Interrotta la ‘catena del freddo’ nel trasporto della carne: condanna inevitabile

Confermata la responsabilità dei due titolari di una ditta che si occupa di vendita all’ingrosso di carne fresca, congelata e surgelata. Decisivo un controllo sulla strada effettuato dalla polizia giudiziaria, controllo che ha permesso di fermare un furgone non refrigerato contenente ben 125 kg di carne di pollo e tacchino per kebab sistemata in cartoni.

Interrotta la cosiddetta ‘catena del freddo' nel trasporto di carne destinata alla vendita. Inevitabile la condanna per «detenzione di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione» Cass. penumero , sez. III, 4 ottobre 2021, numero 35966 . A finire sotto processo e a essere condannati sono due imprenditori, titolari di una azienda che opera nel settore del commercio all'ingrosso di carne fresca , congelata e surgelata. A inchiodarli è l'esito di un controllo in strada effettuato dalla polizia giudiziaria. A essere fermato è un furgone non refrigerato all'interno vengono rinvenuti ben 125 kg di carne di pollo e di tacchino per kebab, sistemati in alcuni cartoni. Evidenti, secondo il giudice del Tribunale, il pessimo « stato di conservazione » della carne. I due titolari della ditta provano a fornire una lettura diversa della vicenda. Innanzitutto, contestano l'ipotesi della «detenzione finalizzata alla vendita della merce» poi sottoposta a sequestro, e in questa ottica essi richiamano «il contesto, il luogo e le modalità con cui sono avvenuti il controllo ed il sequestro » per sostenere che vada «esclusa la finalità di vendita». Inoltre, essi sottolineano che «il sequestro è stato operato all'esito di un normale servizio di controllo svolto su una strada provinciale e non presso una rivendita commerciale di somministrazione di alimenti, ovvero presso un deposito o magazzino la merce si trovava a bordo di un furgone che non era di loro proprietà la carne non è stata sequestrata all'interno o presso un esercizio commerciale o presso magazzini o depositi di altrettante presunte attività commerciali». Secondo i due imprenditori, quindi, manca «la prova della destinazione alla vendita » della carne sequestrata dalla polizia giudiziaria. Per i Giudici della Cassazione, però, non vi sono i presupposti per mettere in discussione la condanna dei due imprenditori . Ciò perché è emerso in modo chiaro che «essi detenevano per la vendita centoventicinque chili di carne di pollo e tacchino per kebab in cattivo stato di conservazione, poiché trasportata in cartoni all'interno di un furgone non refrigerato, con interruzione della catena del freddo». Ampliando l'orizzonte, poi, i magistrati ricordano che la norma «vieta l'impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione», ma precisano poi che ci si trova di fronte «non a un reato di pericolo presunto, ma di danno, in quanto la disposizione non mira a prevenire – con la repressione di condotte, come la degradazione, la contaminazione o l'alterazione del prodotto in sé, la cui pericolosità è presunta iuris et de iure – mutazioni che sono prese in considerazione come evento dannoso , ma persegue un autonomo fine di benessere, consistente nell'assicurare una protezione immediata all' interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura cosiddetto ordine alimentare ». In questa vicenda «la quantità di carne sequestrata non lasciava margini di dubbio sulla destinazione alla vendita», osservano i giudici. D'altra parte, «i due imprenditori non hanno offerto alcuna giustificazione plausibile agli operanti né hanno esibito alcuna documentazione attestante una diversa destinazione della merce» sacrosanta, quindi, la loro condanna, con pena fissata in «2mila euro di ammenda» a testa.

Presidente Aceto – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 27 giugno 2019 il Tribunale di Trani ha condannato A.Y. e F.A. alle pene di legge per il reato di cui alla L. numero 283 del 1962, articolo 5 perché detenevano per la vendita kg 125 di carne di pollo e di tacchino per kebab, in cattivo stato di conservazione. 2. Gli imputati presentano due motivi di ricorso. Con il primo deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla detenzione finalizzata alla vendita della merce in sequestro. Il Giudice aveva ritenuto provata la contravvenzione sulla base del quantitativo di carne in sequestro e dell'assenza di giustificazioni fornite agli organi della polizia giudiziaria al momento del controllo stradale. Ritengono la decisione congetturale. Tutti i testi escussi in dibattimento avevano categoricamente escluso la finalità di vendita, in ragione del contesto, del luogo e delle modalità con cui erano avvenuti il controllo ed il sequestro. Evidenziano, in particolare, che il sequestro era stato operato all'esito di un normale servizio di controllo svolto su una strada provinciale e non presso un'attività e/o rivendita commerciale di somministrazione di alimenti ovvero presso un deposito o magazzino la merce si trovava a bordo di un furgone che non era di loro proprietà non era noto quale attività lavorativa svolgessero e quindi se si occupassero della presunta attività commerciale di vendita e/o di somministrazione di carne la carne non era stata sequestrata all'interno e/o presso un esercizio commerciale o presso magazzini e/o depositi di altrettante presunte attività commerciali. In ragione delle testimonianze assunte, la rilevante quantità di merce sequestrata poteva al limite rappresentare il punto di partenza dal quale muovere e non, come erroneamente e illogicamente sostenuto dal primo Giudice, la prova del fatto di destinazione alla vendita. Con il secondo denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all' articolo 131-bis c.p. Il Giudice aveva ignorato la richiesta di assoluzione, nonostante vi fossero tutti i requisiti la condizione soggettiva, i limiti edittali di pena, le caratteristiche della condotta e l'assenza di conseguenze dannose e/o pericolose, l'assenza di abitualità nella condotta. Aggiungono che era stata applicata solo la pena pecuniaria dell'ammenda, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena. Precisano che la richiesta risultava formalizzata a verbale. Richiamano i precedenti giurisprudenziali favorevoli all'applicazione della causa di non punibilità in caso di violazione dell'articolo 5 Legge alimenti. Considerato in diritto 3. I ricorsi sono infondati. Il primo motivo attiene all'accertamento di responsabilità. È emerso dall'istruttoria dibattimentale che gli imputati detenevano per la vendita 125 chili di carne di pollo e tacchino per kebab, in cattivo stato di conservazione, perché trasportata in cartoni all'interno di un furgone non refrigerato, con interruzione della catena del freddo. È consolidato in giurisprudenza l'orientamento espresso da Cass., Sez. U, numero 443 del 19/12/2001 , dep. 2002, Butti, Rv. 220717, secondo cui la contravvenzione prevista dalla L. 30 aprile 1962, numero 283, articolo 5, lett. b, che vieta l'impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è reato di pericolo presunto, ma di danno, in quanto la disposizione citata non mira a prevenire - con la repressione di condotte, come la degradazione, la contaminazione o l'alterazione del prodotto in sé, la cui pericolosità è presunta iuris et de iure - mutazioni che nelle altre parti del citato articolo 5 sono prese in considerazione come evento dannoso, ma persegue un autonomo fine di benessere, consistente nell'assicurare una protezione immediata all'interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura cosiddetto ordine alimentare . Gli imputati hanno estrapolato dal verbale dell'esame dibattimentale alcune frasi del Giudice relative a commenti delle dichiarazioni testimoniali a tenore delle quali non poteva parlarsi di detenzione per la vendita. Ciò nondimeno, la sentenza è chiara nel senso che la quantità di carne sequestrata non lasciava margini di dubbio sulla destinazione alla vendita e, d'altra parte, gli imputati non avevano offerto alcuna giustificazione plausibile agli operanti nè avevano esibito alcuna documentazione attestante una diversa destinazione della merce. La motivazione è, pertanto, immune da censure. Quanto alla possibilità di applicare l' articolo 131-bis c.p. , si desume dal complesso della motivazione che il fatto non è stato considerato dal Giudice come di lieve entità, stante il rilevante quantitativo di carne sequestrato e considerata la pena irrogata dell'ammenda di Euro 2.000, già diminuita per le attenuanti generiche, che non è stata calcolata nella misura del minimo edittale si veda sulla motivazione implicita, tra le più recenti, Cass., Sez. 5, numero 15658 del 14/12/2018 , dep. 2019, D., Rv. 275635-02 . Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ai sensi dell' articolo 616 c.p.p. . P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.