Liquidazione dei compensi dell'avvocato, accordo tra le parti e attendibilità della prova testimoniale

Qualora, in primo grado, la prova venga ammessa oltre i limiti sanciti dall’articolo 2721 c.c., essa deve ritenersi acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l’inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, oramai sanata, possa essere eccepita per la prima volta in appello o nel giudizio di legittimità.

L'accordo tra le parti. L'avvocato S. chiedeva la liquidazione, in suo favore, dei compensi relativi alle prestazioni professionali svolte nell'interesse del suo cliente M. G. nel procedimento contro il Comune di Tremestieri Etneo. M.G. sosteneva, invece, di aver concordato con il ricorrente il compenso in misura inferiore e di averlo già saldato, invocando la restituzione di 387,86 euro e la condanna dell'avvocato alla fatturazione degli importi precedentemente corrisposti. Il Tribunale di Catania condannava M.G. al pagamento in favore dell'avvocato S. di ben 10.961,56 euro, rilevando la mancata prova della sussistenza di un preteso accordo tra le parti alla preventiva quantificazione dei compensi. La Corte d'Appello catanese diminuiva, successivamente, tale somma a 6.508,38 euro. L'attendibilità della prova testimoniale. L'avvocato S., con ricorso incidentale, deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 2721,2724 e 2726 c.c. e dei principi in tema di ammissione delle prove, sottolineando che la sentenza impugnata sarebbe illegittima nella parte in cui «aveva ritenuto di ammettere le prove testimoniali richieste da M.G. in merito al pagamento dei compensi professionali a lui dovuti». Egli inoltre si lamenta dell'omesso esame di fatti decisivi inerenti la valutazione dell'attendibilità dei testimoni escussi in giudizio. I motivi di doglianza sono infondati. La Corte di Cassazione ha, infatti, affermato, in tema di prova testimoniale, che «i limiti di valore, sanciti dall'articolo 2721 c.c., non attengono all'ordine pubblico, ma sono dettati nell'esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che, qualora, in primo grado, la prova venga ammessa oltre i limiti predetti, essa deve ritenersi acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l'inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, oramai sanata, possa essere eccepita per la prima volta in appello neppure dalla parte che sia rimasta contumace nel giudizio di primo grado o, a maggior ragione, nel giudizio di legittimità» Cass. civ. numero 3959/2012 e numero 3956/2018 . Per ciò che attiene l'attendibilità die testimoni escussi in giudizio, la Corte di Cassazione ha evidenziato che «l'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificatamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata» Cass. civ. numero 16056/2016 e numero 19011/2017 . Per tutti questi motivi, la S.C. respinge il ricorso e compensa integralmente le spese processuali.

Presidente Orilia – Relatore Carrato Ritenuto in fatto 1. Con ricorso proposto ai sensi della L. numero 794 del 1942, articolo 30, depositato l'8 marzo 2006, l'Avv. S.A. chiedeva che venissero liquidati in suo favore e nei confronti di M.G. i compensi relativi alle prestazioni professionali svolte nell'interesse dello stesso nel procedimento civile instaurato contro il Comune di Tremestieri Etneo, definito in primo grado con sentenza del 24 aprile 2004. Si costituiva il giudizio il M. , il quale instava per il rigetto del ricorso sul presupposto che aveva concordato con il ricorrente il compenso in una misura inferiore e già interamente saldato, invocando, in via riconvenzionale, la restituzione della somma di Euro 387,86 e la condanna dell'Avv. S. alla fatturazione degli importi già precedentemente corrisposti di Euro 4.000,00 e, poi, di Euro 2.000,00. L'adito Tribunale di Catania, preso atto dell'oggetto della controversia così come ampliato anche con la domanda riconvenzionale appena richiamata, disponeva il mutamento dal rito da camerale in ordinario, al cui esito, con sentenza del 20 gennaio 2009, condannava il M. , per il titolo dedotto in giudizio dal ricorrente, al pagamento in favore di quest'ultimo della somma di Euro 10.961,56 comprensiva di tutti gli accessori di legge , dalla quale detrarsi l'importo di Euro 387,36, versato quale acconto, oltre che alla rifusione delle spese giudiziali. 2. Interposto appello da parte del M. e nella costituzione dell'appellato il quale chiedeva la condanna dell'appellante alla corresponsione degli interessi legali maturati e maturandi dal 27 gennaio 2006 al soddisfo , la Corte di appello di Catania, con sentenza numero 781/2016 pubblicata l'11 maggio 2016 , in parziale riforma dell'impugnata decisione, condannava l'appellante M. al pagamento, in favore dell'appellato, della minor somma di Euro 6.508,38, oltre accessori di legge, compensando integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. A fondamento dell'adottata pronuncia la Corte catanese, previa condivisione della valutazione del primo giudice sulla mancata prova relativa alla sussistenza di un preteso accordo tra le parti relativo alla preventiva quantificazione dei compensi e considerata ammissibile - con la sua conseguente assunzione - la prova orale dedotta dall'appellante con riferimento al riscontro delle circostanze riguardanti il versamento di ulteriori acconti riguardanti lo svolgimento della prestazione professionale dedotta in causa, che risultavano provati per l'importo di Euro 4.065,82, rideterminava la somma dovuta all'Avv. S. nella predetta misura di Euro 6.508,38. 3. Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, M.G. , resistito con controricorso - contenente ricorso incidentale riferito a tre motivi - dall'intimato Avv. S.A. . Il difensore del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c Considerato in diritto RICORSO PRINCIPALE. 1. Con il primo motivo il ricorrente principale ha denunciato la violazione e falsa applicazione della L. numero 794 del 1942, articolo 28 e 29, prospettando l'erroneità dell'impugnata sentenza nella parte in cui aveva ritenuto tardivo il rilievo in ordine all'inammissibilità della conversione del rito disposta per effetto del ravvisato ampliamento del thema decidendum in conseguenza delle difese operate dallo stesso in sede di costituzione nel procedimento camerale. 2. Con la seconda sua doglianza il ricorrente principale ha dedotto - in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4 - la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. e dei principi generali in tema di onere della prova, la violazione dei principi di cui al D.M. 8 aprile 2004, nonché la violazione degli articolo 115-116 c.p.c. e dell'articolo 2727 c.c., unitamente all'omesso esame di documenti relativi ai fini del giudizio siccome riguardanti fatti decisivi per la sua definizione. Nello specifico, con questa censura, la difesa del M. ha inteso contestare la legittimità della sentenza oggetto di ricorso nella parte in cui non aveva ritenuto provato il mancato accordo raggiunto in ordine agli onorari anche in senso riduttivo rispetto alle tariffe legali ratione temporis applicabili da corrispondersi all'Avv. S. per la sua difesa e rappresentanza nel giudizio intentato contro il Comune di Tremestieri Etneo, avendo escluso al riguardo l'ammissibilità di alcuni rilevanti capitoli della prova testimoniale articolata al riguardo, dovendosi considerare altrettanto errata la valutazione del giudice di appello circa la ritenuta inesistenza di una specifica contestazione in ordine alle somme pretese dal legale, sul presupposto che la pretesa creditoria fosse già estinta. Ha, infine, dedotto l'incongruità della somma liquidata anche con riferimento alla ricomprensione in essa dell'importo di Euro 175,61, a titolo di spese vive oltretutto non documentate , che erano state invero sostenute dal precedente avvocato che lo rappresentava. RICORSO INCIDENTALE. 1. Con il primo motivo del suo ricorso incidentale l'Avv. S.A. ha prospettato - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2721,2724 e 2726 c.c. e dei principi in tema di ammissione delle prove, sostenendo che l'impugnata sentenza avrebbe dovuto considerarsi illegittima nella parte in cui aveva ritenuto di ammettere le prove testimoniali richieste dal M. in merito al pagamento dei compensi professionali a lui dovuti. 2. Con la seconda censura del ricorso incidentale è stato testualmente dedotto l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione all'articolo 116 c.p.c. e articolo 360 c.p.c., numero 5, in riferimento alla valutazione dell'attendibilità dei testimoni escussi in giudizio. 3. Con la terza ed ultima doglianza del ricorso incidentale l'Avv. S. ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, deducendo l'illegittimità dell'impugnata sentenza con cui era stata disposta l'integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio, pur non potendosene ritenere sussistenti i presupposti. Esame dei motivi del ricorso principale. 1. Il primo motivo di detto ricorso è inammissibile perché con esso non risulta censurata la ratio dell'impugnata sentenza sulla ravvisata novità della domanda, essendo necessario spiegare perché il motivo avrebbe dovuto ritenersi tempestivo, ma tale onere non è stato assolto dal M. . In ogni caso il motivo è da considerarsi inammissibile anche per difetto di interesse perché la prospettata dichiarazione della tardività del rilievo in ordine all'inammissibilità del rito non ha arrecato non essendo stato dimostrato nulla a tal proposito alcun concreto pregiudizio alle difese del M. , il cui diritto di difesa anzi era maggiormente garantito con lo svolgimento del giudizio secondo il rito ordinario di cognizione. Costituisce, infatti, principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte cfr., tra le tante, Cass. numero 26831/2014, Cass. numero 23638/2016 e, da ultimo, Cass. numero 26419/2020 che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito. 2. Il secondo motivo articolato dalla difesa del ricorrente principale è altrettanto inammissibile perché investe valutazioni di merito della Corte di appello sull'ammissibilità e rilevanza di alcune circostanze, capitolate con la prova testimoniale, che risultano adeguatamente giustificate nella motivazione dell'impugnata sentenza, siccome riferite - quanto all'asserito accordo preventivo sulla misura del compenso professionale da pagare, anche al di sotto dei limiti minimi stabiliti dalle tariffe professionali - a missive intercorse tra il professionista e terzi considerate prive di qualsiasi valenza probatoria, senza l'allegazione di alcun altro idoneo riscontro. È, infatti, incontroverso, sul piano generale, che è inammissibile in sede di legittimità rivalutare i capitoli di prova orale sui quali il giudice di merito ha espresso il proprio giudizio di rilevanza ed ammissibilità donde la non configurabilità del vizio di omessa motivazione, anche alla stregua dell'articolo 360 c.p.c., nuovo numero 5, come introdotto con del D.L. numero 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lett. b , conv., con modif., dalla L. numero 134 del 2012, così come interpretato dalle Sezioni unite con le sentenze nnumero 8053 e 8054 del 2014 , avendo, peraltro, la Corte catanese ritenuto, invece, ammissibile la prova per testi sul precedente versamento degli acconti in favore dell'avv. S. , che ha portato alla riduzione dei compensi a lui dovuti, come poi deciso con la sentenza qui impugnata. Del resto, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una eventuale erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione v. Cass. numero 27000/2016 e Cass. numero 1229/2019 . Esame dei motivi del ricorso incidentale. 1. Il primo motivo di questo ricorso è infondato e va respinto. Osserva, infatti, il collegio che correttamente la Corte di appello ha ritenuto ammissibile la prova orale in appello v. pag. 5 della motivazione ritenendo ricorrente la deroga prevista dal comma 2 dell'articolo 2721 c.c. e, quindi, l'ammissibilità del superamento dei divieto stabilito dal comma 1 della stessa norma , avuto riguardo alla natura della causa e alle circostanze oggetto della deduzione della prova testimoniale. In ogni caso, l'avv. S. non ha dedotto e dimostrato di essersi tempestivamente attivato per far valere l'eventuale inammissibilità con riferimento all'assunto superamento illegittimo del limite di valore di cui al comma 1 di detto articolo. A tal proposito occorre rilevare che la giurisprudenza di questa Corte cfr., tra le tante, Cass. numero 3959/2012 e numero 3956/2018 è univoca nel ritenere che, in tema di prova testimoniale, i limiti di valore, sanciti dall'articolo 2721 c.c., non attengono all'ordine pubblico, ma sono dettati nell'esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che, qualora, in primo grado, la prova venga ammessa oltre i limiti predetti, essa deve ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l'inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, oramai sanata, possa essere eccepita per la prima volta in appello neppure dalla parte che sia rimasta contumace nel giudizio di primo grado o, a maggior ragione, nel giudizio di legittimità. 2. La seconda censura del ricorrente incidentale è chiaramente inammissibile per le stesse ragioni di cui al secondo motivo del ricorso principale, non potendosi ritenere deducibile in sede di legittimità la contestazione sulla valutazione di attendibilità dei testi, in relazione alla quale il giudice di merito abbia espresso motivatamente il proprio convincimento come verificatosi nel caso di specie . È, inoltre, indiscutibile che l'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata v., ad es., Cass. numero 16056/2016 e Cass. numero 19011/2017 . Così è altrettanto pacifico che con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità. 3. Il terzo ed ultimo motivo del ricorso incidentale è privo di fondamento avendo la Corte di appello legittimamente disposto la compensazione totale delle spese dei due gradi di merito, motivando adeguatamente in proposito sulla base dell'esito complessivo del giudizio valorizzando la parziale soccombenza dell'appellato in secondo grado e tenendo conto anche della sensibile riduzione del residuo credito dello stesso . Conclusioni. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, entrambi i ricorsi vanno respinti, con conseguente compensazione integrale delle spese - in ragione della reciproca soccombenza delle parti - del presente giudizio di legittimità. Infine, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambe le parti ricorrenti principale ed incidentale , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambe le parti ricorrenti principale ed incidentale , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.