit. Cass., Sez. 5, numero 27141 del 27/03/2018, Del Rosso, Rv. 273481 . 3.3.1. Nella specie, la corte di merito, pur avendo riconosciuto, alla stregua della già richiamata Cass. pen 16688 del 2004, che, per quel che riguarda la costituzione dell'ipoteca a garanzia del credito della banca , il corrispondente comportamento in linea astratta  potrebbe essere sussunto sotto la fattispecie della bancarotta preferenziale , ha ritenuto, tuttavia, che i per la sussistenza del reato , oltre alla situazione di decozione dell'impresa, è necessaria la conoscenza della situazione di insolvenza da parte del funzionario bancario che abbia effettuato l'operazione ii il fallimento non ha chiarito per quale motivo si dovrebbe ritenere che il funzionario della banca che stipulò il mutuo era consapevole della situazione di insolvenza del D.R Trattandosi, la responsabilità penale, di responsabilità personale, sarebbe stata necessaria una attenta disamina del comportamento del funzionario della banca per giungere alla conclusione che costui aveva concorso nel reato di bancarotta commesso da D.R.A. ai danni dei creditori essendo consapevole della situazione di insolvenza. Questo perché solo dopo aver accertato l'astratta responsabilità penale del funzionario bancario sarebbe stato possibile ritenere responsabile a sua volta l'istituto di credito civilmente, per il fatto illecito commesso dal dipendente, ai sensi dell'articolo 2049 c.c La prova non è stata raggiunta nemmeno in via presuntiva in assenza di ogni chiarimento circa il comportamento concretamente adottato dal funzionario . 3.3.2. E' palese, allora, che l'appena riportato assunto contrasta con il descritto, più recente orientamento di questa Corte in tema di dolo dell'extraneus nel concorso nel reato proprio dell'imprenditore L. Fall., ex articolo 216, comma 3, da individuarsi nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'intraneus, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento di uno dei creditori rispetto agli altri, non essendo, invece, richiesta - diversamente da quanto opinato dalla corte distrettale - la specifica conoscenza del dissesto dell'imprenditore medesimo. 3.3.2.1. Nell'odierna vicenda, dunque, il dolo suddetto doveva valutarsi tenuto conto proprio della natura della complessiva operazione posta in essere da D.R.A., poi fallito, con la banca concedente il mutuo, la quale era consapevole che l'operazione in discussione altro non era che un mero rifinanziamento ipotecario di precedenti debiti chirografari, nei suoi confronti, del D.R. oltre che, come si è già visto, di suo fratello D.R.P. che non trovava altra ragione che quella di favorire esclusivamente la banca erogante mediante la creazione, in suo favore, di un titolo preferenziale in tal guisa chiaramente alterando la par condicio creditorum. 4. Il terzo ed il quarto motivo, entrambi riguardanti il quantum del risarcimento invocato dal fallimento il primo di essi pure la responsabilità della banca ex articolo 2049 c.c. , possono considerarsi assorbiti atteso il nuovo accertamento concernente l'an della medesima pretesa risarcitoria cui dovrà provvedere il giudice di rinvio tenuto conto dei principi tutti in precedenza richiamati. 5. In definitiva, vanno accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiarandosene assorbiti gli altri. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiarandone assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.