La regola dettata dall’articolo 16 lett. f d.lgs. numero 29/1993, per cui i dirigenti generali “promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di consiliare e transigere” non è applicabile alle Regioni, ma solo alle amministrazioni statali in virtù dell’articolo 8 d.lgs. numero 80/1998 . Conseguentemente, prima della legge ragionale numero 12 del 2005, la Giunta regionale della Regione Calabria poteva per un verso delegare i dirigenti dell’Avvocatura regionale con un proprio atto generale al rilascio delle autorizzazioni attive e passive alle liti e, inoltre, qualora detti dirigenti avessero autorizzato liti attive o passive in mancanza di tale atto, la Giunta poteva con un proprio atto individuatore della lite pendente ratificare il loro operato.
La rappresentanza in giudizio della Regione Calabria prima della legge ragionale numero 12 del 2005, in assenza di una apposita delibera della Giunta regionale per promuovere una lite o resistervi, può ritenersi ammissibile una delibera successiva in ratifica? La Regione Calabria aveva promosso un giudizio di opposizione avverso un decreto ingiuntivo notificatole per ottenere il pagamento di determinate prestazioni professionali . Il Tribunale con sentenza del 2004 revocava il decreto ingiuntivo vista la presenza di una clausola arbitrale nella convenzione conclusa tra le parti. La Corte d'Appello adita dalle società creditrici dichiarava inammissibile l'appello ritenendo necessaria la proposizione di un regolamento di competenza ex articolo 42 c.p.c La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso promosso sempre dalle società, cassava con rinvio l'impugnata sentenza affermando che la deferibilità agli arbitri della controversia non valeva a definire una questione di competenza ma una questione di merito, secondo la disciplina previgente alla riforma di cui al d.lgs. numero 40/2006 . La Corte d'Appello di Catanzaro, in sede di rinvio, tra l'altro, affermava la legittimazione processuale della Regione Calabria, ritenendo valida la ratifica dell'operato del Dirigente dell'Avvocatura Regionale intervenuta giusta delibera di Giunta numero 890 del 2001 di autorizzazione del primo ad officiare del mandato difensivo il legale nominato per il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo. Le società creditrici ricorrono nuovamente in Cassazione. Tra i motivi di impugnazione le società ricorrenti lamentano l'inammissibilità della delibera della Giunta di autorizzazione del dirigente dell'Avvocatura regionale alla nomina del legale, in quanto la delibera non era preventiva alla nomina ma successiva. La Corte dichiara il motivo sia inammissibile che infondato. Il motivo è inammissibile, in quanto, il tema oggetto del motivo non era stato oggetto del precedente giudizio di cassazione e, pertanto, non poteva essere oggetto né del successivo giudizio in sede di rinvio né del presente procedimento. Il motivo, continua la Corte, è comunque infondati in quanto, qualora i dirigenti dell'avvocatura regionale avessero autorizzato liti attive o passive in mancanza di apposita preventiva autorizzazione della Giunta reginale, questa poteva con un proprio atto individuatore della lite pendente ratificare il loro operato.
Presidente Campanile/Relatore Scalia Fatti di causa 1. Con sentenza numero 1295 del 2004 il Tribunale di Catanzaro, in accoglimento dell'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti della Regione Calabria da A. S.r.l. e A. per la somma di Lire 254.130.000, a titolo di compenso residuo per la redazione del piano regionale di bonifica delle acque inquinate, revocava il titolo monitorio nella ritenuta incompetenza del giudice adito in favore di quello arbitrale, giusta previsione contenuta nella convenzione conclusa dalle parti. Adita in via principale da A. S.r.l. e A., la Corte di appello di Catanzaro con sentenza numero 606 del 2010 dichiarava inammissibile l'appello principale ritenendo necessaria la proposizione del regolamento di competenza ex articolo 42 c.p.c. e dichiarava assorbito quello incidentale introdotto dalla Regione Calabria. La Corte di cassazione con sentenza numero 4567 del 2012 , in accoglimento dell'unico motivo proposto da A. S.r.l. e A., relativo alla erroneità della dichiarazione di inappellabilità della decisione di primo grado, cassava l'impugnata sentenza e, statuendo sul regime ratione temporis, riteneva l'inapplicabilità dell' articolo 819-ter c.p.c. , avendo la sentenza impugnata deciso una questione di deferibilità agli arbitri senza che alcun procedimento arbitrale fosse iniziato. La deferibilità agli arbitri della controversia non valeva a definire una questione di competenza, come prevista dall'indicata norma, ma di merito, secondo la disciplina previgente alla riforma di cui al D.Lgs. numero 40 del 2006 , con conseguente inammissibilità del regolamento di competenza ed ammissibilità dell'appello. 2. La Corte di appello di Catanzaro con la sentenza in epigrafe indicata decidendo in sede di rinvio sul giudizio riassunto, dichiarata in via pregiudiziale, sull'eccezione riproposta da A. S.r.l. e A., la legittimazione processuale della Regione Calabria, nella ritenuta validità della ratifica dell'operato del Dirigente dell'Avvocatura Regionale intervenuta giusta Delib. Giunta numero 890 del 2001, di autorizzazione del primo ad officiare del mandato difensivo il legale nominato per il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Nella apprezzata intempestività della eccezione di incompetenza in favore del giudice privato avanzata dalla Regione Calabria, rigettava, poi, nel merito la domanda di pagamento compensi per l'attività di redazione del piano di bonifica svolta dalle imprese e dichiarava inammissibile quella subordinata di arricchimento ingiustificato dalle stesse proposta in quanto introdotta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in difetto di domande nuove dell'opponente. 3. A. e A, ricorrono per la cassazione della sentenza di appello con due motivi cui resiste con controricorso, illustrato da memoria, la Regione Calabria. Ragioni della decisione 1. In via preliminare sono infondate le deduzioni della controricorrente sulla inidoneità ai sensi dell' articolo 83 c.p.c. , comma 3, della procura alle liti conferita nel presente giudizio dalle odierne ricorrenti. Quanto versato in atti non realizza gli estremi della procura speciale che redatta su unico foglio contenga mandato ed autentica e che quando conferita da più parti deve tradursi nella necessità della compilazione di altrettanti fogli separati ciascuno dei quali ricomprendente sottoscrizione ed autentica là dove in quella di specie soltanto il secondo foglio contiene la sottoscrizione delle parti con in calce l'autentica del difensore. Il preteso discostarsi della procura alle liti in atti dalla forma che si vorrebbe richiesta dall'articolo 83, comma 2, cit. è questione non fondata non correlandosi al cumulo in un unico foglio delle posizioni delle due ricorrenti, conferenti mandato difensivo, alcuna inidoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo e quindi della capacità di manifestare la volontà della parte circa il conferimento della procura alle liti. Il carattere separato del foglio in cui è contenuta la procura alle liti di cui all'articolo 83 cit. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato enfasi aggiunta che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce vale a dare conto di una disciplina la cui peculiarità è data dalla non ricomprensione, proprio in quanto redatta su foglio separato, della procura all'interno del corpo dell'atto difensivo cui accede e non certo a rimarcare la necessità che in caso di più conferenti vi siano altrettanti fogli, ciascuno contenente autonoma e separata procura alle liti. 2. È infondata anche l'eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza nel suo complesso dell'atto, in relazione alle previsioni del Protocollo d'intesa del 17 dicembre 2015, siglato dalla Corte di cassazione e dal Consiglio nazionale forense, per mancata indicazione del punto e tempo di produzione dei documenti richiamati e, ancora, per mancata produzione di un apposito fascicoletto che contenga solo tali documenti. Si tratta di censure apprezzabili rispetto ai singoli proposti motivi e ancora, quanto alla produzione del fascicoletto, di onere formale finalizzato a dare attuazione al principio di autosufficienza del ricorso che, come tale, continua comunque a rilevare a sostegno del sindacato di questa Corte secondo i canoni di legge. Come già affermato da questa Corte, infatti, la violazione delle regole per la redazione del ricorso per cassazione secondo il Protocollo siglato il 17 dicembre 2015 dalla Corte di cassazione e dal Consiglio nazionale forense, a mezzo dei loro presidenti, in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria, dà luogo ad inammissibilità là dove tale violazione implica a sua volta la violazione - non già, ovviamente, del Protocollo in sé, bensì - del dato normativo di riferimento, ed in particolare delle norme relative al contenuto del ricorso, nell'interpretazione recepita nello stesso Protocollo Cass. 24/04/2018, numero 10112 , massimata su altro, p. 8 motivazione . 3. Con il primo motivo le ricorrenti fanno valere la violazione dell' articolo 345 c.p.c. e del combinato dell'articolo 12 preleggi, dell'articolo 27, lett. f e dell'articolo 29 dello Statuto della Regione Calabria, approvato con L. numero 519 del 1971 , L.R. Calabria numero 7 del 1996, articolo 10, come modificato dalla L.R. Calabria numero 18 del 2004 e dalla L.R. Calabria numero 12 del 2005, articolo 1, commi 10 e 11, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3. 3.1. Per un primo profilo, le ricorrenti deducono l'inammissibilità, per tardività, della produzione curata dalla Regione Calabria della Delib. Giunta 31 ottobre 2001, numero 890, di ratifica del decreto del Dirigente dell'Avvocatura regionale, numero 492 del 1 giugno 2000, di nomina dell'avvocato Larussa che veniva in tal modo officiato della difesa dell'ente territoriale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. L'indicata Delib. era stata infatti prodotta, in violazione dell' articolo 345 c.p.c. , soltanto nel giudizio di appello. Il decreto di nomina era intervenuto in data 31 ottobre 2001 e la Regione pertanto avrebbe potuto produrlo nel giudizio di primo grado ben prima della scadenza dei termini ivi previsti per le produzioni documentali. 3.2. Per altro profilo del medesimo motivo le ricorrenti deducono l'inammissibilità della Delib. di Giunta di autorizzazione del Dirigente dell'Avvocatura regionale alla nomina del legale. La Delib. non era infatti preventiva, come previsto dalla L.R. numero 7 del 1996, articolo 10, modificato dalla L.R. numero 12 del 2005, articolo 1, commi 9 e 10. In ogni caso la nuova disciplina contenuta nella L.R. numero 12 del 2005, di riconoscimento ai Dirigenti dell'Avvocatura di un potere prima insussistente non poteva considerarsi, ex articolo 12 preleggi, retroattiva e quindi applicabile ad una lite già pendente e non poteva essere utilizzato, all'indicato fine, il decreto di nomina del 2000, risultando a quell'anno, nella vigenza della precedente L.R. numero 7 del 1996, il Dirigente dell'Avvocatura privo di quel potere. Soltanto con la L. numero 18 del 2004 , è stata prevista la delegabilità dalla Giunta al Dirigente responsabile di adottare i provvedimenti relativi alla costituzione in giudizio della Regione Calabria in materia di liti attive e passive. Il decreto dell'Avvocatura regionale del 2000 pertanto era stato emesso in carenza del relativo potere non lo prevedeva infatti la legge, allora in vigore, la numero 7 del 1996, modificata per L. numero 18 del 2004 che introduce siffatto potere per delega preventiva e poi eliminata con la L. numero 12 del 2005, che riconosce ai Dirigenti dell'Avvocatura, in proprio, un siffatto potere. Nel 2000 il Dirigente dell'Avvocatura non aveva potere di conferire incarichi di difesa esterni perché organo non rappresentativo dell'ente e la successiva ratifica di Giunta non valeva a supplire alla radicale inesistenza dell'attribuzione. 4. Il motivo è inammissibile e, per entrambe i dedotti profili, infondato per le ragioni di seguito indicate che vanno ad integrare, ferma la decisione impugnata, la motivazione adottata dalla Corte di appello. 4.1. Questa Corte è chiamata allo scrutinio del giudizio di merito in seguito a rinvio da precedente proprio annullamento, pertanto, in via preliminare va data applicazione al principio, saldo nelle affermazioni della giurisprudenza di legittimità, per il quale il giudice del rinvio è investito della controversia nei limiti segnati dalla decisione di legittimità relativamente alle questioni da essa decise. Al principio si accompagna la valutazione di inammissibilità della dedotta questione nei termini di seguito indicati e precisati. Il giudice del rinvio non può, infatti, riesaminare gli antecedenti logici e giuridici delle questioni decise in sede di legittimità e tanto nel rilievo che i limiti del giudizio di rinvio non sono soltanto quelli che derivano dal divieto di ampliare il thema decidendum , prendendo nuove conclusioni, ma altresì quelli inerenti alle preclusioni che discendono dal giudicato implicito formatosi con la sentenza di cassazione, nell'effetto di porre nel nulla o limitarne gli effetti in contrasto con il principio della sua intangibilità Cass. 14/01/2019 numero 636 Cass. 22/05/2006 numero 11939 Cass. 13/07/2006 numero 15952 Cass. 07/03/2011 numero 5381 vd. Cass. SU 03/09/2020 numero 18303 . Ciò posto, avendo questa Corte nella precedente fase di legittimità pronunciato, di tanto soltanto investita, in ordine alla competenza arbitrale sull'oggetto della controversia per dedotto error in procedendo, ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, nnumero 2 e 4, dovuto alla violazione degli articolo 42 e 819-ter c.p.c. , la questione sulla legittimazione processuale della Regione Calabria per mancanza della Delib. di Giunta di autorizzazione al proposto giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, quale antecedente logico-giuridico dell'adottato decisum, risulta assorbita e non più riesaminabile in sede di rinvio. Si è infatti avuta una implicita formazione del giudicato sulla indicata questione che è preliminare a quella sulla competenza su cui il giudice del rinvio si è trovato a pronunciare in esito al giudizio di cassazione, in ragione del principio di diritto ivi espresso. 4.1.1. La legitimatio ad causam si ricollega al principio dettato dall' articolo 81 c.p.c. , secondo il quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, e, relativa a materia attinente al contraddittorio ed a prevenire una sentenza inutiliter data , essa integra un antecedente logico-giuridico rispetto ad ogni altra questione pregiudiziale, qual è la competenza del giudice di merito a pronunciare. L'affermazione di questa Corte della competenza del giudice ordinario adito su quello arbitrale implica la corretta instaurazione del contraddittorio tra le parti e, quindi, anche la legittimazione al processo in capo alla Regione Calabria perché validamente rappresentata dall'investito procuratore i cui poteri non possono quindi più essere posti in contestazione nel successivo giudizio di rinvio. La questione sulla legittimati ad processum svolta dalle odierne ricorrenti davanti alla Corte di appello di Catanzaro quale giudice del rinvio, ivi inammissibilmente introdotta per i termini sopra indicati, non può essere per ciò stesso sottoposta a sindacato di questa Corte dinanzi alla quale il giudizio perviene per una seconda volta. 4.2. Fermo il preliminare rilievo, il motivo è comunque infondato. Ed infatti, quanto al dedotto profilo d'indole processuale, per costante giurisprudenza di questa Corte, l'autorizzazione a stare in giudizio emessa dall'organo collegiale competente - atto necessario perché un ente pubblico, una Regione, possa agire o resistere in causa - attiene alla legitimatio ad processum, ossia all'efficacia e non alla validità della costituzione dell'ente medesimo a mezzo dell'organo che lo rappresenta e può intervenire ed essere prodotta, pertanto, anche nel corso del giudizio sanando retroattivamente le irregolarità inficianti la precorsa fase del procedimento stesso Cass. 19/08/2004 numero 16269 Cass. 23/08/2004 numero 16602 Cass. 12/01/2006 numero 475 Cass. numero 18571 del 2015 p. 4 Cass. numero 1195 del 2016 p. 4 . In tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlata facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla liti, può essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito del correlato potere sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, sicché, in difetto, è esclusa la legittimatio ad processum del rappresentante e il relativo accertamento - attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale - può essere effettuato anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto Cass. 31/07/2015 numero 16274 Cass. 24/12/2020 numero 29505 . Ciò posto, poiché nel giudizio di primo grado il Tribunale di Catanzaro non aveva rilevato, nè alcuna delle parti aveva posto, la questione della legittimatio ad processum e solo in appello siffatta questione è stata sollevata, è corretta, in adesione alla giurisprudenza di questa Corte, la sentenza impugnata là dove i giudici di appello hanno ritenuto di poter apprezzare la questione nella produzione curata nel grado. 4.3. Nel resto è ancora infondato il motivo, per i contenuti di più stretta natura sostanziale, relativi alla dedotta incompetenza funzionale dell'organo autorizzativo, che più squisitamente afferiscono ai poteri attribuibili alla Dirigenza regionale nel promuovere o resistere alle liti, nella presupposta competenza della Giunta Regionale a ratificare della prima l'operato o a trasferirle il correlato potere quando, nel susseguirsi delle discipline normative, quest'ultimo non fosse direttamente riconosciuto alla prima dalla norma. La sentenza impugnata merita anche per tale profilo conferma pure se con le precisazioni che seguono, nella premessa che il contenuto processuale del vizio dedotto consente a questa Corte di avere accesso agli atti di lite ed alle delibere della Giunta regionale di autorizzazione versate in giudizio. Viene così in applicazione il principio, nel tempo formatosi nelle pronunce di questa Corte, per il quale, la regola dettata dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, numero 29, articolo 16, lett. f , per cui i dirigenti generali promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e transigere , non è applicabile alle Regioni, ma solo alle Amministrazioni statali in virtù del D.Lgs. numero 80 del 1998, articolo 8 nè, con riferimento alla Regione Calabria, può scaturire tale estensione dalla L.R. 13 maggio 1996, numero 7 , che conferisce ai dirigenti la rappresentanza in giudizio ed il potere di conciliare e transigere, ma non il potere di promuovere e resistere alle liti. Conseguentemente, la suddetta Regione, fino a quando non modifica lo Statuto a norma dell' articolo 123 Cost. , come sostituito dalla L. Cost. 22 novembre 1999, numero 1, articolo 3 , è legittimata a promuovere le liti o a resistervi soltanto previa autorizzazione della Giunta regionale, come prescritto dall'articolo 27, lett. f , dello Statuto medesimo. Tuttavia, nella descritta situazione normativa, la Giunta regionale poteva per un verso delegare i dirigenti dell'avvocatura regionale con un proprio atto generale al rilascio delle autorizzazioni attive e passive alle liti ed inoltre, qualora detti dirigenti avessero autorizzato liti attive o passive in mancanza di tale atto, la Giunta poteva con un proprio atto individuatore della lite pendente ratificare il loro operato Cass. 11/01/2008 numero 480 che riprende, Cass. SU numero 10371 del 08/05/2007 , con la precisazione che siffatta idoneità è da riconoscere, all'occorrenza, alla deliberazione numero 205 del 2004 riguardo alle liti in essa contemplate vd. in tal senso Cass. numero 480 cit., par. 2.2. in motivazione . Nella fattispecie in esame il decreto di nomina del legale, Avvocato Larussa, esterno alla Regione ed onerato della difesa nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è quello del 1 giugno 2000 al numero 492 e la Delib. di Giunta regionale che viene in considerazione non è la numero 890 del 31 ottobre 2001 - che in quanto successiva all'atto non può valere quale preventivo trasferimento dei poteri alla dirigenza e che per i suoi contenuti generici non può valere altresì quale atto di ratifica - ma, invece, la successiva Delib. Giunta numero 205 del 2004, versata agli atti nella fase di merito dalla Regione Calabria, e conoscibile da questa Corte di cassazione nell'indole processuale del dedotto vizio, con cui la stessa ha ratificato tutti i provvedimenti adottati dal Direttore dell'Avvocatura dal 7 luglio 1999 al 2004 menzionando i singoli giudizi cui quei provvedimenti afferivano. Per siffatti contenuti alla indicata Delib. ben può riconoscersi la natura di atto di ratifica degli effetti di un potere esercitato da chi all'epoca dell'adozione del decreto di nomina ne era privo - così la dirigenza dell'Avvocatura regionale - e che quindi può promanare a posteriori dall'organo competente nella indicata finalità di tenere fermi gli effetti già prodotti dall'attività svolta dall'organo privo di potere d'altra parte, l'atto può anche dispiegarsi a priori ed in via diretta dall'organo competente attraverso una preventiva Delib. di trasferimento ed attribuzione del potere rappresentativo all'organo altrimenti incompetente. La distinzione è chiara nel precedente numero 480 del 2008 adottato da questa Corte in una fattispecie contigua a quella di specie in cui venendo in rilievo la Delib. numero 890 del 2001 perché ivi il decreto di conferimento incarico del dirigente era di epoca successiva di questa si valorizzava la capacità di trasferire in via diretta il potere da un organo competente ad altro privo di potere e tanto nel rapporto tra Giunta regionale - titolare del potere in materia di promozione o resistenza alle liti ex statuto approvato con L. numero 519 del 1971 , là dove era previsto, per l'appunto, che fosse la Regione a deliberare in materia di liti attive e passive - e dirigenza dell'Avvocatura regionale. Nel presente giudizio invece il D.Dirig. adottato in difetto di potere è del 1 giugno 2000 e quindi anteriore alla Delib. Giunta numero 890 del 2001, di cui pertanto non può recuperarsi in questa sede la natura di atto di diretto conferimento del potere e rileva, invece, al diverso fine di ratificare l'attività già svolta dall'organo amministrativo privo di potere, la successiva Delib. di Giunta, in atti, quella del 2004 numero 205 in cui si realizza una sommatoria di atti di ratifica ciascuno correlato a distinte situazioni processuali. Per l'indicato costrutto resta assorbita ogni denuncia sulla carenza di potere in capo al dirigente dell'Avvocatura regionale in materia di liti attive e passive in quanto introdotto solo con la L.R. numero 12 del 2005 e, prima ancora, con la L. numero 18 del 2004 , previa delega preventiva della Giunta regionale, il tutto nella successione indicata in ricorso. Tanto vale in ragione di un distinto e più generale potere amministrativo che promanando dall'organo competente si esprime ora in via preventiva ora in via successiva rispetto all'attività svolta dall'organo in carenza di potere e tanto in applicazione degli strumenti della Delib. preventiva o successiva di ratifica dell'attività amministrativa compiuta dall'organo incompetente. Il motivo anche per tale profilo è pertanto infondato e va rigettato. 5. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano la motivazione impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione. 5.1. La Corte di appello di Catanzaro aveva ritenuto fondata l'eccezione di inadempimento sollevata dalla Regione Calabria senza valutare che là dove si controverta di inadempimenti reciproci il giudice deve accertare con valutazione comparativa la loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e la loro rispettiva incidenza sull'equilibro sinallagmatico, non mancando in detto contesto di accertare l'essenzialità del temine di consegna degli elaborati di progetto, oggetto della prestazione resa dalle ricorrenti, nell'interesse perdurante dell'ente committente a riceverli comunque previa verifica che vi sia stata rinuncia alla inderogabilità del termine. 5.2. La Corte di merito non aveva considerato che il piano di progetto, oggetto di convenzione intervenuta con la Regione, era stato consegnato ed utilizzato da parte della committenza come evidenziato dal P.O.R. Programma Operativo Regionale Calabria 2000-2006, predisposto per l'accesso ai fondi strutturali dell'Unione Europea sull'Ambiente ed allegato al ricorso per cassazione, e dal P.R.G.R. Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti , approvato con ordinanza commissariale numero 1771 del 26 febbraio 2002, pubblicata sul BURC. In siffatto contesto il rimedio di cui all' articolo 1460 c.c. , in quanto interinale e sospensivo, non aveva ragione d'essere. L'inadempimento dei termini di consegna era stato eccepito per la prima volta in sede di opposizione all'ingiunzione. Il motivo è inammissibile per le ragioni di seguito indicate. 5.2.1. Quanto alla dedotta violazione di legge, il motivo è inammissibile per inosservanza del disposto di cui all' articolo 366 c.p.c. , numero 4 ex multis Cass. 21/08/2020 numero 17570 mancando della puntuale deduzione circa le norme violate nel raffronto con la sentenza impugnata, e, ancora, nell'ulteriore rilievo che le dedotte violazioni in punto di proporzione e gravità degli inadempimenti e, ancora, sull'essenzialità del termine della prestazione professionale dovuta, non toccano la rati della decisione impugnata. La Corte di merito, in applicazione del relativo regime di prova, infatti non ha ritenuto neppure provato dagli odierni ricorrenti, pretesi creditori del corrispettivo della prestazione intellettuale resa - le attività indicate nella scheda progettuale allegata all'istanza di finanziamento - il proprio adempimento nel rispetto del termine semestrale fissato nella convenzione stipulata dalle parti in data 3 settembre 1992. I giudici di appello hanno infatti rilevato, ad uno scrutinio delle produzioni di giudizio, la mancata consegna, anche in via provvisoria, del progetto commesso, il tutto prima dell'aprile 1997, ossia distanza di oltre cinque anni dalla data di stipula della convenzione e di quattro dalla data di registrazione p. 12 sentenza . È infatti pacifico principio destinato a valere in materia di distribuzione dell'onere di prova ed allegazioni in un giudizio in cui la parte debitrice convenuta in adempimento sollevi eccezione di inadempimento, quello per il quale in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il debitore convenuto per l'adempimento, ove sollevi l'eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c. , sarà onerato di allegare l'altrui inadempimento, gravando sul creditore agente l'onere di dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione, risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione Cass. 11/02/2021 numero 3587 Cass. 12/02/2010 numero 3373 . Nella distribuzione dei ruoli, la Regione, opponente nel giudizio ex articolo 645 c.p.c. , ha infatti sollevato eccezione di inadempimento rispetto alla pretesa creditoria azionata in via monitoria dalle odierne ricorrenti. 5.2.2. Quanto al vizio di motivazione, da declinarsi ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5, in ordine alla circostanza fattuale della utilizzazione del progetto, il motivo è inammissibile per mancata deduzione della sua tempestiva allegazione nel giudizio di merito e perché, anche, irrimediabilmente esorbitante nel fatto, di cui si chiede scrutinio in questa sede, per una sollecitata nuova valutazione delle prove addotte, non proponibile nel giudizio di legittimità ex multis Cass. SU 27/12/2019 numero 34476 Cass. 04/03/2021 numero 5987 . 6. Il ricorso principale è in via conclusiva infondato. 7. Il ricorso incidentale, illustrato da memoria - con cui la Regione Calabria, dedotta la violazione degli articolo 115, 130, 180, 181, 183 c.p.c. , in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, ha fatto valere il mal accorto governo da parte del giudice di appello delle norme processuali di scansione e definizione dell'udienza di trattazione e quindi l'errata valutazione della ivi ritenuta tardività dell'eccezione di incompetenza del giudice adito in favore di quello arbitrale -, in quanto articolato in via subordinata all'accoglimento del principale, resta assorbito. 8. In via conclusiva il ricorso principale va rigettato e resta assorbito quello incidentale. Spese liquidate secondo soccombenza come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il doppio contributo. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e condanna le ricorrenti a rifondere alla Regione Calabria le spese di lite che liquida in Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.