A inchiodare l’uomo è l’accertata incapacità di intendere e di volere della donna al momento della celebrazione del matrimonio. Irrilevante la mancanza di vantaggi per l’uomo e di pregiudizi per la donna.
Raggirata la donna, convinta dal partner a firmare su due registri presenti su un banchetto all'ingresso di una chiesa e divenuta così sua moglie. Logico ritenere nullo il matrimonio per incapacità di intendere e di volere della inconsapevole sposa. Irrilevante, chiariscono i giudici, il mancato pregiudizio per lei e il mancato vantaggio per l'uomo Cass. civ., sez. I, ord., 21 luglio 2021, numero 20862 . Ricostruita la vicenda, i Giudici di merito non hanno dubbi è nullo il matrimonio tra Gianna e Nicola – nomi di fantasia –, vista l'accertata « incapacità di intendere e di volere » della donna . Più precisamente, Gianna «è rimasta vittima della condotta di Nicola, condotta tesa a carpirne la volontà – tradendo la sua buona fede e approfittando della sua incapacità di autodeterminarsi – mediante l'insistente richiesta, cui ella aveva infine ceduto, di apporre la sua firma su due registri presenti su un banchetto all'ingresso di una chiesa dove l'uomo l'aveva condotta, facendole credere che si trattasse di libri dove firmavano i visitatori». In Cassazione l'uomo chiede venga riconosciuta la validità del matrimonio, mettendo in discussione «l'incapacità di intendere e di volere» di Gianna «al momento della celebrazione». In questa ottica egli pone in evidenza elementi «dimostrativi», a suo dire, «della capacità di giudizio della donna al momento del matrimonio », come, ad esempio, «il rilascio, ad opera della donna, della procura per le pubblicazioni di matrimonio». Per dimostrare la propria buonafede, infine, l'uomo punta soprattutto sulla «assenza di pregiudizi subiti dalla donna in conseguenza del matrimonio e di profitti da lui ottenuti dalla frequentazione pubblica con Gianna nel periodo precedente al matrimonio». E in questa ottica egli richiama anche «l'assoluzione in sede penale dal reato di falso in atto pubblico» e «i danni a livello affettivo da lui subiti, in conseguenza del procedimento penale promosso nei suoi confronti, per avere visti frustrati i suoi buoni propositi». A inchiodare l'uomo, però, ribattono i magistrati di terzo grado, è l'accertata «incapacità di intendere e di volere» di Gianna «al momento della celebrazione del matrimonio». Questo dato di fatto è assolutamente sufficiente. Soprattutto perché «il matrimonio può essere invalidato per la mera sussistenza dell'incapacità di intendere e volere del coniuge al momento della celebrazione, incapacità intesa come menomazione della sfera intellettiva e volitiva di tale grado da impedire di fare comprendere il significato e le conseguenze giuridiche dell'impegno matrimoniale assunto ». E in questa vicenda «è mancata persino la consapevolezza della materialità della stipulazione dell'atto matrimoniale», aggiungono i giudici. A fronte di tale chiarissimo quadro, «non sono rilevanti le questioni sull'asserita assenza del pregiudizio per la donna o del vantaggio per l'uomo in conseguenza dell'assunzione del vincolo matrimoniale» e «non è rilevante il dolo o la malafede dell'altro coniuge, essendo nullo il matrimonio dell'incapace, in nome della tutela dell'integrità del consenso matrimoniale che l'ordinamento vuole che si formi in piena libertà e consapevolezza». In chiusura, infine, i Giudici della Cassazione, oltre a ribadire la « nullità del matrimonio » tra Gianna e Nicola, tengono a precisare che «il pregiudizio, quantomeno sul piano dell'equilibrio emotivo e della serenità di vita, può essere conseguenza diretta del vincolo matrimoniale di cui rimane vittima colui il cui consenso è viziato per la mancanza di capacità di intendere e, dunque, di autodeterminazione nella importante decisione di contrarre il matrimonio».
Presidente Genovese - Relatore Lamorgese Rilevato in fatto che La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 20 luglio 2016, rigettava il gravame di D.E. avverso la sentenza impugnata che, in accoglimento della domanda di O.L. al momento della celebrazione del matrimonio, aveva dichiarato la nullità del matrimonio da lei contratto con il D. il omissis a … , ai sensi dell' articolo 120 c.c. , per incapacità di intendere e volere della O. , la quale era rimasta vittima della condotta del convenuto tesa a carpirne la volontà, tradendo la sua buona fede e approfittando della sua incapacità di autodeterminarsi, mediante l'insistente richiesta, cui ella aveva infine ceduto, di apporre la sua firma su due registri presenti su un banchetto all'ingresso di una chiesa dove il D. l'aveva condotta, facendole credere che si trattasse di libri dove firmavano i visitatori. Avverso questa sentenza il D. propone ricorso per cassazione e memoria, resistito dalla O. . Motivi della decisione Il primo motivo di ricorso denuncia ultrapetizione per avere dichiarato la nullità del matrimonio, in accoglimento di una domanda che si assume formulata tardivamente, in sede di precisazione delle conclusioni, avendo la parte attrice proposto originariamente una domanda di annullamento del matrimonio con D.E. . Il motivo è inammissibile. È sufficiente rilevare che la O. ha impugnato il matrimonio per incapacità di intendere e volere al momento della celebrazione, che è quanto richiesto dall' articolo 120 c.c. , essendo inequivoca la sua richiesta di invalidare il matrimonio per quella causa e non avendo rilievo la formula di nullità o annullamento utilizzata nell'atto introduttivo del giudizio. Del resto, nell'ipotesi contestata dalla resistente che quella proposta originariamente fosse una domanda di annullamento, l'interpretazione della stessa da parte del giudice di merito, in termini di nullità, non sarebbe censurabile in questa sede. Il secondo motivo denuncia, a dimostrazione della validità del matrimonio, omesso esame di fatti decisivi dimostrativi della capacità di giudizio della O. al momento del matrimonio il rilascio della procura per le pubblicazioni di matrimonio da parte della stessa a una zia del D. che pare fosse l'Ufficiale di stato civile tramite un cugino di lei l'assenza di pregiudizi da lei subiti in conseguenza del matrimonio e di profitti da lui ottenuti dalla frequentazione pubblica con la O. nel periodo precedente al matrimonio l'assoluzione in sede penale del D. dal reato di falso in atto pubblico e i danni a livello affettivo da lui subiti in conseguenza del procedimento penale promosso nei suoi confronti, per avere visti frustrati i suoi buoni propositi. Il motivo è inammissibile. I giudici di merito hanno accertato, anche tramite consulenza tecnica d'ufficio, l'incapacità di intendere e di volere della O. al momento della celebrazione del matrimonio, cui il ricorrente contrappone una valutazione dei fatti in senso opposto, nel tentativo improprio di indurre questa Corte a operare una nuova valutazione di circostanze e questioni già esaminate nella fase di merito, non più riesaminabili in questa sede nel senso che il giudizio sulla capacità di intendere e di volere costituisce, in generale, apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione, cfr., in materia contrattuale, Cass. numero 112 del 1982 , numero 3137 del 1980 . Premesso che il matrimonio può essere invalidato per la mera sussistenza dell'incapacità di intendere e volere del coniuge al momento della celebrazione articolo 120 c.c. , intesa come menomazione della sfera intellettiva e volitiva di tale grado da impedire di fare comprendere il significato e le conseguenze giuridiche dell'impegno matrimoniale assunto e che, nella specie secondo l'incensurabile apprezzamento dei giudici di merito - è mancata persino la consapevolezza della materialità della stipulazione dell'atto matrimoniale, non sono rilevanti le questioni dell'asserita assenza del pregiudizio per la O. o del vantaggio per il D. in conseguenza dell'assunzione del vincolo matrimoniale, nè è rilevante il dolo o la malafede dell'altro coniuge diversamente da quanto previsto dall' articolo 428 c.c. , comma 2, in materia contrattuale , essendo il matrimonio dell'incapace nullo, in nome della tutela dell'integrità del consenso matrimoniale che l'ordinamento vuole che si formi in piena libertà e consapevolezza. Peraltro, il pregiudizio quantomeno sul piano dell'equilibrio emotivo e della serenità di vita può essere conseguenza diretta del vincolo matrimoniale di cui rimane vittima colui il cui consenso è viziato per la mancanza di capacità di intendere e, dunque, di autodeterminazione nella importante decisione di contrarre il matrimonio. Nella doglianza riguardante la condanna alle spese nei gradi di merito non è percepibile la formulazione di un motivo di ricorso. In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 6200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1 , comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati.