Patteggiamento e formazione ed espressione della volontà dell’imputato

«La notifica del decreto di giudizio immediato, che contiene l’indicazione che il processo potrà giungere alla definizione mediante il patteggiamento e la successiva formulazione dell’istanza da parte del procuratore speciale, a cui è stata conferita, specifica procura speciale per la definizione del processo ex articolo 444, c.p.p. o con altri riti alternativi, consente di ritenere che la volontà dell’imputato si sia correttamente formata ed espressa».

Il GUP del Tribunale di Bari applicava la pena di un anno di reclusione e 200 euro di multa ad un imputato per aver favorito la prostituzione di due straniere e dichiarava inammissibile la richiesta di revoca del consenso al patteggiamento. Il difensore dell'imputato ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, il vizio della motivazione in ordine alla suddetta richiesta. La doglianza è inammissibile. L'articolo 446, comma 5, c.p.p. afferma, infatti, che «il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell'imputato». Ne consegue che il giudice dovrà valutare il contesto entro il quale è maturata la richiesta dell'imputato al fine di verificare che, «in presenza di obiettive e palesi situazioni, la volontà dell'imputato possa essersi formata o espressa in maniera viziata». Il suddetto articolo, quindi, non attiene e non consente la revoca del consenso, come invece si sostiene nel caso di specie. Per questi motivi la S.C. arriva ad affermare che «la notifica del decreto di giudizio immediato, che contiene l'indicazione che il processo potrà giungere alla definizione mediante il patteggiamento e la successiva formulazione dell'istanza da parte del procuratore speciale, a cui è stata conferita, specifica procura speciale per la definizione del processo ex articolo 444, c.p.p. o con altri riti alternativi, consente di ritenere che la volontà dell'imputato si sia correttamente formata ed espressa». Pertanto, il Collegio dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Presidente Ramacci – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 28 febbraio 2020 il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari ha applicato a M.A. , riconosciute le circostanze attenuanti generiche, la pena di un anno di reclusione ed Euro 200 di multa, con la sospensione condizionale della pena, per il reato di cui alla L. numero 75 del 1958, articolo 3, numero 4, per avere favorito la prostituzione di S.F.A. e C.V. in omissis . 2. Avverso tale sentenza e l'ordinanza del 28 febbraio 2020, con la quale il giudice dell'udienza preliminare ha dichiarato inammissibile la richiesta di revoca del consenso al patteggiamento, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo ex articolo 606 c.p.p., lett. c , l'inosservanza dell'articolo 99 c.p.p., comma 2, articolo 446 c.p.p., comma 5, 6 Cedu, ed il vizio della motivazione in ordine alla richiesta di revoca del consenso al patteggiamento. Considerato in diritto 1. In punto di fato, dagli atti risulta che, a seguito della notifica del decreto di giudizio immediato, con l'istanza del 7 dicembre 2019, il procuratore speciale dell'imputato ha chiesto, limitatamente al reato di favoreggiamento della prostituzione, l'applicazione della pena il pubblico ministero ha prestato il consenso il 10 dicembre 2019. Da quanto risulta dallo stesso ricorso, a seguito dell'accordo, con decreto del 7 gennaio 2020 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari ha fissato l'udienza del 28 febbraio 2020 per la decisione. A tale udienza, l'imputato presente ha revocato la richiesta di patteggiamento. Il giudice per le indagini preliminari ha rigettato tale richiesta in sede di conclusioni, il difensore, procuratore. speciale, presente l'imputato, ha chiesto emettersi sentenza di non luogo a procedere con riferimento alle condotte di sfruttamento della prostituzione e sentenza di applicazione della pena per le condotte di favoreggiamento. Il giudice per le indagini preliminari ha quindi emesso sentenza ex articolo 444 c.p.p., per il reato di favoreggiamento della prostituzione e sentenza ex articolo 129 c.p.p., per le altre imputazioni non oggetto dell'accordo. 2. Il ricorso è inammissibile ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 3, e articolo 448 c.p.p., comma 2 bis. 2.1. I motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato sono relativi esclusivamente all'esistenza di un vizio della volontà nella conclusione dell'accordo ex articolo 444 c.p.p L'articolo 446 c.p.p., comma 5, allorché afferma che “il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell'imputato , si riferisce infatti alla verifica dell'eventuale sussistenza di un vizio del consenso. Il giudice dovrà, in tal caso, valutare il contesto entro il quale è maturata la richiesta dell'imputato, non per contestare l'atto di attribuzione dei poteri di rappresentanza, quanto piuttosto per verificare che, in presenza di obiettive e palesi situazioni, la volontà dell'imputato possa essersi formata o espressa in maniera viziata. 2.2. Deve pertanto affermarsi che l'articolo 446 c.p.p., comma 5, non attiene e non consente la revoca del consenso, come invece si sostiene nel ricorso. 2.3. L'inesistenza del vizio, come affermato anche da Sez. 1, numero 15557 del 20/03/2018, Tarik, Rv. 272630 - 01, in motivazione, può emergere con valutazioni relative al contesto del procedimento e del processo. Può affermarsi il principio per cui, la notifica del decreto di giudizio immediato, che contiene l'indicazione che il processo potrà giungere alla definizione mediante il patteggiamento e la successiva formulazione dell'istanza da parte del procuratore speciale, a cui è stata conferita, come nel caso in esame, specifica procura speciale per la definizione del processo ex articolo 444 c.p.p., o con altri riti alternativi, consente di ritenere che la volontà dell'imputato si sia correttamente formata ed espressa. 2.4. Va ribadito il principio per cui, in tema di patteggiamento, il ricorso per cassazione per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato ai sensi dell'articolo 448 c.p.p., comma 2 bis, a pena di inammissibilità, deve contenere la specifica indicazione degli atti o delle circostanze che hanno determinato il vizio Sez. 1, numero 15557 del 20/03/2018, Tarik, Rv. 272630 - 01 . 2.5. Nel ricorso non si prospetta l'esistenza di un vizio della volontà ma il ripensamento dell'imputato sul percorso intrapreso per essere giudicato con il rito ordinario, per valutare nel contraddittorio delle parti la propria responsabilità. Tale tesi collide per altro con la richiesta, non revocata, del procuratore speciale di definizione del processo con il giudizio abbreviato ove non accettata la richiesta ex articolo 444 c.p.p Emerge dagli atti, pertanto, che l'imputato dopo la notifica del decreto di giudizio immediato scelse di definire il processo con i riti alternativi, rinunciando così al processo ordinario. Per altro, in sede di conclusioni, alla presenza dell'imputato, è stata ribadita la volontà di definire il processo con l'applicazione della pena. 2.6. Dunque, il ricorso è stato presentato per motivi estranei all'articolo 448 c.p.p., comma 2 bis. 2.7. Il ricorso per cassazione si fonda, quanto alla revocabilità del consenso, su orientamenti della giurisprudenza tutti risalenti nel tempo e non più riproposti. La giurisprudenza è infatti ormai costante nell'affermare, in tema di patteggiamento, che l'accordo tra l'imputato e il pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, una volta pervenuto a conoscenza dell'altra parte e quando questa abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile e non è suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale dell'altra, in quanto il consenso reciprocamente manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà determina effetti non reversibili nel procedimento e pertanto nè all'imputato nè al pubblico ministero è consentito rimetterlo in discussione. Così Sez. 1, numero 48900 del 15/10/2015, Martinas, Rv. 265429 - 01, che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'imputato avverso la sentenza ex articolo 444 c.p.p., che aveva recepito l'accordo raggiunto dal P.M. e il precedente difensore munito di procura speciale, successivamente revocato dall'imputato. Nello stesso senso Sez. 5, numero 12195 del 19/02/2019, Locca, Rv. 276038 - 01, per cui in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, l'accordo tra l'imputato e il pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, quando entrambe le parti abbiano manifestato il proprio consenso con le dichiarazioni congiunte di volontà, diviene irrevocabile e non può essere modificato per iniziativa unilaterale di una parte, determinando effetti non reversibili nel procedimento in applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso inteso a far valere la contrarietà alla scelta del rito espressa dall'imputata nell'udienza celebrata dopo il perfezionamento dell'accordo . 2.8. Sez. 3, numero 55124 del 04/10/2016, Rinaldi, Rv. 268718 - 01, ha ritenuto abnorme, in quanto determina un'indebita regressione del procedimento, l'ordinanza del Tribunale che dispone la restituzione degli atti al giudice dell'udienza preliminare, il quale, ritenendo erroneamente revocabile il consenso all'applicazione della pena da parte dell'imputato, prima della ratifica dell'accordo da parte del giudice, aveva disposto il rinvio a giudizio. La sentenza Rinaldi - oltre a ribadire che la richiesta di applicazione di pena costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, una volta intervenuto il consenso della controparte, non può essere nè revocato nè modificato unilateralmente, avviandosi così il procedimento verso un epilogo anticipato - ha rilevato altresì, in motivazione, che l'articolo 447 c.p.p., comma 3, prevede che, durante il termine fissato dal giudice per esprimere il consenso o il dissenso sulla richiesta, quest'ultima non è revocabile sicché sarebbe illogico ritenere che, una volta raggiunto l'accordo, la richiesta possa invece essere revocata. 2.9. Erroneamente il ricorso invoca l'applicazione dell'articolo 99 c.p.p., comma 2 oltre a quanto già osservato in relazione all'articolo 447 c.p.p., comma 3, nel caso in esame dopo l'accordo è intervenuto il provvedimento del giudice, che è consistito nella fissazione dell'udienza per la definizione del processo. 2.10. Del tutto infondati sono poi i richiami alla giurisprudenza della Cedu, poiché i casi Hermi e Sejdovich non riguardano la revoca dell'accordo ex articolo 444 c.p.p 3. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.