Accertato il carattere colposo della condotta tenuta dal danneggiato e l'imprevedibilità/inevitabilità di tale condotta da parte del custode, si assiste ad un'interruzione del nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso l'iniziale apparente riconducibilità dell'evento alla cosa in custodia provata già dal danneggiato, qualora venga successivamente provato dal custode il caso fortuito
T.P. conveniva in giudizio il Comune di Milano per chiedere, ai sensi dell'articolo 2051 c.c., il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito della caduta a terra mentre camminava, a causa dell'irregolarità della pavimentazione. Il Comune di Milano, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto delle domande proposte data l'insussistenza dei presupposti per l'operatività dell'articolo 2051 c.c., considerando la visibilità e la prevedibilità dell'irregolarità della strada. Ripartizione dell'onere probatorio. Per ciò che attiene la natura della responsabilità ex articolo 2051 c.c. e la ripartizione dell'onere probatorio, secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 2488/2018, «spetta all'attore la prova della derivazione del danno dalla cosa, nonché quello dell'esistenza di un rapporto di custodia tra il convenuto e la cosa stessa solamente ove sia assolto dal danneggiato tale onere della prova, spetterà poi al convenuto la prova liberatoria del caso fortuito, ovverosia la prova di un fattore interruttivo del nesso di causa ex articolo 41 cpv. c.p. che lega la cosa al danno, non potendo, invece, dispiegare alcuna rilevanza la prova della diligenza del custode, trattandosi – come detto – di un'ipotesi di responsabilità oggettiva». Ruolo del danneggiato nella causazione dell'evento dannoso. Secondo le sentenze nnumero 1705/2021, 29465/2020, 4160/2019, 2482/2018 «la cosa oggetto di custodia può essere in movimento o inerte. Tale distinzione non incide sulla prova del nesso causale, ma consente di ravvisare una differente rilevanza dell'apporto del danneggiato alla causazione dell'evento dannoso. Nel caso di cose cd. seagenti o dinamiche l'apporto concausale della condotta dell'uomo è limitato o addirittura talora assente, così come emerge, ad esempio, nel caso dello scoppio di una caldaia, di esalazioni venefiche da un manufatto e, infine, di caduta dalle scale mobili nell'ipotesi di cose inerti, quali ad esempio pavimentazioni scivolose o irregolari che cagionino la caduta del soggetto che le percorre, il danno si verifica, invece, con la necessaria interazione della condotta umana, la quale è indispensabile per la produzione dell'evento. Pertanto, il concorso della condotta del danneggiato nella causazione dell'evento è elemento che necessariamente interviene nella serie causale che porta alla verificazione dell'evento di danno». Danno cagionato da cose in custodia inerti. La Cassazione, con le sentenze nnumero 24513/2014, 21727/2012, 26524/2020 e 2480/2018 ha inoltre precisato che, nel caso di danno cagionato da cose in custodia inerti, «è necessario ulteriormente distinguere due ipotesi da un lato, può sussistere il nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso, in quanto la cosa in custodia, pur nell'interazione con la condotta umana cd. fortuito concorrente , ha avuto una qualificata capacità eziologica rispetto all'evento nella sua specificità dall'altro lato, la cosa in custodia può costituire una mera occasione della verificazione dell'evento di danno rispetto al quale la condotta colposa della vittima riveste efficacia esclusiva in termini causali. In tale ultimo caso ricorre il cd. fortuito incidente la cui integrazione può essere valutata anche officiosamente in applicazione dell'articolo 1227, co. 1, c.c.». Requisiti del caso fortuito. Per ciò che attiene, invece, ai requisiti del caso fortuito, vi è un quadro giurisprudenziale non univoco. La giurisprudenza maggioritaria sentenza numero 25837/2017, numero 26254/2020 e numero 18100/2020 ritiene che «ai fini dell'integrazione del caso fortuito, oltre alla prova della colpa del danneggiato, è necessario che venga allegata e provata l'imprevedibilità e inevitabilità della condotta colposa del danneggiato da parte del custode. Si argomenta, infatti, che, diversamente opinando, si giungerebbe ad “ad una sorta di moderno paradosso di Epidemide”, in quanto delle due l'una - se la condotta della vittima è prudente, essa è in grado di avvistare il pericolo ed evitarlo, ed alcun danno potrebbe mai verificarsi, sicché in questo caso la responsabilità del custode mai potrebbe sorgere - se la condotta della vittima è imprudente, tale imprudenza escluderebbe di per sé la responsabilità del custode, la quale anche in questo caso mai potrebbe sorgere». Ne consegue che «la prova liberatoria prevista dall' articolo 2051 c.c.» viene raggiunta «ove risulti provato non solo il carattere colposo della condotta tenuta dal danneggiato, bensì anche la imprevedibilità e inevitabilità di tale condotta colposa del danneggiato da parte del custode» e che «qualora ricorrano i presupposti sopra indicati, ovverosia il carattere colposo della condotta tenuta dal danneggiato e l'imprevedibilità/inevitabilità di tale condotta da parte del custode, si assiste ad un'interruzione del nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso l'iniziale apparente riconducibilità dell'evento alla cosa in custodia provata già dal danneggiato, qualora venga successivamente provato dal custode il caso fortuito, regredisce a mera occasione o 'teatro' della vicenda produttiva di danno, atteso che la condotta colposa del danneggiato assume efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell'evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente». Interruzione del nesso causale. Nel caso di specie, il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso verificatosi si sarebbe interrotto, poiché l'unico responsabile per l'inciampo e la successiva caduta sarebbe unicamente il danneggiato. Ciò in quanto «la pavimentazione sulla quale è occorsa la caduta – nella specie pavè – è per sua natura disconnessa e non uniforme» e che «il dislivello e l'usura dei massetti sui quali l'attore ha allegato essere avvenuto il sinistro sono contenuti e facilmente visibili, tenendo anche in considerazione l'orario diurno in cui il fatto si è verificato – nella specie ore 13.30». Inoltre, risulta che «la mancata adozione da parte del danneggiato di minime cautele idonee ad evitare il danno a fronte della possibilità di percepire lo stato delle cose in custodia consente di concludere anche per l'abnormità della condotta da stesso tenuta». Si evidenza, così, che «il danno non è stato cagionato dalla cosa in custodia, nella specie dalla pavimentazione cd. pavè, bensì dalla condotta colposa del danneggiato, dovendo invece la cosa in custodia regredire a mera occasione o teatro dell'evento di danno la condotta del danneggiato ha interrotto, quindi, il nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso». Per tutti questi motivi, il Tribunale di Milano rigetta le domande proposte dall'attore e dichiara compensate tra le parti le spese processuali.
Giudice Spera Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con atto di citazione ritualmente notificato T.P. conveniva in giudizio il Comune di Milano per chiedere ai sensi dell'articolo 2051 c.c. il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito della caduta a terra a lui occorsa mentre camminava a Milano in Piazza IV N. il 7 ottobre 2018 alle ore 13.30, causata dall'irregolarità della pavimentazione che rivestiva la predetta piazza. Si costituiva tempestivamente in giudizio il Comune di Milano chiedendo in via principale, il rigetto delle domande proposte da parte attrice, attesa l'insussistenza dei presupposti per l'operatività dell'articolo 2051 c.c. in considerazione del carattere visibile e prevedibile dell'irregolarità del calpestio in subordine, la riduzione della pretesa risarcitoria fatta valere dall'attore alla luce del concorso di colpa del danneggiato nella causazione del danno, tenendo conto altresì dell'eventuale indennizzo già liquidato in sede assicurativa. Alla prima udienza del 13 ottobre 2020 le parti concordemente chiedevano concedersi i termini ex articolo 183, co. 6, c.p.c. Il giudice, a scioglimento della riserva assunta a seguito della scadenza dei termini ex articolo 183, co. 6, c.p.c., rigettava ogni richiesta istruttoria ritenendo la causa matura per la decisione e fissava l'udienza del 16 febbraio 2021 per la precisazione delle conclusioni. Le parti precisavano le conclusioni nell'udienza del 16 febbraio 2021 e, scaduti i termini per lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, in data 8 aprile 2021 la causa veniva trattenuta in decisione. 2. Ritiene questo Giudice che le domande proposte in giudizio dall'attore debbano essere rigettate. Con riferimento all'an debeatur si osserva quanto segue. Nell'atto introduttivo l'attore lamenta di essere caduto a terra mentre transitava a Milano, in Piazza IV N. il 7 ottobre 2018 alle ore 13.30, riportando un trauma cranico e la frattura dell'omero v. all. 10 atto di citazione . L'attore riconduce la caduta, e perciò i conseguenti danni, all'irregolarità della pavimentazione della piazza e, per queste ragioni, cita in giudizio il Comune di Milano, ente proprietario della strada. La fattispecie prospettata dall'attore rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 2051 c.c., relativo alla responsabilità delle cose in custodia. 2.1. La natura della responsabilità ex articolo 2051 c.c. e la ripartizione dell'onere probatorio Giova premettere che, per consolidato orientamento della Corte di Cassazione, l'articolo 2051 c.c. configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva che prescinde da qualunque connotato di colpa. L'inquadramento nell'ambito della suddetta norma comporta, quindi, precise conseguenze in tema di onere probatorio gravante sulle parti. Più esattamente spetta all'attore la prova della derivazione del danno dalla cosa, nonché quello dell'esistenza di un rapporto di custodia tra il convenuto e la cosa stessa solamente ove sia assolto dal danneggiato tale onere della prova, spetterà poi al convenuto la prova liberatoria del caso fortuito, ovverosia la prova di un fattore interruttivo del nesso di causa ex articolo 41 cpv. c.p. che lega la cosa al danno, non potendo, invece, dispiegare alcuna rilevanza la prova della diligenza del custode, trattandosi – come detto – di un'ipotesi di responsabilità oggettiva Cass. nnumero 2480, 2481, 2482 del 2018 Cass. numero 2488 del 2018 . 2.2. Il caso fortuito la condotta colposa del danneggiato Il caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale si individua in quel fatto dotato dei requisiti dell'autonomia, dell'eccezionalità, dell'imprevedibilità, dell'inevitabilità e che sia, così, idoneo a produrre autonomamente l'evento di danno. Il caso fortuito può trovare una triplice origine l'evento naturale, il fatto del terzo oppure la condotta del danneggiato Cass. numero 18075 del 2018 Cass. numero 17443 del 2019 . Con specifico riferimento all'ipotesi in cui l'eventuale interruzione del nesso causale sia ascrivibile alla condotta del danneggiato, è necessario precisare quanto segue. Occorre precisare che la cosa oggetto di custodia può essere in movimento o inerte Cass. numero numero 1705 del 2021 numero 4160 del 2019 . Come ha chiarito la giurisprudenza di legittimità Cass. numero 1705 del 2021 numero 29465 del 2020 numero 4160 del 2019 numero 2482 del 2018 , tale distinzione non incide sulla prova del nesso causale, ma consente di ravvisare una differente rilevanza dell'apporto del danneggiato alla causazione dell'evento dannoso. Nel caso di cose cd. seagenti o dinamiche l'apporto concausale della condotta dell'uomo è limitato o addirittura talora assente, così come emerge, ad esempio, nel caso dello scoppio di una caldaia, di esalazioni venefiche da un manufatto e, infine, di caduta dalle scale mobili nell'ipotesi di cose inerti, quali ad esempio pavimentazioni scivolose o irregolari che cagionino la caduta del soggetto che le percorre, il danno si verifica, invece, con la necessaria interazione della condotta umana, la quale è indispensabile per la produzione dell'evento. Pertanto, il concorso della condotta del danneggiato nella causazione dell'evento è elemento che necessariamente interviene nella serie causale che porta alla verificazione dell'evento di danno. Ed inoltre, nel caso di danno cagionato da cose in custodia inerti, è necessario ulteriormente distinguere due ipotesi da un lato, può sussistere il nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso, in quanto la cosa in custodia, pur nell'interazione con la condotta umana cd. fortuito concorrente , ha avuto una qualificata capacità eziologica rispetto all'evento nella sua specificità dall'altro lato, la cosa in custodia può costituire una mera occasione della verificazione dell'evento di danno rispetto al quale la condotta colposa della vittima riveste efficacia esclusiva in termini causali. In tale ultimo caso ricorre il cd. fortuito incidente Cass. numero 24513 del 2014 Cass. numero 21727 del 2012 , la cui integrazione può essere valutata anche officiosamente in applicazione dell'articolo 1227, co. 1, c.c. Cass. numero 26524 del 2020 Cass. numero 2480 del 2018 . 2.3. I requisiti del caso fortuito Per quanto concerne i presupposti per l'integrazione del caso fortuito incidente emerge un quadro giurisprudenziale non univoco. a Il carattere colposo della condotta del danneggiato la rilevanza dell'insidiosità della cosa in custodia Più chiaramente, è incontestato che, perché la condotta del danneggiato possa interrompere il nesso causale, essa debba essere connotata da colpa, nella specie da imprudenza o negligenza. Per svolgere tale accertamento, il giudice deve comparare la condotta tenuta dal danneggiato con quella che avrebbe dovuto tenere una persona di normale avvedutezza, “secondo lo schema di cui all'articolo 1176 c.c.” Cass. numero 25837 del 2017 . In relazione alla prova della colpa è opportuno ricordare altresì la distinzione proposta in giurisprudenza circa la natura insidiosa o meno della cosa oggetto di custodia Cass. numero 4279 del 2008 Cass. numero 25837 del 2017 e comunque sempre riconducibile alla fattispecie di cui all'articolo 2051 c.c. impregiudicata l'eventuale qualificazione della responsabilità anche ex articolo 2043 c.c. . Nel caso di cosa insidiosa, ovverosia oggettivamente pericolosa e soggettivamente non percepibile da parte del danneggiato, è limitata la prevedibilità del pericolo da parte di quest'ultimo sicché sarà maggiormente scusabile la condotta della vittima che non era in grado di prevedere l'evento dannoso pertanto, in quest'ipotesi appare plausibile concludere per una valutazione in termini di diligenza della condotta tenuta che, quindi, esclude la ricorrenza del caso fortuito ex articolo 2051 c.c. Si pensi al caso in cui vi sia sulla carreggiata una macchia d'olio non immediatamente percepibile da parte del danneggiato in assenza di una previsione del pericolo da parte della vittima non può qualificarsi come colposa la mancata adozione di adeguate cautele per evitare il danno. Di converso, quanto più la pericolosità della cosa è visibile, tanto più la situazione di danno è suscettibile di essere prevista ed eventualmente evitata dal danneggiato attraverso l'adozione delle cautele normalmente prevedibili in rapporto alle circostanze ed esigibili in considerazione del dovere di solidarietà sociale ex articolo 2 Cost. Cass. numero 2872 del 2020 Cass. numero 9315 del 2019 Cass. numero 2345 del 2019 Cass. numero 17443 del 2019 . Tali parametri consentono, quindi, di ravvisare la negligenza o imperizia della condotta del danneggiato, che può rilevare ai fini dell'integrazione del caso fortuito. Si pensi all'ipotesi di una caduta occorsa in strada sterrata, ricoperta da ghiaia e ciottoli in caso di mancata adozione delle ordinarie cautele volte ad evitare il danno, la condotta del danneggiato potrà dirsi colposa per un'ipotesi di buca ben visibile sul manto stradale vedi Cass. numero 27724 del 2018 . Il requisito del carattere colposo della condotta del danneggiato, secondo una parte minoritaria della giurisprudenza, è sufficiente ad integrare il caso fortuito. Si afferma, infatti, che la prova liberatoria prevista per il custode ex articolo 2051 c.c. non può coinvolgere alcun accertamento in ordine all'eventuale prevedibilità della condotta colposa del danneggiato da parte del custode dal momento che tale tipo di valutazione “postula la rilevanza di un coefficiente colposo, in capo al custode, che è invece estraneo alla fattispecie astratta di responsabilità, la quale come detto si colloca interamente sul piano oggettivo del rapporto causale tra cosa in custodia e danno” così Cass. numero 8216 del 2021 . b L'imprevedibilità/inevitabilità della condotta colposa del danneggiato da parte del custode Di diverso avviso è, invece, la giurisprudenza maggioritaria, secondo la quale, ai fini dell'integrazione del caso fortuito, oltre alla prova della colpa del danneggiato, è necessario che venga allegata e provata l'imprevedibilità e inevitabilità della condotta colposa del danneggiato da parte del custode. Si argomenta, infatti, che, diversamente opinando, si giungerebbe ad “ad una sorta di moderno paradosso di Epidemide, in quanto delle due l'una - se la condotta della vittima è prudente, essa è in grado di avvistare il pericolo ed evitarlo, ed alcun danno potrebbe mai verificarsi, sicché in questo caso la responsabilità del custode mai potrebbe sorgere - se la condotta della vittima è imprudente, tale imprudenza escluderebbe di per sé la responsabilità del custode, la quale anche in questo caso mai potrebbe sorgere” così Cass. numero 25837 del 2017 negli stessi termini, Cass. numero 26254 del 2020 numero 18100 del 2020 . Tale argomentazione pare convincente, sicché deve ritenersi che la prova liberatoria prevista dall'articolo 2051 c.c. sia raggiunta ove risulti provato non solo il carattere colposo della condotta tenuta dal danneggiato, bensì anche la imprevedibilità e inevitabilità di tale condotta colposa del danneggiato da parte del custode. E' bene evidenziare che tali valutazioni muovono sempre sul piano oggettivo, non invece su quello soggettivo, dal momento che sono finalizzate ad accertare l'eccezionalità del fattore esterno e la conseguente interruzione del nesso causale, non invece l'eventuale colpa del custode. La condotta colposa del danneggiato è imprevedibile allorché, secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, essa costituisca un'evenienza non ragionevole o accettabile e, quindi, possa ritenersi eccezionale, inconsueta, inattesa da una persona sensata, in applicazione del criterio della causalità adeguata Cass. numero 17443 del 2019 Cass. numero 9315 del 2019 . Il giudizio di imprevedibilità deve svolgersi considerando la prospettiva del custode, accertando se, secondo una prognosi postuma, era prevedibile ex ante da parte di quest'ultimo la condotta colposa tenuta dal danneggiato. Solo in questo modo è possibile mantenere distinto il profilo della colpa del danneggiato da quello della prevedibilità della condotta colposa della vittima da parte del custode, così come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità, la quale evidenzia che si tratta di concetti eterogenei che non si implicano a vicenda Cass. numero 25837 del 2017 . D'altro canto, però, è evidente che l'abnormità della condotta del danneggiato esclude la sua prevedibilità da parte del custode tanto maggiore è la divergenza tra la condotta tenuta dal danneggiato e le cautele di cui il custode poteva ragionevolmente attendersi il rispetto da parte della vittima, alla luce delle circostanze concrete e in considerazione del dovere di solidarietà sociale ex articolo 2 Cost., tanto maggiore è l'abnormità della condotta colposa del danneggiato e la sua imprevedibilità da parte del custode Cass. numero 2481 del 2018 numero 18100 del 2020 . Un esempio potrà chiarire quanto detto. Si pensi ad una cosa obiettivamente pericolosa, la cui pericolosità è soggettivamente percepibile, come in ipotesi di presenza di neve sul marciapiede è possibile esigere un comportamento particolarmente accorto da parte della vittima conformemente al principio secondo cui la cautela richiesta è direttamente proporzionale al grado di percepita pericolosità della cosa. Nel caso in cui il danneggiato non adotti alcuna cautela e percorra velocemente e senza alcuna accortezza il marciapiede, il suo comportamento imprudente potrà dirsi abnorme e, quindi, imprevedibile da parte del custode Cass. numero 29465 del 2020 . È oggettivamente imprevedibile ex ante, infatti, che, a fronte di una situazione di pericolo facilmente evitabile da parte del danneggiato con le ordinarie cautele, la vittima non le adotti e concorra in tutto o in parte con la sua condotta a cagionare il danno. È bene evidenziare che, onde evitare che il giudizio di imprevedibilità si riduca ad un accertamento privo di reale valore, tale requisito deve essere vagliato con riferimento alle peculiarità del caso concreto, in applicazione del criterio della causalità adeguata secondo il quale la con causa deve essere adeguata alla verificazione dell'evento in concreto verificatosi. Più chiaramente, considerando l'evento in astratto, potrebbe dirsi che ogni evento è prevedibile da parte del custode può infatti, dirsi prevedibile dai custodi l'attraversamento da parte di animali anche di piccola taglia sulle autostrade, così come la perdita di olio da parte dei veicoli che transitano sulle strade. Tali eventi, pur prevedibili in astratto, potrebbero non esserlo in concreto, in relazione ad un determinato momento storico e in considerazione delle circostanze specifiche che connotano la singola fattispecie. È per questa ragione che il giudizio di prevedibilità non va inteso in termini assoluti, ma deve essere circostanziato nel caso concreto. Utile criterio per l'accertamento della prevedibilità da parte del custode del caso fortuito inteso sia come fatto del terzo, sia come evento naturale, sia, infine, come condotta colposa del danneggiato è la sua prevedibilità/evitabilità da parte di quest'ultimo. La non evitabilità del fattore che si innesta nel decorso causale può, infatti, evidentemente derivare da una sua non prevedibilità in concreto da parte del custode. Si pensi, ad esempio, alla formazione di macchie d'olio sulle strade la giurisprudenza ritiene che “la prova della presenza recente di una macchia d'olio, non prevedibile e dunque non evitabile da parte del Comune a cagione del fatto di essersi formata poco prima dell'incidente” Cass. numero 8827 del 2021 numero 7361 del 2019 esclude la responsabilità del Comune, proprio perché, seppur astrattamente prevedibile che un'auto possa lasciare delle macchie d'olio sulla strada, non è prevedibile l'integrazione di tale evento nel caso concreto, proprio per le circostanze specifiche in cui è occorso es. il fatto che sia avvenuto nell'immediatezza dell'evento di danno tanto è vero che tale evento, in quanto in concreto non prevedibile, non è evitabile in un tempo ragionevole a seconda dei casi da parte del custode. Preme evidenziare che il giudizio di inevitabilità deve essere inteso a supporto di quello di prevedibilità, nei termini innanzi chiariti, e non deve ricondursi all'elemento soggettivo della colpa del custode. È certamente errato ravvisare il caso fortuito, e quindi l'esclusione della responsabilità del custode, nel giudizio controfattuale, e cioè ritenere che il custode si liberi dalla responsabilità provando che se avesse rispettato la norma cautelare l'evento non si sarebbe verificato. In definitiva, l'esame del giudizio controfattuale circa le conseguenze della possibile adozione della regola cautelare è irrilevante ai fini dell'accertamento o meno del caso fortuito. Diversamente opinando si rischia evidentemente di ricondurre la fattispecie di cui all'articolo 2051 c.c. ad un'ipotesi colposa, eventualità chiaramente incompatibile con la qualificazione della fattispecie in esame quale ipotesi di responsabilità oggettiva. Solamente la prova da parte del custode del fatto del terzo, dell'evento naturale o della condotta colposa del danneggiato integra gli estremi del caso fortuito, e non certamente la prova del rispetto della regola cautelare. È bene, infine, puntualizzare che il giudizio di inevitabilità del caso fortuito è diverso da quello di inesigibilità da parte del custode di una condotta volta ad evitare il caso fortuito, seppur talvolta la giurisprudenza faccia ricorso a tali termini quasi fossero sinonimi si parla di inesigibilità in Cass. numero 2872 del 2020 . Nel primo caso si fa riferimento all'impossibilità di impedire il fatto che integra il caso fortuito anche in quanto imprevedibile di converso, l'inesigibilità allude all'impossibilità di tenere una condotta che avrebbe, comunque, consentito di impedire l'evento. Ad esempio, per impedire che i cittadini possano scivolare sulla neve in un Comune di montagna, il sindaco non può provare il caso fortuito adducendo essergli impossibile/inesigibile spazzare tutta la neve presente nel territorio comunale nella sentenza Cass. numero 2872 del 2020 si dà rilievo alla inesigibilità della condotta volta a fronteggiare nell'intero territorio comunale le condizioni climatiche conosciute a tutta la popolazione . In definitiva, anche la prova sull'esigibilità o meno della condotta che avrebbe potuto evitare l'evento avverso è del tutto irrilevante ai fini dell'accertamento del caso fortuito. In conclusione, qualora ricorrano i presupposti sopra indicati, ovverosia il carattere colposo della condotta tenuta dal danneggiato e l'imprevedibilità/inevitabilità di tale condotta da parte del custode, si assiste ad un'interruzione del nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso l'iniziale apparente riconducibilità dell'evento alla cosa in custodia provata già dal danneggiato, qualora venga successivamente provato dal custode il caso fortuito, regredisce a mera occasione o 'teatro' della vicenda produttiva di danno, atteso che la condotta colposa del danneggiato assume efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell'evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente Cass. numero 29465 del 2020 numero 18100 del 2020 numero 17873 del 2020 . 3. Tanto premesso in diritto, possono svolgersi le seguenti considerazioni nella fattispecie concreta. Nel presente giudizio si ritiene che sia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso verificatosi, dovendosi infatti ascrivere l'inciampo e la successiva caduta del danneggiato esclusivamente alla colpa di quest'ultimo alla luce delle seguenti ragioni. Innanzitutto, è noto che la pavimentazione sulla quale è occorsa la caduta – nella specie pavè – è per sua natura disconnessa e non uniforme, essendo composta da masselli dalla superficie non omogenea tra loro accostati, contraddistinti anche da naturale usura. Nel caso in esame, la documentazione fotografica prodotta consente di verificare che il dislivello e l'usura dei massetti sui quali l'attore ha allegato essere avvenuto il sinistro sono contenuti e facilmente visibili, tenendo anche in considerazione l'orario diurno in cui il fatto si è verificato – nella specie ore 13.30 cfr. atto di citazione, pag. 1 . Come anticipato, a fronte di una cosa in custodia connotata da pericolosità manifesta e visibile – seppur contenuta – come nel caso in esame, l'utente deve rispettare il minimale e generale obbligo di prudenza e diligenza, che consiste nel guardare attentamente dove posa i piedi, così da evitare il pericolo derivante dalla pavimentazione disconnessa. La facile prevedibilità ed evitabilità dell'insidia sulla base dell'ordinaria diligenza consentono di concludere per il carattere gravemente colposo della condotta tenuta dal danneggiato. Tali presupposti non sussisterebbero, ad esempio, nel caso in cui il massello di cui si compone il pavé non fosse ben posizionato sul fondo stradale e producesse oscillazioni al passaggio del pedone o di un veicolo in tal caso ricorre un pericolo non percepibile ed evitabile da parte del danneggiato, di talché si dovrà escludere, in tutto o in parte, la colpa del danneggiato. Nella specie, la mancata adozione da parte del danneggiato di minime cautele idonee ad evitare il danno a fronte della possibilità di percepire lo stato delle cose in custodia consente di concludere anche per l'abnormità della condotta da stesso tenuta. Pur a fronte di una condotta colposa astrattamente prevedibile da parte del custode, in quanto è astrattamente prevedibile che un soggetto possa inciampare sulle irregolarità proprie del pavè, deve però escludersi una prevedibilità in concreto. La condotta colposa dell'attore, che ben avrebbe potuto evitare il massello in questione anche semplicemente spostandosi di qualche passo, deve ritenersi non solo abnorme, ma anche inevitabile da parte del custode i dislivelli tra i masselli e la disomogeneità della superficie degli stessi sono elementi intrinseci della pavimentazione pavè, che peraltro è sottoposta a vincoli dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici e risulta, quindi, neppure facilmente eliminabile da parte del custode. Per converso, la presenza di dislivelli di maggiore ampiezza, assimilabili a vere e proprie buche, o di masselli non ben posizionati sul fondo stradale possono rendere prevedibile in concreto ed evitabile da parte del custode la condotta del danneggiato e il conseguente evento dannoso con l'avvertenza che se comunque si accertasse in concreto la evitabilità dell'evento da parte del danneggiato potrebbe configurarsi un eventuale concorso di colpa di quest'ultimo . È evidente, quindi, che nel caso in esame il danno non è stato cagionato dalla cosa in custodia, nella specie dalla pavimentazione cd. pavè, bensì dalla condotta colposa del danneggiato, dovendo invece la cosa in custodia regredire a mera occasione o teatro dell'evento di danno la condotta del danneggiato ha interrotto, quindi, il nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso. È appena il caso di rilevare che nulla avrebbero potuto aggiungere le prove per testi richieste da parte attrice nella memoria numero 2, in al più avrebbero consentito di accertare che la caduta a terra è avvenuta sul pavè, senza però poter tale elemento escludere l'interruzione del nesso causale fra la res e l'evento di danno. Alla luce di quanto esposto, la domanda proposta dall'attore non merita accoglimento, sia in relazione alla responsabilità del convenuto per cosa in custodia ex articolo 2051 c.c., sia in relazione all'articolo 2043 c.c. Per quanto attiene a quest'ultima domanda, infatti, non solo non è stato provato il nesso di causa tra la condotta del custode e l'evento, come sopra evidenziato, ma non è neppure provato l'elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo al Comune di Milano. 4. In ragione del mancato accertamento della responsabilità del convenuto Comune di Milano, rimane assorbita la domanda relativa al quantum debeatur. Consegue alla complessità e novità delle questioni trattate la integrale compensazione delle spese processuali tra le parti. La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege. P. Q. M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede - rigetta le domande proposte dall'attore - dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali - dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.