Ai sensi dell’articolo 15, d.lgs. numero 150/2011, il giudice ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione “può” contenuta in tale norma da intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita”, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova.
Il Tribunale di Bologna respingeva l'opposizione proposta da un avvocato avverso il decreto di liquidazione di vari compensi professionali in regime di patrocinio a spese dello Stato, sottolineando la mancata allegazione delle richieste di autorizzazione e la non riconducibilità di quest'ultime ad una attività difensiva qualificabile come tale. L'avvocato ricorre in Cassazione, denunciando, tra i vari motivi, la violazione e la falsa applicazione degli articolo 83 d.P.R. numero 115/2002 e 15, comma 5, d.lgs. numero 150/2011, poiché il Tribunale non avrebbe provveduto alla liquidazione, potendo comunque reperire la documentazione mancante nel fascicolo del procedimento. Il ricorso è fondato. La Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che, in tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso al CTU «il giudice di cui all'articolo 15 d.lgs. numero 150/2011 ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione “può” contenuta in tale norma da intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita”, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova» Cass. civ. numero 2206/2020, numero 19690/2015, numero 365/2017, numero 4194/2017 . Il Collegio, volendo dare continuità alla luce dei suddetti principi, accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato, rinviandolo al Tribunale di Bologna in persona di diverso magistrato.
Presidente Di Virgilio – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1 Il Tribunale di Bologna con ordinanza 26.5.2017 ha respinto l'opposizione proposta dall'avvocato M.J. avverso il decreto di liquidazione di compensi professionali in regime di patrocinio a spese dello Stato si discuteva in particolare del diniego di liquidazione delle voci relative ad istanze di autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio, avanzate dal legale per conto di un cliente sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con divieto di allontanamento dal Comune di dimora . Il Tribunale ha motivato il suo provvedimento sotto un duplice profilo mancata allegazione delle richieste di autorizzazione non riconducibilità delle richieste ad una attività difensiva qualificabile come tale. 2 Contro tale decisione l'avvocato M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Nessuna difesa ha svolto il Ministero della Giustizia. Il ricorso è stato avviato alla sezione sesta sottosezione seconda per la definizione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c In prossimità dell'adunanza camerale il ricorrente ha depositato una memoria. Con ordinanza interlocutoria numero 3683/2019 il procedimento è stato rinviato alla pubblica udienza. Il Procuratore Generale ha fatto pervenire conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1 Con il primo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 83 e D.Lgs. numero 150 del 2011, articolo 15, comma 5 per avere il Tribunale condiviso la decisione di rigetto della liquidazione per mancata allegazione della documentazione relativa all'istanza. Ad avviso del ricorrente il magistrato doveva provvedere alla liquidazione anche in assenza di allegazione ben potendo reperire la documentazione nel fascicolo del procedimento che si trovava nella sua disponibilità la liquidazione è infatti disposta per legge dal magistrato che procede o in alternativa poteva invitare il difensore a depositarne copia perché il D.Lgs. numero 150 del 2011, articolo 15, comma 5 deve ritenersi applicabile non solo al procedimento di opposizione ma anche a quello di liquidazione in virtù della sentenza della Corte Costituzionale numero 106/2016. Rileva che in ogni caso il giudizio di opposizione non soffre le limitazioni probatorie proprie dell'appello e quindi il giudice dell'opposizione aveva il potere - dovere di acquisire gli atti e i documenti necessari. Il motivo è fondato. Ed invero, pur dovendosi ribadire che cfr. Cass. numero 1470/2018 il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso all'ausiliario del magistrato, nel regime introdotto dall'articolo 170 del D.P.R. numero 115 del 2002 - come già nella vigenza della L. numero 319 del 1980 -, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell'istante - con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all'articolo 112 c.p.c. - e di regolare le spese secondo il principio della soccombenza, il procedimento previsto dal legislatore non consente una rigida applicazione del principio dell'onere della prova. È stato, infatti, reiteratamente affermato da questa Corte che in tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso al CTU, il giudice di cui al D.Lgs. numero 150 del 2011, articolo 15 ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione può contenuta in tale norma da intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere causa cognita , senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova tra le varie, Sez. 2 -, Sentenza numero 2206 del 30/01/2020 Rv. 656859 Sez. 6 - 2, Ordinanza numero 19690 del 02/10/2015 Rv. 636535 Sez. 6 - 2, Ordinanza numero 365 del 2017 Sez. 2 -, Ordinanza numero 4194 del 16/02/2017 Rv. 643047 . Alla luce di tali principi, ai quali il Collegio intende assicurare continuità, si palesa evidentemente erronea la soluzione del giudice di merito il quale ha ritenuto corretto il diniego di liquidazione delle voci inerenti la redazione delle richieste - per conto del cliente sorvegliato speciale - di autorizzazione ad allontanarsi dal Comune solo perché non risultavano allegate le relative richieste, ben potendo il giudice procedere autonomamente al reperimento delle istanze contenute nel fascicolo del procedimento di cui aveva senz'altro la disponibilità, così verificando sia l'an che il quantum oppure in subordine poteva richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, non potendo quindi arrestare la propria valutazione al mero e formalistico riscontro dell'assenza in atti delle richieste di autorizzazione. 2 Col secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 75,80 e 82 anche in relazione all'allora vigente articolo 4 originario comma 3 e successive modifiche come integrato dal Corte Cost. numero 76/1970 e all'allora vigente L. numero 1423 del 1956, articolo 7 bis, comma 1 ora articolo 12 Codice antimafia . Attraverso una articolata censura corredata da richiami alla giurisprudenza costituzionale, parallelismi col procedimento davanti al giudice di pace e analisi procedimento di cui alla L. numero 1423 del 1956, articolo 7 bis ora articolo 12 codice antimafia , il ricorrente si duole dell'affermazione secondo cui le richieste di allontanamento dal domicilio, potendo essere redatte e presentate anche personalmente dall'interessato, non sono riconducibili ad una attività difensiva. Anche tale motivo è fondato. Il Tribunale di Bologna ha ritenuto liquidabili i compensi per l'attività del difensore ammesso al Patrocinio a spese dello Stato nel procedimento giurisdizionale inerente alla sorveglianza speciale v. pag. 1 ordinanza impugnata terzultimo capoverso . Il compito della Corte si riduce quindi a verificare la correttezza giuridica dell'argomentazione a base della seconda ratio decidendi non riconducibilità delle richieste ad una attività difensiva ben potendo essere redatte e presentate direttamente dal soggetto interessato . Tale ragionamento non è condivisibile perché contrasta sia col dato normativo che con la costante giurisprudenza di legittimità in tema di estensione della disciplina del patrocinio a spese dello Stato anche ai procedimenti in cui l'assistenza tecnica del difensore non è prevista dalla legge come obbligatoria e, in definitiva con i principi costituzionali in tema di diritto di difesa. Dispone il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 75, comma 2 che La disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché' nei processi relativi all'applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico . Come si vede l'intenzione del legislatore è orientata nel senso dell'estensione della disciplina del Patrocinio a spese dello Stato. Nel caso di specie è pacifico che le istanze di autorizzazione furono avanzate dall'avvocato M. nell'ambito di un procedimento di sorveglianza speciale ed è indiscutibile che il cliente interessato aveva il diritto di rivolgersi ad un professionista per il compimento di tali attività che poteva compiere anche personalmente. Del resto, in materia civile si è osservato che il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 74 e 75 che dettano le disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato, assicurano la difesa alle persone non abbienti non solo nel processo civile , ma anche negli affari di volontaria giurisdizione , sempre che l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore , non solo quindi, con riferimento a questi ultimi, nel caso in cui la presenza del difensore sia imposta dal tipo di procedimento, ma anche nei casi in cui essa dipenda dalla scelta dell'interessato, sul presupposto, di tutta evidenza, che anche nei procedimenti in cui tale assistenza non è dichiarata obbligatoria dalla legge l'interessato può comunque farsi assistere da un avvocato. Si è anche precisato che la conclusione accolta, oltre a discendere dalla lettera della legge, appare altresì perfettamente coerente con la finalità stessa dell'istituto del patrocinio a spese dello Stato, che, in adempimento del disposto di cui all'articolo 24 Cost., comma 3, è volto ad assicurare alle persone non abbienti l'accesso alla tutela offerta dalla giurisdizione in modo pieno e consapevole ed in posizione di parità con quanti dispongono dei mezzi necessari. Posizione di parità che si sostanzia, nel caso in cui la parte possa stare in giudizio personalmente, anche nell'esercizio della facoltà di avvalersi della consulenza ed assistenza tecnica di un avvocato al fine di tutelare nel modo ritenuto più adeguato i propri interessi e diritti Sez. 2, Sentenza numero 15175 del 04/06/2019 Rv. 654330 Sez. 2 -, Sentenza numero 30069 del 14/12/2017 Rv. 646605 Sez. 6, Ord. numero 11858 del 2020 . Questi principi di carattere generale sul concreto esercizio del diritto di difesa sono senz'altro validi anche in tema di sorveglianza speciale, istituto procedimentalizzato da specifiche norme di legge cfr. L. numero 1423 del 1956, articolo 7 bis Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità confluito poi con modificazioni nel D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, articolo 12 Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma della L. 13 agosto 2010, numero 136, articolo 1 e 2 . Nel caso in esame il giudice di merito ha ritenuto invece v. pag. 1 che le richieste in questione, potendo anche essere redatte e presentate direttamente dall'interessato, non sono riconducibili ad una attività difensiva, ed in tal modo si è discostato dai principi esposti attraverso un'argomentazione non solo errata in diritto ma anche gravemente incoerente perché altrimenti - come osservato dal ricorrente ma anche dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni - dovrebbe ritenersi che anche la redazione di richiesta di riesame o dell'appello da parte del difensore nel processo penale attività consentite anche all'imputato personalmente dal codice di procedura penale perderebbe la connotazione di attività difensiva. La violazione di legge è palese e comporta la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Bologna in persona di diverso magistrato che riesaminerà l'opposizione sulla scorta del principio esposto, provvedendo all'esito anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Bologna in persona di diverso magistrato.