L’accertamento della violazione delle norme in tema di distanze

«Ove il giudice accerti l’avvenuta realizzazione di una costruzione in violazione delle distanze ex articolo 873 c.c. deve ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti e non può, viceversa, soltanto disporre l’esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l’esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibile il “prospicere” e “l’inspicere in alienum” […]».

La I.V. s.r.l. chiedeva al Tribunale di Pavia l'accertamento della violazione delle norme in tema di distanze per la costruzione di un edificio di proprietà della S. s.r.l. eretto al confine con la proprietà dell'attrice e dell'annesso balcone. Ma il Tribunale rigettava le domande proposte. La Corte d'Appello di Milano accoglieva parzialmente il ricorso limitatamente al balcone. La I.V. s.r.l. ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la nullità della sentenza, in quanto la Corte d'Appello di Milano non avrebbe rispettato il principio sancito dall'articolo 112 c.p.c. di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda di risarcimento dei danni. La doglianza è fondata. Infatti, «ove il giudice accerti l'avvenuta realizzazione di una costruzione in violazione delle distanze ex articolo 873 c.c. … deve ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti e non può, viceversa, soltanto disporre l'esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l'esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibile il “prospicere” e “l'inspicere in alienum”. L'azione in tema di distanze tra costruzioni è chiaramente volta ad evitare il formarsi di intercapedini tra fabbricati, potenzialmente dannose per gli interessi generali all'igiene, al decoro ed alla sicurezza degli abitanti, mentre diversa è l'azione concernente l'apertura di vedute sul fondo del vicino, la quale tutela gli interessi esclusivamente privati del proprietario del bene dall'indiscrezione del vicino, impedendo a quest'ultimo di affacciarsi e di guardare nella proprietà del primo» Cass. numero 30761/2018 e numero 5698/2001 . Inoltre, «un'opera di modifica che si traduce non soltanto nella realizzazione “ex novo” di un fabbricato, ma anche in un aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'edificio preesistente non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori» Cass. numero 5049/2018 . La Corte di Cassazione ha già avuto modo di precisare che «la costruzione in aderenza alla fabbrica altrui postula l'assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino e la piena autonomia statica e funzionale nei riguardi dello stesso e, quindi, è consentita, salvo l'obbligo di pagamento nascente dall'eventuale occupazione di suolo altrui, anche quando tale muro presenti irregolarità rientranze, sporgenze, riseghe e simili nel suo ulteriore sviluppo in altezza, purchè l'intercapedine possa ugualmente colmarsi mediante opportuni accorgimenti tecnici a cura del costruttore prevenuto, al di fuori dei cui obblighi resta, invece, qualsiasi opera intesa ad eliminare dette irregolarità, che fa carico al preveniente» Cass. numero 3229/1984 . Per tutti questi motivi il Collegio accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Cagliari in diversa composizione.

Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione 1. La I. V. s.r.l. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza numero 955/2016 della Corte d'Appello di Milano, pubblicata il 9 marzo 2016. Rimane intimata, senza svolgere attività difensive, la Praeter.im S.r.l. già S. s.r.l. . 2. La I. V. s.r.l. aveva chiesto al Tribunale di Pavia di accertare che la costruzione dell'edificio di proprietà S. s.r.l. eretto a confine con la proprietà dell'attrice e dell'annesso balcone, in omissis , violasse le norme in tema di distanze, e per l'effetto di condannare S. s.r.l. alla rimessione in pristino dei luoghi ed al risarcimento dei danni. La I. V. dedusse che il proprio immobile confina a nord con la proprietà di S. s.r.l. e che quest'ultima aveva intrapreso la demolizione del vecchio fabbricato ad uso industriale costruito sul confine e in aderenza al fabbricato di proprietà di I. V., alto 3.97 e più basso del fabbricato dell'attrice ed aveva costruito un edificio condominiale composto da 27 alloggi su tre piani fuori tetto più sottotetto. Il nuovo fabbricato realizzato sul confine tra le due proprietà, secondo l'attrice, aveva dato luogo un'intercapedine tra i due edifici di circa 40 cm, in violazione delle norme civilistiche in materia di distanze nonché di quanto disposto dalle N. T.A. del P.R.G. del Comune di Pavia articolo 15, comma 3, punto numero 11 , che permettono l'edificazione a distanza non inferiore a mt. cinque dal confine, o in aderenza solo con il consenso dell'altra parte, qui mancante. Secondo l'attrice, inoltre, il nuovo edificio costruito da S. s.r.l. presentava vedute e balconi non rispettosi delle distanze legali. Il Tribunale di Pavia, con sentenza del 12 agosto 2014, sulla base delle risultanze della espletata CTU secondo la quale la nuova costruzione della S. s.r.l., più alta della preesistente di 14,51 m, era stata legittimamente eseguita in aderenza e non risultavano violazioni delle norme in tema di vedute rigettò le domande proposte dalla I. V. s.r.l. Quest'ultima propose gravame, che la Corte d'appello di Milano accolse soltanto limitatamente al balcone del secondo piano dell'edificio S. s.r.l., da intendersi soggetto alla disciplina delle distanze ex articolo 873 c.c., e con riguardo al quale ordinò l'apposizione di ostacoli all'affaccio ed alla visione sul fondo della I. V. s.r.l. Per gli altri motivi di appello, la Corte di Milano affermò, invece, che l'intercapedine creata dalla costruzione della S. s.r.l. fosse da imputare alla gronda ed al pluviale dell'edificio esistenti nel fondo della I. V. s.r.l., i quali invadono la proprietà della vicina per circa cinquanta centimetri e che, nonostante l'invocato articolo 15, comma 3, punto numero 11 delle N. T.A. del P.R.G. del Comune di Pavia prevedesse l'edificazione a distanza non inferiore a mt. cinque dal confine o in aderenza solo con il consenso dell'altra parte, alla stregua dei pareri forniti al CTU dal Comune di Pavia, doveva ritenersi sempre possibile costruire in aderenza, o quanto meno ricostruire previa demolizione di un preesistente fabbricato. 3. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell'articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1. 4. Il primo motivo del ricorso di I. V. s.r.l. denuncia la nullità della sentenza, per avere la Corte d'appello di Milano pronunciato la sentenza in spregio del principio sancito dall'articolo 112 c.p.c. di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nella parte in cui, dopo aver correttamente stabilito che i balconi vanno computati ai fini delle distanze fissate dall'articolo 873 c.c. o dalle norme regolamentari, ha condannato la società appellata ad opporre ostacoli stabili all'affaccio e alla visione del balcone del secondo piano dell'edificio di proprietà S. nel fondo di I. V., invece che alla demolizione del manufatto. Il secondo motivo di ricorso lamenta la nullità della sentenza, per avere la Corte d'appello, in spregio del principio sancito dall'articolo 112 c.p.c., omesso di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento dei danni per violazione delle distanze di legge. Il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 12 e 15 delle numero t.a. del Comune di Pavia, del D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 3, lett. d , e degli articolo 873 e 877 c.c., nella parte in cui la Corte d'appello di Milano ha stabilito che l'articolo 15 delle numero t.a., e dunque, l'obbligo di mantenere una distanza di cinque ml dal confine, non trova ingresso nella fattispecie, in quanto la sopraelevazione in aderenza, laddove si tratti di demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente già costruito in aderenza, non è nuova costruzione. La ricorrente rileva evidenzia come l'articolo 15 delle norme di attuazione approvate dal Comune di Pavia, prevedendo il distacco di cinque m dal confine, non consentono la costruzione in aderenza, eccetto nel caso di convenzione con il confinante, che nel caso in esame non esisteva. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 873 e 877 c.c. nella parte in cui la Corte d'appello di Milano ha qualificato in aderenza il fabbricato della S. s.r.l. nonostante il distacco tra le costruzioni esistente al secondo piano dell'edificio, ove si era creata un'intercapedine, ritenuta dai giudici di secondo grado necessitata dalla costruzione preveniente, e perciò imputabile a I. V. per la presenza della gronda e del pluviale sporgenti verso la proprietà S 5. Tutti i motivi di ricorso sono fondati, per le ragioni di seguito sinteticamente illustrate. 5.1. In accoglimento del primo motivo, deve affermarsi che, ove il giudice accerti l'avvenuta realizzazione di una costruzione in violazione delle distanze ex articolo 873 c.c. come la Corte d'appello ha fatto a proposito del balcone posto al secondo piano dell'edificio S. a pagina 7 della sentenza impugnata , deve ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti arg. da Cass. Sez. 2, 28/11/2018, numero 30761 , e non può, viceversa, soltanto disporre, come avvenuto nel caso in esame, l'esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l'esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibile il prospicere e l' inspicere in alienum . L'azione in tema di distanze tra costruzioni è chiaramente volta ad evitare il formarsi di intercapedini tra fabbricati, potenzialmente dannose per gli interessi generali all'igiene, al decoro ed alla sicurezza degli abitanti, mentre diversa è l'azione concernente l'apertura di vedute sul fondo del vicino, la quale tutela gli interessi esclusivamente privati del proprietario del bene dall'indiscrezione del vicino, impedendo a quest'ultimo di affacciarsi e di guardare nella proprietà del primo arg. da Cass. Sez. 2, 18/04/2001, numero 5698 . 5.2. È fondato il secondo motivo, perché la Corte d'appello ha omesso di pronunciare sulla espressa autonoma domanda di risarcimento dei danni lamentati dall'attrice in conseguenza della costruzione realizzata in violazione delle distanze prescritte dall'articolo 873 c.c., domanda reiterata in sede di gravame. 5.3. È fondato il terzo motivo di ricorso. In presenza di prescrizioni sulle distanze legali contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale comunale, aventi natura integrativa dei precetti di cui all'articolo 873 c.c., quali quelle allegate nel giudizio in esame e di cui il giudice è comunque obbligato ad avere diretta conoscenza, giusta il principio iura novit curia , nel senso che si debba costruire a distanza da confini privati m. 5 , oppure in aderenza o confine con l'assenso della proprietà confinante assenso che quindi preclude anche le costruzioni in aderenza senza il preventivo consenso dei proprietari dei fondi contigui , la realizzazione di un fabbricato alto, come nella specie, oltre dieci metri più del preesistente demolito, deve essere considerata nuova costruzione , e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della vigente normativa sulle distanze legali dalle costruzioni o dal fondo confinante. Un'opera di modifica che si traduce non soltanto nella realizzazione ex novo di un fabbricato, ma anche in un aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'edificio preesistente non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori tra le più recenti, Cass. Sez. 2, 15/12/2020, numero 28612 Cass. Sez. 2, 05/03/2018, numero 5049 . 5.4. È infine fondato il quarto motivo di ricorso. La costruzione in aderenza alla fabbrica altrui la cui nozione è contenuta nell'articolo 877 c.c. postula l'assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino e la piena autonomia statica e funzionale nei riguardi dello stesso e, quindi, è consentita, salvo l'obbligo di pagamento nascente dall'eventuale occupazione di suolo altrui, anche quando tale muro presenti irregolarità rientranze, sporgenze, riseghe e simili nel suo ulteriore sviluppo in altezza, purché l'intercapedine possa ugualmente colmarsi mediante opportuni accorgimenti tecnici a cura del costruttore prevenuto, al di fuori dei cui obblighi resta, invece, qualsiasi opera intesa ad eliminare dette irregolarità, che fa carico al preveniente Cass. Sez. 2, 25/05/1984, numero 3229 . La circostanza, acclarata dalla Corte di Milano, che la gronda e la pluviale dell'edificio di proprietà della I. V. s.r.l. sporgessero di circa cinquanta centimetri oltre la linea di confine con la proprietà S. s.r.l. avrebbero consentito a quest'ultima di chiederne la rimozione, dovendo essa altrimenti costruire in aderenza, ove consentito, anche alle parti sporgenti rispetto al confine, senza creare comunque intercapedini. 9. Vanno dunque accolti tutti e quattro i motivi del ricorso della I. V. s.r.l., con rinvio della causa alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, la quale procederà a nuovo complessivo esame della causa uniformandosi agli enunciati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Cagliari in diversa composizione.