Il termine biennale per proporre domanda di riparazione per ingiusta detenzione normalmente decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza assolutoria. Tuttavia, nel caso di procedimenti plurisoggettivi nei quali più persone sono chiamate a rispondere in concorso – necessario o eventuale – del medesimo fatto, detto termine può decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza che vede protagonisti i coimputati, a condizione che il richiedente alleghi specificamente le ragioni della dipendenza della propria domanda di ristoro dalla valutazione della posizione di questi ultimi.
Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, sezione IV Penale, con la sentenza numero 31432, depositata il 10 agosto 2020. Sei anni di prigione assolto. Sei lunghissimi anni è durata la custodia cautelare del protagonista della sentenza che oggi vi proponiamo. Al termine di quel tunnel detentivo, dal quale egli veniva fuori soltanto a causa della scadenza dei termini custodiali, giungeva il verdetto assolutorio, divenuto irrevocabile nel novembre del 2014. Le imputazioni, che riguardavano anche altri soggetti, erano da ergastolo concorso in omicidio pluriaggravato , detenzione di armi , ricettazione . Il tutto condito dall' aggravante mafiosa . Nei confronti degli altri imputati il giudizio proseguiva, e la sentenza assumeva per loro il crisma del giudicato nell'aprile del 2015. È sulla base di questo caposaldo temporale – aprile 2015 – che il nostro calcolava i due anni entro i quali avrebbe potuto chiedere la riparazione per l'ingiusta detenzione. La Corte d'Appello partenopea, incaricata del giudizio, dichiarava inammissibile la richiesta giudicandola tardiva e stabiliva che il termine biennale si sarebbe dovuto calcolare partendo dalla data della irrevocabilità della pronuncia di assoluzione, non già dalla definitività dell'accertamento giudiziale sulla posizione di tutti coloro che erano chiamati a risponderne. Il ristoro per l'ingiusta detenzione una panoramica generale. La strada per procedere ad una rivisitazione dell'impostazione seguita dalla Corte territoriale era obbligata il ricorso per cassazione, che la difesa affidava ad un unico motivo, incentrato sulla corretta modalità con cui procedere al calcolo del termine perentorio biennale entro il quale la domanda di riparazione deve essere proposta. I Giudici di Piazza Cavour non hanno perso l'occasione per analizzare da cima a fondo l'istituto in esame, prendendo le mosse da un orientamento giurisprudenziale espresso dalla III sezione Penale nel 2010 – richiamato anche dalla difesa nel ricorso – ad avviso del quale nei processi plurisoggettivi l'impugnazione dei coimputati impedisce che si formi quella definitività che serve a calcolare l'inizio del decorso del termine biennale. Apprezzabile il tessuto della motivazione, che è ben argomentata ma schematica allo stesso tempo, tanto da individuare nettamente i punti nodali connessi all'istituto riparativo il primo requisito essenziale affinchè possa accedersi alla riparazione per ingiusta detenzione è quello, previsto dalla normativa codicistica, secondo il quale il richiedente non deve avere dato o concorso a dare causa allo status detentivo né con dolo, né con colpa grave. In questo caso, per dolo, ad avviso dei supremi giudici, deve intendersi consapevolezza e volontarietà di una condotta tale da generare quell'allarme sociale che suscita l'intervento dell'Autorità Giudiziaria cioè, per dirla in parole semplici, è dolosa la condotta di chi faccia di tutto per farsi arrestare . La colpa grave, invece, viene individuata nelle condotte coscienti e volontarie che producono l'effetto di trarre in inganno l'Autorità Giudiziaria sulla rilevanza criminale delle stesse e che, alla fine, producono il medesimo effetto la reazione consistente nell'emanazione di un provvedimento restrittivo della libertà personale. Il giudizio sul ristoro per ingiusta detenzione si svolge su un piano sotto certi profili diverso da quello su cui si è operata la valutazione nel merito dei fatti oggetto di imputazione. Il materiale di partenza – cioè la base probatoria e indiziaria – è identico, ma cambia notevolmente lo spettro di giudizio occorrerà, infatti, valutare, in che termini la condotta o il contegno del richiedente abbia potuto incidere sulla sua privazione della libertà. Nei processi plurisoggettivi il termine può calcolarsi diversamente. Se quello appena descritto è il raggio d'azione del giudizio, ecco spiegato perché nei processi plurisoggettivi in cui più persone sono chiamate a rispondere del medesimo fatto può essere utile valutare globalmente la vicenda giudiziaria e, per questa ragione, posticipare l'inizio della decorrenza del termine per proporre la domanda di riparazione per ingiusta detenzione . Tutte le determinazioni suscettibili di essere valutate a questo fine dovranno pertanto essere coperte dall'intangibilità del giudicato. Questo principio, elaborato come dicevamo già nel 2010, non si applica ovviamente nei processi monosoggettivi. Il ricorrente, secondo l'interpretazione alla quale la Corte ha mostrato di aderire con la sentenza in commento, dovrà poi allegare le specifiche ragioni che “legano” la valutazione della propria domanda di ristoro alla posizione di quei coimputati per i quali il giudicato è sopravvenuto in un secondo momento, spiegando in che termini le diverse posizioni soggettive – e l'accertamento dei fatti che le riguardano – possono riverberarsi sulla propria e, conseguentemente, sul richiesto indennizzo.
Presidente Fumu – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Napoli con ordinanza del 21 maggio - 23 luglio 2019 ha dichiarato inammissibile, siccome tardiva, la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata il 31 marzo 2017 da A.F. , sottoposto a custodia cautelare in carcere dal 20 maggio 2007 al 20 maggio 2013 data dell'ordinanza di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare , in relazione alle accuse di concorso nell'omicidio volontario pluriaggravato di P.G. , di detenzione e porto illegale di armi e di ricettazione, con aggravante mafiosa, accuse da cui era stato assolto con sentenza della Corte di Assise di appello di Napoli del 6 ottobre 2014, divenuta irrevocabile il 24 novembre 2014. 2. La ragione della ritenuta intempestività sta nell'essere stata depositata la richiesta il 31 marzo 2017, cioè oltre il termine biennale ex articolo 315 c.p.p. , comma 1, calcolato dai giudici di merito a decorrere dal passaggio in giudicato - avvenuto il 24 novembre 2014 - nei confronti di A.F. della sentenza assolutoria del 6 ottobre 2014. La Corte territoriale ha ritenuto il termine biennale non decorrente dalla definitività della sentenza emessa nei confronti dei coimputati per lo stesso fatto, R.F. ed S.A. , il cui ricorso avverso la sentenza di condanna della Corte di Assise di appello di Napoli del 6 ottobre 2014 è stato rigettato dalla Corte di legittimità con sentenza numero 19576 dell'8 aprile 2015. 3.Ricorre per la cassazione del provvedimento, tramite difensore, A.F. , che si affida ad un solo motivo con il quale denunzia violazione di legge articolo 315 c.p.p. , comma 1 . 3.1. Assume il ricorrente la illegittimità e la erroneità dell'ordinanza dichiarativa della inammissibilità della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, poiché in contrasto con il principio di diritto puntualizzato dalla sentenza, già richiamata nell'originaria istanza, di Sez. 3, numero 3891 del 22/12/2010, dep. 2011, Motta, Rv. 249158, secondo cui Ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, l'impugnazione dei coimputati impedisce, sino a definizione della stessa, che la sentenza di proscioglimento divenga irrevocabile . 3.2. La pronuncia testè richiamata è stata espressamente ritenuta dalla Corte di appello non attinente al caso di specie in quanto il prosieguo del giudizio a seguito del ricorso per cassazione proposto dai coimputati la cui responsabilità fu confermata, rigettato dalla Corte, in mancanza di una impugnativa del P.G., non avrebbe potuto comportare alcuna conseguenza sulla pronuncia di assoluzione emessa nei confronti del F. così alle pp. 1-2 dell'ordinanza impugnata . 3.3.Tale ragionamento viene sottoposto a censura dal ricorrente, che rileva che il principio di diritto richiamato non riconosce alcun ruolo alla eventuale impugnazione del P.G., stabilisce che in presenza di più coimputati al fine dell'avvio del decorso del termine biennale per la presentazione di istanza di riparazione per ingiusta detenzione occorre attendere l'irrevocabilità della intera sentenza, non già della decisione sulla sola posizione di uno degli imputati, che nessun provvedimento, di nessun tipo, può avere alcuna conseguenza su una pronuncia definitiva di assoluzione. Ed è difficile sostenere che la Cassazione lo ignorasse, nel momento in cui sentenziava che l'impugnazione dei coimputati impediva l'irrevocabilità della sentenza di proscioglimento ai fini del termine in questione se la sentenza fosse stata impugnata dal P.G., ovviamente non sarebbe passata in giudicato, ma la Cassazione citata non si occupa del P. G., bensì dell'impugnazione dei coimputati e dei suoi effetti ai soli fini del termine di cui all' articolo 315 c.p.p. comma 1 si deve affermare che la pronuncia citata è in realtà del tutto attinente al caso di specie, al quale calza come il migliore degli abiti su misura, come fosse stata scritta per esso vi è stata una sentenza di proscioglimento parziale, per un solo imputato i coimputati l'hanno impugnata quindi, l'intera sentenza è divenuta irrevocabile quando il procedimento scaturito da tale impugnazione è stato definito, cioè il 9 aprile 2015, e la domanda del 31 marzo 2017 è perciò tempestiva. Invero, non si può dichiarare inammissibile per inosservanza del termine una domanda di riparazione per ingiusta detenzione presentata in una certa data in ossequio e nel rispetto del principio regolatore della decorrenza del termine dall'irrevocabilità dell'intera senteza , come stabilito dalla S. C. di cassazione con solare chiarezza, che lo sottrae a interpretazioni diverse, e mai corretto così alla p. 2 del ricorso . In definitiva, poiché - si assume - il termine biennale decorre dall'8 aprile 2015, esso sarebbe scaduto l'8 aprile 2017 ed il ricorso, depositato il 31 marzo 2017, sarebbe tempestivo e, conseguentemente, illegittima la dichiarazione di inammissibilità per tardività dello stesso. 4. Il Procuratore generale della S.C. nella sua requisitoria scritta dell'8-10 febbraio 2020 ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, ritenendo corretto, già in sé, il ragionamento svolto nell'ordinanza impugnata, oltre che conforme al principio di diritto espresso da Sez. 4, numero 31319 del 06/06/2011, Mesto, Rv. 251758, principio che si richiama. 5. Il Ministero dell'economia e finanze, tramite Avvocatura erariale, il 18 marzo 2021 ha chiesto, in linea principale, dichiararsi inammissibile il ricorso e, in subordine, il rigetto dello stesso in ogni caso, con vittoria di spese. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento, per le ragioni e nei termini di cui appresso. 2. In primo luogo, non può farsi applicazione del principio di diritto richiamato dal Procuratore generale della S.C., secondo cui In tema di riparazione per ingiusta detenzione, il termine biennale per la presentazione della domanda - nell'ipotesi di una pluralità di reati, in relazione ai quali sono state emesse plurime ordinanze applicative di misure coercitive detentive, e che hanno successivamente costituito oggetto di diversi procedimenti, poi riuniti sotto il vincolo della continuazione e decisi con unica sentenza di primo grado, in parte di assoluzione passata in giudicato , in parte di condanna oggetto di impugnazione - inizia a decorrere, per i reati in ordine ai quali vi è stata assoluzione, dal passaggio in giudicato della pronunzia assolutoria, a nulla rilevando la prosecuzione in appello per il reato oggetto di condanna Sez. 4, numero 31319 del 06/06/2011, Mesto, Rv. 251758 ciò per la seguente ragione. La vicenda nell'ambito della quale interviene la richiamata decisione, come si comprende dalla lettura della chiara motivazione, è significativamente diversa rispetto a quella oggi in esame e ad essa non risulta sovrapponibile. In quella occasione, infatti a differenza di quella oggi in esame , si avevano più reati, in relazione a ciascuno dei quali era stata emessa autonoma ordinanza cautelare, con avvio di distinti procedimenti, poi riuniti in fase dibattimentale e decisi con una sola sentenza di primo grado, parzialmente assolutoria passata in giudicato e parzialmente di condanna oggetto di impugnazione ebbene, è in tale peculiare contesto che la S.C. ha precisato che il termine biennale per la presentazione della domanda ex articolo 315 c.p.p. , inizia a decorrere, per i reati in ordine ai quali vi è stata assoluzione, dal passaggio in giudicato della pronunzia assolutoria, a nulla rilevando la prosecuzione in appello per il reato oggetto di condanna, essendo la ritenuta continuazione solo una fictio iuris a favore dell'imputato, che ha funzione quoad poenam ma non elimina l'autonomia a tutti gli effetti, sostanziali e processuali, dei singoli reati pur continuati. Si tratta di condivisibile affermazione, del resto, del medesimo principio di recente espresso, in termini più generali, da Sez. 4, numero 22627 del 25/01/2017, D'Alessandro, Rv. 270373 In tema di riparazione per ingiusta detenzione, il termine biennale per la presentazione della domanda decorre dal momento in cui interviene l'irrevocabilità della sentenza di proscioglimento o condanna, l'inoppugnabilità della sentenza di non luogo a procedere, ovvero la notifica del decreto di archiviazione, relativi al reato per il quale è stata disposta la custodia cautelare, a nulla rilevando che il procedimento sia eventualmente proseguito con riferimento a reati ulteriori e diversi da quelli per i quali l'interessato è stato sottoposto alla misura cautelare . 3.Sgombrato il campo, dunque, da possibili ragioni di confusione rispetto a situazioni non omogenee, compito del Collegio è valutare se il precedente di legittimità invocato dalla difesa sia pertinente o meno e, nell'affermativa, se ad esso occorra dare continuità oppure no. Come si è anticipato, Sez. 3, numero 3891 del 22/12/2010, dep. 2011, Motta, Rv. 249158, ha precisato che Ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, l'impugnazione dei coimputati impedisce, sino a definizione della stessa, che la sentenza di proscioglimento divenga irrevocabile . In motivazione la S.C., dopo avere ribadito il principio della ininfluenza, ai fini della decorrenza del termine biennale per la proposizione della domanda, della impugnazione della sentenza di proscioglimento ad opera della sola parte civile conformemente a Sez. 4, numero 26427 del 23/04/2009, Accetta e altro, Rv. 244502 In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, l'impugnazione della sentenza di proscioglimento ad opera della sola parte civile non incide sulla decorrenza del termine biennale previsto per la proposizione della domanda, atteso che tale gravame non è comunque suscettibile - anche in caso di accoglimento - di modificare il contenuto del provvedimento decisorio ai fini delle statuizioni penali in termini, Sez. 4, numero 43712 del 08/10/2003, Minumero Econumero e Finumero in proc. Gandellini, Rv. 226417 nello stesso senso, v. già la risalente pronunzia di Sez. 4, numero 256 del 21/02/1994, De Felice, Rv. 198468 , ha affermato, testualmente, quanto segue alla p. 2 Nella fattispecie in esame, però, il giudizio di appello era iniziato non solo a seguito dell'impugnazione proposta dalle parti civili ma anche per il gravame proposto dal P.M. e dagli altri coimputati e l'appello del P.M. era stato dichiarato inammissibile per rinuncia soltanto con ordinanza camerale. L' articolo 315 c.p.p. , stabilisce che la domanda di riparazione deve essere proposta entro due anni dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento è divenuta irrevocabile e la previsione che la sentenza di proscioglimento debba esser divenuta irrevocabile ha riguardo, quindi, a tutte le determinazioni suscettibili di incidere sulla riparazione. Se, pertanto, la sentenza sia stata impugnata da alcuno dei coimputati, un eventuale accoglimento della loro impugnazione può ridondare anche a favore dell'imputato ed anche con determinazioni suscettibili di incidere sulla riparazione mentre è l'impugnazione della sola parte civile che comporta la cristallizzazione delle statuizioni di ordine penale. A conferma di tutto, va altresì rilevato che questa Corte - con la precedente sentenza di annullamento con rinvio pronunciata il 22.10.2008 - ha già ritenuto che tutti gli imputati siano stati definitivamente assolti con la sentenza dell'11.12.2003, divenuta irrevocabile il 18.5.2004. La domanda di riparazione per ingiusta detenzione deve ritenersi, conseguentemente, tempestiva, sicché l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio . 4. Ebbene, ritiene il Collegio che il principio che si è appena richiamato necessiti di alcune puntualizzazioni. 4.1. Appare opportuno prendere le mosse dal nucleo centrale del ragionamento che assiste la - stringata - motivazione di Sez. 3, numero 3891 del 22/12/20210, dep. 2011, Motta, e che si articola in tre passaggi 1 la previsione che la sentenza di proscioglimento debba essere divenuta irrevocabile ha riguardo a tutte le determinazioni suscettibili di incidere sulla riparazione 2 ne consegue che, se la sentenza sia stata impugnata da alcuno dei coimputati, un eventuale accoglimento della loro impugnazione può ridondare anche a favore dell'imputato ed anche con determinazioni suscettibili di incidere sulla riparazione 3 l'impugnazione della parte civile, invece, comportando la cristallizzazione delle statuizioni di ordine penale, risulta irrilevante al fine in esame. 4.2. Operata tale premessa, al fine di inquadrare esattamente la questione, è necessario richiamare, sia pure in estrema sintesi, i principi generali che disciplinano l'istituto della riparazione per ingiusta detenzione. 4.2.1. La riparazione è esclusa secondo l'espresso disposto dell' articolo 314 c.p.p. , qualora l'istante vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave , con condotte al riguardo apprezzabili poste in essere sia anteriormente che successivamente all'insorgere dello stato detentivo e, quindi, alla privazione della libertà cfr. Cass., Sez. U, numero 43 del 19/12/1995 , dep. 1996, Sarnataro, Rv. 203636 . 4.2.2. L'indennizzo in questione si risolve nell'attribuzione di una somma di denaro a riparazione di un pregiudizio lecitamente perché secondo legge arrecato, in contrapposizione al risarcimento del danno sempre riferibile ad un fattore causale illecito Sez. U, numero 43 del 19/12/1995, dep. 1996, Sarnataro, cit. Id., Sez. U, numero 1 del 13/01/1995 , Castellani, Rv. 201035 . 4.2.3. Quanto alle espressioni dolo e colpa grave , è stato chiarito Sez. U, numero 43 del 19/12/1995, dep. 1996, Sarnataro, cit. che dolosa deve giudicarsi non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali indipendentemente dal fatto di confliggere o meno con una prescrizione di legge , difficile da ipotizzare in fattispecie del genere, ma anche la condotta consapevole e volontaria che, valutata con il parametro dellId quod plerumque accidit, secondo le regole di esperienza comunemente accettate, sia tale da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo , sicché l'essenza del dolo sta, appunto, nella volontarietà e consapevolezza della condotta con riferimento all'evento voluto, non nella valutazione dei relativi esiti, circa i quali non rileva il giudizio del singolo, ma quello del giudice del procedimento ripara torio . 4.2.4. Il concetto e la conseguente area applicativa della colpa, invece, vanno ricavati dall' articolo 43 c.p. , secondo cui, come noto, è colposo il comportamento cosciente e volontario, al quale, senza volerne e senza rappresentarsene gli effetti anche se adottando l'ordinaria diligenza essi si sarebbero potuti prevedere , consegue un effetto idoneo a trarre in errore l'organo giudiziario in tal caso, la condotta del soggetto, connotata da profili di colpa volta per volta rinvenibili negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti etc. pone in essere una situazione tale da dare una non voluta ma prevedibile ragione di intervento dell'autorità giudiziaria con l'adozione del provvedimento cautelare, ovvero omessa revoca della privazione della libertà Sez. U, numero 43 del 19/12/1995, dep. 1996, Sarnataro, cit. . E in tale ultimo caso la colpa deve essere grave , come esige la norma, connotata, cioè, da macroscopica, evidente negligenza, imprudenza, trascuratezza, ecc., tale da superare ogni canone di comune buon senso Sez. U, numero 43 del 19/12/1995, dep. 1996, Sarnataro, cit. , mentre la eventuale colpa di grado lieve potrebbe rilevare a diverso fine. 4.2.5. Posto, poi, che il dolo o la colpa grave idonei ad escludere l'indennizzo per ingiusta detenzione devono sostanziarsi in comportamenti specifici che abbiano dato causa o abbiano concorso a dar e causa all'instaurazione dello stato privativo della libertà, sicché è ineludibile l'accertamento del rapporto causale tra tali condotte ed il provvedimento restrittivo della libertà, si rileva che ad escludere il diritto in questione è pur sempre necessario che il giudice della riparazione pervenga alla sua decisione in base a dati di fatto certi, cioè elementi accertati o non negati Sez. U, numero 43 del 19/12/1995, dep. 1996, Sarnataro, cit. in conformità, tra le Sezioni semplici, v. Sez. 4, numero 27397 del 10/06/2010, Ministero Economia e Finanze, Rv. 247867 , con esclusione, dunque, di dati meramente congetturali. 4.2.6. Si è anche precisato che la valutazione del giudice della riparazione si svolge su un piano diverso, ed autonomo, rispetto a quello del giudice della cognizione penale, pur dovendo eventualmente operare sullo stesso materiale tale ultimo giudice deve valutare ia sussistenza o meno di un'ipotesi di reato ed eventualmente la sua riconducibilità all'imputato il primo, invece, deve valutare non già non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se esse si posero come fattore condizionante anche nel concorso dell'altrui errore alla produzione dell'evento detenzione Il rapporto tra giudizio penale e giudizio della riparazione si risolve solo nel condizionamento del primo rispetto al presupposto dell'altro spettando al giudice della riparazione una serie di accertamenti e valutazioni da condurre in piena autonomia e con l'ausilio dei criteri propri all'azione esercitata dalla parte Sez. U, numero 43 del 13/12/1995, dep. 1996, Sarnataro e altri, cit. cfr., tra le Sezioni semplici, Sez. 4, numero 27397 del 10/06/2010, Ministero Economia e Finanze, cit. Sez. 4, numero 1904 del 11/06/1999, Murina e altro, Rv. 214252 Sez. 4, numero 2083 del 24/06/1998, Nemala, Rv. 212114 . 4.2.7. Tutto ciò premesso, il giudice della riparazione deve seguire un iter logico-motivazionale autonomo rispetto a quello del processo penale e costituiscono compito del giudice del merito - ed ecco il punto - la ricerca, la selezione e la valutazione delle circostanze di fatto idonee ad integrare o ad escludere la sussistenza delle condizioni preclusive al riconoscimento del diritto fatto valere, sotto il profilo, appunto, del dolo o della colpa grave. In particolare, In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice della riparazione, per decidere se l'imputato vi abbia dato causa per dolo o colpa grave, deve valutare il comportamento dell'interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi indiziari non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudizio di assoluzione Sez. 4, numero 41396 del 15/09/2016, Piccolo, Rv. 268238 in senso conforme, v. Sez. 4, numero 19180 del 18/02/2016, Buccini, Rv. 266808 . 4.3. Ebbene, in tale quadro di insieme appare logico e coerente affermare che la previsione che la sentenza di proscioglimento debba essere divenuta irrevocabile ha riguardo, quindi, a tutte le determinazioni suscettibili di incidere sulla riparazione. Se, pertanto, la sentenza sia stata impugnata da alcuno dei coimputati, un eventuale accoglimento della loro impugnazione può ridondare anche a favore dell'imputato ed anche con determinazioni suscettibili di incidere sulla riparazione così alla p. 2 della sentenza di Sez. 3, numero 3891 del 22/12/2010, dep. 2011, Motta, cit. , per le seguenti ragioni. Nel caso, infatti, del medesimo reato ovvero degli stessi reati addebitati a più imputati in concorso tra di loro, le differenti statuizioni definitive, di condanna ovvero assolutorie, in base alla ricostruzione degli accadimenti ed alle valutazioni giudiziali, anche relative ai concreti comportamenti dei coimputati le cui posizioni hanno avuto diversa sorte processuale, possono influire in tema di an debeatur nella doverosa attività di ricerca, di selezione e di valutazione che si è già detto essere compito del giudice investito della richiesta di equa riparazione delle circostanze di fatto idonee ad integrare ovvero ad escludere la sussistenza delle condizioni preclusive al riconoscimento del diritto fatto valere, sotto il profilo, appunto, del dolo o della colpa grave. Ciò affinché la piattaforma decisoria sia la più ampia e la più completa possibile e si scongiurino, in una materia tanto delicata, soluzioni puramente formalistiche non aventi corrispondenza nel reale accadimento dei fatti, come ricostruiti nel contraddittorio processuale dai giudici di merito, con il non remoto rischio - si ribadisce, ove la vicenda di vita da accertarsi da parte dei giudici della cognizione penale sia unica - di pronunzie sfavorevoli ad imputati, prima, privati della libertà e, poi, prosciolti con sentenze contenutisticamente povere peraltro insuscettibili di rimedio impugnatorio nella prospettiva di un arricchimento argomentativo in ipotesi utile ai fini dell'equa riparazione . Inoltre, nell'evenienza in cui si escluda la ricorrenza di un caso di dolo o di colpa grave da parte del soggetto agente, la esatta ricostruzione dell'accaduto, che, per le ragioni esposte, non può prescindere dalla definitiva irrevocabilità dell'intera vicenda processuale, ben potrebbe avere riflessi sotto il profilo del quantum debeataur, poiché, come noto, Nel procedimento di equa riparazione per l'ingiusta detenzione il giudice deve valutare anche la condotta colposa lieve, rilevante non quale causa ostativa per il riconoscimento dell'indennizzo bensì per l'eventuale riduzione della sua entità Sez. 4, numero 21575 del 29/01/2014, Antognetti, Rv. 259212 in termini, più recentemente, Sez. 4, numero 51343 del 09/10/2018, V., Rv. 274006, e, già in precedenza, Sez. 4, numero 2430 del 13/12/2011, dep. 2012, Popa, Rv. 251739 nello stesso senso, Sez. 4, numero 27529 del 20/05/2008, Okumboro e altro, Rv. 240889, Sez. 4, numero 529 del 21/04/1994, Minumero Tesoro in proc. Lin Xian Le, Rv. 198307, e Sez. 4, numero 1365 del 27/11/1992, dep. 1993, Lando, Rv. 193219 . Infatti, il grado della colpa di un imputato al quale è addebitato un reato in concorso ben difficilmente può essere correttamente apprezzato isolatamente ma ben può dipendere dal quantum di colpa dell'agire di altri coimputati per lo stesso fatto, se non già dall'agire intenzionale degli altri compartecipi. Donde si conferma la necessità di una visione la più completa possibile di uno stesso fatto di reato. Detto in altre parole, un allargamento della piattaforma conoscitiva non può che essere funzionale ad una risposta che sia corretta secondo diritto e, nel contempo, di giustizia. 4.4. Ciò, tuttavia, non senza limiti ma solo a condizione che la parte richiedente indichi in maniera specifica gli elementi emersi nei processi proseguiti a carico dei coimputati che siano idonei ad incidere sulla colpa del ricorrente. Infatti, se, in linea di principio, la previsione dell' articolo 315 c.p.p. , comma 2, deve essere intesa come facente riferimento al decorso di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza assolutoria relativa solo al richiedente l'equa riparazione - in conformità a superiori esigenze di consolidamento delle situazioni e di certezza del diritto - non può, tuttavia, trascurarsi, in alternativa all'ipotesi, invero piuttosto semplice, del processo ad un unico imputato per una sola imputazione, la varietà delle situazioni che in concreto possono presentarsi, varietà che pare essere stata tenuta presente dalla S.C., Sez. 3, in occasione della richiamata pronunzia del 2010, ric. Motta si pensi ai casi, non rari nella prassi, di processi plurisoggettivi con imputazioni tra loro solo soggettivamente ovvero anche oggettivamente connesse, ed in maniera più o meno forte concorso necessario nel reato, ad es., rissa, incesto concorso eventuale nello stesso non senza trascurare le possibilità di riqualificazione da parte del decidente delle condotte contestata dal P.M. all'imputato ad esempio, da concorso ex articolo 110 c.p. , nel reato a favoreggiamento dell'altrui condotta illecita . In conseguenza, appare logico e conforme alla ratio dell'istituto della riparazione per ingiusta detenzione ritenere che il giudice di merito adito debba tenere conto del termine biennale decorrente dalla irrevocabilità delle situazioni relative agli altri coimputati, a due condizioni 1 che non si sia in presenza di un processo per imputazione monosoggettiva 2 e che il richiedente alleghi puntualmente nella propria domanda ex articolo 314 c.p.p. , le ragioni per cui la decisione intervenuta nei confronti dei coimputati possa, in tesi, incidere sulla situazione del soggetto che agisce. Onere di allegazione che appare in linea con la natura essenzialmente civile del procedimento ex articolo 314 c.p.p. e ss., sia pure affidato al giudice penale hanno precisato, infatti, le Sezioni Unite della S.C. che il procedimento relativo alla riparazione per l'ingiusta detenzione ha natura civile, anche se inserito in una procedura che si svolge innanzi al giudice penale Sez. U, numero 1 del 06/03/1992, P.M. e Minumero Tesoro in proc. Fusilli, Rv. 191149 Sez. U, numero 8 del 12/03/1999, Minumero Tesoro in proc. Sciamanna, Rv. 213509 in conformità le Sezioni semplici successive, tra cui Sez. 4, numero 3339 del 07/06/2000, Minumero Tesoro in proc. Uliano, Rv. 217954 Sez. 3, numero 36195 del 11/07/2001, Minumero Tesoro in proc. Rinaldo, Rv. 220069 Sez. 4, numero 23630 del 02/04/2004, Cerminara, Rv. 229074 più recentemente, Sez. 4, numero 18828 del 28/03/2019, Di Zillo, Rv. 276261 . 5.Passando ora a tirare le fila del ragionamento sinora svolto, deve ritenersi non corretto il ragionamento svolto della Corte di appello nell'ordinanza impugnata, allorché osserva pp. 1-2 che il prosieguo del giudizio a seguito del ricorso per cassazione proposto dai coimputati la cui responsabilità fu confermata, rigettato dalla Corte, in mancanza di una impugnativa del P.G., non avrebbe potuto comportare alcuna conseguenza sulla pronuncia di assoluzione emessa nei confronti del F. . Esso risulta, infatti, assertivo ed eccessivamente rigido a fronte della varietà della pluralità e della varietà delle situazioni che, come si è visto, possono presentarsi. Discende, invece, delle considerazioni svolte la necessità di annullamento dell'ordinanza impugnata, con contestuale fissazione del seguente principio di diritto Ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, se, in linea di principio, la decorrenza del termine biennale di cui all' articolo 315 c.p.p. , comma 1, è dal passaggio in giudicato della sentenza assolutoria del richiedente, tuttavia non può escludersi che utili elementi per la valutazione della posizione del richiedente l'equa riparazione possano trarsi anche dalla sentenza che decide irrevocabilmente l'impugnazione proposta dei coimputati per lo stesso fatto o per gli stessi fatti addebitati in concorso necessario o in concorso eventuale ex articolo 110 c.p. in tal caso, a condizione che vi sia specifica allegazione del richiedente, il termine biennale deve ritenersi decorrente dalla definizione irrevocabile della posizione degli stessi . 6. Consegue, dunque, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Napoli, che si atterrà al principio di diritto puntualizzato. Il giudice del rinvio provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli cui demanda la regolamentazione delle spese del presente giudizio.