In caso di dichiarazione giudiziale di inefficacia della cessione del rapporto di lavoro con il relativo ramo di azienda, il distinto rapporto di lavoro instaurato con la società cessionaria è comunque produttivo di effetti giuridici e di obblighi in capo al soggetto che in concreto utilizza la prestazione lavorativa del lavoratore ceduto. Allo stesso tempo, il cedente è tenuto al pagamento delle retribuzioni spettanti al lavoratore dal momento della sentenza dichiarativa dell’inefficacia della cessione.
Cessione di ramo di azienda inefficace. La Corte d'Appello di Napoli confermava il rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo proposta da Telecom nei confronti di un lavoratore dipendente per il pagamento delle somme maturate a seguito della sentenza con cui era stata accertata l'inefficacia della cessione del suo contratto di lavoro in relazione al trasferimento di un ramo di azienda a favore di un'altra società. La questione è giunta dinanzi alla Corte di legittimità. Due rapporti di lavoro autonomi. In tema di trasferimento del medesimo rapporto di lavoro, la giurisprudenza ha chiarito che tale fattispecie si perfeziona solo in presenza dei caratteri tipici del modello legale. Nel diverso caso di invalidità della cessione e inconfigurabilità di una cessione negoziale, l'originario rapporto di lavoro non si trasferisce e si instaura al contempo un rapporto di fatto tra il lavoratore e il cessionario. Si tratta di due rapporti autonomi le cui vicende risolutive non si trasferiscono dall'uno all'altro. Le Sezioni Unite, con la sentenza numero 2990/2018 hanno risolto il nodo della natura dei crediti vantati dal lavoratore per effetto del mancato ripristino del rapporto di lavoro dopo la sentenza di accertamento dell'illegittimità della cessione del ramo di azienda. Tali crediti hanno dunque natura retributiva e non più risarcitoria, con conseguente obbligo per il datore di lavoro originario di corrispondere le retribuzioni a decorrere dalla messa in mora. Anche la Corte Costituzionale ha riconosciuto valore di diritto vivente a tale indirizzo interpretativo. Obblighi del cedente inadempiente. La pronuncia afferma dunque il principio secondo cui «il distinto rapporto di lavoro instaurato con la società cessionaria – non qualificabile in termini di mera prosecuzione di quello in precedenza intercorso con la cedente in base ai surrichiamati principi – è comunque produttivo di effetti giuridici e di obblighi in capo al soggetto che in concreto utilizza la prestazione lavorativa del ceduto nell'ambito della propria organizzazione imprenditoriale». Ne consegue che, sancita la natura retributiva delle somme da erogarsi dal cedente inadempiente alla sentenza e escluso che la richiesta di pagamento abbia titolo risarcitorio, non trova applicazione il principio della compensatio lucri cum damno su cui si fonda la detraibilità dell'aliunde percepteum o percipiendum dal risarcimento. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.
Presidente Berrino – Relatore Lorito Rilevato in fatto che La Corte di Appello di Napoli, con sentenza 27/9/2017 ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto l'opposizione a decreto ingiuntivo promossa da Telecom Italia Spa nei confronti di E.P. per il pagamento di somme maturate dall'aprile 2011 al gennaio 2012, successivamente alla sentenza con cui era stata dichiarata l'inefficacia della cessione del suo contratto di lavoro in relazione al trasferimento di ramo d'azienda avvenuto in favore della TNT Logistics Italia Spa ora Ceva Logistic s.p.a. . La Corte territoriale ha escluso - per quanto ancora qui interessa - che gli importi oggetto del provvedimento monitorio potessero essere oggetto della eccezione di aliunde perceptum sollevata da parte datoriale, sul rilievo che - secondo quanto affermato dal giudice di prima istanza con statuizione non oggetto di censura - attenevano ad un periodo successivo alla intercorrenza del rapporto di lavoro con la Ceva Logistic . Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Telecom Italia Spa con unico motivo. La parte intimata ha resistito con controricorso illustrato da memoria ex articolo 380 bis c.p.c Considerato in diritto che 1. Con unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1206,1207,1223,1256,1453 e 1463 c.c Si deduce che con sentenza numero 1865/2014 passata in giudicato, il Tribunale di Napoli abbia dichiarato l'illegittimità dei licenziamento intimato dalla cessionaria Ceva Logistics, reintegrato il lavoratore nel posto di lavoro e condannato la società al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni maturate dal di del licenziamento sino a quello della effettiva reintegra. Si osserva che a seguito di detta pronuncia la Ceva Logistic è obbligata al pagamento di ogni differenza retributiva spettante sino alla data di reintegra del resistente del resto, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, è detraibile non solo quanto effettivamente percepito aliunde perceptum , ma anche ciò che il lavoratore poteva percepire con l'ordinaria diligenza aliunde percipiendum . 2. Il motivo non è fondato. Osserva la Corte che la questione del giudicato sollevata da parte ricorrente non appare dirimente ai fini della soluzione della questione delibata. Invero, secondo il più recente insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il trasferimento del medesimo rapporto ai sensi dell'articolo 2112 c.c. si determina solo quando si perfeziona una fattispecie traslativa conforme al modello legale diversamente, nel caso di invalidità della ò cessione per mancanza dei requisiti richiesti dalla richiamata disposizione codicistica e di inconfigurabilità di una cessione negoziale per mancanza del consenso della parte ceduta quale elemento costitutivo della cessione , l'originario rapporto di lavoro con la cedente non si trasferisce e se ne instaura un altro in via di fatto con il destinatario della cessione e le vicende risolutive dello stesso non sono idonee ad incidere sull'altro rapporto lavorativo ancora in essere, rimasto in vita con il cedente cfr. Cass. 7/8/2019 numero 21161Cass. 28/2/2019 numero 5998 . Accanto al rapporto di lavoro quiescente con l'originaria impresa cedente, ripristinato de iure con la declaratoria giudiziale di invalidità del trasferimento, vi è, quindi, una prestazione materialmente resa in favore del soggetto con il quale il lavoratore, illegittimamente trasferito con la ò cessione di ramo d'azienda, abbia instaurato un rapporto di lavoro in via di fatto. La questione della natura dei crediti vantati dal lavoratore per effetto del mancato ripristino del rapporto di lavoro nonostante la sentenza di accertamento della illegittimità della cessione del ramo d'azienda cui era addetto, rinviene, dunque, soluzione alla stregua del recente insegnamento delle Sezioni unite civili di questa Corte sent. 7/2/2018, numero 2990 che ha affermato la natura retributiva e non più risarcitoria di detti crediti come invece secondo un indirizzo precedente Cass. 17/7/2008 numero 19740 Cass. 9/9/2014 numero 18955 Cass. 25/6/2018 numero 16694 . Tale pronuncia ha sancito il principio di diritto in tema di interposizione di manodopera, in base al quale ove ne venga accertata l'illegittimità e dichiarata l'esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l'omesso ripristino del rapporto di lavoro ad opera del committente determina l'obbligo di quest'ultimo di corrispondere le retribuzioni a decorrere dalla messa in mora. A tale indirizzo è stato riconosciuto valore di diritto vivente dalla Corte costituzionale con la sentenza 28 febbraio 2019, numero 29, anche avuto riguardo alla fattispecie della cessione del ramo d'azienda. La Corte costituzionale ha preso atto al p.to 6.3. del Considerato in diritto che l'indirizzo interpretativo, indicato come diritto vivente allorché sono state proposte le questioni di legittimità costituzionale, risulta disatteso dalla suddetta pronuncia delle Sezioni unite, successiva all'ordinanza di rimessione. Tale pronuncia mira a ricondurre a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della mora del creditore nel rapporto di lavoro e consente di risolvere in via interpretativa i dubbi di costituzionalità prospettati . Dalla qualificazione retributiva dell'obbligazione del datore di lavoro moroso il Giudice delle leggi ha tratto la conseguenza di privare di fondamento, ., le questioni di legittimità costituzionale insorte sulla base di un'interpretazione di segno antitetico . 3. In definitiva, alla luce delle considerazioni sinora esposte, deve affermarsi che il distinto rapporto di lavoro instaurato con la società cessionaria - non qualificabile in termini di mera prosecuzione di quello in precedenza intercorso con la cedente in base ai surrichiamati principi - è comunque produttivo di effetti giuridici e quindi di obblighi in capo al soggetto che in concreto utilizza la prestazione lavorativa del ceduto nell'ambito della propria organizzazione imprenditoriale. Pertanto, una volta sancita la natura retributiva delle somme da erogarsi dal cedente inadempiente al comando giudiziale, ed escluso che la richiesta di pagamento dei lavoratori abbia titolo risarcitorio, non trova applicazione il principio della compensatio lucri cum damno su cui si fonda la detraibilità dell'aliunde perceptum o percipiendum dal risarcimento e, quindi, di detraibilità delle somme che il lavoratore avrebbe potuto percepire dal cessionario con l'ordinaria diligenza, non è dato parlare. Nell'ottica descritta il prospettato e rimasto indimostrato passaggio in giudicato della sentenza con la quale era stata dichiarata la illegittimità del licenziamento intimato dalla Ceva Logistics s.p.a. deve ritenersi non dispieghi specifici effetti sull'attuale giudizio, stante la autonomia dei rapporti desumibile dai summenzionati arresti. Ciò è sufficiente a respingere il ricorso. 4. Quanto al regime delle spese applicabile, il recente orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità sulla tematica delibata che ha sovvertito quello in precedenza consolidatosi, ne consiglia la compensazione. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.