In tema di contratti di lavoro a termine, il regolamento contrattuale deve contenere il rinvio alla previsione della contrattazione collettiva, o ad una delle ipotesi specificamente indicate nell’articolo 1 l. numero 230/1962 e, quindi, a tutti i requisiti connessi.
La Corte d'Appello di Bari respingeva la domanda proposta da un dipendente di una compagnia aerea avente ad oggetto l'illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato nel 2001. Il lavoratore ricorre in Cassazione, lamentandosi del fatto che la Corte d'Appello avesse ritenuto valido ed efficace il contratto a termine stipulato ai sensi dell'articolo 23 l. numero 56/1987, non essendo mai stata denunciata dal lavoratore in primo grado l'omessa indicazione, nel contratto, della norma posta a giustificazione del termine ed essendosi la compagnia sempre difesa allegando che l'apposizione del termine trovava giustificazione nell'articolo 1 l. numero 203/1962. Il ricorso è fondato. La Corte di Cassazione, infatti, sottolinea che, mentre con l. numero 230/1962 il legislatore introdusse il sistema della «lista chiusa» dei motivi che permettevano la stipulazione dei contratti temporanei, con la l. numero 56/1987 ha rinunciato alla previsione di fattispecie tassative ed ha per contro affidato alla contrattazione collettiva, nazionale oppure locale, la possibilità di autorizzare il contratto a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale - per ragioni di tipo meramente soggettivo, consentendo in funzione di promozione dell'occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori l'assunzione di speciali categorie di lavoratori, e operando una sorta di «delegificazione» in favore delle parti sociali. Con il d.lgs. numero 368/2001, poi, il legislatore ha superato «le forme di assunzioni a termine contrattualizzate» ed è tornato a chiedere nell'articolo 1 alle parti del contratto individuale la specificazione in forma scritta delle ragioni giustificatrici del contratto a termine. Tale ricostruzione del sistema legislativo non implica, tuttavia, che nel periodo compreso tra la l. numero 56/1987 ed il d.lgs. numero 368/2001 fosse consentita l'apposizione di un termine senza che ne venisse indicata la ragione giustificativa le parti, infatti, non erano più libere di individuarla nell'ambito di un'elencazione legislativa, ma potevano limitarsi ad applicare la previsione del contratto collettivo, soltanto richiamandola. Tale espresso richiamo, tuttavia, era necessario al fine di consentire in ogni caso il controllo giudiziario sull'operato delle parti, mentre il loro silenzio in proposito avrebbe permesso il mero arbitrio delle medesime, ed in particolare del datore di lavoro, che avrebbe potuto giovarsi del termine sul piano economico non può valere a supplire tale mancanza, pertanto, il generico richiamo nel contratto all'articolo 23 l. numero 56/1987, «ricorrendone i presupposti sulla base dell'assunto secondo cui il richiamo all'articolo 23 conterrebbe già in sé il riferimento all'articolo 1 l. numero 203/1962». Nel caso di specie, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, non è priva di rilievo la circostanza che nel contratto considerato non vi fosse alcun riferimento alle ipotesi «legittimanti» di cui all'articolo 1 l. numero 203/1962 il regolamento contrattuale infatti avrebbe dovuto contenere il rinvio alla previsione della contrattazione collettiva, o ad una delle ipotesi specificamente indicate nell'articolo 1 l. numero 230/1962e, quindi, a tutti i requisiti connessi. Per questi motivi, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.
Presidente Balestrieri – Relatore Piccone Rilevato che con sentenza numero 401 dell'8 marzo 2017, la Corte d'appello di Bari, in riforma della decisione di primo grado, accogliendo l'impugnazione proposta dalla Aeroporti di Puglia S.p.A., ha respinto la domanda proposta da S.I. avente ad oggetto la dichiarazione di illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato in data 30 aprile 2001, con decorrenza 2.5.2001 - 31.12.2001 in particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto valido ed efficace il contratto a termine stipulato ai sensi della L. 28 febbraio 1987, numero 56, articolo 23, non essendo mai stata denunziata dal lavoratore in primo grado l'omessa indicazione, nel contratto individuale di lavoro, della norma contrattuale posta a giustificazione del termine ed essendosi la società sempre difesa allegando che l'apposizione del termine stesso trovava giustificazione, piuttosto, nelle previsioni di cui alla L. numero 203 del 1962, articolo 1 per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, assistito da memoria, S.I., affidandolo a due motivi resiste, con controricorso, la Aeroporti di Puglia S.p.A Considerato che Con il primo, articolato motivo di ricorso, si denunzia la violazione di norme di legge e di contratto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, con particolare riguardo alla nullità dell'apposizione del termine, per effetto della violazione della L. numero 56 del 1987, articolo 23, alla violazione del principio iura novit curia, alla lesione dei principi posti a fondamento dell'onere della prova con il secondo motivo si allega l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, con riguardo alla percentuale degli assunti a tempo determinato il primo motivo è fondato, nei termini che seguono la Corte territoriale ha ritenuto valido ed efficace il contratto a termine intercorso fra le parti per essere lo stesso stato stipulato ai sensi della L. numero 56 del 1987, articolo 23, ricorrendone i presupposti là dove tale ultima disposizione richiama va della L. numero 203 del 1962, articolo 1, non reputando necessaria l'espressa previsione nel regolamento contrattuale di una delle ipotesi legittimanti di cui al suddetto articolo 1 invero, dalla direttiva Europea 28 giugno 1999 numero 70 e dall'allegato accordo del 18 marzo 1999, soprattutto dal preambolo, risulta che i contratti a tempo indeterminato rappresentano la forma generale di rapporto di lavoro anche se in talune circostanze, ossia eccezionalmente, quelli a termine possono meglio corrispondere ai bisogni dei datori o dei prestatori di lavoro a tal proposito è opportuno ricordare che, con sentenza 2 marzo 2006 numero 4588 le Sezioni unite di questa Corte hanno illustrato l'evoluzione legislativa in materia di contratto di lavoro a termine, che, appunto, si conferma quale eccezione rispetto alla regola costituita dal contratto a tempo indeterminato il Supremo Collegio ha così chiarito che, mentre con L. numero 230 del 1962, il legislatore introdusse il sistema della lista chiusa dei motivi che permettevano la stipulazione dei contratti temporanei, con la L. numero 56 del 1987, egli ha rinunciato alla previsione di fattispecie tassative ed ha per contro affidato alla contrattazione collettiva, nazionale oppure locale, la possibilità di autorizzare il contratto a termine per causali di carattere oggettivo ed anche - alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale - per ragioni di tipo meramente soggettivo, consentendo in funzione di promozione dell'occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori l'assunzione di speciali categorie di lavoratori , operando una sorta di delegificazione in favore delle parti sociali le Sezioni unite hanno aggiunto che con il D.Lgs. numero 368 del 2001, il legislatore ha superato le forme di assunzioni a termine contrattualizzate ed è tornato a chiedere nell'articolo 1 alle parti del contratto individuale la specificazione in forma scritta delle ragioni giustificatrici del contratto a termine orbene, tale ricostruzione in chiave diacronica del sistema legislativo non implica, tuttavia, che nel periodo compreso tra la Legge del 1987 ed il Decreto Legislativo del 2001 fosse consentita l'apposizione di un termine senza che ne venisse indicata la ragione giustificativa invero, le parti non erano più libere di individuarla nell'ambito di un'elencazione legislativa ma potevano limitarsi ad applicare la previsione del contratto collettivo, soltanto richiamandola tale espresso richiamo, tuttavia, era necessario onde consentire in ogni caso il controllo giudiziario sull'operato delle parti, mentre il loro silenzio in proposito avrebbe permesso il mero arbitrio delle medesime, ed in particolare del datore di lavoro che del termine si giovava sul piano economico come osservato da questa Corte ex plurimis, Cass. numero 23702 del 2013 tale effetto negativo avrebbe potuto evitarsi permettendo allo stesso datore di lavoro di fornire un'eventuale e successiva giustificazione del termine, in sede giudiziaria, ciò che avrebbe reso in ogni caso eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti del lavoratore, in contrasto con l'articolo 24 Cost. si è voluta ravvisare un'ipotesi di contratto a tempo determinato acausale soltanto nella previsione della L. 28 giugno 2012, numero 92, articolo 1, comma 8, che, introducendo al D.Lgs. numero 368 del 2001, articolo 1 bis, ha permesso in un caso eccezionale la non indicazione della ragione giustificativa del termine nondimeno, quell'ipotesi eccezionale dev'essere comunque verificabile non puo vale a supplire a tale mancanza il generico richiamo nel contratto, ritenuto idoneo e sufficiente dalla Corte territoriale, alla L. numero 56 del 1987, articolo 23, ricorrendone i presupposti sulla base dell'assunto secondo cui il richiamo all'articolo 23 conterrebbe già in sé il riferimento alla L. numero 203 del 1962, articolo 1 contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di secondo grado, non è priva di rilievo la circostanza che nel contratto considerato non vi fosse alcun riferimento alle ipotesi per così dire legittimanti di cui alla L. numero 203, articolo 1 la peculiarità della delegificazione operata dalla L. numero 56 del 1987, in favore delle parti sociali, infatti, era proprio nell'aver consentito il ricorso al contratto a termine non solo nelle ipotesi previste dalla L. numero 230 del 1962, articolo 1, ma anche nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale erano poi i contratti collettivi a stabilire il numero in percentuale di lavoratori che potessero essere assunti con contratto a termine rispetto al numero di lavoratori impegnati a tempo indeterminato evidente l'insufficienza del richiamo all'articolo 23, ricorrendone i presupposti in assenza di ulteriori indicazioni, trattandosi di richiamo ultroneo e, per ciò stesso, inadeguato, essendo comunque possibile il ricorso alla L. numero 230, in alternativa alla definizione da parte della contrattazione collettiva delle due l'una, infatti o il regolamento contrattuale avrebbe dovuto contenere il rinvio alla previsione della contrattazione collettiva, o ad una delle ipotesi specificamente indicate nella L. numero 230 del 1962, articolo 1 e, quindi, a tutti i requisiti connessi, compresi quelli inerenti il numero percentuale consentito il mero rinvio alla previsione legislativa impone al giudice una ricerca in fatto della categoria legittimante e non consente quel controllo di legalità che governa la contrattazione a termine trasformando la previsione contrattuale in una legittimazione del contratto c.d. acausale prima e fuori dei casi previsti dal D.Lgs. numero 368 del 2001, articolo 1, non applicabile alla fattispecie ratione temporis alla luce delle suesposte argomentazioni il primo motivo di ricorso deve essere accolto ed il secondo deve ritenersi assorbito la sentenza va cassata e la causa rinviata alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, che si atterrà ai principi enunciati provvedendo, altresì, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.