No alla detrazione IVA per il cessionario del bene in un’operazione di sale and lease back

L’operazione di sale and sale back che consiste nella vendita e nel successivo riacquisto del bene strumentale per ottenere il finanziamento non è imponibile e non fa scattare il diritto del contribuente alla detrazione dell’IVA. Non si configura, infatti, alcuna cessione di beni perché, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, per cessione si deve intendere il trasferimento del bene materiale eseguita da una parte che autorizza l’altra a disporne come se fosse il proprietario.

Lo ha stabilito la Cassazione che, con l'ordinanza numero 30016 del 26 ottobre 2021, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate. Sale and lease back e violazione del patto commissorio. Sul punto si ricorda che ai sensi dell'articolo 2744 del codice civile, invece, che tratta del patto commissorio, “E' nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca e del pegno”. La ratio di tale norma è quella di tutelare l'interesse del debitore, quale contraente più debole che, conferendo al creditore la facoltà di fare propria la cosa ipotecata data in pegno in caso di mancato pagamento del credito nel termine fissato, rischierebbe di privarsi di beni anche di valore superiore all'ammontare del credito garantito. In linea con la ricostruzione prospettata, la Corte di cassazione ha affermato che la vendita del bene “all'impresa di leasing non risulta finalizzata alla garanzia, quale accessorio di un preesistente e concorrente mutuo, ma costituisce necessario presupposto per la concessione del bene in leasing . Non è, dunque, una vendita a scopo di garanzia bensì una vendita a scopo di leasing . Lo schema negoziale del sale and lease-back presenta quindi autonomia strutturale e funzionale, quale contratto d'impresa, diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela e non configura, per sua natura, una fattispecie negoziale nulla sanzionabile per illiceità della causa concreta in relazione al divieto del patto commissorio. Diversamente, il contratto è nullo laddove presenti sensibili alterazioni rispetto allo schema negoziale descritto, configurando un uso improprio dello strumento, sanzionabile per illiceità della causa, come quando sia finalizzato per esempio a costituire una garanzia a favore del creditore rispetto ad un rapporto debitorio preesistente, integrando la realizzazione del risultato vietato dall'articolo 2744 c.c cfr. al riguardo, Cassazione 16 ottobre 1995, numero 10805 . La Cassazione ha individuato diversi possibili indici sintomatici di un uso anomalo del contratto di lease-back e, quindi, rivelatori di un patto commissorio, rinvenibili nell'assenza di uno o più degli elementi caratterizzanti il contratto. In particolare, sulla questione specifica degli elementi sintomatici atti ad evidenziare che la vendita è stata posta in essere in funzione di garanzia, a tutela del mutuo sottostante e, quindi, in violazione del patto commissorio, nella sentenza 16 ottobre 1995, numero 10805 la Cassazione ha precisato che “… il perseguimento di uno scopo di garanzia in violazione dell'articolo 2744 c.c. potrà, quindi essere denunciato dalle difficoltà economiche dell'impresa venditrice, legittimante il sospetto di un approfittamento della sua condizione di debolezza, nonché dalla concreta valutazione economica dell'affare, in termini di adeguata proporzionalità delle prestazioni corrispettive. Valutazione, questa, da condursi avuto riguardo ai criteri adottati per la stima del prezzo di vendita del bene strumentale onde accertarne la corrispondenza a correnti valori di mercato, correlati, peraltro, alle peculiarità del bene strumentale ed alla sua eventuale ridotta commerciabilità , per la determinazione dei canoni del leasing se in conformità alle tecniche proprie di siffatta figura contrattuale , e per la quantificazione del prezzo di opzione se coerenti con il complessivo disegno economico perseguito ”. La scelta del lease back di un bene strumentale, che comporta, rispetto all'acquisto, «un'accelerata deducibilità dei costi, rientra nel libero esercizio dell'attività economica del contribuente, qualora risponda al suo specifico e concreto interesse economico, come, ad esempio, quello di estinguere pregressi debiti mediante l'acquisizione di nuova liquidità a condizioni ritenute convenienti o di pervenire al medesimo risultato economico di una operazione di finanziamento bancario, con maggiore deducibilità di canoni di leasing, rispetto ai soli interessi passivi che sarebbero stati deducibili con la stipula di un mutuo cfr. Cass. 17175/2015 . Caso concreto. La vicenda trae origine da un accertamento notificato al contribuente per un'operazione di sale and sale back riguardante la vendita di un attrezzo agricolo e il successivo riacquisto con pagamento dilazionato per ottenere la liquidità necessaria alla propria attività. Per l'Agenzia delle entrate l'operazione messa in piedi era finalizzata a ottenere il finanziamento in modo artificioso perché tesa a far apparire i beni strumentali usati come nuovi. La CTR Basilicata, accogliendo l'appello della contribuente, escludeva la natura fraudolenta del contratto che rispondeva all'esigenza di assicurare immediata liquidità con la possibilità di restituire il finanziamento in più tranche. Col proprio ricorso in Cassazione l'Agenzia delle entrate denunciava violazione degli articolo 19 e 21 del d.P.R. 633/1972 in quanto la CTR aveva riconosciuto la detraibilità dell'Iva pur mancando un atto traslativo in quanto l'esborso del cessionario si riduce ad un finanziamento del soggetto che appare come venditore. Nell'accogliere il ricorso delle entrate la Cassazione precisa che indipendentemente, dalla configurazione del contratto come sale and lease back, o come sale and sale back, non è comunque ravvisabile alcuna operazione imponibile da cui scaturisca il diritto di detrazione. Non si configura, infatti, la cessione di beni imponibile perché ai fini dell'Iva, «per cessione di beni si deve intendere non già il trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale compiuta da una parte che autorizza l'altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario cfr. da ultimo Cass. 17710/2021 che prende spunto da Corte di Giustizia 27 marzo 2019 causa C-201/18 . Nel caso concreto, non essendo ravvisabile una cessione imponibile ai fini IVA, va escluso l'esercizio del diritto di detrazione. Né a diverse conclusioni si potrebbe pervenire qualificando l'operazione come prestazione di servizi e ciò perché la causa concreta di finanziamento accertata dal giudice di merito comporterebbe sì la soggezione a iva, ma in regime di esenzione, a norma dell'articolo 10, comma 1, numero 1, del d.P.R. numero 633/72 vedi, in argomento, Cass. 24268/2015 e 242/2021 , che osta all'insorgenza del diritto di detrazione. Il ricorso è accolto e la sentenza cassata. La Corte, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposto.

Presidente Virgilio - Relatore Perrino   il testo integrale della sentenza sarà disponibile a breve.