Rideterminazione della pena e fatti di lieve entità relativi a droghe “pesanti” e “leggere”: la parola della Cassazione

La Corte di Cassazione si è espressa, con specifico riferimento, sui fatti di lieve entità, inerenti le droghe “pesanti” e “leggere”, in seguito all’istanza, da parte di un imputato, della rideterminazione della pena e della declaratoria di illegittimità dichiarata dalla Consulta, con sentenza numero 40/2019.

Il Tribunale di Lagonegro rigettava le istanze di un imputato che aveva chiesto, a seguito della declaratoria di illegittimità dichiarata dalla Corte Costituzionale con sentenza numero 40/2019, la rideterminazione delle pene inflittegli, per il reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti articolo 73, commi 1 e 5, d.P.R. numero 309/1990 . L'accusato ricorre in Cassazione, deducendo la violazione di legge, in quanto il giudice dell'esecuzione non avrebbe tenuto conto degli effetti della sentenza della Consulta numero 32/2014, la quale avrebbe coinvolto la fattispecie prevista dall'articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990. La doglianza è fondata, in quanto la suddetta sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articolo 4-bis e 4-vicies ter, d.l. numero 272/2005 poiché in conflitto con l'articolo 77, comma 2, Cost. che «istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto legge […] e legge di conversione, la quale rappresenta una legge funzionalizzata e specializzata che non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore, anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine eterogenei […], ma ammette soltanto disposizioni che siano coerenti con quelle originarie o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico». Ed è per questo che il S.C., con specifico riferimento ai fatti di lieve entità, ha ritenuto che «per quelli inerenti a droghe “pesanti” e “leggere” commessi a partire dal 24 dicembre 2013, la declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza numero 32/2014 non produce alcun effetto per essi, infatti, trova applicazione l'articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990 nella formulazione del d.l. numero 146/2013 se commessi fino al 20 marzo 2014, se commessi successivamente trova applicazione l'articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990 nella formulazione del d.l numero 36/2014» e che «per quelli commessi prima del 23 dicembre, e dunque nella vigenza del d.l. numero 272/2005, come modificato dalla legge di conversione numero 49/2006, non potendo trovare applicazione l'articolo 72, comma 5, nella formulazione del d.l numero 272/2005 a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale numero 32/2014 ed in diretta applicazione dell'articolo 30, comma 3, l. numero 87/1953 a mente del quale “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” , deve considerarsi “legge vivente al momento del fatto” l'.art 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990 nella formulazione di cui all'originario testo precedente alle modifiche del 2006». Ne consegue che «il giudice dell'esecuzione, investito dalla richiesta del condannato di rideterminazione della pena per fatti commessi nella vigenza della norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 31/2014dovrà provvedervi nei termini chiariti dalla sentenza a sezioni Unite Marcon». Per questi motivi il S.C. annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Lagonegro per nuovo giudizio.

Presidente Iasillo – Relatore Aliffi Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Lagonegro ha rigettato le istanze con cui D.M.V. aveva chiesto, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dichiarata dalla Consulta con pronuncia numero 40 del 2019, la rideterminazione delle pene inflittegli con le sentenze emesse 1 dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lagonegro in data 15 dicembre 2015 condanna alla pena detentiva di anni 3 mesi 6 di reclusione per il reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 1 2 dal Tribunale di Sala Consilina in data 20 giugno 2012 condanna alla pena detentiva di anni 2 di reclusione per il reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5 . A ragione della decisione osservava - quanto alla sentenza sub 1 , che la pena per la violazione più grave, individuata nel delitto di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 1, era stata determinata, coerentemente con l'epoca di consumazione febbraio 2013 , sulla base del minimo edittale di anni 6 di reclusione, reintrodotto dalla sentenza numero 40 del 2019 sicché non era necessario procedere alla chiesta riduzione in funzione di adeguamento ai nuovi e più favorevoli limiti edittali. - quanto alla sentenza sub 2 , che la pena era stata inflitta per il delitto di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, disposizione non investita dalla pronuncia della Corte Costituzionale . 2. Avverso l'ordinanza propone ricorso il D.M. , per il tramite del difensore fiduciario chiedendone l'annullamento per violazione di legge in relazione agli articolo 132 e 133 c.p., nonché ai parametri edittali di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e agli articolo 3,25 e 27 Cost. con particolare riferimento alle sentenze della Corte Costituzionale numero 32 del 2014 e 40 del 2019. Lamenta, con esclusivo rifermento alla sentenza sub 2 , che il giudice dell'esecuzione non abbia tenuto conto degli effetti della sentenza della Corte Costituzionale numero 32 del 2014, che, per ragioni di coerenza sistematica, hanno necessariamente interessato anche la fattispecie prevista dal D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5. Considerato in diritto 1. Il ricorso, che non aggredisce la statuizione di rigetto dell'istanza di rideterminazione della pena inflitta con la sentenza sub 1 a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale numero 40 del 2019, inapplicabile al caso di specie nei termini chiariti dal provvedimento impugnato, è fondato per le ragioni che seguono. 2. Con la sentenza del 12 febbraio 2014, numero 32, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.L. 30 dicembre 2005, numero 272, articolo 4 bis e 4 vicies ter, D.L. 30 dicembre 2005, numero 272, aggiunti dalla legge di conversione 21 febbraio 2006 numero 49. Tali articoli sono stati censurati dal Giudice delle Leggi perché in conflitto con l'articolo 77 Cost., comma 2, il quale istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto legge e legge di conversione , sicché quest'ultima rappresenta una legge funzionalizzata e specializzata che non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore, anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine eterogenei , ma ammette soltanto disposizioni che siano coerenti con quelle originarie o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico . Mentre la formulazione originaria del D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, prevedeva la bipartizione del trattamento sanzionatorio a seconda che il reato avesse riguardato sostanza stupefacente così detta leggera reclusione da anni 2 ad anni 6 e multa da lire 10 milioni a lire 150 milioni o così detta pesante reclusione da anni 8 ad anni 20 e multa da Lire 50 milioni a Lire 500 milioni , le modifiche apportate dalla legge non 49 del 2006 hanno eliminato la distinzione, sanzionando ogni fatto illecito sussumibile nella previsione all'articolo 73 cit., con esclusione di quelli di lieve entità con la reclusione da 6 a 20 anni e con la multa da Euro 26.000 ad Euro 260.000. L'intervento della Corte Costituzionale ha comportato il ritorno alla vigenza della risalente normativa contenuta nel previgente testo del D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73 e la rinnovata necessità, in punto di commisurazione della pena, di tenere in considerazione la citata bipartizione sanzionatoria tra droghe leggere e droghe pesanti, tenuto conto della efficacia irretroattiva propria delle sentenze dichiarative della illegittimità costituzionale nei termini espressamente previsti dalla L. numero 87 del 1953, articolo 30, in attuazione dell'articolo 136 Cost 3. La reviviscenza dei trattamenti sanzionatori differenziati produce conseguenze diverse. Coloro che hanno commesso, prima della pubblicazione della sentenza della Consulta e sotto la vigenza della legge dichiarata incostituzionale, un fatto concernente una droga pesante , potranno continuare a beneficiare della disciplina dichiarata incostituzionale introdotta dalle L. numero 49 del 2006, anche se condannati con sentenza irrevocabile potendo gli effetti in malam partem della declaratoria di illegittimità costituzionale operare, per il divieto di cui all'articolo 25 Cost., comma 2, esclusivamente in relazione alle condotte successive all'intervento del giudice delle leggi, con la conseguenza che la norma attinta continua ad applicarsi, ove più favorevole al reo, alle condotte commesse nella sua vigenza cfr. Sez. 4, numero 46415 del 22/06/2018 Rv. 273990 . Nei confronti di coloro che, nella medesima condizione, abbiano commesso un fatto concernente una droga leggera trova, invece, applicazione la disciplina più favorevole tornata in vigore a seguito della caducazione di quella dichiarata incostituzionale, anche se è intervento il giudicato in quanto pena illegale, e ciò anche nel caso in cui la pena concretamente applicata sia compresa entro i limiti edittali previsti dall'originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalità Sez. U, numero 37107 del 26/02/2015, Marcon, Rv.264857 . 4. I medesimi principi trovano applicazione anche laddove il fatto commesso prima della pubblicazione della sentenza della Consulta 6 marzo 2014 e sotto la vigenza della legge dichiarata incostituzionale sia stato ritenuto di lieve entità con conseguente applicazione del D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5. Va, però, tenuto conto che tale norma è stata interessata, oltre alla declaratoria di incostituzionalità della sentenza numero 32 del 2014 - che come ricordato ha interessato nel suo complesso la novella introdotta dal D.L. numero 272 del 2005, articolo 4 bis e 4 vicies ter, nell'originario testo del D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73 - anche da legislative intervenute in epoca precedente e successiva alla sentenza in esame. È bene, a questo proposito ricordare che prima delle modifiche introdotte dal D.L. 30 dicembre 2005, numero 272, articolo 4 bis, l'articolo 73, comma 5, cit. prevedeva per fatti di lieve entità pene diverse a seconda se avessero ad oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope di tipo pesante di cui alle tabelle I e III pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni - o sostanze di tipo leggero cui alle tabelle II e IV - pena da 6 mesi a 4 anni e lire due milioni a lire venti milioni. L'articolo 4 bis cit. ha, anche per i fatti di lieve entità, eliminato la distinzione tra droghe leggere e pesanti , prevedendo un'unica sanzione detentiva uguale a quella originariamente prevista per le droghe pesanti ossia la reclusione da 1 a 6 anni e multa da Euro 3.000 a Euro 26.000. Il D.L. 23 dicembre 2013, numero 146, articolo 2, convertito dalla legge, 21 febbraio 2014, numero 10, senza modifiche in parte qua, oltre a trasformare l'attenuante in una ipotesi criminosa autonoma, ha rimodellato la forbice edittale portandola da 1 a 5 anni di reclusione e da 3.000 a 26.000 Euro di multa. Infine, il D.L. 20 marzo 2014, numero 36 convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014, numero 79 ha introdotto il testo attualmente in vigore che, ferma restando la natura automa e non circostanziale della fattispecie incriminatrice dei fatti di lieve entità, ha modificato il trattamento sanzionatorio, prevedendo la pena da 6 mesi a 4 anni di reclusione e da 1.032 a 10.329 Euro di multa. Non vi è dubbio che la nuova disciplina introdotta dal D.L. 20 marzo 2014, numero 146 del 2013, poi modificata dal D.L. numero 36 del 2014, non è stata caducata a cascata dalla declaratoria di illegittimità costituzionale della sentenza numero 32 del 2014. È quest'ultima pronuncia che lo ha escluso espressamente sottolineando che gli effetti del presente giudizio di legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il D.L. numero 146 del 2013, sopra citato, in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui censurata e indipendente da quest'ultima cfr. par. 3 delle considerazioni in diritto della sentenza . E, però, altrettanto pacifico che, per effetto della citata sentenza della Corte costituzionale, la previsione del D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, illegittimamente abrogato dal D.L. 30 dicembre 2005, numero 272, nel periodo compreso tra l'entrata in vigore della legge di conversione che ha inserito nell'ordinamento le modifiche dichiarate incostituzionali 28 febbraio 2006 e l'entrata in vigore del D.L. numero 146 del 2013 23 dicembre 2013 , che ha innovato la struttura ed il trattamento sanzionatorio della fattispecie incriminatrice avente ad oggetto i fatti di lieve entità, deve comunque considerarsi norma penale vigente combinandosi con il testo risultante dai precedenti quattro commi nella versione di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, previgente alla riforma del 2006. 5. Alla luce della delineata successione tra norme, con specifico riferimento ai fatti di lieve entità deve ritenersi che - per quelli inerenti a droghe pesanti e leggere commessi a partire dal 24 dicembre 2013, la declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza numero 32 del 2014 non produce alcun effetto per essi, infatti, trova applicazione il D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nella formulazione del D.L. numero 146 del 2013, se commessi fino al 20 marzo 2014, se commessi successivamente trova applicazione Il D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nella formulazione del D.L. numero 36 del 2014 - per quelli commessi prima del 23 dicembre, e dunque nella vigenza D.L. 30 dicembre 2005, numero 272, come modificato dalla legge di conversione numero 49 del 2006, non potendo trovare applicazione l'articolo 73, comma 5, nella formulazione del D.L. numero 30 dicembre 2005, numero 272, a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale 32 del 2014 ed in diretta applicazione della L. numero 87 del 1953, articolo 30, comma 3, a mente del quale le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione , deve considerarsi legge vigente al momento del fatto il D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nella formulazione di cui all'originario testo precedente alle modifiche del 2006. 6. Conseguentemente, così come il giudice della cognizione, a fronte del novum legislativo rappresentato dal D.L. numero 146 del 2013 fino al 20 marzo 2014 e dal D.L. dal 21 marzo 2014 , sarà tenuto ad applicare, ai sensi dell'articolo 2 c.p., comma 4, la norma più favorevole per l'imputato scegliendola, tenendo conto delle circostanze del caso concreto verificando, quindi, oltre ai limiti edittali l'eventuale presenza di aggravanti e la loro eventuale incidenza a seconda della natura autonoma o circostanziale della fattispecie incriminatrice , tra quella vigente al momento del fatto e cioè l'articolo 73, comma 5, nella formulazione precedente alla novella del 2006 e quella vigente al momento del giudizio e cioè l'articolo 73 nella formulazione attualmente vigente introdotta dal D.L. numero 36 del 2014 , il giudice dell'esecuzione, investito dalla richiesta del condannato di rideterminazione della pena per fatti commessi nella vigenza della norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte costituzionale 32 del 2014, dovrà provvedervi nei termini chiariti dalla già citata sentenza a sezioni Unite Marcon, quindi parametrandola ai limiti edittali dell'unica norma incriminatrie a tutti gli effetti vigente al momento del fatto ossia l'articolo 73, comma 5, nella formulazione antecedente alla novella del 2006, senza prendere in considerazione le modifiche apportate dal D.L. numero 146 del 2013, e dal D.L. numero 36 del 2014, che certamente non potranno essere retroattivamente applicate nemmeno se più favorevoli a fatti già giudicati in via definitiva, stante lo sbarramento rappresentato dall'articolo 2 c.p., comma 4, Sez. 1, numero 40317 del 13/07/2015, Testagrossa, Rv. 265129 . 7. Tanto posto, risulta erroneo l'assunto del Tribunale di Lagonegro secondo cui non era necessaria la rideterminazione della pena inflitta al D.M. dalla sentenza sub 2 . Al contrario, essa è imposta dall'efficacia retroattiva della sentenza della Corte Costituzionale numero 32 del 2014, e dalla sopravvenuta illegalità della pena commisurata sulla base di una cornice edittale incostituzionale, a prescindere dal fatto che la pena sia stata determinata in termini conformi alla cornice edittale ritenuta costituzionalmente corretta cfr. Sez. Unumero 26.2.2015, Marcon Sez. Unumero 26.2.2015, Jazouli Sez. Unumero 26.2.2015, Sebbar . La. pronuncia costituzionale da ultimo citata ha determinato la reviviscenza dei limiti edittali anche per i fatti di lieve entità commessi prima del 23 dicembre 2013 aventi ad oggetto, come nel caso in verifica, stypefacenti inclusi nella tabella II, ed in tal modo ha dichiarato la incostituzionalità di un parametro legale il minimo ed il massimo edittale da 1 a 6 anni e multa da Euro 3.000 a Euro 26.000 , individuandone un altro quello da 6 mesi a 4 anni e lire due milioni a lire venti milioni di cui all'articolo 73, comma 5, nel testo precedente alle modifiche del 2006 , diverso e più favorevole, conforme ai principi costituzionali. Tanto basta per rendere necessaria la rideterminazione in melius della pena inflitta, da parte del giudice dell'esecuzione. In siffatta ipotesi è evidente che il giudizio compiuto in sede di cognizione, parametrato su un dato normativo incostituzionale, non assicura la necessaria proporzione tra gravità del fatto e profilo soggettivo del reo, da una parte, e misura della pena, dall'altra. Ciò che conta, in definitiva, non è la congruità tra la pena irrogata dal giudice della cognizione e la nuova cornice edittale come successivamente modificata dal legislatore, peraltro in termini sovrapponibili a quella da considerare vigente al momento del fatto in luogo di quella caducata dalla declaratoria di incostituzionalità, nè l'adeguatezza rispetto alla gravità del fatto, ma che in sede cognitiva la pena è stata determinata in applicazione di una cornice edittale non solo illegale, per essere stata eliminata retroattivamente dalla Consulta, ma anche più sfavorevole all'imputato rispetto a quella reintrodotta. La commisurazione della pena è, infatti, finalizzata ad individuare, nell'ambito che il legislatore ha rimesso alla discrezionalità del giudice, la pena giusta in relazione ai parametri di cui all'articolo 133 c.p., condizione necessaria per assicurare il rispetto del principio della personalità della responsabilità penale. 5. L'ordinanza impugnata, di conseguenza, va annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Lagonegro che - in applicazione dei superiori principi - dovrà procedere alla riduzione della pena inflitta al D.M. con la sentenza sub 2 , a fronte del nuovo minimo edittale reintrodotto dalla sentenza della Corte costituzionale 32 del 2014, ferma restando la sua piena libertà di quantificare la pena, secondo i criteri di cui agli articolo 132 e 133 c.p P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Lagonegro per nuovo giudizio.