Il minore ha diritto di vivere nella famiglia di origine, a meno di eventi incompatibili con il suo interesse ad uno sviluppo equilibrato

La valutazione dello stato di adottabilità deve essere effettuata con particolare rigore, e deve essere dichiarato solo quando siano state infruttuose tutte le altre misure previste dall’ordinamento, volte a favorire il ricongiungimento con la famiglia naturale.

Questo è il principio stabilito dall'ordinanza numero 23797 della I Sezione Civile della Suprema Corte, emessa nella camera di consiglio del 17 maggio 2021 e depositata il successivo 2 settembre, con ampia e articolata motivazione. Il caso. La questione sottoposta alla Suprema Corte riguardava l'appello proposto dai genitori e dalla nonna di una bambina, avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni di Milano che ne aveva dichiarato lo stato di adottabilità . Nel provvedimento impugnato, era stata confermata la decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori e la nomina del tutore provvisorio , ed era stata disposta l'interruzione di ogni rapporto tra la minore e i suoi familiari, nonché la sua collocazione presso una famiglia avente i requisiti di idoneità per l'adozione. Secondo la Corte territoriale, i genitori non si erano mai interessati alla figlia, venendo meno ai loro doveri, sia sotto l'aspetto materiale ed affettivo, tanto da rendere necessaria la declaratoria di decadenza dalla responsabilità genitoriale . Quanto alla nonna, era emerso dalle varie relazioni che essa non aveva mai fatto vivere la minore in un contesto idoneo alla sua età, e che risultava incapace di regolare e contenere i suoi stati emotivi, perché non in grado di contenere nemmeno i propri. Inoltre, non si era mai mostrata in grado di entrare in sintonia affettiva e profonda con la bambina, come già accaduto nella relazione con la figlia. Da tutti questi elementi, la Corte d'Appello aveva desunto una situazione tale da giustificare e confermare la decisione del Tribunale dei Minorenni, arrivando anche ad escludere la possibilità di attuazione dei contatti periodici e progressivi tra nonna e nipote. Hanno proposto ricorso contro la decisione sopra descritta il curatore speciale della minore, con ricorso affidato a tre motivi, nonché la nonna, con ricorso affidato a cinque motivi. Non hanno invece svolto attività difensiva i genitori. Nei ricorsi si lamentavano, tra le altre cose, la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'articolo 8 CEDU , alla convezione su diritti del fanciullo e alla Carta fondamentale dei diritti dell'Unione Europea , riguardo all'insussistenza dello stato di abbandono e al diritto fondamentale del minore di vivere nella sua famiglia naturale, a meno di eventi e situazioni che rendano tale diritto in contrasto con gli interessi del minore. Il diritto del minore a vivere nell'ambito della sua famiglia riveste carattere prioritario, e di conseguenza la valutazione dello stato di adottabilità deve essere valutato con particolare rigore. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rinviando alla Corte d'appello di Milano, che dovrà applicare i principi indicati nell'articolata e motivata ordinanza. L'ordinanza ha ben compiuto una dettagliata ricostruzione della normativa e della giurisprudenza in materia, partendo dal principio, stabilito dall' articolo 1, l. numero 184/1983 , che attribuisce carattere prioritario all' esigenza del minore di vivere nella famiglia di origine, diritto poi ribadito in misura anche maggiore dalle modifiche apportate alla citata norma. Secondo la Suprema Corre, l' adozione del minore, al quale la dichiarazione dello stato di adottabilità è prodromica, recidendo ogni legame con la famiglia di origine, costituisce una misura eccezionale cui si può ricorrere solo quando si siano dimostrate impraticabili le altre misure, sia positive che negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con la famiglia biologica, ivi compreso eventualmente l'affidamento familiare di carattere temporaneo, ai fini della tutela del superiore interesse del figlio. Secondo la Suprema Corte, e come già più volte enunciato nella sua stessa giurisprudenza, la valutazione sullo stato di adottabilità non può discendere da un mero apprezzamento circa l'inidoneità dei genitori e parenti del minore, che deve essere accompagnato da ulteriore approfondito accertamento sul fatto che tale inidoneità abbia provocato o possa provocare danni gravi e irreversibili all'equilibrata crescita del minore. In particolare, è stato posto l'accento sulla positiva presenza dei nonni , la cui posizione diviene sempre più rilevante nell'ambito della famiglia, e la cui posizione merita una tutela motivata dalle loro radici nella tradizione familiare, riconosciuta anche nella Costituzione di conseguenza, l' accertamento dello stato di abbandono del minore non può essere rimesso ad una valutazione astratta, e fondato su indizi privi di valenza assoluta, in assenza di qualsivoglia riscontro obiettivo circa la scarsa idoneità della famiglia di origine a fornire in futuro le condizioni migliori per il suo sviluppo. Da quanto detto nell'ordinanza, la sentenza impugnata, la Corte d'Appello ha disatteso questi principi, dato che tra le altre cose ha del tutto omesso di valutare la possibile idoneità della nonna a prendersi cura della nipote e la possibilità per la stessa di rivestire un ruolo importante anche se complementare rispetto a quello svolto dalla coppia affidataria. Sul punto, secondo la Suprema Corte, il profilo dell'importanza per la minore dell'interazione nipote-nonna, peraltro affrontato anche dalla CTU disposta in grado di appello, non sarebbe stato minimamente preso in considerazione dalla Corte d'appello, che avrebbe così disatteso il principio fondamentale sull'attenta valutazione dello stato di adottabilità. In applicazione di detto principio, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso rinviando alla Corte d'appello in diversa composizione per la decisione, anche sulle spese.

Presidente Bisogni – Relatore Caradonna Rilevato che 1. L'Avv. A.G.S., nella qualità di Curatore speciale e difensore della minore, O.I., ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano numero 6/2020 , pubblicata il 17 febbraio 2020 e tale ricorso è stato iscritto a ruolo prima del secondo ricorso, proposto separatamente contro la stessa sentenza da T.E., assumendo il valore di ricorso principale. 2. Con sentenza del 17 febbraio 2020, la Corte di appello di Milano ha rigettato l'appello proposto da O.Z., S.S. e T.E., avverso la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Milano numero 158/18, depositata il 12 aprile 2018, che aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore O.I., nata a OMISSIS , aveva confermato la decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori e la nomina del tutore provvisorio e aveva disposto l'interruzione di ogni rapporto tra la minore e i suoi familiari e la collocazione della minore in una famiglia aventi i requisiti di idoneità per l'adozione. 3. La Corte di appello di Milano, alla luce della valutazione in chiave cronologica di tutte le risultanze processuali tratte dalle fonti acquisite agli atti, ha confermato la situazione di abbandono della minore quanto ai genitori ha messo in evidenza che essi non si erano mai interessati alla figlia, venendo meno ai loro doveri, sotto l'aspetto materiale ed affettivo, tanto da rendere necessaria la declaratoria di decadenza dalla responsabilità genitoriale quanto alla nonna, gli elementi emersi nella richiesta inviata dal Giudice tutelare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del 27 settembre 2016 e le risultanze dell'esame compiuto dal consulente tecnico d'ufficio nella relazione dell'11 giugno 2017, nonché le affermazioni del curatore speciale della minore, riportate alle pagine 17-18 dell'atto di costituzione in appello e gli atti ivi richiamati, portavano ad escludere la presenza di quelle funzioni vicariali che sole potevano impedire lo stato di adottabilità, in quanto la nonna non aveva mai fatto vivere la bambina in un contesto idoneo alla sua età risultava incapace di regolare e contenere gli stati emotivi di I. perché non in grado di regolare i propri stati emotivi non si era mai mostrata in grado di entrare in sintonia affettiva e profonda con I., come era emerso sia dall'osservazione diretta, sia dalle dichiarazioni della bambina che spesso era da sola a giocare o davanti alla TV e da quelle del tutore Dott.ssa C. non era in grado di trasmettere alla minore un sistema di valori sociali e normativi di riferimento, non avendo mai interiorizzato regole e norme sociali, così come era già accaduto nella relazione con la figlia M.T. appariva scarsamente in grado di prevedere le tappe evolutive successive e di sapere aggiornare le rappresentazioni della bambina e comunicare con lei, perché non era in grado di centrarsi sulle necessità e sui bisogni della piccola non aveva minimamente elaborato il proprio passato e i propri vissuti in relazione ad esso e, pertanto, non sarebbe stata in grado di inserire I. in questo scenario familiare e transgenerazionale e che, il fatto che la minore non apparteneva biologicamente alla sua famiglia, avrebbe complicato enormemente questo compito non aveva alcuno da fare entrare in relazione triadica con I., che anzi voleva esclusiva, con il rischio di uno scivolamento simil simbiotico, pericoloso tanto per la minore, quanto per lei stessa appariva in difficoltà nel presentare alla bambina le differenze tra il ruolo paterno assente e quello materno vincolato al non detto di essere mamma-nonna. 4. I giudici di secondo grado, infine, hanno risposto negativamente alla possibile attivazione in forma graduale e progressiva dei contatti protetti e periodici tra I. ed T.E., alla luce delle risultanze contenute nella relazione del OMISSIS del Dott. Co., secondo cui la bambina non aveva interiorizzato una figura di riferimento stabile e si attaccava a tutti quelli che sembravano essere un oggetto fruibile, in linea con il disturbo disinibito dell'attaccamento dell'infanzia che era stato diagnosticato dall' OMISSIS sin dal OMISSIS le relazioni dell' OMISSIS , del OMISSIS e del OMISSIS , avevano confermato che la bambina era sorridente e curiosa, ben inserita nella realtà che l'aveva accolta e non raccontava mai della signora T. e di altri parenti anche il rischio traumatico dell'allontanamento dalla nonna, ipotizzato dal consulente tecnico d'ufficio nella relazione del OMISSIS non si era poi verificato a conferma ulteriore del legame di attaccamento labile, emotivamente non pregnante, che legava la minore alla nonna e tale rischio si era rivelato infondato poiché I. non aveva riportato alcun tipo di sintomatologia post traumatica e che il disagio al momento del distacco non si presentava come un disturbo diagnosticabile a livello nosografico e l'evitamento era un aspetto già presente nella bambina sin dalla prima osservazione, che l'aveva caratterizzata in modo molto specifico che la minore aveva necessità di un contesto stabile e sicuro e di riconoscere i ruoli e le figure degli altri e in ciò non era di aiuto la figura ibrida di una mamma-nonna , dove poteva incamminarsi in un contesto privo di interferenze che la riportavano ad un passato che al momento ella non cercava che la T. viveva la bambina come un antidepressivo naturale e non aveva ancora rimosso il suo difficile passato e risolto le tensioni e gli attriti con la figlia Ci.Ma.Te., con il marito S.T. e con O.Z. e S.S. che riportare I. ad un contatto, da lei non cercato, con la T. significava intaccare e infrangere il bisogno di sicurezza, stabilità e certezza di sviluppo di cui ora necessitava lo stesso consulente tecnico d'ufficio, che pure aveva ipotizzato una tale eventualità per antagonizzare processi psicopatologici disfunzionali per la mancata elaborazione della recisione di ogni contatto affettivo, invece connotato anche da molti aspetti positivi, indicava una tempistica lunghissima, unita ad un appropriato lavoro di sostegno e accompagnamento psicologico, in un periodo nel quale I. doveva essere aiutata ad uscire da quel disturbo disinibito dell'attaccamento dell'infanzia, per trasformarlo in fiducia e affidamento nei confronti di persone solide, lontano da quelle ulteriori complessità e instabilità ancora presenti. 5. L'Avv. A.G.S., nella qualità di curatore speciale e difensore della minore, ha impugnato la sentenza della Corte d'appello di Milano con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, mentre T.E. ha depositato ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. 6. O.Z. e S.S., genitori della minore, e C.A., tutore provvisorio della minore non hanno svolto difese. Considerato che 1. Poiché il ricorso proposto dall'Avv. A.G.S., nella qualità, è stato iscritto a ruolo prima dell'altro, che assume, pertanto, natura oggettivamente incidentale e va ad esso riunito a norma dell' articolo 335 c.p.c. , si procede prioritariamente all'esame del ricorso principale e, quindi, a quello del secondo ricorso. A Esame del ricorso dall'Avv. A.G.S., nella qualità di curatore e difensore della minore O.I 2. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all'articolo 8 CEDU afferma la ricorrente che con la riattivazione degli incontri con la nonna e I. i giudici potranno costruire le basi per un pieno sviluppo della sua personalità, evitando in tale modo conseguenze psicopatologiche già latenti. 3. Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articolo 3 e 32 Cost. dell'articolo 3 della Convenzione ONU 1989 sui diritti del Fanciullo e articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea la sentenza non rispetta il principio dettato dall' articolo 3 Cost. , comma 2 laddove si impone di rimuovere gli ostacoli di ordine economico o sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana parimenti appare violato il diritto alla salute tutelato dall' articolo 32 Cost. , nell'accezione di tutela allo stato di benessere fisico e mentale dell'individuo indispensabile per il pieno sviluppo della persona umana nello stesso non risultano rispettati l'articolo 3 della Convenzione ONU 1989 e l' articolo 24 della Carta fondamentale dei diritti dell'Unione Europea , ove si declina, tra i diritti del bambino, il diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere e si statuisce che in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. Deduce la ricorrente che la ripresa eventuale di contatti relazionali con la nonna E., pure in forme limitate e protette, potrebbe avere il pregio di porre la bambina in contatto con questa primitiva esperienza affettiva, recuperandone il senso. 4. Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5, il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, non avendo la Corte d'Appello esaminato la consulenza tecnica del Dott. B. nella parte in cui si denuncia il grave rischio per la salute psico-fisica di I. in caso di mancata riattivazione degli incontri con la signora T., dovendosi così censurare il conseguente vizio motivazionale, di ritenere assicurato il suo miglior interesse mantenendo l'attuale stabilità , dandosi così adito ad un vizio logico nella parte in cui non si prevede la riattivazione dei rapporti della diade nonna - minore la consulenza del Dott. B. rappresentava in chiave clinica la declinazione del miglior interesse di I., al fine di garantire un giusto sviluppo psicofisico e una crescita armonica. B Esame del ricorso di T.E., nonna della minore O.I 5. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. numero 184 del 1983, articolo 1, articolo 8, comma 1, articolo 12, comma 4 e articolo 15 e la violazione dell'articolo 8 CEDU sull'insussistenza dello stato di abbandono, per avere la sentenza impugnata, ponendosi in contrasto con gli insegnamenti della Suprema Corte, posto, a base della dichiarazione dello stato di adottabilità, ragioni risalenti nel tempo ad anni di distanza i precedenti penali che sono tutti del 2013 o del 2014 , ovvero giudizi sommari di incapacità genitoriali formulati dal primo consulente tecnico d'ufficio avanti il Tribunale per i minorenni, nonostante la distanza temporale tra il giudizio di primo e di secondo grado e nonostante lo svolgimento di una nuova consulenza tecnica in appello in mancanza, peraltro, di un fatto grave, in quanto la bambina era stata allontanata e successivamente dichiarata adottabile mentre si trovava ben inserita all'asilo e risultava, a detta di tutti gli operatori che seguivano il nucleo, bene accudita dalla nonna. Si duole la ricorrente che il primo consulente, pure autorizzato dal Tribunale, aveva ritenuto inutile l'interazione nipote-ricorrente dopo l'allontanamento, di contro al giudizio di tutti gli operatori che avevano concluso per l'intensità, la sincerità e l'importanza del legame tra I. e la nonna inoltre sia il Tribunale, che la Corte di appello avevano ritenuto irrilevante l'interruzione dell'intervento di sostegno avviato dai Servizi sociali a favore del nucleo familiare a far data dal 2014, a fronte delle relazioni dei Servizi sociali e degli psicologi che andavano nel senso di rilevare la forza e l'intensità del legame tra la nipote e la ricorrente così, tra le altre, la relazione del Consultorio familiare del OMISSIS , la relazione del consulente di parte della ricorrente, pag. 25 la consulenza tecnica d'ufficio, pag. 39-40 . 6. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. numero 184 del 1983, articolo 1 dell'articolo 8 CEDU , dell'articolo 30 Convenzione ONU per i diritti del Fanciullo dell' articolo 14 CEDU , per l'interruzione di ogni rapporto tra nonna e nipote dal OMISSIS ad oggi, avendo la Corte di appello giudicato irrilevanti le critiche mosse dalla difesa della ricorrente alla mancata attivazione dei rapporti con la nipote, rapporti che erano stati inizialmente disposti dal Tribunale per i minorenni anche dopo l'allontanamento, sulla base del rischio di sottrazione della minore da parte della famiglia OMISSIS di origine era censurabile la circostanza che nel procedimento emergevano frequenti riferimenti all'etnia OMISSIS del nucleo familiare nel presente procedimento si era dato conto che la ricorrente aveva volontariamente consegnato la minore ai Servizi sociali l'interruzione dei rapporti aveva reso di fatto impossibile una concreta valutazione del legame che univa la nonna e la nipote. 7. Con il terzo motivo si lamenta, in via subordinata e nell'ipotesi di rigetto dei primi due motivi, la violazione della L. numero 184 del 1983, articolo 1 e dell'articolo 8 CEDU , ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 4, avendo la Corte di appello sostituito massime di esperienza e proprie personali valutazioni a quelle del consulente tecnico d'ufficio e del consulente di parte, pur trattandosi di valutazioni psicologiche inerenti un minore, che richiedevano estrema prudenza. 8. Con il quarto motivo si lamenta, in via subordinata e nell'ipotesi di rigetto dei primi due motivi, l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5, non avendo dato la Corte di appello dato prevalenza, laddove possibile, ai rapporti tra le persone legate da una relazione affettiva, omettendo di considerare due argomentazioni scientifiche poste dal consulente tecnico d'ufficio alla base del proprio elaborato tecnico, entrambi oggetto di discussione tra le parti e decisivi, il primo relativo ai dati statistici sul fallimento delle adozioni nel caso in cui rimangono problemi irrisolti con la famiglia di origine, il secondo relativo agli esiti dell'esame clinico della minore, alle dichiarazioni e ai test effettuati. 9. Con il quinto motivo, in via ulteriormente gradata rispetto al terzo e quarto motivo, si solleva questione di legittimità costituzionale della L. numero 184 del 1983, articolo 27, comma 1, se inteso nel senso che la dichiarazione di adozione imponga la recisione di ogni rapporto anche di mero fatto con la famiglia di origine, per violazione dell' articolo 117 Cost. e articolo 8 CEDU , avendo peraltro la Corte Europea già condannato l'Italia per non previsto tra i propri istituti quello dell'adozione mite ed avendo la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 93 del 27 aprile 2018 , richiamato il dibattito sulla opportunità o meno di favorire, in via interpretativa o legislativa, forme di adozione che consentano il mantenimento dei rapporti del minore con la famiglia di origine. 10. I motivi del ricorso principale e il primo, secondo e terzo motivo del ricorso incidentale, che vanno trattati unitariamente perché riguardano tutti la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore, sono fondati. 10.1 In tema di adozione, la L. numero 184 del 1983, articolo 1 attribuisce carattere prioritario all'esigenza del minore di vivere nella famiglia di origine, esigenza ribadita con forza ancor maggiore attraverso le successive modifiche apportate alla predetta norma. Ed infatti, mentre il testo originario dell'articolo 1, con il quale si apriva il titolo I, Dell'affidamento dei minori , della citata L. numero 184 del 1983 , si limitava ad affermare il diritto del minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia , la riformulazione della stessa disposizione ne ha arricchito il testo, introducendo, tra i Principi generali così mutata la rubrica del titolo I, della L. numero 184 del 1983 , per effetto della L. numero 149 del 2001 , anche quello relativo al diritto di crescere nella famiglia naturale, nonché quello, enunciato nell'articolo 1, comma 2 aggiunto dalla stessa L. numero 149 del 2001 , secondo il quale mai la condizione di indigenza dei genitori naturali può portare alla dichiarazione di adottabilità del minore , essendo affidato alle organizzazioni statali competenti, ed in particolare dei servizi sociali, in caso di difficoltà della famiglia d'origine, il compito di rimuovere le cause che possono precludere una crescita serena. Un'esigenza, quella appena evidenziata, della quale è consentito il sacrificio solo in presenza di una situazione di carenza di cure materiali e morali, da parte dei genitori e degli stretti congiunti, a prescindere dalla imputabilità a costoro di detta situazione, tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte lo sviluppo e l'equilibrio psichico e fisico del minore stesso Cass., 14 maggio 2005, numero 10126 . Il prioritario diritto del figlio di vivere con i suoi genitori e nell'ambito della propria famiglia, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità dello stesso, ai fini del perseguimento del suo superiore interesse, potendo questo diritto essere limitato solo ove si configuri un endemico e radicale stato di abbandono, la cui dichiarazione va reputata, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, della Corte Europea dei diritti dell'uomo e della Corte di giustizia, come extrema ratio a causa della irreversibilità incapacità dei genitori e dei parenti di allevarlo e curarlo per la loro totale inadeguatezza Cass., 25 gennaio 2021, 1476 Cass., 30 giugno 2016, numero 13435 Cass. 24 novembre 2015, numero 23979 . L'adozione del minore, alla quale la dichiarazione dello stato di abbandono è prodromica, recidendo ogni legame con la famiglia di origine, costituisce, dunque, una misura eccezionale cui è possibile ricorrere, non già per consentirgli di essere accolto in un contesto più favorevole, così sottraendolo alle cure dei suoi genitori biologici e della sua famiglia di origine , ma solo quando si siano dimostrate impraticabili le altre misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento coni genitori biologici, ivi compreso l'affidamento familiare di carattere temporaneo, ai fini della tutela del superiore interesse del figlio Cass., 14 aprile 2016, numero 7391 . Al riguardo, questa Corte ha già ripetutamente posto in evidenza la necessità che tale valutazione non discenda da un mero apprezzamento circa la inidoneità dei genitori e parenti del minore, cui non si accompagni l'ulteriore positivo accertamento che tale inidoneità abbia provocato, o possa provocare, danni gravi ed irreversibili alla equilibrata crescita del minore e, in particolare, sotto tale punto di vista è stato, altresì, posto l'accento sulla positiva presenza dei nonni, la cui posizione diventa sempre più rilevante nell'ambito della famiglia, non potendo ritenersi privi di tutela vincoli che affondano le loro radici nella tradizione familiare, la quale trova il suo riconoscimento anche nell' articolo 29 Cost. Cass., 7 maggio 1999, numero 4568 . In siffatta ottica, l'accertamento dello stato di abbandono del minore non può essere rimesso ad una valutazione astratta, compiuta ex ante, - alla stregua di un giudizio prognostico, fondato su indizi privi di valenza assoluta, ed in assenza di qualsivoglia riscontro obiettivo circa la scarsa idoneità della famiglia di origine a fornire in futuro al minore le cure necessarie per il suo sano sviluppo dovendo, invece, la valutazione di cui si tratta necessariamente basarsi su di una reale, obiettiva situazione esistente in atto, nella quale soltanto vanno individuate, e rigorosamente accertate e provate, le gravi ragioni che, impedendo al nucleo familiare di origine di garantire una normale crescita, ed adeguati riferimenti educativi, al minore, ne giustifichino la sottrazione allo stesso nucleo. 10.2 Mette conto rilevare, inoltre, che mentre nessuna norma espressa prevede, come conseguenza automatica della dichiarazione di adottabilità la recisione di qualsiasi rapporto e contatto con i genitori biologici e con i nonni per quel che qui rileva, tale effetto si determina definitivamente con l'adozione ai sensi della L. numero 184 del 1983, articolo 27, comma 3, che dispone che Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali . E, tuttavia, come questa Corte ha affermato, la cessazione dei rapporti e dei contatti con la famiglia di origine è una conseguenza diretta dell'affidamento preadottivo perché costituisce una modalità di attuazione di questa cruciale fase del rapporto tra adottante ed adottando, diretta a culminare nella dichiarazione di adozione. Può, pertanto, ritenersi che con la dichiarazione di adottabilità, in quanto finalizzata all'adozione legittimante ancorché possa verificarsi in alcune ipotesi l'assenza di tale esito finale si determina la cessazione dei rapporti con i genitori biologici, non essendo compatibile con la finalità ultima dell'istituto, la perpetuazione di una relazione che è destinata a recidersi definitivamente con l'assunzione di un diverso status finale mediante l'adozione Cass., 13 febbraio 2020, numero 3643 . 10.3 Anche la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani, riguardante il regime giuridico interno volto a disciplinare i modelli di adozione ha evidenziato la necessità di percorrere soluzioni alternative alla rottura definitiva del rapporto giuridico e di fatto tra il minore e la famiglia di origine ed ha affermato che l'articolo 8 della Convenzione pone a carico dello Stato degli obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita familiare, per cui, laddove è provato che esiste un legame familiare, lo Stato deve per principio agire in modo tale da consentire a questo legame di svilupparsi, adottando e misure appropriata per riunire il genitore e il figlio fin dall'inizio della presa in carico del minore Corte Edu, 12 febbraio Minvervino e Trausi contro Italia Corte Edu. 12 agosto 2020, E.C. contro Italia e che l'adeguatezza delle misure assunte per riunire genitori e figli deve essere valutata anche in base alla rapidità della sua attuazione, in quanto lo scorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui Corte Edu, 22 giugno 2017, Barnea e Caldararu contro Italia . 10.4 La Corte di Strasburgo, inoltre, con specifico riferimento alla cosiddetta adozione mite , ha messo in evidenza che, nonostante l'assenza, nel sistema legislativo italiano, di una qualche forma di adozione mite o semplice, alcuni tribunali italiani avevano pronunciato l'adozione semplice in alcuni casi in cui non vi era abbandono, mediante un'interpretazione estensiva della L. numero 184 del 198, articolo 44, lett. d , concludendo che costituiva un obbligo delle Autorità italiane, prima di prevedere la soluzione di una rottura del legame familiare di adoperarsi in maniera adeguate per fare rispettare il diritto della madre di vivere con il figlio, al fine di evitare di incorrere nella violazione del diritto al rispetto della vita familiare, sancito dall'articolo 8 CEDU Corte Edu, 21 gennaio 2014, Zhou contro Italia Corte Edu, 13 ottobre 2015, S.H. contro Italia . Anche di recente, la Corte Edu ha stabilito che comporta la violazione dell' articolo 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali non consentire ad un minore di mantenere relazioni significative con il nipote, anche se questo è stato adottato da un'altra famiglia, perché i nonni sono figure che contribuiscono indiscutibilmente allo sviluppo psico-fisico del minore, tanto da dare vita ad un legame forte ed indissolubile e che non era necessaria la sussistenza di una convivenza, poiché anche i contatti frequenti erano sufficienti a creare relazioni significative tanto da fare rientrare questo tipo di rapporto nella categoria vita familiare Corte Edu, 5 marzo 2019, Bogonosovy contro Russia . 10.5 Ciò posto, in tema di principi normativi e giurisprudenziali, nazionali ed Europei, di riferimento, questa Corte, anche di recente, è pervenuta al convincimento, che si intende ribadire, che la pluralità di modelli di adozione nel nostro ordinamento imponga ormai di valutare, di volta in volta, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, il ricorso al modello di adozione che non recida del tutto i rapporti del minore con la famiglia di origine e se l'adozione che recida ogni rapporto con la famiglia di origine, in presenza di situazioni di semiabbandono, in cui la idoneità non piena dei genitori biologici e/o dei parenti entro il quarto grado, quando sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i minori non escluda l'opportunità della loro presenza nella vita del minore, in considerazione dell'affetto e dell'interesse da essi dimostrato nei confronti del minore, possa o meno rivelarsi una scelta non adeguata al preminente interesse del minore Cass., 25 gennaio 2021, numero 1476 Cass., 13 febbraio 2020, numero 3643 . Con il conseguente corollario che il giudice, chiamato a decidere sulla stato di abbandono del minore, deve accertare la sussistenza dell'interesse del minore a conservare il legame con i soggetti appartenenti alla famiglia di origine, pur se deficitari nelle loro capacità di educazione e di crescita del minore, proprio in considerazione del duplice presupposto che l'adozione legittimante costituisce una extrema ratio e che il nostro ordinamento conosce modelli di adozione che non presuppongono la radicale recisione dei rapporti con la famiglia d'origine e consentono la conservazione del rapporto, quali per l'appunto le forme di adozione disciplinate dalla L. numero 1984 del 1983, articolo 44 e ss 10.6 Più in particolare, l' adozione in casi particolari , prevista dalla L. numero 184 del 1983, articolo 44 non presuppone necessariamente lo stato di adottabitità del minore e non recide i rapporti di quest'ultimo con a famiglia di origine l'articolo 44 citato, lett. D, nello specifico, rappresenta una clausola di chiusura del sistema, intesa in modo da consentire l'adozione tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando, come elemento caratterizzante del concreto interesse del minore a veder riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura, con l'unica previsione della constatata impossibilità dell'affidamento preadottivo , che va intesa, in coerenza con lo stato dell'evoluzione del sistema della tutela dei minori e dei rapporti di filiazione biologica ed adottiva, come impossibilità di diritto di procedere all'affidamento preadottivo Cass., Sez. U., 8 maggio 2019, numero 12193 . 11. E' utile precisare che T.E., nonna materna della minore, ha adito la Corte di Strasburgo, lamentando di essere stata posta nell'impossibilità di esercitare e mantenere il forte legame affettivo con sua nipote la cui relazione affettiva era stata già accertata dall'autorità, la quale aveva riconosciuto il ruolo di cura effettivamente svolto dalla donna, in qualità di figura materna di fatto e ha chiesto alla Corte di confermare la collocazione della relazione tra nonna e nipote all'interno delle relazioni familiari protette dall'articolo 8 della Convenzione e di accertare la violazione da parte dello Stato italiano di tale norma per aver impedito la prosecuzione del rapporto. 11.1 I giudici di Strasburgo, con la sentenza del 14 gennaio 2021, dopo avere ribadito che sugli Stati contraenti della Convenzione grava non soltanto un divieto di compiere ingerenze arbitrarie, ma altresì un vero e proprio obbligo positivo di assicurare il rispetto effettivo della vita privata o familiare, attraverso misure adeguate, atte a consentire la preservazione dei contatti con il bambino anche da parte del familiare non convivente, purché vi sia comprensione e cooperazione da parte di tutte le persone interessate, e sempre mantenendo come prioritario l'interesse superiore del minore, ha affermato che tra i legami cui viene riconosciuta tutela rientra, in astratto, anche quello tra nonna e nipote, essendo comunque necessario, caso per caso, distinguere l'effettiva consistenza della relazione del minore con la nonna e che, nel caso in esame, si ravvisavano i presupposti di uno stretto vincolo interpersonale, dovuto alle funzioni para-materne assolte dalla ricorrente fin dai primi momenti di vita della bambina. La Corte, inoltre, ha preso atto in concreto delle omissioni della pubblica autorità nell'organizzazione degli incontri nonna-bambina e, sia pure restringendo il proprio sindacato sulla fase precedente alla sospensione del diritto di visita della ricorrente, ha accertato che, in quel particolare frangente temporale, anche in presenza di un provvedimento giurisdizionale che ordinava ai servizi sociali di predisporre incontri protetti, in modo da garantire l'anonimato del luogo in cui la minore era collocata, essi si erano dimostrati inadeguati e non diligenti e che l'autorità giudiziaria aveva tollerato questa inottemperanza, mancando di intervenire tempestivamente a sanare l'omissione, come invece veniva richiesto dalla ricorrente. I giudici di Strasburgo hanno concluso, quindi, affermando l'avvenuta violazione dell'articolo 8 della Convenzione, laddove, sul piano interno, sussisteva un problema sistemico di ritardi nell'esecuzione di misure adottate nell'interesse del bambino e veniva in rilievo l'incongruenza tra la puntuale tutela predisposta dall'autorità giurisdizionale e la negligenza sul piano esecutivo, configurata da un lato nello scarso scrupolo dei servizi sociali nel dare seguito effettivo a quanto prescritto e dall'altro nell'inerzia del giudice nello smuovere l'amministrazione. 12. Tanto premesso, nel caso in esame, viene in rilievo da un lato l'esclusione della piena idoneità della nonna a prendersi cura della nipote e dall'altro anche l'impossibilità per la stessa di rivestire un ruolo importante, ma complementare, rispetto a quello svolto dalla coppia affidataria, nell'interesse della minore. La Corte, al riguardo, ha integralmente omesso di prendere in esame il profilo pure espressamente emerso nel giudizio, fin dal primo grado, dell'importanza per la minore dell'interazione nipote - nonna, affrontato anche dalla consulenza tecnica di ufficio disposta in grado di appello. Ed infatti, la bambina, nata il OMISSIS , già all'atto delle dimissioni ospedaliere, in data OMISSIS , veniva affidata ai nonni materni, parenti entro il secondo grado, e la nonna, che aveva lasciato il lavoro nel OMISSIS e che non svolgeva più alcuna attività lavorativa per potere accudire la nipote, più volte si era rivolta ai Servizi Sociali del Comune di Milano, sia in occasione della regolarizzazione dei documenti della bambina, sia per la frequentazione della scuola materna. Sia la prima relazione dei Servizi Sociali, che era poi sfociata nel decreto provvisorio del Tribunale per i minorenni dell'11 luglio 2014, di affido al Comune con collocazione presso la T. e il marito, che la seconda del 17 settembre 2014, avevano dato atto che la bambina era apparsa serena, ben accudita ed affezionata alla T. e che, anche nei due mesi in cui la T. era stata in carcere in OMISSIS , la bambina, rimasta con la sorella gemella della nonna, pareva avere beneficiato della vicinanza con i tre cuginetti e si era sentita spronata a raggiungere delle piccole autonomie non ancora acquisite. In senso positivo si erano espresse anche l'Equipe Neuropsichiatria infantile dell'UONPIA incaricata della valutazione di I. nella relazione del OMISSIS e la relazione del OMISSIS , a firma della Dott.ssa D.M., psicologa psicoterapeuta dell'ATS di OMISSIS , in seguito alle quali il Tribunale per i minorenni, con decreto definitivo dell'8 marzo 2016, aveva dichiarato decaduti dalla potestà i genitori della minore, confermando l'affido presso la T Anche la relazione del OMISSIS , svolta dal consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice tutelare, Dott. Co., aveva dato atto del fatto che la T. rappresentava l'unico legale affettivo significativo maturato dalla bambina, che si presentava con un carattere forte, deciso e risoluto e, a pag. 63, aveva concluso che era comunque preferibile mantenere un legame con la T. perché era l'unico affetto della bambina, una o due volte la settimana, in spazio protetto e che la successiva relazione del OMISSIS del Consultorio familiare aveva confermato che per la minore la migliore collocazione restava a casa della nonna e che la T., al corrente dell'esistenza di un decreto di allontanamento di I., non aveva mostrato alcuna propensione alla sottrazione della minore ed era riuscita, come riferito dall'assistente sociale Premoli, a sostenere la nipote nel momento dell'allontanamento. Si tratta di circostanze che non state prese in considerazione dal Tribunale di primo grado e, seppure evidenziate in sede di gravame, anche dai giudici di secondo grado, che non hanno valutato adeguatamente la mancata attivazione dei rapporti con la nipote, rapporti che erano stati inizialmente disposti dal Tribunale per i minorenni con il decreto del 6 dicembre 2016 e poi sospesi formalmente con un nuovo decreto del 30 gennaio 2017 dal Tribunale per i minorenni , anche dopo l'allontanamento eseguito il OMISSIS né sono state considerate le risultanze emerse dalla seconda relazione dell' OMISSIS del Dott. Co., che aveva evidenziato che la minore sentiva la mancanza della nonna, sminuendo tale circostanza in ragione del ricordo che la minore serbava dell'incontro avvenuto nello stesso studio alla presenza della nonna e che aveva concluso che la rescissione definitiva del legame tra la T. e la nipote non avrebbe provocato alcun danno allo sviluppo psico-fisico della minore, perché non avrebbe condotto ad alcuna malattia psichica, intesa come malattia nosografica. I giudici di secondo grado non hanno tenuto in considerazione nemmeno la relazione tecnica del OMISSIS della psicologa dei Servizi Sociali, che aveva evidenziato che l'improvvisa e prolungata interruzione dei rapporti con la nonna configurava per la bambina un rischio per la sua salute psichica né quanto riferito dagli stessi affidatari, il OMISSIS , un anno dopo che la bambina era presso di loro, circa gli improvvisi scoppi di pianto e senza apparente motivo della minore, che chiedeva della nonna e che, rassicurata si calmava, sembrando come se non fosse successo niente. Anche le risultanze della consulenza disposta in secondo grado, riportate nella relazione del OMISSIS , a firma del Dott. B., non sono state adeguatamente valutate dalla Corte territoriale, avendo il consulente tecnico d'ufficio espressamente affermato che il fatto che la minore non chiedesse esplicitamente della nonna, costituiva la reazione tipica di chi aveva visto recisi repentinamente e in modo traumatico i propri legami e che, in modo difensivo, si ritirava da essi, adattandosi in modo passivo ad ogni nuova esperienza e che optava per un ripresa dei rapporti con la nonna, sia per far recuperare alla minore il senso della esperienza affettiva con la T., sia per evitare gravi rischi connessi alla cesura affettiva traumatica subita. Così facendo i giudici di secondo grado hanno ritenuto estraneo al proprio campo d'indagine la verifica della rilevanza del legame tra la nonna e la minore, anche se ne era stata evidenziata l'esigenza sotto diverse angolazioni, mentre i giudici di merito, dovevano, al fine di condurre un'indagine completa sulle condizioni di abbandono morale e materiale della minore, non trascurare l'esigenza, nell'interesse della minore, di conservare un rapporto con la nonna e operare una valutazione di bilanciamento, ovvero se l'interesse della minore a non recidere il legame con la nonna dovesse prevalere o recedere rispetto ad una eventuale valutazione di inidoneità della nonna ad educare e crescere la nipote. Nello specifico, a fronte di quanto emerso univocamente, circa la rilevanza per la minore del rapporto con la nonna in tutte le relazioni e consulenze svolte a partire dal OMISSIS e fino al OMISSIS , la Corte di appello, sottolineando profili di non idoneità della nonna materna peraltro alcuni estremamente generici, quali il fatto che la nonna non aveva mai fatto vivere la bambina in un contesto idoneo alla sua età o che non era in grado di trasmettere alla minore un sistema di valori sociali e normativi di riferimento, non avendo mai interiorizzato regole e norme sociali altri del tutto astratti, quali il fatto che risultava incapace di regolare e contenere gli stati emotivi di I. perché non era in grado regolare i propri stati emotivi altri ancora del tutto ipotetici, quali il fatto che appariva scarsamente in grado di prevedere le tappe evolutive successive e che non sarebbe stata in grado di inserire I. nello scenario familiare e transgenerazionale altri ancora del tutto irrilevanti, come il fatto che la minore non apparteneva biologicamente alla sua famiglia , non ha adeguatamente valutato la possibilità per la nonna di continuare a rivestire un ruolo significativo nella vita della nipote e nell'interesse di quest'ultima, mediante un approfondimento della peculiare situazione concreta della nonna, che anche se non in grado di accudirla pienamente, non aveva inteso, né intendeva abbandonare del tutto la minore. La motivazione, sul punto, è parecchio contraddittoria in ordine alle ragioni sul non consentito riavvicinamento della nonna alla nipote e, per quanto detto sopra, a tratti illogica e, dunque, al di sotto del minimo costituzionale che rende la anomalia della motivazione rilevante come violazione di legge, in relazione all' articolo 132 c.p.c. , numero 4 Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, nnumero 8053 e 8054 Cass. Sez. U., 21 febbraio 2017, numero 17619 . La Corte di merito si è limitata, al riguardo, ad un apprezzamento negativo della personalità della nonna della bambina, asseritamente desunta dagli elementi acquisiti in atti, senza fare alcun concreto riferimento al reale contenuto degli stessi, e, soprattutto, senza spiegare in alcun modo gli elementi che in concreto potessero incidere negativamente sul processo di evoluzione fisica ed intellettuale della minore, impedendone una crescita serena ed un accudimento adeguato. Alla luce delle suesposte argomentazioni, risulta radicalmente carente di motivazione la decisione impugnata, con la quale la Corte d'appello di Milano, ha confermato la dichiarazione dello stato di adottabilità di O.I., già assunta dal Tribunale per i minorenni di Milano, senza preoccuparsi affatto - in una situazione nella quale alla assenza di entrambi i genitori, ben poteva far fronte, proprio a tutela della esigenza della minore di non perdere definitivamente il contatto con la famiglia di origine ed il calore che questa era in grado di offrirgli, la nonna materna - di chiarire le obiettive ragioni, anche con l'ascolto diretto della bambina al fine di dare spazio alla partecipazione attiva della minore al procedimento che la riguarda, che, a suo avviso, rendevano configurabile, in atto, quella situazione di abbandono della minore per mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi , cui la L. numero 184 del 1983, articolo 8 subordina la dichiarazione dello stato di adottabilità. Tale motivazione appare tanto più necessaria, quanto più l'età del minore, come nel caso in esame, si approssima a quella dei OMISSIS , oltre la quale subentra l'obbligo legale dell'ascolto. E ciò in considerazione altresì della circostanza che la nonna della piccola risultava già affidataria e, pertanto, evidentemente ben in grado di seguire il percorso formativo della nipote, come aveva già fatto, in verità per i primi anni di vita della nipote, ai fini del sereno sviluppo della personalità della minore stessa nel contesto della sua famiglia naturale. Ne' può sottacersi, avuto riguardo alla circostanza del precedente affidamento della piccola alla nonna materna, dal momento della nascita OMISSIS fino al OMISSIS , a presenza, nella specie, di quei significativi rapporti - accompagnati dalle relazioni psicologiche ed affettive che normalmente caratterizzano un così stretto legame di parentela - della nipote con la nonna stessa, quale figura sostitutiva della madre, che costituiscono il presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono, e, quindi, la dichiarazione di adottabilità. E', per converso, proprio in situazioni di tal fatta, ove si ritenga esistente una situazione di semiabbandono del minore, ovvero si addivenga ad un giudizio di inidoneità del familiare deputato a prendersi cura del minore, che è finalizzata la cosiddetta adozione mite , che è stata pure richiamata dalla T. e che presuppone il diverso procedimento di cui alla L. numero 184 del 1983, articolo 44, lett. d . 13. Il quarto e quinto motivo, peraltro sollevati dalla T. in via subordinata e nell'ipotesi di rigetto dei precedenti motivi, vanno ritenuti assorbiti. 14. Conclusivamente, va accolto il ricorso proposto dall'Avv. A.G.S., nella qualità, e il primo, secondo e terzo motivo del ricorso proposto da T.E., assorbiti il quarto e il quinto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che dovrà procedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e il primo, secondo e terzo motivo del ricorso incidentale, assorbiti il quarto e il quinto cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Dispone, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196, articolo 5 2.