La sentenza qui annotata presenta varie analogie col caso Talpis c. Italia nel quotidiano del 2/3/2017 la Russia è venuta meno ai suoi doveri di protezione e cura ex articolo 8 Cedu, malgrado una precedente condanna della CEDU per la mancata tutela della ricorrente dalle violenze domestiche dell’ex compagno perpetrate anche online essendo restate inerti e non avendo condotto le indagini con la dovuta diligenza, sì che l’aggressore è rimasto impunito, le autorità russe sono responsabili dei gravi abusi e dei patimenti subiti dalla donna. Inoltre, le misure previste dall’ordinamento interno sono inefficaci.
È quanto deciso dalla CEDU nel caso Volodina comma Russia n.2 ricomma 40419/19 del 14 settembre in cui la ricorrente lamenta un'inottemperanza della Russia ad una precedente condanna della CEDU del 2017 per mancata protezione dal partner violento e stalker. Malgrado avesse cambiato nome ed indirizzo, l'uomo azbeco si era abusivamente procurato ed usato i suoi dati personali e foto intime per creare falsi profili online Instagram e vari social networks al fine di screditarla inviandole ai compagni di scuola e docenti dei figli, le aveva messo un gps nella fodera della borsa tracciando ogni suo movimento oltre a scoprire il nuovo domicilio e la minacciava costantemente di morte sui social. Le varie denunce sporte alla polizia sono rimaste inascoltate . Obbligo d'intervento a tutela delle vittime. L'onere di protezione e cura risulta rispettato quando il quadro giuridico offre una protezione sufficiente sia in sede civile che penale ingiunzione, azioni a tutela dell'immagine e della privacy etc. . Nella fattispecie pur essendoci norme civili e penali a tutela delle riscontrate fattispecie delittuose lo Sato è restato inerte. La CEDU precisa che «il principio di efficacia significa che le autorità nazionali non devono in alcun caso essere disposte a lasciare impunite le sofferenze fisiche o psicologiche inflitte . Ciò è essenziale per mantenere la fiducia e il sostegno del pubblico allo stato di diritto e per prevenire qualsiasi apparenza di tolleranza o collusione delle autorità in atti di violenza vedi Okkalı v. Turchia del 2006 . Non avendo condotto il procedimento con la diligenza necessaria , le autorità russe sono responsabili della loro incapacità di garantire che l'autore di atti di cyberviolenza sia assicurato alla giustizia. L'impunità che ne è seguita è stata sufficiente a mettere in dubbio la capacità della macchina statale di produrre un effetto sufficientemente deterrente per proteggere le donne dalla cyberviolenza» neretto, nda . Laddove avrebbero potuto e dovuto intervenire hanno accusato ritardi tali da mandare in prescrizione le rare azioni penali contro l'ex 2 anni per iniziare le indagini sui già noti fakes e 3 per il gps nella borsa adducendo futili motivi e rifiutando che i denunciati fatti costituissero reato. Proteggere sempre anche in assenza di processi penali. «Non vi è alcuna contestazione quanto all'applicabilità dell'articolo 8 nel caso di specie la Corte ha constatato nella prima sentenza che la pubblicazione delle fotografie intime della ricorrente ha minato la sua dignità, trasmettendo un messaggio di umiliazione e mancanza di rispetto v. Volodina,sopra citata … . La pubblicazione non consensuale delle sue fotografie intime, la creazione di falsi profili sui social media che pretendevano di impersonarla e il suo tracciamento con l'uso di un dispositivo GPS hanno interferito con il suo godimento della sua vita privata, facendole provare ansia, angoscia e insicurezza . Pertanto, occorre verificare se le autorità, una volta venuti a conoscenza dell'ingerenza nei diritti del ricorrente ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione, abbiano adempiuto ai loro obblighi derivanti da tale disposizione di adottare misure sufficienti per porre fine a tale ingerenza ed evitarne il ripetersi». Orbene la legge russa da un lato prevede l'adozione di ordinanze restrittive e di protezione, ma solo se è ravvisabile una responsabilità penale rectius l'aggressore deve essere sottoposto a procedimento penale dall'altro la violazione della privacy e la violenza domestica deve essere punita sotto ogni aspetto online ed offline . Le autorità di polizia ed inquirenti hanno la discrezionalità di adottare tali misure a tutela delle vittime «possono ritardare o rifiutare l'apertura di un procedimento penale, anche in relazione a incidenti gravi come minacce di morte, impersonificazione dolosa o stalking con l'uso di un dispositivo di localizzazione. Inoltre, è anche difficile aspettarsi che tali ordini possano essere concessi nella pratica con l'urgenza che è spesso essenziale in situazioni di violenza domestica». In breve, la concessione è legata allo status di imputato dell'aggressore. Si noti che gli Stati sono responsabili di questi ritardi dei loro sistemi giudiziari , indipendentemente dai motivi per cui si sono verificati, «è irrilevante se il ritardo iniziale di due anni sia stato causato dalla mancanza di norme chiare sulla competenza per indagare sui reati online o dalla riluttanza dei singoli agenti di polizia a prendere in considerazione il caso». Le autorità russe non sono mai andate oltre al sospetto che l'ex compagno avesse potuto attuare i contestati revenge porn , pedinamenti e minacce giustificando i ritardi col rifiuto dell'aggressore a farsi interrogare, con la sua residenza in un altro Stato e che i fatti denunciati non costituissero reato le minacce di morte infatti erano punibili solo se gravi e specifiche. A loro avviso, malgrado l'evidenza e la dovizia di prove prodotte dalla ricorrente, quelle che aveva subito online non lo erano. Da ciò la nuova condanna della Russia per essere venuta meno ai propri doveri di cura e protezione.
CEDU del 14 settembre 2021, caso of Volodina v. Russia no. 2 ricomma 40419/19