Utilizzabilità delle intercettazioni disposte per un procedimento diverso: la Corte ribadisce i principi delle S.U. Cavallo

In tema di intercettazioni, il divieto di cui all’articolo 270 c.p.p. di utilizzazione  dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per cui sia previsto l’arresto in flagranza – non opera con riferimento ai reati connessi ex articolo 12 c.p.p. e a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’articolo 266 c.p.p.

La vicenda cautelare. La vicenda trae origine da un'ordinanza cautelare con la quale il Tribunale del riesame aveva confermato la misura degli arresti domiciliari nei confronti del ricorrente, indagato per il delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di riciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti e intestazione fittizia di beni, aggravata dalla finalità di agevolazione di un'associazione mafiosa di cui all'articolo 416 bis 1 c.p. Censure difensive inutilizzabilità delle intercettazioni disposte per un procedimento diverso. La difesa eccepisce in cassazione l'inutilizzabilità delle intercettazioni eseguite in diverso procedimento, sulla base delle quali erano stati fondati i gravi indizi di colpevolezza. Nella specie, la gravità indiziaria era stata desunta dal contenuto di intercettazioni eseguite nei confronti del coindagato del ricorrente e in relazione al reato di associazione di stampo mafioso di cui all'articolo 416-bis c.p. Il ricorrente, invece, rispondeva esclusivamente del reato di associazione per delinquere di cui all'articolo 416 c.p. e gli unici elementi indiziari a suo carico erano costituiti dalle intercettazioni disposte in relazione ad un differente titolo di reato, e quindi in procedimento diverso, sicché, secondo la prospettiva difensiva, erano da dichiarare inutilizzabili in relazione alla posizione del ricorrente. Al riguardo, difatti, il Tribunale del riesame avrebbe disatteso i principi espressi dalle Sezioni Unite Cavallo, secondo cui la nozione di “diverso procedimento” ex articolo 270 c.p.p. va intesa alla stregua di diverso fatto di reato, che non deve essere connesso ex articolo 12 c.p.p. a quelli per i quali l'intercettazione è stata autorizzata. In definitiva, l'intercettazione autorizzata in un diverso procedimento è utilizzabile solo quando il differente reato risulti connesso a norma dell'articolo 12 c.p.p. o qualora rientri tra quelli per i quali è previsto l'arresto in flagranza, sempre che il limite di pena rispetti i requisiti richiesti per le intercettazioni ex articolo 266 c.p.p. S.U. Cavallo e divieto ex articolo 270 c.p.p. Secondo la suprema Corte il ricorso è fondato. I criteri di riferimento per l'utilizzabilità delle intercettazioni sono stati sanciti di recente dalle S.U. Cavallo, le quali hanno stabilito che il divieto di cui all'articolo 270 c.p.p. di utilizzazione  dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per cui sia previsto l'arresto in flagranza – non opera con riferimento ai reati connessi ex articolo 12 c.p.p. e a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 c.p.p. In altri termini, solo la connessione sostanziale tra i due reati fonda la categoria di “stesso procedimento” idonea a paralizzare l'operatività dell'articolo 270 c.p.p. mentre non è sufficiente un nesso di natura formale o occasionale quale quello derivante dal collegamento probatorio delle indagini ex articolo 371 c.p.p. Nella specie, invece, per l'articolo 416 c.p. non è previsto l'arresto in flagranza né ricorre alcune delle ipotesi di connessione ex articolo 12 c.p.p. rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. Inoltre, il limite di pena previsto per il partecipe all'associazione per delinquere è inferiore a quello per il quale l'articolo 266 c.p.p. consente l'esecuzione delle intercettazioni.

Presidente Sabeone – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa il 23/02/2021 il Tribunale della libertà di Catanzaro ha rigettato l'istanza di riesame proposta da L.G. avverso l'ordinanza del Gip del Tribunale di Catanzaro, emessa il 13/01/2021, che aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato, contestato al capo 22 dell'imputazione provvisoria, di partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di riciclaggio, autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti e intestazione fittizia di beni, aggravata dalla finalità di agevolazione di un'associazione mafiosa di cui all'articolo 416 bis.1 c.p In particolare, secondo la ricostruzione dei fatti accertata, a livello di gravità indiziaria, G.A. risultava essere il promotore di tutta l'organizzazione dedita alla commissione di reati, ponendosi quale punto di unione tra il mondo dell'imprenditoria e il mondo mafioso ruoli di promotore risultavano rivestiti anche da L.A. e R.T. . Il sodalizio era finalizzato a riciclare denaro mediante l'emissione di fatture per operazioni inesistenti e l'intestazione fittizia di beni in particolare, il meccanismo era organizzato mediante costituzione di società, spesso “cartiere” - prive di dipendenti, beni aziendali e sedi effettive -, sovente intestate fittiziamente a c.d. ‘teste di legnò, anche di nazionalità straniera in particolare, dopo la perquisizione del maggio 2018, albanesi appositamente reclutati , mediante le quali venivano emesse fatture per operazioni inesistenti in tal modo si accumulava credito IVA, riempiendo riserve occulte di denaro si procedeva all'estinzione di debiti verso l'erario, mediante compensazione tra il debito e il falso credito IVA il totale complessivo del denaro veniva prelevato dai c.d. prelevatori - associati con tale specifico ruolo -, che effettuavano tali operazioni dividendole in varie tranches e adoperando diversi sportelli automatici, così dissimulando l'effettivo prelievo dell'intera somma in contanti la somma totale veniva poi consegnata agli organizzatori. Ciò posto, i sodali trattenevano una provvigione dell'11%, garantendo nel resto l'acquisizione di profitti illeciti alle ‘ndrine omissis . L.G. era il ragioniere personale di G.A. , nonché suo stretto collaboratore, conosceva il suo passato criminale e il suo attuale e concreto apporto alla criminalità organizzata metteva a disposizione la propria auto per effettuare i regali ai membri delle cosche ‘ndranghetistiche di riferimento del sodalizio, custodiva documentazione fiscale e non, inerente l'attività illecita dell'associazione per delinquere, forniva consigli al G. , lo coadiuvava garantendogli supporto, anche logistico - ad esempio, nell'accompagnare i prestanome albanesi presso l'Agenzia delle Entrate -, ed era a conoscenza dell'illegalità degli affari perpetrati dagli altri membri del sodalizio traeva personale vantaggio dalle attività del gruppo, risultando intestatario di società riconducibili a G.A. . L'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. è stata affermata sul rilievo che L. avesse piena contezza della caratura criminale del G. , dei suoi legami con la criminalità organizzata, del suo ruolo all'interno della stessa e degli scopi che la propria attività criminale di costituzione e gestione di società “cartiere”, di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di intestazione fittizia dei beni, era diretta a realizzare, ovvero garantire, oltre che i propri personali interessi di lucro, anche l'apporto di denaro alla bacinella ‘ndranghetista. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di L.G. , Avv. Vincenzo Galeota, che ha dedotto i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo ed il secondo motivo deduce la violazione di legge processuale e il vizio di motivazione in relazione alla eccepita inutilizzabilità delle intercettazioni eseguite in diverso procedimento. Sostiene al riguardo che la gravità indiziaria sia stata interamente desunta dal contenuto di intercettazioni eseguite con i RIT 1273/17 e 746/17, riguardanti l'utenza telefonica e il cellulare del coindagato G.A. in relazione al reato di cui all'articolo 416 bis c.p., oggetto di contestazione al capo 1 della rubrica. Il ricorrente risponde esclusivamente del reato di associazione per delinquere di cui all'articolo 416 c.p., contestato al capo 22, e gli unici elementi indiziari a suo carico sono costituiti dalle intercettazioni disposte con i due RIT in relazione ad un differente titolo di reato, e quindi in procedimento diverso, sicché erano da dichiarare inutilizzabili in relazione alla posizione di L. . Al riguardo, le Sezioni Unite “Cavallo” del 2019 e la sentenza numero 1757/2020 della 5 Sezione penale hanno affermato il principio secondo cui la nozione di procedimento è da intendere quale fatto-reato che deve essere considerato diverso per diversi procedimenti ex articolo 270 c.p.p., devono intendersi diversi reati che non siano connessi ex articolo 12 c.p.p., a quelli per i quali l'intercettazione è stata autorizzata solo la connessione sostanziale tra reati, rilevante ex articolo 12 c.p.p., fonda la categoria di stesso procedimento idoneo a paralizzare l'operatività dell'articolo 270. Nell'ipotesi di diverso procedimento-fatto reato, l'intercettazione autorizzata per un'ipotesi investigata potrà trovare utilizzazione esclusivamente allorquando il differente reato rientra tra quelli per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza o i due reati siano connessi ex articolo 12 c.p.p Nel caso in esame il reato per il quale è stato emesso decreto di intercettazione telefonica e telematica, l'articolo 416 bis c.p., è diverso rispetto a quello per il quale L. è stato iscritto nel registro degli indagati, l'articolo 416 c.p., trattandosi di due associazioni distinte, radicate in differente territorio, non composte dei medesimi partecipi e con un diverso programma delinquenziale. Per il reato di cui all'articolo 416 c.p., in relazione alla condotta partecipativa, non è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, nè ricorre alcuna delle ipotesi di connessione tra le contestazioni di cui ai capi 1 e 22 i due reati non sono stati commessi da più persone in concorso tra di loro, e L. non è indagato per il capo 1 non sussiste il concorso formale tra reati non ricorre il nesso finalistico tra i reati. Inoltre, il limite di pena previsto per il partecipe all'associazione è inferiore a quello per il quale l'articolo 266 c.p.p., consente l'esecuzione di intercettazioni, non potendo trovare applicazione la lettera F-quinquies che consente l'esecuzione delle intercettazioni per reati aggravati dall'articolo 416 bis.1 c.p., perché la previsione è stata introdotta con D.L. 30 dicembre 2019, numero 161, convertito in L. 28 febbraio 2020, numero 7, e si applica ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020. Tanto premesso, lamenta che l'ordinanza impugnata abbia rigettato l'eccezione di inutilizzabilità richiamando due pronunce di legittimità, precedenti alle Sezioni Unite “Cavallo”, secondo cui il concetto di diverso procedimento non equivale a quello di diverso reato, in tal senso determinando una violazione di legge processuale, per inosservanza del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite. Sotto altro profilo lamenta la motivazione apparente in ordine alle ragioni per le quale il Tribunale ha omesso di dare applicazione al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite “Cavallo”. 2.2. Con il terzo, il quarto e il quinto motivo deduce la violazione di legge processuale in relazione all'articolo 266 c.p.p., articolo 268 c.p.p., comma 3, e articolo 271 c.p.p., comma 1, l'inutilizzabilità delle intercettazioni, nonché il vizio di motivazione. L'articolo 268 c.p.p., comma 1, prescrive che sia redatto verbale delle operazioni registrate contenente la sintesi delle conversazioni intercettate, attività che deve essere compiuta dal PM o dall'ufficiale di p.g. a ciò delegato il verbale ha un contenuto predeterminato dall'articolo 89 disp. att. c.p.p. l'articolo 271 prevede l'inutilizzabilità nei casi di violazione dell'articolo 267, e articolo 268, commi 1 e 3. Dunque, non possono trovare utilizzazione le intercettazioni eseguite in difformità delle modalità autorizzative previste dall'articolo 267, quelle non documentate con verbale d'ascolto, e le captazioni eseguite in luogo diverso dalla Procura della Repubblica in assenza di preventiva autorizzazione che dia conto delle eccezionali ragioni di urgenza e della indisponibilità o insufficienza degli impianti. Con riferimento alle intercettazioni di cui ai RIT 746/17 e 1273/17 andava verificato quindi il rispetto delle prescrizioni in materia di redazione dei verbali di esecuzione, i c.d. brogliacci di ascolto, e quelle relative alla disposta modalità di esecuzione. Dai verbali di inizio di fine delle operazioni di intercettazione risulta che i servizi sono stati effettuati presso la Procura della Repubblica di Catanzaro a mezzo apparati forniti dalla ditta [ .] ed utilizzando una linea urbana con possibilità di ascolto remotizzato presso la sala intercettazioni della DIA di Catanzaro il decreto esecutivo e quello di inizio delle operazioni non contengono alcun dettaglio in merito agli apparati forniti dalla ditta [ .] utilizzati per le intercettazioni inoltre, dal verbale di fine ascolto risulta che gli estremi delle conversazioni sono stati annotati su apposito brogliaccio meccanizzato generato direttamente dal sistema di intercettazione MITO che non verrà stampato in quanto riversato direttamente nei supporti informatici contenenti anche gli impegni registrati. I supporti informatici debitamente repertati verranno consegnati agli addetti della segreteria della Procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro che ne cureranno la custodia non appena saranno masterizzati e consegnati dalla ditta [ .] spa di [ .] . Dunque, l'ufficiale di p.g., delegato all'esecuzione delle intercettazioni, ha certificato che il verbale di esecuzione, il brogliaccio di ascolto, è del tipo meccanizzato ed è stato generato direttamente dal sistema di intercettazione MITO. Analoghe deduzioni sono state formulate con riferimento al RIT 1273/17 in relazione al captatore informatico, e all'apposito brogliaccio meccanizzato generato direttamente dal sistema di intercettazione IVS Viewer. Risultava pertanto che erano stati utilizzati strumenti telematici - MITO e IVS Viewer, di proprietà della ditta [ .] - per la materiale formazione dei brogliacci di ascolto, con attività sostitutiva di quella di verbalizzazione che l'articolo 268 c.p.p., prevede sia eseguita dal PM o dagli ufficiali di p.g Non risulta tuttavia alcun provvedimento di nomina del personale della [ .] ad ufficiale di p.g., nè alcun documento idoneo a spiegare il funzionamento dei software utilizzati. Al riguardo, alla richiesta difensiva avente ad oggetto i contratti tra Procura della Repubblica e società [ .], rigettata dal PM, che riteneva ciò insuscettibile di divulgazione, trattandosi di atti di gara, faceva seguito la richiesta diretta a conoscere i documenti che consentivano di conoscere quali beni e servizi fossero stati resi disponibili all'autorità giudiziaria, con particolare riferimento ai programmi di elaborazione informatica MITO e IVS Viewer. Lamenta la violazione di legge nella parte in cui il Tribunale ha rigettato la richiesta difensiva, non avvedendosi della stretta correlazione del disposto degli articolo 309 e 268, comma 3, c.p.p. che attribuisce alla parte il diritto di conoscere la documentazione descrittiva delle concrete modalità di esecuzione delle intercettazioni. Con il quarto motivo, deduce il medesimo vizio sotto il profilo del vizio di motivazione. Con il quinto motivo deduce la violazione di legge processuale per l'omesso rilascio di copia degli atti indicati nei decreti di esecuzione, relativi ai servizi resi disponibili dalla società [ .] alla Procura, in quanto essenziali per l'apprendimento delle modalità di esecuzione delle intercettazioni. 2.3. Con il sesto motivo deduce la violazione di legge processuale e l'inutilizzabilità delle intercettazioni, in quanto i brogliacci relativi alle conversazioni coinvolgenti il L. si compongono di una stampa che non reca la sottoscrizione dell'ufficiale di p.g. che ha eseguito l'attività di intercettazione, in contrasto con l'articolo 137 c.p.p Sostiene al riguardo che non si può escludere che il brogliaccio sia stato generato direttamente dal sistema di intercettazione MITO, ovvero dal sistema IVS Viewer, e quindi non dagli ufficiali di p.g. delegati all'esecuzione delle operazioni, e che non è stata indicata la consegna da parte di [ .] al personale di Procura dei brogliacci formati con gli applicativi citati. Le operazioni di intercettazione sono state dunque eseguite in difformità da quanto indicato dall'articolo 268 c.p.p., comma 1, e ciò comporta l'inutilizzabilità ai sensi dell'articolo 271, comma 1. Erroneamente il Tribunale ha rigettato l'eccezione sostenendo che i verbali di inizio ascolto e di fine ascolto risultavano sottoscritti, in quanto il denunciato difetto di sottoscrizione riguardava i brogliacci, che documentano le modalità di esecuzione delle intercettazioni, indicando la sintesi dei colloqui registrati. 2.4. Con il settimo e l'ottavo motivo deduce la violazione di legge processuale e l'inutilizzabilità delle intercettazioni, nonché il vizio di motivazione, in relazione alla remotizzazione delle registrazioni. Sostiene al riguardo che il PM aveva disposto l'esecuzione delle intercettazioni con la modalità della remotizzazione, prevedendo dunque la registrazione dei dialoghi intercettati nei locali e quindi nel server della Procura della Repubblica ed il loro ascolto presso una sede della polizia giudiziaria. Le Sezioni Unite, con la sentenza del 2008, hanno affrontato il tema dell'esecuzione delle intercettazioni con modalità di remotizzazione distinguendo le diverse fasi di captazione, registrazione, ascolto e verbalizzazione. Mentre la captazione è per definizione effettuata presso l'operatore telefonico, quindi al di fuori degli uffici della procura, la registrazione, corrispondente alla memorizzazione dei dati captati, deve avvenire presso un server dislocato nella sede della Procura della Repubblica l'ascolto può avvenire nei locali della Procura o presso la sede decentrata che riceve le singole conversazioni dell'impianto in Procura, mentre è del tutto indifferente il luogo in cui avvengono le attività di documentazione e masterizzazione di supporti informatici. Nel caso di specie i verbali di cessazione dell'attività di intercettazione attestano che i supporti informatici contenenti le conversazioni captate non rappresentano la copia di quanto memorizzato presso il server di Procura o presso la sede decentrata di polizia giudiziaria, ma sono stati resi disponibili a seguito di masterizzazione e consegna da parte della [ .] di Milano dunque, all'esito di ciascuna delle due intercettazioni non può dirsi che le conversazioni captate fossero nella disponibilità della polizia giudiziaria o della Procura della Repubblica, in quanto erano consegnate dalla società privata. Inoltre, dai verbali risulta l'utilizzazione di una sola linea per ciascuno dei due RIT, circostanza incompatibile con l'esecuzione mediante remotizzazione che avrebbe dovuto coinvolgere contemporaneamente due linee telefoniche, una utilizzata per convogliare il segnale dall'operatore telefonico al server di Procura e l'altra per l'instradamento dei dati presso i locali di polizia giudiziaria, legata all'ascolto. In assenza della documentazione richiesta, deve ritenersi essersi trattato dell'esecuzione di intercettazioni in luogo differente dalla sede della Procura ed in assenza di decreto ex articolo 268 c.p.p., comma 3. Con l'ottavo motivo deduce, sotto altro profilo, il vizio di motivazione in relazione all'eccezione sollevata con cui si sosteneva che le modalità esecutive delle intercettazioni fossero differenti rispetto a quelle disposte dal PM con il proprio decreto in altri termini, il rilievo difensivo non riguardava la nomina, anche senza particolari formalità, di ausiliari tecnici, quanto la ben più consistente circostanza che le emergenze procedimentali offrivano contezza dell'esecuzione delle intercettazioni con modalità ed in luoghi differenti da quelli indicati del PM ed in assenza di qualsivoglia decreto di autorizzazione, in quanto l'esecuzione dell'intercettazione risulta in realtà eseguita da personale di [ .] ed in altro luogo rispetto alla Procura della Repubblica. 2.5. Con il nono motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Sostiene al riguardo che il contenuto delle intercettazioni non manifesta che il ricorrente avesse avuto percezione dell'esistenza di un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia fiscale e tributaria, per di più aggravata dalla circostanza di cui all'articolo 416 bis.1 c.p Il ricorrente, dipendente del coindagato G. e legato da rapporti certamente cordiali, non ha in alcun momento potuto avere consapevolezza della costituzione di un'associazione a delinquere alla quale non può aver partecipato, non avendo mai trattato temi rapportabili all'associazione con i restanti associati anche i residui colloqui intrattenuti con il G. manifestavano preoccupazioni e necessità personali del coindagato, inidonei a fondare l'ipotesi di una partecipazione associativa si è limitato a raccogliere alcune preoccupazioni del G. , ha segnalato che la società Nuova Universal aveva un portafoglio clienti ristretto che avrebbe potuto attirare l'attenzione degli organi finanziari preposti ai controlli, ha fornito indicazioni circa la possibilità di distruggere alcune fatture non ancora saldate, ma ciò dopo la perquisizione eseguita presso una società fornitrice e su disposizione del G. , ha manifestato la disponibilità a custodire i documenti del coindagato G. , che precisava trattarsi di agende e documenti personali, e non di documentazione fiscale o contabile rapportabile alle attività aziendali, avrebbe accompagnato cittadini stranieri presso l'Agenzia delle Entrate, ma con un'attività episodica infine, il G. ha proposto al ricorrente l'intestazione del 50% di una società nautica, per le difficoltà che avrebbe incontrato per la stipula di contratti di leasing. Nel richiamare tali elementi, ne contesta analiticamente la valenza indiziaria, fornendo una alternativa lettura degli stessi. 2.6. Con il decimo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla circostanza aggravante dell'agevolazione mafiosa. Sostiene che l'ipotesi che i singoli partecipi all'associazione per delinquere fossero consapevoli che una percentuale dei proventi venisse devoluta a due cosche mafiose non ha trovato adeguato riscontro, in quanto gli eventuali rapporti intrattenuti dal G. non esauriscono il tema di una consapevolezza di ciascun associato. Il L. non è mai stato informato da G. o da altri dell'esistenza dei due gruppi mafiosi, di un loro possibile interesse e della devoluzione di utilità in loro favore, e si è trovato nella condizione di non sapere del legame funzionale impresso dal suo interlocutore non sarebbe sufficiente in tal senso il solo colloquio del dicembre 2017 nel quale L. apprende di taluno che stappa lo champagne con la sciabola o di regali destinati dal G. a soggetti gravati da pregiudizi penali, ovvero la ricezione della preoccupazione del G. per possibili collaborazioni processuali. La motivazione del Tribunale sul punto è veramente assertiva e dunque apparente, anche con riferimento alla consapevolezza che il G. avesse acquistato doni natalizi per soggetti con precedenti penali o comunque gravati da pregiudizi in materia associativa, trattandosi di circostanze che non indicavano una condivisione della finalità di agevolazione, e non essendosi il ricorrente mai occupato della loro consegna. 2.7. Con l'undicesimo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari, individuate nel pericolo di reiterazione di reati e nell'inquinamento della prova, nonostante il L. , ben prima della sottoposizione a misura, avesse spontaneamente interrotto il rapporto lavorativo con la società del G. , in tal senso eliminando anche l'occasione in seno alla quale era avvenuta la collaborazione illecita con il G. e quindi la ritenuta partecipazione alle associazioni. Aggiunge al riguardo che il ricorrente è incensurato, appartenente ad un nucleo familiare estraneo al malaffare, e ben inserito nel contesto sociale, e che la condotta partecipativa sarebbe limitata ad un periodo circoscritto, dall'ottobre 2017 al giugno 2018. L'ordinanza impugnata non avrebbe apprezzato il tempo silente, e la cessazione del rapporto di lavoro. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente ai primi due motivi di ricorso concernenti l'utilizzabilità delle intercettazioni in relazione ad un diverso procedimento. 2. Le doglianze concernenti l'inutilizzabilità delle intercettazioni per la violazione delle modalità di documentazione dei brogliacci - in quanto redatti automaticamente da un software, e non da un ufficiale di p.g., e privi di sottoscrizione -, proposte con i motivi dal terzo al sesto, sono infondati. Invero, in tema di intercettazioni telefoniche, la sanzione della inutilizzabilità, prevista dall'articolo 271 c.p.p., in caso di inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 268 stesso codice, riguarda l'omessa redazione dei verbali e non l'omesso deposito dei cd. brogliacci, che si distinguono dai primi perché contengono solo la sintesi delle conversazioni intercettate e non la sommaria indicazione delle operazioni svolte Sez. 3, numero 21968 del 24/02/2016, Amato, Rv. 267075 l'omesso deposito del cosiddetto brogliaccio consistente nella sintesi delle conversazioni eseguita dalla polizia giudiziaria che procede alla relativa operazione non è sanzionato da alcuna nullità o inutilizzabilità delle conversazioni intercettate Sez. 3, numero 36350 del 23/03/2015, Bertini, Rv. 265630 Sez. 6, numero 49541 del 26/11/2009, Santagati, Rv. 245656 . Del resto, come chiarito anche di recente, con riferimento alla inosservanza dell'articolo 89 disp. att. c.p.p., in tema di intercettazioni telefoniche o ambientali, anche a mezzo di captatore informatico, non è causa di inutilizzabilità dei risultati di tali operazioni l'inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 89 disp. att. c.p.p., anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 29 dicembre 2017, numero 216, essendo tale sanzione prevista solo per i casi tassativamente indicati dall'articolo 271 c.p.p. Sez. 5, numero 35010 del 30/09/2020, Monaco, Rv. 280398 - 02 Sez. 6, numero 33231 del 21/07/2015, Murianni, Rv. 264462 In tema di intercettazioni, non determina l'inutilizzabilità degli esiti delle attività di captazione, ai sensi dell'articolo 271 c.p.p., comma 1, la irregolare indicazione di inizio e fine delle operazioni nei verbali cui fa riferimento l'articolo 267, comma 5, dello stesso codice, e che attengono alla durata complessiva dell'attività di intercettazione autorizzata per le singole utenze o i singoli ambienti privati, posto che l'indicata sanzione processuale opera solo con riferimento alle ipotesi previste dall'articolo 268 c.p.p., commi 1 e 3 . Con riferimento alla sottoscrizione del brogliaccio, è stato altresì chiarito che, in tema di intercettazioni telefoniche, dal combinato disposto dell'articolo 268 c.p.p., comma 1, articolo 89, commi 1 e 2, norme att., emerge non soltanto che la legge ha inteso attribuire rilevanza probatoria esclusivamente ai documenti fonici ed ai verbali delle operazioni di intercettazione, con eccettuazione di ogni altro mezzo in particolare, la testimonianza di chi ha eseguito l'intercettazione , ma si chiarisce anche che i cosiddetti brogliacci di ascolto inseriti nel verbale hanno lo scopo di consentirne il controllo da parte della difesa al momento del deposito con la conseguenza che l'omissione della trascrizione di cui all'articolo 268 c.p.p., comma 2, non è causa di inutilizzabilità dell'intercettazione. Ulteriore conseguenza della rilevanza probatoria esclusiva del documento fonico, quanto al contenuto delle avvenute registrazioni e indipendentemente dal fatto della sommaria trascrizione delle medesime registrazioni nel verbale delle operazioni delle intercettazioni, è quella che la relazione di servizio normalmente predisposta quale brogliaccio di ascolto ad opera del soggetto addetto all'ascolto stesso ed il cui contenuto, ai sensi dell'articolo 268 c.p.p., comma 2, deve, non a pena di inutilizzabilità, essere sommariamente trascritto nel verbale delle operazioni - assume efficacia unicamente a detto fine, sicché la sottoscrizione di essa relazione di servizio non costituisce momento di redazione del verbale delle operazioni, ma serve soltanto a far riconoscere a colui che deve predisporre il verbale che le relazioni di servizio attinenti alle varie fasi delle operazioni di intercettazione non vengono esattamente dai soggetti operatori, volta a volta addetti alle singole operazioni di ascolto, qualora, per l'impossibilità che il solo operatore adempia a tutte le operazioni nell'arco di durata della intercettazione, si renda inevitabile un avvicendamento tra i più addetti nonché a ragguagliare il Pubblico ministero e i coordinatori dell'operazione di polizia circa lo stato delle indagini e la scelta di ogni attività investigativa susseguente a predisporre ed attuare secondo finalità meramente interne delle quali il verbale non deve dare atto. In definitiva, considerato che unico è il verbale previsto dall'articolo 268 c.p.p., comma 1, e che esso - quale documento attestante il complesso delle operazioni effettuate deve necessariamente essere predisposto al termine del periodo complessivamente autorizzato, incluse le eventuali proroghe, è logico o coerente ricavare che alla redazione del verbale medesimo non debbono partecipare, quali sottoscrittori, anche tutti gli altri operatori alle fasi attuative, perché ciò la legge, non solo non richiede a pena di nullità, ma addirittura implicitamente esclude articolo 89, comma 1, norme att. , quando prescrive la semplice indicazione nel verbale delle persone che hanno preso parte alle operazioni , con chiaro riferimento a tutti i soggetti, diversi dal Pubblico Ministero ovvero dall'Ufficiale di Polizia espressamente delegato alla titolarità della relativa indagine cui è stato possibile affidare il compimento delle distinte operazioni parziali svolte Sez. 6, numero 3784 del 05/10/1994, dep. 1995, Celone, Rv. 201850 . 3. I motivi concernenti l'inosservanza delle disposizioni in materia di remotizzazione delle captazioni sono infondati. Secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite “Carli”, condizione necessaria per l'utilizzabilità delle intercettazioni è che l'attività di registrazione - che, sulla base delle tecnologie attualmente in uso, consiste nella immissione dei dati captati in una memoria informatica centralizzata avvenga nei locali della Procura della Repubblica mediante l'utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre non rileva che negli stessi locali vengano successivamente svolte anche le ulteriori attività di ascolto, verbalizzazione ed eventuale riproduzione dei dati così registrati, che possono dunque essere eseguite in remoto presso gli uffici della polizia giudiziaria Sez. U, numero 36359 del 26/06/2008, Carli, Rv. 240395, che hanno precisato, con riguardo all'attività di riproduzione - e cioè di trasferimento su supporti informatici di quanto registrato mediante gli impianti presenti nell'ufficio giudiziario -, che trattasi di operazione estranea alla nozione di registrazione , la cui remotizzazione non pregiudica le garanzie della difesa, alla quale è sempre consentito l'accesso alle registrazioni originali È stato altresì chiarito che, in tema di intercettazioni, è legittima l'utilizzazione, per le operazioni di captazione, di impianti e mezzi appartenenti a privati Sez. 1, numero 40122 del 16/05/2019, Balice, Rv. 277794, con riferimento ad una fattispecie relativa ad intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite presso i locali della procura della Repubblica con remotizzazione negli uffici della polizia giudiziaria mediante impianti presi a noleggio da privati . Ciò posto, il ricorrente non deduce, fornendone dimostrazione, che la registrazione sia avvenuta fuori dei locali della Procura, ma che, essendo la documentazione e verbalizzazione delle operazioni avvenuta ad opera della società che aveva noleggiato gli impianti, che aveva provveduto alla masterizzazione e consegna dei brogliacci, le conversazioni captate non sarebbero state nella disponibilità della polizia giudiziaria o della Procura della Repubblica, in quanto erano state consegnate dalla società privata. La deduzione, tuttavia, pur nella sua farraginosità argomentativa, non implica che la registrazione sia avvenuta fuori dei locali della Procura, ma soltanto che la documentazione e verbalizzazione delle operazioni di captazione sia avvenuta fuori dei locali della Procura, conformemente alle regolari modalità di c.d. remotizzazione poc'anzi richiamate. 4. I primi due motivi sono invece fondati. 4.1. Giova premettere che, trattandosi di intercettazioni eseguite nel 2017, occorre fare riferimento al testo dell'articolo 270 c.p.p., anteriore alle modifiche introdotte con la L. numero 7 del 2020, di conversione del D.L. 30 dicembre 2019, numero 161, poiché la novella si applica ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020 articolo 2, comma 8, D.L. numero 161, cit., come modificato dal D.L. 30 aprile 2020, numero 28, articolo 1, comma 2, conv., con modif., nella L. numero 70 del 2020 . I criteri interpretativi di riferimento sono stati sanciti di recente dalle Sezioni Unite “Cavallo”, con la sentenza numero 51 del 28/11/2019, dep. 2020. Le Sezioni Unite “Cavallo” hanno stabilito che il divieto di cui all'articolo 270 c.p.p., di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza -, non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 c.p.p., Sez. U, numero 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395 . In sintesi per diversi procedimenti , ex articolo 270 c.p.p., devono intendersi diversi reati che non siano connessi ex articolo 12 c.p.p., a quelli per i quali l'intercettazione è stata autorizzata. Vale a dire solo la connessione sostanziale tra reati, rilevante ex articolo 12 c.p.p., fonda la categoria di stesso procedimento idonea a paralizzare l'operatività dell'articolo 270 c.p.p Di contro non è sufficiente un nesso di natura formale o occasionale , quale quello derivante dal collegamento delle indagini ai sensi dell'articolo 371 c.p.p., dall'appartenenza ad un medesimo contesto o filone investigativo, dal medesimo numero di iscrizione del fascicolo processuale. Precisano le Sezioni Unite che, in presenza di un legame sostanziale tra reati ai sensi dell'articolo 12 c.p.p., le intercettazioni sono utilizzabili, ma solo a condizione che il nuovo reato rientri nel catalogo di cui all'articolo 266 c.p.p Di recente, il medesimo principio è stato ribadito da Sez. 5, numero 1757 del 17/12/2020, dep. 2021, Lombardo, Rv. 280326 - 02, secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, secondo la disciplina applicabile ai procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020, antecedente alla riforma introdotta dal D.Lgs. 29 dicembre 2017, numero 216, come modificato dal D.L. 30 aprile 2020, numero 28, convertito dalla L. 25 giugno 2020, numero 70, i risultati delle intercettazioni autorizzate per un determinato fatto-reato sono utilizzabili anche per ulteriori fatti-reato legati al primo da una connessione sostanziale rilevante ai sensi dell'articolo 12 c.p.p., ma solo a condizione che rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 c.p.p. In motivazione la Corte ha precisato che la previsione di limiti di utilizzabilità degli esiti captativi è espressione della riserva di legge posta a garanzia del diritto alle libertà e segretezza delle comunicazioni di cui all'articolo 15 Cost., non travalicabile in ragione dei principi di non dispersione della prova , non incidendo sull'obbligo di esercizio dell'azione penale sancito dall'articolo 112 Cost., e di uguaglianza ex articolo 3 Cost., in quanto il differente regime processuale afferisce, secondo un criterio di ragionevolezza, alla diversa tipologia dei reati e non dei soggetti concorrenti . Tanto premesso, il Tribunale del riesame ha rigettato la medesima eccezione di inutilizzabilità, richiamando orientamenti giurisprudenziali precedenti alle Sezioni Unite “Cavallo” - e divergenti rispetto ai principi da esse affermati -, alla cui stregua le intercettazioni sarebbero utilizzabili per tutti i reati emergenti nel medesimo procedimento. Invero, l'ordinanza impugnata ha affermato l'utilizzabilità delle intercettazioni disposte per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., anche nei confronti del diverso reato di cui all'articolo 416 c.p., oggetto del presente ricorso aderendo all'orientamento - il secondo scrutinato dalle Sezioni Unite “Cavallo” - secondo cui, in tema di intercettazioni, qualora il mezzo di ricerca della prova sia legittimamente autorizzato all'interno di un determinato procedimento concernente uno dei reati di cui all'articolo 266 c.p.p., i suoi esiti sono utilizzabili anche per gli altri reati di cui dall'attività di captazione emergano gli estremi e, quindi, la conoscenza, mentre, nel caso in cui si tratti di reati oggetto di un procedimento diverso ab origine , l'utilizzazione è subordinata alla sussistenza dei parametri indicati espressamente dall'articolo 270 c.p.p., e, cioè, all'indispensabilità ed all'obbligatorietà dell'arresto in flagranza ex multis, Sez. 2, numero 9500 del 23/02/2016, De Angelis, Rv. 267784 . Il Tribunale ha tuttavia omesso del tutto di confrontarsi con i principi, poc'anzi richiamati, affermati dalle Sezioni Unite ‘Cavallò, e di compiere una specifica verifica in merito alla effettiva sussistenza di un reale collegamento sostanziale tra i fatti-reato per i quali l'intercettazione è stata disposta e quello per cui si procede nei confronti del L. . Nel rammentare, al riguardo, che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ai fini dell'applicazione della disciplina derogatoria delle norme codicistiche prevista dal D.L. numero 152 del 1991, articolo 13, convertito dalla L. numero 203 del 1991, per procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata devono intendersi quelli elencati nell'articolo 51 c.p.p., commi 3 bis e 3 quater, nonché quelli comunque facenti capo ad un'associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato Sez. U, numero 26889 del 28/04/2016, Scurato, Rv. 266906 , l'ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al Tribunale del riesame di Catanzaro, per nuovo esame, sulla base dei singoli decreti autorizzativi, della sussistenza o meno di una connessione sostanziale tra i reati oggetto di autorizzazione e quello oggetto del titolo cautelare impugnato, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite “Cavallo”. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro - Sezione Riesame.