Cade definitivamente l’accusa di «tolleranza della prostituzione» mossa nei confronti delle due persone che gestiscono il locale. Fondamentale il fatto che ci si trovi ad esaminare due soli episodi e che in un caso il cliente ha spiegato di intrattenere rapporti con la dipendente del night club anche fuori dal locale.
Gli occasionali rapporti sessuali tra una dipendente del night club e un cliente non sono sufficienti per ritenere i gestori del locale colpevoli di «tolleranza della prostituzione» Cass. penumero , sez. III, 8 giugno 2021, numero 34884 . Scenario della vicenda è il territorio delle Marche. Lì a essere posto sotto i riflettori della giustizia – con tanto di intercettazioni – è un night club . A finire sotto accusa sono l’uomo e la donna che gestiscono il locale a loro viene contestato di avere in sostanza tollerato la prostituzione esercitata da alcune dipendenti. In Tribunale i Giudici ritengono sacrosanta la condanna , una volta acclarato che in almeno due occasioni una dipendente del night club ha fatto sesso dietro pagamento con un cliente. A sorpresa, però, in Appello, i titolari del locale vedono cadere l’accusa di «tolleranza della prostituzione». E questa decisione viene fortemente contestata dalla Procura consequenziale il ricorso in Cassazione. La Suprema Corte osserva che non si può confondere «l’abitualità dell’esercizio della prostituzione – da parte delle dipendenti del night club — con l’abitualità della condotta di tolleranza » da parte dei gestori del locale, «tolleranza che non deve essere continua» poiché «è sufficiente la reiterazione apprezzabile nel tempo». Per dare forza all’impianto accusatorio, poi, dalla Procura sostengono che «le prove raccolte nel dibattimento evidenziano proprio una tolleranza all’altrui prostituzione esercitata nel locale», e citano a questo proposito «le testimonianze della polizia giudiziaria che più volte si era recata in incognito nel locale e aveva constato l’offerta a loro diretta di alcune dipendenti per prestazioni sessuali dietro pagamento». E ulteriori testimonianze hanno posto in evidenza «la consumazione di prestazioni sessuali a pagamento nel locale». Senza dimenticare, infine, che «le intercettazioni telefoniche hanno evidenziato la conoscenza, da parte dei gestori del locale, dell’attività di prostituzione lì esercitata», chiosano dalla Procura. La linea dell’accusa non convince però i Giudici della Cassazione, i quali ritengono corretta la valutazione compiuta in Appello, valutazione secondo cui «la tolleranza della prostituzione nel locale notturno è da escludere in quanto la condotta è stata occasionale ». Più precisamente, sono venuti alla luce solo due episodi e per uno di essi, peraltro, «non è stata accertata nemmeno la natura di rapporto a pagamento in quanto le due persone coinvolte – una dipendente del locale ed un cliente – si conoscevano e si frequentavano anche al di fuori del night club». Anzi l’uomo ha riferito di «aver pagato solo la consumazione nel night club, e non la prestazione sessuale, in quanto con la donna si frequentava pure fuori dal locale». Peraltro, i due gestori del locale erano «decisamente contrari alla prostituzione nel loro locale, come risulta dalle intercettazioni», aggiungono i Giudici, evidenziando che uno dei gestori si era espresso chiaramente, spiegando che «non voleva assolutamente che le ragazze consumassero rapporti sessuali nel locale». Inequivocabile, infine, anche il dialogo tra due dipendenti del locale la più esperta raccomandava alla nuova arrivata, che «aveva manifestato l’intenzione di prostituirsi», di «non farlo nel locale» e farlo, comunque, solo «all’oscuro dei gestori». Sacrosanto, quindi, far cadere l’accusa a carico dei titolari del locale, concludono dalla Cassazione, ribadendo che «il reato di tolleranza della prostituzione se non richiede la continuità della condotta, deve pur sempre essere caratterizzato dalla reiterazione per un tempo apprezzabile del comportamento permissivo all’altrui prostituzione nel locale».
Presidente Marini – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Ancona con sentenza del 26 settembre 2019 in riforma della decisione del Tribunale di Macerata del 16 luglio 2017 ha assolto P.G. e Pr.Anumero dal reato di tolleranza della prostituzione L. numero 75 del 1958, articolo 3, numero 3 commesso da omissis perché il fatto non sussiste. 2. La Procura Generale presso la Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso in cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall' articolo 173 disp. att. c.p.p. , comma 1. 2.1. Manifesta illogicità della motivazione. Per la Corte di appello di Ancona la tolleranza della prostituzione, nel locale notturno gestito dagli imputati - sesto senso è da escludere in quanto la condotta sarebbe occasionale, solo per due episodi e, per uno di essi, non sarebbe accertata nemmeno la natura di rapporto a pagamento in quanto i due una dipendente del locale ed un cliente si conoscevano e si frequentavano anche al di fuori del locale. Per la sentenza impugnata i due imputati sarebbero stati decisamente contrari alla prostituzione nel loro locale, come risultante dalle intercettazioni. La Corte di appello confonde l'abitualità dell'esercizio della prostituzione - da parte del personale dipendente del locale - con l'abitualità della condotta di tolleranza. La condotta di tolleranza non deve essere continua, ma è sufficiente la reiterazione apprezzabile nel tempo. Le prove raccolte nel dibattimento evidenziano proprio una tolleranza all'altrui prostituzione esercitata nel locale degli imputati. In primo luogo, le testimonianze della P.G. che più volte si era recata in incognito nel locale e aveva constato l'offerta a loro diretta di alcune dipendenti di prestazioni sessuali dietro pagamento. Le ulteriori testimonianze di Pa.Si., F.F. e di L.D. evidenziano la consumazione di prestazioni sessuali nel locale dietro pagamento oltre a questo anche le intercettazioni telefoniche evidenziavano la conoscenza dei gestori del locale dell'attività di prostituzione ivi esercitata. Ha chiesto quindi l'annullamento della decisione impugnata. 2.2. La Procura Generale della Cassazione, Sostituto Procuratore Generale Dott. Paola Mastroberardino, ha presentato conclusioni scritte per l'inammissibilità del ricorso. 2.3. Gli imputati hanno presentato memoria nella quale chiedono di rigettare il ricorso della Procura Generale presso la Corte di appello di Ancona. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile, per manifesta infondatezza del motivo, e per genericità. La sentenza impugnata con motivazione adeguata, immune da manifeste illogicità e da contraddizioni, ha rilevato come i due episodi, analizzati dal giudice di primo grado per la condanna, rappresentano solo fatti occasionali e non di tolleranza della prostituzione inoltre, per uno degli episodi risulterebbe anche dubbia la stessa natura di rapporto a pagamento, in quanto i due si conoscevano e il cliente che aveva consumato un rapporto con la dipendente del locale riferiva di aver pagato solo la consumazione e non, anche, la prestazione sessuale, in quanto con la donna si frequentava pure fuori dal locale. La sentenza impugnata evidenzia come dalle intercettazioni delle quali non è stato neanche prospettato il travisamento e dalle testimonianze delle dipendenti emergeva chiaramente che Pr. e la stessa P. che collaborava alla gestione del locale non voleva assolutamente che le ragazze consumassero rapporti sessuali nel locale. La Corte di appello richiama ad esempio la conversazione tra V.A. ed un'altra ragazza nella quale la prima - più esperta - raccomandava alla seconda, che le aveva manifestato l'intenzione di prostituirsi, di non farlo nel locale e, comunque, all'oscuro dei gestori. Il reato di tolleranza della prostituzione se non richiede la continuità della condotta deve pur sempre essere caratterizzato dalla reiterazione per un tempo apprezzabile, del comportamento permissivo all'altrui prostituzione, nel locale Sez. 3, Sentenza numero 18003 del 18/01/2019 Ud. - dep. 02/05/2019 - Rv. 275949 . Il ricorso della Procura Generale non si confronta con le motivazioni della sentenza impugnata ma, in modo generico, chiede una nuova valutazione di merito del materiale probatorio, non compatibile con il giudizio di legittimità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Motivazione semplificata. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 , in quanto imposto dalla legge.