Sanzionato il Viminale per la diffusione di immagini violente lesive della dignità dell’interessato

Anche se la procura autorizza la divulgazione di filmati critici relativi ad indagini penali spetta sempre al titolare del trattamento effettuare una accurata valutazione della conformità dei video ai principi generali in materia di protezione dei dati personali. Il rischio di incorrere in una pesante sanzione è infatti sempre dietro l’angolo in particolare se le riprese sono cruente e invasive.

Lo ha evidenziato il Garante per la protezione dei dati personali con l’ordinanza ingiunzione numero 289 del 10 giugno 2021 con la quale ha condannato il Ministero dell’interno al pagamento di una severa sanzione amministrativa da 75 mila euro. La vicenda sottoposta all’esame del Garante è relativa alla diffusione da parte della polizia di alcuni filmati inerenti alle violenze esercitate da una baby gang nei confronti di una persona anziana. Nei video, anche se sono stati oscurati i volti delle persone, si possono ascoltare le grida della vittima che risulta facilmente identificabile nel contesto ambientale in cui si svolgono i drammatici accadimenti. Anche se la polizia ha chiesto autorizzazione alla Procura per la divulgazione delle immagini per finalità di prevenzione generale dei reati a parere dell’Autorità la diffusione di questi filmati risulta illecita. Specifica infatti il corposo provvedimento che il Ministero dell’interno, con la divulgazione di questi filmati ha posto in essere un trattamento eccedente e non necessario per l’esecuzione di uno dei compiti previsti dal d.lgs. numero 51/2018. I video sono stati infatti diffusi dal titolare del trattamento per finalità di polizia “al fine di suscitare indignazione, attenzione e quella giusta reazione volta a rompere qualsiasi futura ipotetica situazione di silenzio”. Ma questo trattamento non è riconducibile ad una attività di polizia giudiziaria, specifica il Garante, perché i filmati non sono stati diffusi per agevolare indagini e reprimere reati ma per prevenire ulteriori comportamenti illeciti. E se anche ci fosse correlazione investigativa “la riferita autorizzazione della Procura non esonerava comunque il ministero da un’accurata valutazione sulla sua conformità ai principi in materia di protezione dei dati personali”. Le violazioni riscontrate dall’autorità riguardano numerosi principi fissati dal d.lgs. numero 51/2018 che regola il trattamento dei dati personali per motivi di polizia. Nell’ambito di tali trattamenti la diffusione dei dati è regolata anche dal d.P.R. numero 15/2018 ma dovrà avvenire sempre nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Il trattamento in questione nel suo complesso viola anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In pratica i filmati sono stati diffusi dalla polizia “in violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali ed in modo gravemente lesivo della dignità della persona interessata”.