Confermata la responsabilità penale dell’uomo, reo di avere sottoposto a maltrattamenti fisici e morali l’oramai ex compagna. Evidente il disagio sopportato a lungo dalla donna.
Tenere sotto controllo, costantemente, la propria compagna vale una condanna per maltrattamenti. Condanna inevitabile per l'uomo che ha tenuto a lungo un comportamento prevaricatore nei confronti della partner Cass. penumero , sez. VI, 1° ottobre 2021, numero 35937 . Ricostruita la vicenda, i giudici di merito ritengono evidente la colpevolezza dell'uomo sotto processo, reo di avere sottoposto a maltrattamenti – fisici e morali – la propria compagna , tanto da spingerla a rompere la relazione e ad andare via dalla casa in cui vivevano insieme. In Appello, in particolare, la pena viene fissata in sedici mesi di reclusione. Nel contesto della Cassazione l'uomo prova a ridimensionare le accuse a suo carico. Il difensore sostiene la tesi della «inattendibilità delle dichiarazioni testimoniali », alla luce delle «numerose contraddizioni ed incoerenze in cui la parte civile e i parenti del suo nucleo familiare sono incorsi nelle rispettive deposizioni». Ragionando sempre in questa ottica, poi, il legale pone in evidenza anche «l'assenza di specifici elementi di riscontro esterno – certificati medici, ad esempio –», e sostiene poi che non si può parlare di «un sistematico e volontario compimento di atti di violenza fisica o morale contro la donna, ma, semmai, di altalenanti periodi di litigio, per lo più verbali, verificatisi in un contesto di reciprocità di offese e non accompagnati da condotte lesive». Gli appunti mossi dalla difesa non convincono però i Giudici della Cassazione, che ritengono invece inequivocabili «le dettagliate e coerenti dichiarazioni rese dalla persona offesa in ordine alla connotazione di abitualità degli atti di aggressione, fisica e verbale, subiti nonché dei comportamenti vessatori » compiuti ai suoi danni dal compagno «durante l'intero periodo di convivenza familiare antecedente alla separazione» arrivata alla fine del 2014. Il quadro probatorio è ritenuto chiarissimo . In sostanza, si è appurato che «la convivenza familiare era stata abitualmente caratterizzata dai comportamenti di prevaricazione fisica e verbale compiuti dall'uomo, dal suo linguaggio offensivo e mortificante, dai ripetuti atti di ossessivo e soffocante controllo su ogni aspetto della vita, anche lavorativa, della convivente». E tutto ciò, sottolineano i Giudici, ha «determinato uno stato di intollerabile prostrazione, sofferenza ed umiliazione della dignità personale » della donna . Inutile, infine, il richiamo difensivo alla possibile «configurazione del reato di condotte intermittenti, ossia connotate dall'alternanza di periodi di aperta patologia e di maggior equilibrio all'interno della convivenza familiare», poiché è acclarata «la protratta condizione di disagio provocata» alla donna dalla «consapevole reiterazione delle condotte vessatorie» messe in atto dall'uomo.
Presidente Fidelbo – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 8 gennaio 2021 la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, assolvendo B.F. dal reato di maltrattamenti in danno della ex convivente G.E. per il periodo successivo al omissis e confermando nel resto la sentenza di condanna impugnata, che lo riconosceva responsabile per tale reato irrogandogli la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione. 2. Avverso la richiamata decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia deducendo, con i primi due motivi, violazioni di legge ex articolo 192 c.p.p. e vizi della motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni testimoniali poste a fondamento del giudizio di responsabilità, avuto riguardo all'omessa considerazione sia delle numerose contraddizioni ed incoerenze in cui la parte civile e i parenti del suo nucleo familiare erano incorsi nelle rispettive deposizioni, sia della particolare situazione psichica in cui la parte civile si trovava all'epoca dei fatti in ragione della complicata gestione di una bambina appena nata e di una seconda gravidanza non voluta ed unilateralmente e volontariamente interrotta . Nel riformare parzialmente la sentenza di primo grado limitando l'accertamento al periodo anteriore all'allontanamento della G. dall'abitazione familiare omissis , la Corte di appello ha assolto l'imputato per le condotte successive ed ha implicitamente riconosciuto l'inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie, orientate ad ingigantire le condotte del B. al fine di evitare che egli ottenesse l'affidamento della minore nel parallelo procedimento civile. 2.1. Con un terzo motivo si deduce l'erronea applicazione della legge penale per avere la Corte d'appello fondato il suo giudizio su elementi probatori di dubbia attendibilità e in assenza di specifici elementi di riscontro esterno certificati medici, testi esterni al nucleo familiare dei G. che avessero mai assistito ad episodi di violenza o ad atti di vessazione fisica o morale , così erroneamente riconducendo il comportamento del B. nell'ambito della contestata fattispecie incriminatrice, tenuto conto delle caratteristiche dei fatti emersi in dibattimento non indicativi di un sistematico e volontario compimento di atti di violenza fisica o morale contro la G. , ma, semmai, di altalenanti periodi di litigio, per lo più verbali, verificatisi in un contesto di reciprocità di offese e non accompagnati da condotte lesive . 2.2. Con motivi aggiunti, trasmessi alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 28 giugno 2021, il difensore del B. , Avv. Celere Spaziante, ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata deducendo a la violazione della legge penale in relazione all' articolo 572 c.p. e articolo 61 c.p. , numero 11-quinquies, per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto la sussistenza dell'aggravante relativa alla presenza del figlio minore, attesa la necessità che della condotta dell'imputato risulti una piena percezione e consapevolezza da parte del minore, sulla base di un'indagine seria ed approfondita che nel caso di specie non è stata effettuata b la violazione della legge penale in relazione agli articolo 2 e 572 c.p. e articolo 61 c.p. , numero 11 quinquies, per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto la sussistenza dell'aggravante relativa alla commissione del fatto in danno di persona in stato di gravidanza, atteso che la minore è nata il 14 luglio 2013 e l'aggravante è stata introdotta con la L. 15 ottobre 2013, numero 119 . 3 . Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 25 giugno 2021 il Procuratore generale ha illustrato le sue conclusioni chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile sia per la manifesta infondatezza delle relative doglianze, sia in quanto proposto per motivi non consentiti, là dove si limita a prospettare - pur a fronte di un duplice, conforme e specifico apprezzamento dei Giudici di merito, sorretto da una motivazione non apparente ed immune dai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà che, soli, rilevano ai sensi dell' articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , - una serie di deduzioni risolventisi nella mera sollecitazione ad una diversa o alternativa rivalutazione di questioni di merito già congruamente ed esaustivamente affrontate dalla Corte d'appello, che nel richiamare le inequivoche risultanze del compendio probatorio ha motivatamente vagliato e disatteso i su esposti rilievi difensivi, ponendo in evidenza le ragioni giustificative del vaglio di credibilità, intrinseca ed estrinseca, operato riguardo alle dettagliate e coerenti dichiarazioni rese dalla persona offesa in ordine alla connotazione di abitualità degli atti di aggressione, fisica e verbale, nonché dei comportamenti vessatori subiti dall'imputato durante l'intero periodo di convivenza familiare antecedente alla separazione intervenuta alla fine di omissis . Dichiarazioni, queste, il cui contenuto è stato confermato dalle convergenti dichiarazioni rese dagli altri testimoni d'accusa, anch'essi ritenuti credibili dalla Corte distrettuale sulla base di argomentazioni ancorate a specifici elementi di fatto evidenziati in sentenza v. pagg. 4-6 della sentenza impugnata ed immuni da vizi rilevanti in sede di legittimità. La sentenza impugnata ha fatto buon governo del consolidato indirizzo affermato da questa Suprema Corte ex multis, v. Sez. 4, numero 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609 , secondo cui, in tema di valutazione della prova testimoniale, l'attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo id quod plerumque accidit , ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità. Evenienze, quelle testè indicate, sotto alcun profilo ravvisabili nel caso di specie, avendo le conformi decisioni di merito mostrato di confrontarsi con il contenuto essenziale delle doglianze difensive, spiegando - con ampie argomentazioni v. pag. 5 della sentenza impugnata - sia le ragioni giustificative della parziale assoluzione dell'imputato con riferimento alla condotta di maltrattamenti contestata in danno della figlia minore, sia quelle addotte v. pag. 7 della sentenza impugnata a sostegno della parziale assoluzione dal reato ascrittogli per l'arco temporale successivo alla data del omissis ragioni correttamente ritenute, in entrambi i casi, del tutto ininfluenti ai fini del vaglio di credibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dagli altri testimoni d'accusa . V'è altresì, da considerare, al riguardo, che l'obbligo di motivazione del giudice dell'impugnazione non richiede necessariamente che egli fornisca specifica ed espressa risposta a ciascuna delle singole argomentazioni, osservazioni o rilievi contenuti nell'atto d'impugnazione, se il suo discorso giustificativo - come avvenuto nel caso di specie - indica le ragioni poste a fondamento della decisione e dimostra di aver tenuto presenti i fatti decisivi ai fini del giudizio, sicché, quando ricorre tale condizione, le argomentazioni addotte a sostegno dell'appello, ed incompatibili con le motivazioni contenute nella sentenza, devono ritenersi, anche implicitamente, esaminate e disattese dal giudice, con conseguente esclusione della configurabilità del vizio di mancanza di motivazione di cui all' articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , cit. Sez. 1, numero 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260841 . 2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla censura concernente l'erronea applicazione della legge penale, avendo la Corte d'appello a condiviso la dettagliata ricostruzione storico-fattuale operata nella decisione di primo grado, richiamando il complesso degli elementi di prova sulla cui base ha coerentemente ritenuto che la convivenza familiare era stata abitualmente caratterizzata da comportamenti di prevaricazione fisica e verbale, da un linguaggio offensivo e mortificante, da ripetuti atti di ossessivo e soffocante controllo su ogni aspetto della vita, anche lavorativa, della convivente, sino a determinare uno stato di intollerabile prostrazione, sofferenza ed umiliazione della sua dignità personale evidenziato, sotto il profilo soggettivo, l'irrilevanza ai fini della configurazione del reato di condotte intermittenti - ossia connotate dall'alternanza di periodi di aperta patologia e di maggior equilibrio all'interno della convivenza familiare - in presenza di una protratta condizione di disagio provocata dalla consapevole reiterazione delle condotte vessatorie in danno della vittima, da ultimo, v. Sez. 6, numero 15146 del 19/03/2014, D'A., Rv. 259677 . 3. Inammissibili devono ritenersi i motivi aggiunti v., in narrativa, il par. 2.2. , in quanto non previamente enunciati nell'originario atto di impugnazione a norma dell' articolo 581 c.p.p. , comma 1, lett. a , Sez. U, numero 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210259 . Al riguardo, inoltre, deve ribadirsi che la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre se ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, sicché sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali, come avvenuto nel caso in esame, si intenda allargare l'ambito del predetto petitum , introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione cfr., da ultimo, Sez. 6, numero 36206 del 30/09/2020, Tobi, Rv. 280294 . 4. Conclusivamente, sulla base delle su esposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 , in quanto imposto dalla legge.