Discriminazione per etnia: scatta l’aggravante dell’odio razziale

«La circostanza aggravante prevista dall'articolo 604-ter c.p. è configurabile non solo quando l'azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell'agente».

La Corte d'Appello di Palermo confermava la condanna per i delitti di cui agli articolo 610 e 582 c.p., aggravati delle condizioni di minorata difesa e dell'odio razziale, nei confronti di due ragazzi che avevano inseguito con la macchina due coetanei marocchini, per poi aggredirli e offenderli. Gli imputati ricorrono in Cassazione, lamentandosi, tra i vari motivi, della mancata prova della pronuncia di frasi esprimenti la ritenuta finalità di odio razziale da parte di ognuno di essi. Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che «la circostanza aggravante prevista dall'articolo 604-ter c.p.è configurabile non solo quando l'azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell'agente». La Corte d'Appello, pertanto, ha valorizzato le ripetute espressioni discriminatorie pronunciate dagli imputati in un «contesto di forte aggressività e minacce ed accompagnate da frasi di intolleranza verso la presenza in Italia e nel territorio di riferimento di persone di origine africana» inoltre, ha ritenuto che già l'uso della parola «negro» che, secondo l'opinione ed il linguaggio comuni ha un significato discriminatorio e offensivo, è, pertanto, significativo di un «sentimento di avversione e odio razziale». «Tali espressioni» concludono i Giudici di terzo grado, «in considerazione del contesto probatorio, sono sicuramente state adoperate dai giovani con la consapevolezza del senso di disprezzo razziale ed etnico ad esse collegato, discendendone, quindi, la configurabilità dell'aggravante». Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Presidente Vessichelli – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Palermo ha confermato la pronunzia di condanna alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, a carico degli imputati V.R., V.S. e S.E. per i delitti ex articolo 610 e 582 c.p. aggravati dalle condizioni di minorata difesa e dell'odio razziale fatti compiuti ad omissis . La Corte ha ritenuto comprovate le condotte attribuite agli imputati in concorso, consistite nell'aver dapprima minacciato un gruppo di ragazzi africani, costringendoli ad allontanarsi dal luogo ove erano salendo su un pulmino in seguito di averli seguiti su auto ed aver accerchiato il veicolo costringendolo a fermarsi, obbligandoli a scenderne con minaccia, anche di morte e di aver cagionato lesioni agli stessi. L'aggravante dell'odio razziale è stata ravvisata per le espressioni dispregiative più volte adoperate nei confronti delle persone offese durante la realizzazione delle condotte illecite. 1.Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati tramite il comune difensore di fiducia, articolando ciascuno due motivi di ricorso dal contenuto in sostanza sovrapponibile e che, pertanto, si può riassumere unitariamente. 1.1 Con il primo comune motivo si è dedotta l'illogicità per contraddittorietà e l'omessa motivazione riguardo alle doglianze presentate nel giudizio di appello. La Corte non avrebbe colto le incongruenze nelle dichiarazioni delle persone offese e dei testi estranei ai fatti, che impedivano di definire con la necessaria chiarezza il ruolo svolto da ciascuno degli imputati nel corso delle articolate attività delittuose loro ascritte nè sarebbe risultata provata la pronunzia di frasi esprimenti la ritenuta finalità di odio razziale da parte di ognuno di essi, ad eccezione di una frase pronunziata a Partinico da S.E. , che a parere della difesa non avrebbe tale finalità. 1.2 Tramite il secondo motivo si è dedotta la violazione di legge e l'illogicità di motivazione per il diniego delle attenuanti generiche. Con requisitoria scritta a norma del D.L. 17 marzo 2020, numero 18, articolo 83, comma 12-ter, convertito, con modificazioni, con la L. 24 aprile 2020, numero 27, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi. In data 19.2.2021 è pervenuta nota da parte del difensore di fiducia degli imputati, con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. In data 23/02/2021 e 24.2.2021 i difensori delle parti civili, avvocato omissis ed avvocato omissis hanno depositato conclusioni e nota spese. Considerato in diritto I ricorsi sono inammissibili. 1. Va ribadito il costante orientamento di questa Corte secondo il quale il ricorso per cassazione è inammissibile per difetto di specificità estrinseca quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto d'impugnazione, atteso che quest'ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato o soltanto formalmente evidenziarle senza realmente confrontarsi con esse Sez. 2, numero 11951 del 29/1/2014, Lavorato, Rv. 259425 Sez. 5, numero 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568 Sez. 2, numero 19951 del 15/5/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109 . 2. Il primo motivo di ricorso, che presenta doglianze in sostanza sovrapponibili per tutti i giudicabili, è affetto dal citato vizio di inammissibilità, essendo ripetitivo dei motivi di appello, già adeguatamente esaminati e risolti dai Giudici del merito e non avendo relazione critica con l'ampia, adeguata e logicamente ineccepibile motivazione resa dalla Corte territoriale. Invero, i Giudici di appello hanno linearmente ricostruito il fatto - dalla pagina 14 alla pagina 16 del testo in base alle dichiarazioni, in sostanza concordi, delle persone offese, pur dando conto di alcune sbavature marginali delle narrazioni, che non inficiano la complessiva plausibile ricostruzione della dinamica delittuosa, nè il sinergico coinvolgimento degli imputati inoltre, si è tenuto conto della prova costituita dalle immagini riprese dal sistema di videosorveglianza presente nella strada ove avvenne l'accerchiamento ad opera degli imputati, che fecero uso di tre auto che bloccarono il pulmino sul quale erano i giovani africani infine si è dato conto che i certificati medici attestavano le lesioni subite dalla persone offese. A completamento del percorso logico argomentativo la motivazione ha poi esaminato - pagine 17 e 18 - le singole posizioni degli attuali ricorrenti, evidenziando per ciascuno di essi gli elementi probatori ritenuti significativi ai fini della conferma della responsabilità. 2.1 Riguardo a tale ben strutturato impianto motivazionale in sostanza la difesa ha omesso di esprimere argomentate critiche, limitandosi a sottolineare le discrasie, a suo parere, presenti nelle dichiarazioni delle persone offese - di cui la motivazione ha dato conto - senza neppure sfiorare con censure ragionate gli altri elementi di prova a sostegno della decisione e senza considerare che V.R. e V.S. nei rispettivi interrogatori di garanzia, avevano ammesso di aver partecipato alla violenta aggressione, pur tentando di ridimensionarne la gravità, come puntualmente annotato dai Giudici palermitani. 2.2 Facendo corretto uso degli insegnamenti di questa Corte in tema di concorso di persone nel reato la Corte distrettuale ha chiarito che la responsabilità gravante sugli imputati è stata ritenuta a questo titolo, puntualizzando che ciascuno degli imputati, pur con apporti di diversa intensità ma egualmente rilevanti e convergenti, ha cooperato ad aggredire fisicamente le vittime delle condotte delittuose, esprimendo piena comunanza di intenti e contribuendo reciprocamente a fomentare l'aggressività di ognuno di essi. 3.Quanto alla censura circa la sussistenza dell'aggravante dell'odio razziale occorre osservare che la Corte palermitana ha fatto buon governo dei principi espressi della giurisprudenza di legittimità. Appare utile ricordare che, secondo la lezione di questa Corte, la circostanza aggravante prevista dall'articolo 604-ter c.p. è configurabile non solo quando l'azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell'agente. Fattispecie, sovrapponibile alla presente, relativa al reato di lesioni personali in cui la vittima veniva apostrofata con l'epiteto negro di merda . Sez. 5 - , Sentenza numero 307 del 18/11/2020 Ud. dep. 07/01/2021 Rv. 280146. In senso conforme Sez. 5, Sentenza numero 7859 del 02/11/2017 Ud. dep. 19/02/2018 Rv. 272278. 3.1 Nel caso in esame la Corte d'Appello ha valorizzato le ripetute espressioni negri o neri di merda pronunziate dagli imputati in un contesto di forte aggressività e minacce ed accompagnate da espressioni di intolleranza verso la presenza in Italia e nel territorio di riferimento di persone di origine africana che ci fate qua tornatevene in Africa inoltre, ha condivisibilmente ritenuto che già l'uso della parola negro che, secondo l'opinione ed il linguaggio comuni ha un significato discriminatorio ed offensivo, come se denotasse di per sé una inferiorità razziale e genetica è, pertanto, significativo di un sentimento di avversione ed odio razziale verso la persona alla quale la parola stessa è diretta. Tali espressioni, in considerazione del contesto probatorio emerso nel corso del giudizio di merito, sono sicuramente state adoperate dagli attuali ricorrenti con la consapevolezza del senso di disprezzo razziale ed etnico ad esse collegato, discendendone, quindi, la configurabilità dell'aggravante contestata così Sez. 5, Sentenza numero 30525 del 04/02/2013 Cc. dep. 15/07/2013 Rv. 255558. 4.Ugualmente inammissibile è il secondo motivo del ricorso che ha lamentato la negatoria delle circostanze attenuanti generiche. Le attenuanti in parola sono state correttamente rifiutate, in considerazione delle gravi modalità dei fatti, in sostanza una spedizione punitiva per motivi di disprezzo razziale, con uso di bastoni di legno per colpire le persone offese, ed a causa dei precedenti gravanti su ciascuno dei tre imputati, del tutto giustificatamente ritenuti socialmente pericolosi ed inclini alla violenza personale. Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Dalla soccombenza nel presente giudizio deriva la condanna degli imputati in solido alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili difese dall'avv. omissis e dall'avv. omissis , ammesse al patrocinio dello Stato, spese che saranno determinate ad opera del competente giudice del merito. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonché, in solido, alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle ppcc difese dall'avv. omissis e dall'avv. omissis , ammesse al patrocinio dello Stato, spese da determinarsi ad opera del competente Giudice del merito.