Il provvedimento del questore, ex articolo 6, l. numero 401/1989, può vietare l’accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, anche in veste di partecipante alle attività sportive, a chi non esercita professionalmente le stesse.
L'imputato violava il provvedimento del questore DASPO che faceva divieto di accedere nei luoghi in cui si svolgono tutte le manifestazioni sportive calcistiche della FIGC, per un periodo di 3 anni dalla notifica, partecipando, in qualità di giocatore, ad un incontro di calcio. Dopo la sua condanna nei primi due gradi di giudizio, tramite difensore, l'imputato ricorre in cassazione. Legittimità del provvedimento del questore. Il provvedimento di divieto da parte del questore di recarsi nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive per partecipare ad una competizione sportiva dilettantistica deve considerarsi legittimo, proprio perché nelle semplici attività ricreative tale divieto risulta conforme alla legge e diretto ad evitare violenze nelle manifestazioni sportive. Sulla base di tali premesse i Giudici Supremi affermano che il provvedimento del questore, ex articolo 6, l. numero 401/1989, non può limitare l'attività dello sportivo professionista dalla quale ricava una retribuzione e con la quale estrinseca la sua personalità, «mentre può vietare l'accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, anche quale partecipante alle attività sportive, a chi non esercita professionalmente le stesse una diversa interpretazione della norma, che limitasse lo svolgimento di attività sportiva per professionisti retribuiti, sarebbe palesemente incostituzionale articolo 1 e 35 Cost. ». Nel caso in esame il ricorrente non era un professionista e non riceveva retribuzioni per la partecipazione alla manifestazione sportiva e, quindi, deve ritenersi integrata la violazione di legge, come ritenuto dai giudici di merito. Da qui il rigetto del ricorso.
Presidente Marini – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Salerno con decisione del 18 settembre 2019 ha confermato la sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale di Salerno del 26 aprile 2029 che aveva condannato M.M. alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa, pena sospesa, ed alla conseguente pena accessoria di divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive per anni 2 con ulteriore obbligo di presentarsi in Questura mezz'ora dopo l'inizio di ogni partita della squadra presso la quale assume la qualità di giocatore , per il reato di cui agli articolo 81 cpv. c.p. e L. numero 401 del 1989, articolo 6. L'imputato aveva violato il provvedimento del Questore di Salerno del 2 Settembre 2014 DASPO che faceva divieto di accedere nei luoghi in cui si svolgono tutte le manifestazioni sportive calcistiche della FIGC, per un periodo di anni tre dalla notifica, partecipando, in qualità di giocatore, all'incontro di calcio della squadra dilettantistica omissis contro la squadra di omissis . 2. Propone ricorso in cassazione l'imputato per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1 Violazione di legge L. numero 401 del 1998, articolo 6 carenza e manifesta illogicità della motivazione per avere ritenuto penalmente rilevante la condotta dell'imputato, qualificando erroneamente il contenuto del divieto della norma. La Corte di Appello di Salerno riteneva legittimo il divieto di accedere allo stadio non solo quale spettatore ma anche in qualità di calciatore, disattendendo in tal modo la ratio della disposizione in questione, volta a prevenire le condotte violente dei tifosi e non ad impedire la partecipazione a qualsivoglia attività sportiva. 2.2 Violazione di legge e articolo 131 bis c.p. e vizio di motivazione. La sentenza impugnata riteneva inapplicabile la causa di non punibilità per il superamento del limite edittale. Per i delitti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, non può essere applicata la punibilità per particolare tenuità del fatto, se si procede per delitti puniti con pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione articolo 131 bis c.p., novellato dal D.L. 2019 numero 53, articolo 16 la violazione del DASPO è punita con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 a 40.000 Euro. Tale ragionamento, invero, non tiene conto che alla data del commesso reato OMISSIS non operava la condizione ostativa all'applicazione della causa di non punibilità, entrata in vigore solo a far data dal 15 giugno 2019. Ha chiesto, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. 3. La Procura Generale della Cassazione, Sostituto Procuratore Generale Paola Mastroberardino, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso risulta infondato e deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese processuali. 5. L'ordinamento considera la violenza legata alle manifestazioni sportive gravissima. La ratio della L. numero 401 del 1998, articolo 6 è prevenire fenomeni di violenza, inibendo ai soggetti che si sono dimostrati violenti o incapaci di controllare i propri stati emotivi e passionali, legati allo sport, l'accesso, a qualunque titolo, anche partecipativo, ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive. L'interpretazione del divieto di accesso è pertanto da intendersi in via generalizzata. La sentenza impugnata analizza con motivazione adeguata, immune da contraddizioni e da manifeste illogicità la liceità del DASPO lo stesso non precludeva il diritto a praticare attività sportiva, ma si limitava a fissare il divieto di accedere, a qualunque titolo, ai luoghi in cui si svolgono le competizioni, nell'ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e da enti ed organizzazioni riconosciute del CONI. Peraltro, le misure volte a prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive sono poste a tutela dell'ordine pubblico. Ne deriva che le condotte di violenza tenute nel corso di manifestazioni sportive dai giocatori tesserati a federazioni sportive non possono essere assoggettabili esclusivamente a sanzioni specifiche squalificazioni, inibizioni e quant'altro applicabili dai competenti organi della giustizia sportiva. L'attività sportiva, infatti, non è altro che la mera occasione da cui scaturisce il comportamento violento. Sez. 3 sentenza numero 33864 del 08/06/2007 Cc., dep. 05/09/2007, Rv. 237065 - 01 Sez. 3, Sentenza numero 26907 del 05/05/2009 Cc., dep. 01/07/2009, Rv. 244238 - 01 . Il provvedimento di divieto del Questore di recarsi nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive per partecipare ad una competizione sportiva dilettantistica deve considerarsi legittimo. Diversamente, quando l'attività sportiva è professionistica, ed in quanto tale retribuita, un ordine amministrativo non può privare un individuo della sua attività lavorativa. Una diversa interpretazione sarebbe incostituzionale in quanto la norma L. 13 dicembre 1989, numero 401, articolo 6 non prevede l'inibizione dell'attività lavorativa con il provvedimento del Questore, ma semplicemente il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive . Trattandosi di una norma che comunque limita le libertà della persona, la stessa non può che interpretarsi in modo restrittivo, in relazione a divieti solo nei casi espressamente previsti. Una limitazione dell'attività lavorativa retribuita sarebbe oltremodo punitiva, oltre i casi espressamente previsti dalla norma. Il DASPO non può, dunque, colpire il professionista nelle sue attività lavorative dalle quali ricava la retribuzione per le sue esigenze di vita e nelle quali esplica in pieno la sua personalità. Viceversa, nelle semplici attività ricreative non retribuite e non riferibili alle attività lavorative del soggetto interessato il divieto risulta conforme alla legge e diretto ad evitare, comunque, violenze nelle manifestazioni sportive. Può, pertanto, esprimersi il seguente principio di diritto Il provvedimento del Questore L. 13 dicembre 1989, numero 401, ex articolo 6, non può limitare l'attività dello sportivo professionista dalla quale ricava una retribuzione e con la quale estrinseca la sua personalità, mentre può vietare l'accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni portive, anche quale partecipante alle attività sportive, a chi non esercita professionalmente le stesse una diversa interpretazione della norma, che limitasse lo svolgimento di attività sportiva per professionisti retribuiti, sarebbe palesemente incostituzionale articolo 1 e 35 Cost. . 5. 1. Nel caso in giudizio il ricorrente non era un professionista e non riceveva retribuzioni per la partecipazione alla manifestazione sportiva e, quindi, deve ritenersi integrata la violazione della norma, come ritenuto dalle decisioni di merito. Infatti, il ricorrente non prospetta una tale evenienza limitandosi a ritenere comunque non applicabile ai giocatori il Daspo. 6. L'articolo 131 bis c.p. prevede al comma 2, come novellato dal D.L. numero 53 del 2019, articolo 16, comma 1, lett. A, pubblicato in G.U. il 15 giugno 2019, la non applicabilità della causa di non punibilità quando si procede per delitti puniti con una pena nel massimo superiore ad anni due e mesi sei di reclusione commessi in occasione di manifestazioni sportive. Il fatto contestato risale, però, al OMISSIS . Il rispetto del principio in tema di successioni di leggi del tempo di cui all'articolo 2 c.p. risulta ostativo all'applicabilità della nuova disposizione su questo aspetto la motivazione della sentenza impugnata risulta errata, ma ciò non ha influito, comunque, sulla decisione finale . Infatti, al di là del superamento del massimo edittale previsto, la tenuità del fatto va valutata tenendo conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza desumibile e dell'entità del pericolo. Sez. U, Sentenza numero 13681 del 25/02/2016 Ud., dep. 06/04/2016, Rv. 266590 01 . Deve confermarsi la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione che ritiene desumibile implicitamente l'esclusione della particolare tenuità del fatto dal complesso della motivazione della sentenza di merito L'assenza dei presupposti per l'applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto può essere rilevata anche con motivazione implicita Sez. 3, Sentenza numero 48317 del 11/10/2016 Ud., dep. 16/11/2016, Rv. 268499 - 01 . Nel caso in giudizio sia la decisione di primo grado e sia la sentenza impugnata qualificano grave il comportamento del ricorrente in considerazione della partecipazione all'incontro di calcio nonostante lo specifico divieto e la risposta negativa ad una sua richiesta presentata tramite il suo Avvocato per la partita in oggetto rigetto comunicato via PEC e con una telefonata, ritenuto certamente a conoscenza del ricorrente . Si tratta di una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.