Pena pecuniaria e divieto di reformatio in peius: chiarimenti dalla Corte

Non viola il divieto di reformatio in peius previsto dall’articolo 597 c.p. il giudice della impugnazione che, quando cambia la struttura del reato continuato, apporti per uno dei fatti unificati dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, anche non irrogando una pena complessivamente maggiore.  

Reato continuato e determinazione della pena. Il ricorrente richiede l'annullamento della sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, lo aveva assolto dal reato di ricettazione e, in relazione al reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, rideterminato la pena. In particolare, egli sostiene violazione di legge per reformatio in peius della sentenza di primo grado relativamente alla pena pecuniaria.   Violazione del divieto di reformatio in peius non sempre è così. Il ricorso è infondato, poiché non viola il divieto di reformatio in peius previsto dall'articolo 597 c.p. il giudice della impugnazione che, quando cambia la struttura del reato continuato, apporti per uno dei fatti unificati dall'identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, anche non irrogando una pena complessivamente maggiore. Ed ancora, con riferimento all'indicazione della pena pecuniaria, non può ritenersi riscontrabile la reformatio in peius per essere stata la pena base indicata in misura superiore a quella fissata dal primo giudice con riferimento ad altro reato, «tenuto conto dell'autonomia di ciascuna fattispecie e dalla impossibilità di operare un confronto tra le forbici edittali delle due fattispecie». Da un lato, infatti la pena detentiva, insieme a quella pecuniaria, in relazione alla ipotesi di cui all'articolo 73, d.p.r. numero 309/1990, risulta essere stata notevolmente diminuita rispetto alla pena base fissata in primo grado di giudizio per il reato di ricettazione e dall'altro, in relazione al trattamento sanzionatorio la pena pecuniaria minima è di molto superiore a quella prevista per il reato di ricettazione.

Presidente Di Salvo – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. Z.M. ricorre per la cassazione della sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva assolto il ricorrente dal reato di ricettazione e, in relazione al reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente qualificato ai sensi del D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 73, comma 5, aveva rideterminato la pena in un anno di reclusione ed Euro mille di multa. Assume il ricorrente violazione di legge per reformatio in pejus della sentenza di primo grado relativamente alla pena pecuniaria la quale, indicata in Euro 1.200 dal giudice di prima cure in relazione al reato di ricettazione aumentata ad Euro 1.500 per il reato satellite, concernente gli stupefacenti, era stata poi determinata in Euro 1.500 in relazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente da parte del giudice di appello, in quanto si era realizzato in tale modo un risultato peggiorativo, in relazione ai singoli componenti del calcolo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Non viola il divieto di reformatio in pejus previsto dall'articolo 597 c.p. il giudice della impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato come avviene se la reiudicanda satellite diventi quella più grave o cambi la qualificazione giuridica di quest'ultima , apporti per uno dei fatti unificati dalla identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pure non irrogando una pena complessivamente maggiore sez. 1, 10.4.2019, Jerevija Nikoll, Rv. 276196 . Parimenti nella fattispecie che ci occupa, una volta sciolto il vincolo della continuazione in ragione della pronuncia assolutoria rispetto ad uno dei reati e dovendo il giudice rideterminare la pena in relazione a quello che, nella struttura del reato continuato, era un reato satellite, il giudice ha libertà di muoversi all'interno della forbice edittale di detto reato, con il limite dell'obbligo dell'applicazione di una pena inferiore complessivamente a quella fissata dal primo giudice nel reato continuato. In particolare in relazione alla indicazione della pena pecuniaria, non può ritenersi riscontrabile la reformatio in pejus per essere stata la pena base indicata in misura superiore a quella fissata dal giudice di primo grado con riferimento ad altro reato, tenuto conto dell'autonomia di ciascuna fattispecie e dalla impossibilità di operare un confronto tra le forbici edittali delle due fattispecie. 2. Da un lato, infatti la pena detentiva, associata a quella pecuniaria, in relazione alla ipotesi di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73 risulta essere stata notevolmente diminuita rispetto alla pena base fissata in primo grado per il reato di ricettazione così da potersi riconoscere una pena complessiva decisamente inferiore e dall'altra, in relazione al trattamento sanzionatorio previsto dal D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 73, comma 5, la pena pecuniaria minima Euro 1.032 è di molto superiore a quella prevista per il reato di ricettazione Euro 516 e pertanto anche sotto questo profilo il giudice di appello risulta essersi adeguato alla diversa forbice edittale prevista per il reato residuato dallo scioglimento del vincolo della continuazione, in relazione al quale è intervenuta pronuncia assolutoria. In ogni caso il risultato finale non è superiore a quello indicato dal primo giudice neppure in relazione alla pena pecuniaria. 3. Il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.