«Ove la persona offesa non si sia costituita parte civile, le sue dichiarazioni devono ritenersi a maggior ragione da sole sufficienti a fondare l’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, purchè siano valutate con il particolare rigore richiesto dall’orientamento dominante in sede di legittimità e sempre che dall’esame critico delle risultanze processuali, che il giudice di merito deve pur sempre compiere ai fini della verifica della credibilità personale della persona offesa e dell’attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, non emergano risultanze processuali in grado di smentirle, cioè di inficiarne il contenuto rappresentativo».
Il valore probatorio delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa. Il Giudice di Pace di Aosta assolveva un imputato dall'accusa di lesioni personali in danni al suo socio, non essendo stata raggiunta la prova della sussistenza del fatto. Il Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale ricorre in Cassazione, lamentandosi del fatto che il Giudice di Pace non avrebbe applicato correttamente i principi della giurisprudenza di legittimità «in tema di valore probatorio delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa non costituita parte civile», trascurando la fondatezza della narrazione dei fatti, basata sulla documentazione sanitaria attestante le lesioni patite dalla vittima e il contenuto della deposizione da parte di un teste, non intervenuto nel conflitto tra i due soci. Il ricorso è fondato, in quanto il S.C. ha già avuto modo di affermare, con la sentenza numero 41461/2012, che «le dichiarazioni della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, non trovando applicazione nei confronti della persona offesa le regole di valutazione della prova dettate dall'articolo 192, comma 3, c.p.p., previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che, peraltro, deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone». Con la sentenza numero 1666/2014 si è evidenziata la necessità che «il giudice, nella valutazione delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo così l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata», e con la sentenza numero 21135/2019 che «qualora risulti opportuna l'acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione». Tali dichiarazioni, sono sufficienti per affermare la responsabilità penale dell'imputato? Nel caso di specie, il Giudice di Pace, non applicando i suddetti principi, è giunto alla pronuncia di assoluzione, ritenendo che «la persona offesa non fosse credibile e che le sue dichiarazioni non fossero dotate di adeguati riscontri estrinseci». Il Collegio ne deduce quindi che «ove la persona offesa non si sia costituita parte civile, le sue dichiarazioni devono ritenersi a maggior ragione da sole sufficienti a fondare l'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, purchè siano valutate con il particolare rigore richiesto dall'orientamento dominante in sede di legittimità e sempre che dall'esame critico delle risultanze processuali, che il giudice di merito deve pur sempre compiere ai fini della verifica della credibilità personale della persona offesa e dell'attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, non emergano risultanze processuali in grado di smentirle, cioè di inficiarne il contenuto rappresentativo». Per questi motivi la S.C. annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Aosta in diversa persona fisica.
Presidente Pezzullo – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe il giudice di pace di Aosta assolveva L.P.R. dal reato di cui all'articolo 582 c.p., commesso, secondo l'ipotesi accusatoria, in danno del socio R.R. , ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, non essendo stata raggiunta la prova della sussistenza del fatto. 2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Aosta, lamentando vizio di motivazione, in quanto il giudice di pace non ha fatto buon governo dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di valore probatorio delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa non costituita parte civile, trascurando di considerare che, pur non essendo necessario, la narrazione dei fatti proveniente dalla persona offesa trova conferma in due oggettivi elementi di riscontro la documentazione sanitaria attestante le lesioni patite dal R.R. e il contenuto della deposizione del teste oculare P. , il quale ha affermato di avere visto che le due parti erano in contatto, precisando di non essere intervenuto per separarle. Inoltre appare manifestamente illogico, ad avviso del ricorrente, valutare negativamente le dichiarazioni della persona offesa, sul presupposto che il R. avesse un forte interesse nella vicenda, negando la fondatezza della pretesa creditoria vantata nei suoi confronti dall'imputato, in quanto, così ragionando, le dichiarazioni di una persona offesa, che, pur non costituendosi parte civile, ha comunque dimostrato un concreto interesse all'avvio del procedimento penale, presentando querela, non sarebbero mai attendibili. 3. Il ricorso è fondato e va accolto. 4. Ed invero, come è noto, secondo quanto affermato dal Supremo Collegio nella sua espressione più autorevole, le dichiarazioni della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, non trovando applicazione nei confronti della persona offesa le regole di valutazione della prova dettate dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che, peraltro, deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone cfr. Cass., sez. unumero , 19/07/2012, numero 41461, P.M., rv. 253214 . Nel solco della decisione delle Sezioni Unite si inseriscono ulteriori arresti in cui si evidenzia, da un lato, la necessità che il giudice, nella valutazione delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo così l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata cfr. Cass., sez. V, numero 1666 dell'8.7.2014, rv. 261730 dall'altro, che, qualora risulti opportuna l'acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, nè assistere ogni segmento della narrazione cfr. Cass., sez. V, numero 21135 del 26.3.2019, rv. 275312 . Orbene di tali principi non ha fatto buon governo il giudice di pace, che, in definitiva, è giunto alla pronuncia di assoluzione, ritenendo che la persona offesa non fosse credibile e che le sue dichiarazioni non fossero dotate di adeguati riscontri estrinseci. Non ha considerato, il giudice di pace, che il procedere al riscontro delle dichiarazioni della persona offesa attraverso elementi estrinseci, ritenuto, peraltro, nell'arresto delle Sezioni Unite in precedenza indicato, opportuno solo nel caso, diverso da quello in esame, in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, non configura un vero e proprio obbligo a carico del giudice di merito, che rimane libero di valutare se la narrazione della persona offesa abbisogni o meno di elementi di riscontro estrinseci, risultando del tutto ragionevole escluderne la necessità in caso di giudizio positivo sulla credibilità personale della persona offesa e sulla attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, in termini di precisione, costanza ed intrinseca coerenza logica del narrato, ed in mancanza di elementi di segno contrario. Se ne deduce che, ove la persona offesa non si sia costituita parte civile, le sue dichiarazioni devono ritenersi a maggior ragione da sole sufficienti a fondare l'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, purché siano valutate con il particolare rigore richiesto dall'orientamento dominante in sede di legittimità e sempre che dall'esame critico delle risultanze processuali, che il giudice di merito deve pur sempre compiere ai fini della verifica della credibilità personale della persona offesa e dell'attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, non emergano risultanze processuali in grado di smentirle, cioè di inficiarne il contenuto rappresentativo. Di tali regole di giudizio, come si è detto, non ha fatto buon uso il giudice di pace, il quale, omettendo ogni considerazione sulla credibilità personale del R. , se non in termini assolutamente apodittici, e sulla attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, ha ritenuto che queste ultime non potessero giustificare una pronuncia di condanna, in quanto prive di riscontri estrinseci, non potendo considerarsi tali, secondo la prospettiva del giudice di merito, nè le dichiarazioni del teste P. , terzo estraneo, nè il contenuto del referto medico, ritenuto dal medesimo giudice non vincolante. Peraltro anche nell'esame delle indicate risultanze probatorie si individuano alcune evidenti carenze motivazionali, in quanto il giudice di pace, da un lato, non ha sottoposto ad approfondita verifica critica il contenuto delle dichiarazioni del teste P. , terzo estraneo, che ha comunque riferito di avere osservato un contatto tra le parti dall'altro ha sottovalutato il contenuto del referto medico, posto che secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di valutazione della prova, è congruamente motivata la sentenza di condanna per il reato di lesioni personali che, a conforto delle dichiarazioni della persona offesa, valorizzi un certificato medico frutto di un accertamento diretto, e non di una mera riproduzione del narrato della persona offesa cfr. Cass., Sez. 5, numero 9675 del 14/07/2014, Rv. 263112 . 5. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va, dunque, annullata, con rinvio per un nuovo giudizio al giudice di pace di Aosta, in diversa composizione fisica, che provvederà a eliminare le evidenziate aporie, uniformandosi ai principi di diritto innanzi indicati. P.Q.M. Annulla l'impugnata sentenza con rinvio per nuovo giudizio al giudice di pace di Aosta in diversa persona fisica.