«In tema di giudizio d’appello, la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente effettuata anche soltanto mediante una memoria difensiva, senza necessità che già sia stata dedotta con i motivi d’impugnazione o con i motivi nuovi, dal momento che incombe sul giudice di merito il potere-dovere di riconoscere anche d’ufficio le dette attenuanti generiche ai sensi dell’articolo 597, comma 5, codice di rito, ma ove la rivendicazione sia formulata in termini del tutto generici, la parte non potrà poi dolersi della mancata decisione in relazione ad esse, non essendo in tal caso – come in quello in cui la sollecitazione sia stata del tutto omessa – configurabile né una violazione di legge né il vizio di motivazione per mancanza».
Il potere-dovere del giudice d'appello. La Corte d'Appello di Ancona confermava la pronuncia del Tribunale di Ascoli Piceno, con la quale un imputato era stato ritenuto responsabile dei delitti di violenza privata e lesioni personali. L'accusato ricorre in Cassazione, deducendo la violazione di legge, in quanto la Corte territoriale non si sarebbe espressa in ordine al profilo delle circostanze attenuanti richieste. La doglianza è, però, inammissibile poiché la giurisprudenza di legittimità, con la sentenza numero 29538/2019, ha avuto modo di chiarire che «il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge e una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l'effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato da una delle parti, almeno in sede di conclusioni nel giudizio d'appello, ovvero, nei casi in cui intervenga condanna la prima volta in appello, neppure con le conclusioni subordinate proposte dall'imputato nel giudizio di primo grado». E con la sentenza numero 37569/2015 la S.C. ha precisato che «il giudice d'appello può legittimamente riconoscere le attenuante generiche anche “ex officio”, ma il mancato esercizio di tale potere, eccezionalmente riconosciuto dall'articolo 597, comma 5, c.p.p., non è censurabile in cassazione, né è configurabile in proposito un obbligo di motivazione, in assenza di specifica richiesta nei motivi di appello, o nel corso del giudizio di secondo grado». Anche nella sentenza numero 10085/2020, è stato ribadito che «il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare d'ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora l'imputato, nell'atto di appello o almeno in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all'accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione». La rivendicazione delle attenuanti generiche. Nel caso di specie, la rivendicazione delle attenuanti generiche, intervenuta con la tardiva memoria, è stata formulata in modo generico. Per questi motivi il Collegio arriva ad affermare il seguente principio di diritto «in tema di giudizio d'appello, la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente effettuata anche soltanto mediante una memoria difensiva, senza necessità che già sia stata dedotta con i motivi d'impugnazione o con i motivi nuovi, dal momento che incombe sul giudice di merito il potere-dovere di riconoscere anche d'ufficio le dette attenuanti generiche ai sensi dell'articolo 597, comma 5, codice di rito, ma ove la rivendicazione sia formulata in termini del tutto generici, la parte non potrà poi dolersi della mancata decisione in relazione ad esse, non essendo in tal caso – come in quello in cui la sollecitazione sia stata del tutto omessa – configurabile né una violazione di legge né il vizio di motivazione per mancanza». Ne consegue l'inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Presidente Scarlini – Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 9/1/2020 la Corte di Appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva dichiarato M.S. colpevole dei delitti di violenza privata e lesioni in danno di T.R. , condannandolo alla pena di mesi 5, giorni 15 di reclusione. 2.Ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo violazione di legge in relazione all'articolo 62 bis c.p., e all'articolo 121, articolo 178, lett. C, e articolo 597, comma 5, codice di rito, nonché all'articolo 24 Cost., comma 2 deduce altresì omessa e manifesta illogicità della motivazione sul punto. Rappresenta che con memoria difensiva depositata regolarmente in cancelleriar aveva espressamente richiesto alla Corte di appello di concedere le circostanze attenuanti generiche, anche al fine di adeguare la pena al caso concreto - pena in ogni caso da sostituire con quella della libertà controllata - apparendo comunque, la pena di mesi 5 di reclusione per il delitto di violenza privata eccessiva e sproporzionata al caso concreto, essendosi il giudice di primo grado notevolmente discostato dal minimo edittale pari a giorni 15 di reclusione. Le condizioni di vita personali familiari e sociali dell'imputato nonché le pessime condizioni patrimoniali in cui egli versa depongono per il riconoscimento delle attenuanti generiche richieste. La Corte territoriale, sebbene abbia dato atto della memoria difensiva, ha ritenuto che le aggiuntive deduzioni di cui alla stessa fossero inammissibili non essendo stata impugnata, con i motivi proposti tempestivamente, la statuizione concernente il trattamento sanzionatorio. Ebbene, erra la Corte di appello perché la previsione dell'articolo 597, comma 5, prevede espressamente i benefici e le attenuanti applicabili di ufficio, conferendo al giudice potere eccezionale e discrezionale rispetto al principio devolutivo generale fissato al comma 1. Non è configurabile un obbligo di motivazione soltanto in assenza di una specifica richiesta nei motivi di appello oppure nel corso del giudizio di secondo grado. Indi nel caso di specie la Corte di Appellolin quanto espressamente sollecitata al riguardo, avrebbe dovuto fornire motivazione sul punto ed invece alcuna ragione viene indicata in ordine alla profilo delle circostanze attenuanti generiche richieste con la memoria difensiva. Si conclude pertanto per l'annullamento della sentenza per nuovo esame in punto di concessione delle circostanze attenuanti generiche. 3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per la inammissibilità del ricorso il difensore dell'imputato nel replicare agli argomenti sviluppati in requisitoria dal P.g. ha insistito nei motivi di ricorso, chiedendone l'accoglimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. La tardività del motivo sul trattamento sanzionatorio è ammessa dallo stesso ricorrente che infatti incentra la doglianza sul mancato esercizio da parte della corte territoriale del potere, eccezionale, riconosciutole dall'articolo 497, comma 5, codice di rito essendo d'altronde pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che gli atti che pongono questioni ulteriori rìspetto a quelle dedotte con i motivi di impugnazione non sono da considerare memorie nè richieste ai sensi dell'articolo 121 c.p.p., ed in relazione ad essi si applica la disciplina dei motivi nuovi di cui all'articolo 585 c.p.p., comma 4, con la conseguenza che l'obbligo per il giudice di appello di procedere alla valutazione di una memoria difensiva sussiste solo se ed in quanto il contenuto della stessa sia in relazione con le questioni devolute con l'impugnazione, così, per tutte, Sez. 2 - numero 36118 del 26/06/2019 Rv. 277076 - 01 - citata dal Procuratore Generale nella requisitoria scritta deve pertanto ritenersi corretta, da tale punto di vista, la valutazione di inammissibilità delle censure introdotte con la memoria tardiva, in quanto dirette ad estendere l'ambito di cognizione del giudizio di appello a questioni non devolute con l'originario atto di impugnazione, data la mancata impugnazione con l'atto introduttivo del giudizio delle statuizioni relative al trattamento sanzionatorio nella memoria si insta per la riduzione della pena, da sostituire con quella della libertà controllata, previa concessione delle attenuanti generiche . Residua il profilo dell'esercizio del potere di ufficio riconosciuto al giudice di appello dall'articolo 597, comma 5, codice di rito anche in relazione alla possibilità di riconoscimento delle attenuanti generiche, profilo che secondo questo Collegio, a differenza di quanto assume il ricorrente, non può però essere oggetto di sindacato nel caso di specie, per le ragioni di seguito indicate. Come affermato anche dal difensore, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge e una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l'effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato da una delle parti, almeno in sede di conclusioni nel giudizio di appello, ovvero, nei casi in cui intervenga condanna la prima volta in appello, neppure con le conclusioni subordinate proposte dall'imputato nel giudizio di primo grado cfr. Sez. 4, numero 29538 del 28/05/2019, Rv. 276596 - 02 occorre, quindi, innanzitutto, che vi sia stata una sollecitazione in tal senso, sia pure tardiva, della parte, ma ciò, secondo questo Collegio, non è ancora sufficiente dovendo la sollecitazione, ai fini della futura sindacabilità dell'operato del giudice di appello, essere anche puntuale, specifica. Come è stato già condivisibilmente precisato da questa Corte, infatti, il giudice d'appello può legittimamente riconoscere le attenuanti generiche anche ex officio , ma il mancato esercizio di tale potere, eccezionalmente riconosciuto dall'articolo 597 c.p.p., comma 5, non è censurabile in cassazione, nè è configurabile in proposito un obbligo di motivazione, in assenza di specifica richiesta nei motivi di appello, o nei corso del giudizio di secondo grado Sez. 5, Sentenza numero 37569 del 08/07/2015 Ud. dep. 16/09/2015 Rv. 264552 - 01 . Ritiene questo Collegio che tale principio di diritto, nella parte in cui afferma che il mancato esercizio di tale potere, eccezionalmente riconosciuto dall'articolo 597 c.p.p., comma 5, non è censurabile in cassazione in assenza di specifica richiesta nei motivi di appello, o nel corso del giudizio di secondo grado, conservi la sua validità anche in seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite, Salerno numero 22533 del 25/10/2018 - Ud. dep. 22/05/2019 Rv. 275376 - 01 . Anche alla luce degli stessi argomenti su cui si fonda la pronuncia di questa Corte nel suo massimo consesso, testè indicata, si deve giungere ad affermare, secondo questo Collegio, che una sollecitazione del tutto generica sia, in sostanza, equiparabile ad omessa sollecitazione. Ed invero, le Sezioni Unite, dopo aver premesso che è corretto riconoscere l'esercizio del potere del giudice di appello, in tema di applicazione dei benefici di legge o di una o più attenuanti , come un dovere , in presenza di elementi di fatto che ne consentano ragionevolmente l'esercizio, tanto più se divenuti attuali proprio nel giudizio di appello - potere-dovere che, essendo espressamente attribuito al giudice, di ufficio , dall'articolo 597 c.p.p., comma 5, non postula, per definizione, la necessaria iniziativa o sollecitazione di parte, espressa in una richiesta specifica anche solo in sede di conclusioni nel giudizio di appello -, ha precisato che tuttavia l'esercizio di esso va correlato sia al suo fondamento normativo, che lo pone come eccezione al generale principio devolutivo che governa il giudizio di appello, sia al contenuto discrezionale del suo oggetto, che postula, ai fini dell'applicazione dei benefici come del riconoscimento di attenuanti, valutazioni di puro merito. Lo stretto nesso tra ufficiosità, eccezionalità e discrezionalità del potere-dovere attribuito al giudice di appello - proseguono le Sezioni Unite - esclude che il suo mancato esercizio possa configurare un vizio deducibile in cassazione. In particolare, la non decisione sul punto non costituisce violazione di norma penale sostanziale e, neppure, violazione di norma processuale stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, tale non essendo l'articolo 597 c.p.p., comma 5 soprattutto la non decisione , in appello, sui benefici di legge non è denunciabile come vizio di motivazione per mancanza laddove la parte - che avrebbe potuto sollecitarne l'esercizio, in relazione ai possibili sviluppi del processo di secondo grado ancorché preceduto da giudizio assolutorio o incompatibile con il riconoscimento della sospensione condizionale della pena - non abbia richiesto, senza averne fatto o potuto fare motivo di impugnazione, l'applicazione del beneficio nel corso del medesimo giudizio di appello. Pertanto, secondo il Supremo Collegio, è lo stretto nesso tra ufficiosità, eccezionalità e discrezionalità del potere-dovere attribuito al giudice di appello che porta a escludere che il suo mancato esercizio possa configurare un vizio deducibile in cassazione ed invero, se la discrezionalità del potere, accompagnata dall'ufficiosità dell'esercizio, deve trovare un limite nell'obbligo di motivazione, che pertanto sussiste di là di una richiesta della parte sul punto soprattutto nel caso in cui sussistano elementi rilevanti ai fini della valutazione -, ciò non implica però che il suo mancato esercizio, non tradotto in motivazione, possa essere per ciò solo sindacato. Come ribadito, di recente, anche da Sez. 3, numero 10085 del 21/11/2019 Ud. deo. 16/03/2020 Rv. 279063 - 02, rimane fermo il principio secondo cui il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare d'ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora l'imputato, nell'atto di appello o almeno in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all'accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione di contro, Sez. 3, numero 47828 del 12/07/2017, Rv. 271815 - 01, antecedente alla pronuncia delle Sezioni Unite suindicata, secondo cui il giudice d'appello deve, seppur sinteticamente, rendere ragione del concreto esercizio, positivo o negativo, del potere-dovere attribuitogli dall'articolo 597 c.p.p., comma 5, di applicare una o più circostanze attenuanti, con la conseguenza che sussiste la legittimazione dell'imputato a ricorrere per cassazione, pur in assenza di specifica richiesta nel giudizio d'appello, nel caso in cui il giudice dell'impugnazione, nell'espletare l'intervento officioso, sia incorso in violazione di legge, ovvero nell'ipotesi di mancato esercizio di tale potere-dovere, a condizione, tuttavia, che dal ricorrente siano indicati gli elementi di fatto in base ai quali il giudice avrebbe potuto ragionevolmente esercitarlo pronuncia questa che, di là delle ragioni sottese ad un recupero nel successivo grado di giudizio, di legittimità, della genericità genetica della deduzione, non del tutto esplicitate, non potrebbe comunque condurre a diversa valutazione del caso di specie perché essa, pur riconoscendo il potere di impugnare anche in caso di mancanza di una specifica richiesta a monte della parte, richiede che quanto meno il motivo di ricorso per cassazione articolato sul punto sia specifico - laddove nel caso in scrutinio esso è rimasto nei termini generici indicati nella memoria di appello . In altri termini, la omessa sollecitazione dei poteri del giudice di appello, a cui è equiparabile, anche secondo questo Collegio, la mera sollecitazione priva di indicazione delle circostanze specifiche su cui fonda la richiesta, non esclude che il giudice di secondo grado debba valutare le condizioni che consentono il riconoscimento delle attenuanti generiche ed in presenza di esse trattandosi pur sempre di potere discrezionale - debba indicare le ragioni per le quali abbia, o non abbia, inteso esercitare il potere-dovere di ufficio di riconoscerle così argomentando alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite Salerno , ma ove esso ometta di pronunciarsi senza indicare le ragioni della mancata decisione, tale mancanza non potrà poi essere oggetto di doglianza in cassazione, difettando in tal caso una richiesta a monte della parte idonea a reclamare una risposta motivata come si evince dalla stessa pronuncia delle Sezioni Unite testè indicata che ha sintetizzato gli argomenti in diritto affrontati nel seguente principio di diritto secondo cui in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l'obbligo del giudice d'appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l'imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito . Non è dunque in discussione il fatto che il giudice di appello possa valutare anche di ufficio - a prescindere quindi da una richiesta e anche di fronte a un motivo generico sia esso tempestivo che tardivo - la ricorrenza dei presupposti per l'applicazione dei benefici indicati dall'articolo 597 c.p.p., comma 5, e delle attenuanti generiche e che debba motivare nel caso in cui ritenga di non riconoscerli quando emergano elementi di valutazione al riguardo, ma unicamente il fatto relativo alla possibilità o meno di dolersi poi di tale mancato esercizio da parte di chi è rimasto sostanzialmente silente al riguardo fermo restando che la valutazione per il beneficio della sospensione condizionale, di cui specificamente si occupa la pronuncia delle Sezioni Unite indicata, a rigore, involge innanzitutto aspetti tassativamente indicati dalle norme, articolo 163 e 164 c.p., di talché allorquando la pena è, ad esempio, ridotta in appello, rientrando nei limiti di legge per la concessione del beneficio, e, ciò nonostante, esso non è riconosciuto vieppiù si imporrebbe l'obbligo di motivazione per il giudice di appello soprattutto se ricorrono altri elementi favorevoli ma una eventuale omessa decisione al riguardo comunque non consentirebbe doglianza sul punto ove la parte non abbia dedotto alcunché o l'abbia fatto in maniera del tutto generica . Ebbene, nel caso di specie, la rivendicazione delle attenuanti generiche intervenuta con la tardiva memoria indicata è stata formulata in maniera del tutto generica - con richiamo alle condizioni personali familiari sociali e patrimoniali dell'imputato - e nei medesimi termini è stata qui riproposta, pertanto ora, nella presente sede, alcun sindacato da parte di questa Corte è esercitabile sulla mancata decisione in punto di attenuanti generiche da parte del giudice di appello laddove la doglianza sulla pena e sulla sua possibile sostituzione rimane motivo nuovo tardivamente fatto valere, non valutabile ai sensi dell'articolo 597 c.p.p., comma 5, che contempla ipotesi tassative tra le quali non rientrano nè la riduzione della pena tout court nè la sua sostituzione ai sensi della L. numero 689 del 1981, articolo 53 . In conclusione si deve affermare il seguente principio di diritto in tema di giudizio d'appello, la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente effettuata anche soltanto mediante una memoria difensiva, senza necessità che già sia stata dedotta con i motivi d'impugnazione o con i motivi nuovi, dal momento che incombe sul giudice di merito il potere-dovere di riconoscere anche d'ufficio le dette attenuanti generiche ai sensi dell'articolo 597, comma 5, codice di rito, ma ove la rivendicazione sia formulata in termini del tutto generici, la parte non potrà poi dolersi della mancata decisione in relazione ad esse, non essendo in tal caso - come in quello in cui la sollecitazione sia stata del tutto omessa - configurabile nè una violazione di legge nè il vizio di motivazione per mancanza. 3. Dalle argomentazioni svolte deriva la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000 a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.