La “pedopornografia domestica” torna al vaglio delle Sezioni Unite

Va precisato se il reato di pornografia minorile e, in particolare, la condotta di produzione di materiale pornografico ritraente minori degli anni diciotto, risulti o meno integrata nel caso in cui detto materiale venga realizzato nel contesto di una relazione affettiva coinvolgente un minore ultraquattrodicenne, capace di esprimere un valido consenso agli atti sessuali, ad esclusivo uso privato della coppia.

Così ha deciso la Suprema Corte di Cassazione, sez. III Penale, con la ordinanza numero 25334/21, depositata il 1° luglio. Tecnologia a luci rosse. Torna alla ribalta il tema della “documentazione” attraverso filmati o immagini degli atti sessuali posti in essere da una coppia. Nulla quaestio se essa è formata da due soggetti maggiorenni questione di gusti. I guai, invece, iniziano a profilarsi all'orizzonte nel momento in cui uno dei due partners sia un minorenne ultraquattordicenne perchè se avesse meno di quattordici anni il problema non si porrebbe neppure, non potendosi, a quell'età, nemmeno esprimere un valido consenso ad intrattenere rapporti sessuali . Come tutti sanno, la pornografia minorile – sanzionata da norma incriminatrice a più fattispecie, che comprende la produzione e la diffusione del materiale pornografico illecito – è un grave reato. Nel caso che ci occupa, in una relazione amorosa tra un maggiorenne e una minorenne ultraquattordicenne venivano realizzati – col consenso di entrambi – alcune immagini e video raffiguranti atti sessuali, poi trasmessi via Facebook ad un terzo soggetto. Dopo una doppia conforme di condanna, l'imputato tenta la strada del ricorso per Cassazione, e gli Ermellini rimettono la questione alle Sezioni Unite. Quando le Sezioni Unite non bastano a dirimere il contrasto interpretativo. La questione di diritto sulla rilevanza della pornografia minorile “autoprodotta” - molto simile a quella che ha impegnato gli aspiranti avvocati nella sessione d'esami 2019-2020 – era già stata in un certo senso affrontata dalle SS.UU. nel 2018. L'argomento centrale è quello della liceità o meno della produzione di materiale pornografico coinvolgente minori ultraquattordicenni nel contesto di una relazione di coppia, quindi senza alcuno “sfruttamento” lontanamente assimilabile ad un rapporto di forza sbilanciato a favore del partner maggiorenne. Si tratta della c.d. “pedopornografia domestica”, cioè inserita, per l'appunto, tra le pieghe di una relazione affettiva e destinata ad un uso e consumo esclusivamente privato. Già nel 2018, le Sezioni Unite, dopo aver osservato che il reato di pornografia minorile non richiede il pericolo di diffusione del materiale illecitamente prodotto, hanno osservato che l'area del penalmente rilevante presuppone l'utilizzazione del minore. E di utilizzazione può parlarsi soltanto quando ricorre «un differenziale di potere tra soggetto che realizza le immagini e minore rappresentato». Tutto sembrerebbe quindi chiaro, eppure i nodi insoluti della problematica rimangono tantissimi. Via libera al “porno domestico” in ogni caso? L'apparente “apertura” delle Sezioni Unite, a leggerla così, è a dir poco pericolosa sembrerebbe di intravvedervi una sorta di luce verde alla produzione, ma anche alla cessione del materiale prodotto che poco o nulla si coordina con generale divieto di produzione, diffusione, cessione e persino detenzione di immagini o video ritraenti minori coinvolti in atti sessuali. Ecco perchè i dubbi, raccolti dalla giurisprudenza successiva al 2018, sono sfociati in alcune sentenze con le quali si è posto l'accento sulla diffusione, che continuerebbe ad essere illecita. Così lo spartiacque tra lecito e penalmente rilevante viene individuato nella finalità “privata” del video o delle immagini. In altre occasioni, invece, si è discusso delle refluenze in termini di responsabilità nel caso di materiale etero o autoprodotto, pervenendo poi alla conclusione che il minore di quattordici anni non può comunque prestare un valido consenso né alla produzione, né alla cessione del materiale pornografico che lo ritrae. A ciò si aggiunga che il legislatore nazionale non ha disciplinato in alcun modo l'ipotesi della “produzione domestica” ad uso privato di immagini e video pornografici riguardanti soggetti minori di età. Il differenziale di potere. Per sondare l'argomento fino in fondo, l'analisi deve essere spinta fino a verificare quale sia il rapporto di equilibrio che si crea all'interno della coppia nella quale è coinvolto il minore. Va accertato, insomma, se in quest'ultima sussiste uno sbilanciamento del potere a favore del maggiorenne, oppure se entrambi i componenti della coppia possono paritariamente esprimere il loro consenso. Questo aspetto rileva innanzitutto ai fini della criminalizzazione dell'attività di produzione del materiale pornografico. Altro discorso andrà fatto in relazione alla sua diffusione. Quindi, ricapitolando il minore ultraquattordicenne, secondo questa impostazione, può prestare il proprio consenso ad intrattenere rapporti sessuali, ma non è detto – o per meglio dire non può darsi per scontato – che egli possa consentire anche alla “documentazione” dei rapporti intrattenuti. Una soluzione e un dubbio. Nell'ordinanza in commento la Cassazione afferma a chiare lettere che non può riconoscersi in capo al minorenne alcuna capacità a prestare il consenso alla diffusione del materiale pornografico prodotto, né alla sua cessione a terzi. Sulla capacità, invece, di consentire alla riproduzione video o per immagini degli atti sessuali che lo vedono protagonista attenderemo il verdetto delle Sezioni Unite, alle quali il punto è stato rimesso.

Presidente Marini – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Roma con sentenza del 17 gennaio 2020 confermava la sentenza resa dal GUP del Tribunale di Roma del 22 gennaio 2016, all'esito del giudizio abbreviato, condizionato all'audizione della persona offesa, con cui D.S.A. veniva condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 12.000 di multa., oltre al pagamento delle spese processuali e all'interdizione perpetua dagli incarichi in scuole, istruzioni e strutture frequentate prevalentemente da minori, per il reato di cui all'articolo 81 cpv. c.p., articolo 600-ter c.p., comma 1, numero 1 e comma 3, perché, con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, utilizzando la minorenne F.C. nata il 3 settembre 1996 , con la quale aveva istaurato una relazione intima, produceva materiale pornografico realizzando immagini della stessa che la ritraevano nel compimento di atti sessuali ed altresì diffondeva o comunque divulgava il predetto materiale immettendolo in rete e rendendolo accessibile sul social network Facebook fatti accaduti in omissis . 1.1. I giudici di merito consideravano integrata la fattispecie incriminatrice nella sua formulazione ratione temporis , ritenendo sussistente la condotta di utilizzazione della minore quindicenne per realizzare immagini pedopornografiche 60 fotografie e dieci video riprese per lo più consistenti in rappresentazioni di rapporti sessuali della minore , come del resto dalla stessa denunciato in sede di querela sporta il 30 settembre 2012, dovendosi considerare non rilevante, e comunque non scriminante, che la minore, secondo quanto dalla stessa dichiarato innanzi al G.U.P. all'udienza del 17 febbraio 2016, avesse acconsentito sia alla realizzazione delle immagini effettuata nell'ambito di pratiche sessuali condivise con l'imputato , sia alla loro parziale cessione, al fine di mettere alla prova M.L., ragazzo con il quale la stessa stava successivamente intrattenendo una relazione sentimentale. 2. Avverso la sentenza, per mezzo del difensore di fiducia, Avv. David Terracina, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi 2.1. Con il primo motivo si deduce vizio di erronea applicazione della norma di cui all'articolo 600-ter c.p., comma 1, numero 1 e vizio motivazionale in ordine alla stessa disposizione. Nello specifico, la Corte territoriale avrebbe fornito una erronea applicazione della legge penale in virtù di una lettura della fattispecie di reato di pornografia minorile contraria all'interpretazione stabilita dalle Sezioni Unite di codesta Corte di cassazione SU 51815/2018 e dalla normativa internazionale in materia. Invero, la Corte territoriale aveva ritenuto che la minore fosse stata utilizzata dal D.S. per realizzare immagini pedo-pornografiche, ritenendo inattendibili le dichiarazioni rese innanzi al G.U.P. dalla ragazza che aveva dichiarato di avere espresso il proprio consenso alla produzione di tale materiale. Diversamente, la difesa ha sottolineato che tale consenso è rilevante, posto che l'orientamento maturato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha incentrato l'interpretazione della norma sul concetto di utilizzazione , inteso come strumentalizzazione della sfera sessuale del minore per il soddisfacimento di desideri sessuali di altri o per il conseguimento di utilità di vario genere , che rappresenta l'effettivo elemento differenziale fra la condotta penalmente rilevante e quella penalmente irrilevante in materia di pornografia minorile. Tanto considerato, la Corte territoriale avrebbe omesso ogni riferimento in merito alla configurabilità della condotta penalmente rilevante di utilizzazione come descritta dalla Suprema Corte, ed avrebbe piuttosto incentrato la propria disamina sulla sola irrilevanza giuridica dell'efficacia scriminante del consenso espresso dalla giovane F In aggiunta, il giudice di seconde cure avrebbe tralasciato ogni motivazione in merito alle specifiche doglianze sollevate con atto di appello ed alle spontanee dichiarazioni rese dal D.S. nell'udienza del 17 gennaio 2020 quanto all'insussistenza della condotta di utilizzazione. Invero, difetterebbe nel caso di specie una qualsivoglia forma di reificazione della minore o comunque una sua degradazione e/o manipolazione nel contesto di un rapporto di coppia, tutt'ora sussistente, a distanza di anni, tra l'imputato e la F., nell'ambito del quale la minore richiedeva di essere ripresa e fotografata nel corso degli atti sessuali che volontariamente decideva di porre in essere. Infat5 l'espressione libera della sessualità da parte del minore ultraquattordicenne, salva prova contraria, non può essere considerata una forma di degradazione o manipolazione dello stesso e lo stesso concetto di sessualità si è evoluto con il progresso tecnologico, sicché la ripresa fotografica dell'atto sessuale non è mera documentazione, ma rappresenta una forma di espressione della sessualità del minore ultraquattordicenne. 2.2. Con il secondo motivo si eccepisce difetto di motivazione circa il diniego opposto alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, ai sensi dell'articolo 603 c.p.p Muovendo dall'assunto che le dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di ritrattazione dinanzi al G.U.P. nel corso del primo grado prefiguravano una realtà del tutto divergente da quella ricostruita dal giudice di seconde cure, laddove la ragazza riferiva che la condotta contestata al D.S. era in realtà condivisa nell'ambito di un gioco erotico alle volte persino stimolato ed espressiva della libertà sessuale della minore, sarebbe evidente desumere la decisività della riassunzione di tali dichiarazioni in grado di appello ai fini del giudizio. Ciò nonostante, il giudice di seconde cure ha omesso qualsivoglia motivazione in merito a tale richiesta, tralasciando altresì di argomentare in ordine alle ragioni in forza delle quali aveva ritenuto di poter decidere allo stato degli atti. 2.3. Con il terzo motivo si denuncia N'erronea applicazione della norma di cui all'articolo 600-ter c.p., comma 1, numero 1. Nello specifico, si ribadisce la mancata configurabilità della condotta contestata al D.S. nella fattispecie di pornografia minorile, in virtù dell'impossibilità di ravvisare il concetto di utilizzazione della minore in assenza di una manipolazione della stessa, e si chiede la derubricazione del reato addebitato ai sensi dell'articolo 600-ter c.p., comma 4. Invero, l'avvenuta cessione a titolo gratuito di materiale pornografico al M. ex fidanzato della F. , tramite l'invio di un messaggio privato sul soda network Facebook, sarebbe semmai sussumibile nella fattispecie di cui al comma 4 della suddetta disposizione, attesa l'assenza dell'elemento divulgativo delle immagini incriminanti ad una platea indeterminata di soggetti, essendo le stesse pervenute tramite un canale di interlocuzione bilaterale. A tal proposito, si rileva come il reato de quo, così qualificato ai sensi dell'articolo 600-ter c.p., comma 4, risulterebbe ormai prescritto. Considerato in diritto 1. Deve essere innanzitutto affrontata la problematica posta con il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente ha lamentato l'erronea applicazione della fattispecie di cui all'articolo 600-ter c.p., da parte della Corte di appello di Roma, che avrebbe fondato, in via principale, la sussistenza del reato contestato sull'irrilevanza del consenso che la minore quindicenne aveva manifestato alla produzione di tale materiale nell'ambito dell'attività sessuale consensuale svolta nel corso della prima fase della relazione affettiva intercorsa, nel periodo dal settembre 2011 e l'ottobre 2012, tra la stessa nata il 3 settembre 1996 e l'imputato nato il 12 giugno 1975 , in contrasto con l'interpretazione data alla fattispecie incriminatrice con la sentenza delle Sezioni Unite numero 51815 del 31/05/2018, che ha individuato nella condotta di utilizzazione del minore il discrimine per individuare l'area di penale rilevanza dell'attività di produzione di materiale pedo-pornografico. 2. Va osservato che con tale decisione le Sezioni Unite, ricostruendo l'evoluzione normativa della fattispecie incriminatrice, in risposta al quesito alle stesse demandato, hanno affermato il principio che ai fini della integrazione del reato di produzione di materiale pedopornografico, di cui all'articolo 600-ter c.p., comma 1, non è richiesto l'accertamento del concreto pericolo di diffusione di detto materiale, in considerazione dello sviluppo tecnologico che ha reso ormai potenzialmente diffusiva qualsiasi produzione di immagini o video . 2.1. Contestualmente il Supremo Collegio ha segnalato il rischio che tale interpretazione avrebbe potuto favorire un'applicazione eccessivamente espansiva della norma incriminatrice per quelle condotte rientranti nell'ambito dell'autonomia privata sessuale , ossia in riferimento alla pedopornografia c.d. domestica ed ha individuato in tale dizione le rappresentazioni pornografiche nelle quali risultino coinvolti minori che abbiano raggiunto la soglia del consenso agli atti sessuali, sempre che tale materiale pedopornografico sia stato prodotto e posseduto con il consenso di tali minori e risulti destinato ad esclusivo loro uso privato. In tale contesto, nel considerare le situazioni in cui vengono prodotte rappresentazioni pedopornografiche che vedono coinvolti minori ultraquattordicenni, il Collegio ha concluso che è la condotta di utilizzazione del minore a circoscrivere l'area del penalmente rilevante, in quanto presuppone la ricorrenza di un differenziale di potere tra soggetto che realizza le immagini e il minore rappresentato . 2.2. L'obiter dictum è stato così massimato In tema di pornografia minorile, non sussiste l'utilizzazione del minore, che costituisce il presupposto del reato di produzione di materiale pornografico di cui all'articolo 600-ter c.p., comma 1, nel caso di realizzazione di immagini o video che abbiano per oggetto la vita privata sessuale di un minore, che abbia raggiunto l'età del consenso sessuale, nell'ambito di un rapporto che, valutate le circostanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell'autore, sicché la stesse siano frutto di una libera scelta e destinate ad un uso strettamente privato. S.U., numero 51815 del 31/05/2018, P11., Rv.274087 - 02 . 2.3. Le Sezioni Unite hanno anche ritenuto che la soluzione interpretativa adottata sia coerente con il quadro normativo sovranazionale Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, del 25 ottobre 2007, nota come Convenzione di Lanzarote, Direttiva dell'Unione Europea 2011/93 contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, già Decisione Quadro del Consiglio dell'Unione Europea numero 2004/68/GA a nulla valendo la considerazione che il legislatore nazionale non abbia previsto alcuna esimente per la pedopornografia c.d. domestica, rispetto alla rilevanza penale della pornografia minorile, come invece consentito dagli citati strumenti giuridici sovranazionali. 2.4. Secondo quanto affermato da tale pronunciasi potrebbe ritenere che la giurisprudenza di legittimità abbia, nella sostanza, seppure implicitamente, legittimato il c.d. sexting primario, ossia l'invio di immagini o video autoprodotti dagli stessi minori che abbiano raggiunto l'età della libertà sessuale, creando però in tal modo deì vuoti di tutela, per gli effetti a cascata che potrebbero conseguire una volta che venga considerato lecito il materiale pedopornografico così prodotto. Infatti, i rinvii interni contenuti nella disposizione codicistica di contrasto alla pedopornografia rendono non agevole la repressione penale della eventuale cessione o diffusione successiva dei materiali pedopornografici a soggetti estranei alla loro produzione il c.d, sexting secondario né potrebbe apparire risolutiva l'introduzione nel 2019 dell'articolo 612-ter c.p. - la criminalizzazione del fenomeno del c.d. revenge poro - che non risulta occuparsi, nello specifico, della tutela della persona di età minore e che non appare adeguato a tale scopo sia per la procedibilità a querela, che per la mancata previsione di una circostanza aggravante specifica per i casi in cui la diffusione illecita di immagini o video a contenuto sessuale esplicito abbia ad oggetto le immagini di un minore. 3. In una successiva pronunciai la giurisprudenza di legittimità ha affrontato una questione simile a quella oggetto del presente ricorso e, pur considerando i principi affermati dal menzionato arresto delle Sezioni Unite, ha concluso che nel caso sottoposto al suo esame il materiale pornografico, pur prodotto con il consenso del minore ultraquattordicenne, non era stato limitato esclusivamente all'uso privato del produttore, posto che questi aveva provveduto a divulgarlo ad un terzo così Sez.3, numero 5522 del 21/11/2019, dep. 12/02/2020, G., Rv.278091-01 . Tale decisione, che ha effettuato una puntuale ricostruzione dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia, è incentrata, a dire il vero, anche sulla problematica della differenza tra materiale etero-prodotto e materiale auto-prodotto dal minore, ambito che nel ricorso in trattazione non riveste interesse e che comunque non si ritiene risolutivo per la definizione dell'area di penale rilevanza del materiale pornografico relativo alla sfera sessuale del minore ultraquattordicenne. Tale ultimo menzionato arresto ha, nella sostanza, affermato che la sussistenza del reato presupposto di produzione di materiale pedopornografico non sarebbe necessaria ai fini dell'integrazione dei reati di divulgazione, diffusione e cessione, e quindi non avrebbe rilevanza il fatto che la produzione di tale materiale possa risultare scriminata per essere una realizzazione pedopornografica ad uso privato del tutto lecita, con ciò implicitamente suggerendo l'impossibilità per il minore ultraquattordicenne di prestare un valido consenso alla cessione o diffusione del materiale a persone diverse dai protagonisti dell'attività sessuale ivi riprodotta. 4. Orbene è proprio sul confine di liceità della produzione di materiale pornografico coinvolgente minori che hanno raggiunto l'età per esprimere il consenso sessuale che verte la questione di diritto posta nel ricorso. 4.1. Non sembra a questo Collegio trascurabile la considerazione che il legislatore nazionale non abbia ritenuto di esercitare la facoltà prevista dall'articolo 8 par. 3 della direttiva 2011/93/EU e già prevista nella Convenzione di Lanzarote , che consentiva di stabilire che l'incriminazione della produzione e del possesso di materiale pedopornografico non fosse applicabile ai casi in cui tale materiale coinvolga minori che abbiano raggiunto l'età del consenso sessuale e che lo stesso sia prodotto e posseduto con il consenso di tali minori e unicamente a uso privato delle persone coinvolte, purché l'atto non implichi alcun abuso . Tale mancata previsione da parte del legislatore nazionale, infatti, non può essere interpretata quale implicita voluntas di rimettere all'interpretazione giurisprudenziale la decisione in relazione agli specifici casi. L'interpretazione della fattispecie incriminatrice deve, perciò, restare ancorata ad un'attenta esegesi della fattispecie alla luce del bene protetto, il quale, a parere di questo Collegio, pare non possa essere limitato aula autonomia sessuale dei minori ultraquattordicenni, individuata nell'arresto delle Sezioni Unite del 2018, ma deve essere coerentemente ricostruito alla luce degli strumenti giuridici internazionali ed Europei sopra menzionati, che individuano da un lato, il superiore interesse del minore di diciotto anni alla rafforzata tutela della propria intimità e/o riserbo sessuale - anche qualora lo stesso, in relazione all'età, possa prestare un valido consenso all'attività sessuale - e dall'altro, si prefiggono di limitare la diffusione dell'interesse sessuale verso i soggetti di età minore. 4.2. Va infatti affermato che l'offensività nei reati in materia di pedopornografia non vada identificata solo in relazione al concreto pericolo per lo sviluppo della personalità individuale del minore implicato nell'attività sessuale, ma debba comprendere, considerando la necessità della tutela rafforzata dell'intangibilità della personalità dei soggetti minorenni, la criminalizzazione di tutte quelle condotte che, rappresentando la sessualità minorile in immagini pornografiche, esprimano la possibilità del coinvolgimento del minore in attività sessuali, in relazione alle quali o i minori non possono prestare un valido consenso ovvero non può mai emergere l'evidenza di tale consenso dalla semplice visione delle immagini pedopornografiche dalle quali peraltro è spesso impossibile accertare l'età per minori coinvolti, che pure abbiano superato l'età puberale , di talchè la scelta della comunità internazionale di stabilire il limite dei diciotto anni di età, quale confine della illiceità del materiale pornografico risulta, all'evidenza, più che condivisibile e del resto tale scelta è stata obbligatoriamente condivisa dal legislatore italiano nel recepire gli strumenti sovranazionali. 4.3. Ritiene il Collegio che non sia possibile risolvere la questione di diritto sottoposta al suo scrutinio con il primo motivo di ricorso senza mettere in discussione, se non altro sotto il profilo della sua non completezza, l'obiter dictum contenuto nella citata decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, che, come già detto, concludeva per la liceità di immagini o video, attinenti la sfera sessuale di minori, prodotti nell'ambito di un rapporto interpersonale frutto di libera scelta - citando, a titolo di esempio, la relazione che risulti paritaria tra minorenni ultraquattordicenni - che cioè non si caratterizzi da condizionamenti derivanti dalla posizione di supremazia dell'autore della produzione. La pronuncia tralasciava, però, nella sostanza, affidandolo l'accertamento in sede di merito, qualunque considerazione circa la evidente differenza che intercorre tra una relazione interpersonale paritaria tra soggetti minori di età, in grado di manifestare il proprio consenso all'attività sessuale e la relazione interpersonale tra tali minori ed un adulto, relazione che non necessariamente potrebbe caratterizzarsi da una posizione di supremazia, ma che risulta altresì arduo definire paritaria. 4.4. Nel caso del presente ricorso, la relazione tra la minore ed il D.S. sembra fosse caratterizzata da aspetti di affettività - in considerazione anche del fatto che i giudici di merito danno atto della persistenza di tale relazione nel corso del giudizio - ma comunque, anche ipotizzandosi la mancanza di un coinvolgimento sentimentale reciproco, la ricostruzione effettuata dai giudici del merito non chiarisce se la relazione tra l'adulto e la minore all'epoca dei fatti manifestasse l'esistenza di quel differenziale di potere tra soggetto che realizza le immagini e il minore rappresentato , idoneo ad integrare la fattispecie contestata di produzione di materiale pedopornografico secondo l'interpretazione fornita dalle Sezioni Unite. 5. D'altra parte, qualora si postuli addirittura la liceità del materiale prodotto nell'ambito di tale relazione, come asserito dalla difesa del ricorrente, risulta necessario anche esaminare se possa essere ritenuto integrato in capo al D.S. il reato di cui all'articolo 600 ter c.p., comma 3, quanto alla successiva diffusione dei video e delle foto relative ai rapporti sessuali avuti con la quindicenne, divulgazione avvenuta con invio di messaggio, per il tramite di Facebook, al ragazzo che la minore aveva iniziato a frequentare, per vendicarsi del rifiuto di riprendere la relazione con l'imputato, a nulla valendo che per tale successiva condotta, ascritta all'interno del medesimo capo di imputazione, risulterebbero spirati i termini di prescrizione, in quanto occorre comunque considerare la necessità di esperire la valutazione ai sensi di cui all'articolo 129 c.p.p., qualora venga affermata la possibilità di manifestare il consenso da parte della minore alla produzione, ovvero alla produzione ed alla cessione quale scriminante. 5.1. Invero J le Sezioni Unite, esaminando il tema della c.d. pedopornografia domestica e del consenso del minore ultraquattordicenne all'attività sessuale, non avevano analizzato i diversi ambiti del consenso. Infatti, posto che il minore ultraquattordicenne può prestare il consenso alle manifestazioni sessuali, non è stato approfondito il tema del consenso che lo stesso presti alla riproduzione in files video o immagini - da chiunque dei due partners effettuata - dello svolgimento dell'attività sessuale, per un uso domestico , quale la successiva visione di tale documentazione da parte di ciascuno dei protagonisti della stessa, né sono state svolte riflessioni circa la possibilità di ritenere valido il consenso prestato dal minore alla successiva divulgazione a terzi estranei alla coppia delle immagini della vita privata sessuale del minorenne, consensualmente prodotte. 5.2. Su tale aspetto, la parte motiva della sentenza qui impugnata svolge alcune interessanti argomentazioni Di prendendo le mosse dal bene giuridico tutelato, e seguendo alcuni itinerari giurisprudenziali tracciati dalla Cassazione. Si affermai innanzitutto che non è possibile ritenere che il consenso del minore ultraquattordicenne alla riproduzione in immagini o filmati dell'attività sessuale svolta abbia valore scriminante per l'adulto che tali materiali abbia prodotto, essendo tale consenso sintomatico della sua attitudine ad essere oggetto di manipolazioni. In pratica, secondo l'impostazione della Corte di appello, il minore di diciotto anni non potrebbe validamente consentire alla produzione del materiale pedopornografico riproducente lo svolgimento della sua attività sessuale pur dallo stesso consentita, in quanto non in grado di discernere le possibili ripercussioni future sulla sua sfera psichica connesse ai rischi di diffusione, con conseguente pericolo per la sua reputazione ed immagine e possibili sofferenze psichiche che da tale diffusione deriverebbero così pag. 4 della sentenza . Questa interpretazione potrebbe risultare in contrasto con le Sezioni Unite, laddove non tenga conto della necessità di verificare l'esistenza o meno di un rapporto paritario tra la minore e l'adulto, e quindi affermando, nella sostanza, la non configurabilità della scriminante del consenso nella pedopornografia c.d. domestica prodotta nell'ambito di una relazione affettiva intercorsa tra un minore di quattordici anni ed un adulto e quindi la rilevanza penale di tale materiale pedopornografico. 6. Questo Collegio ritiene che l'indicazione fornita dalle Sezioni Unite, considerato il mancato approfondimento alle diverse aree del consenso del minore ultraquattordicenne, renda difficile la soluzione del quesito di diritto sottoposto con il presente motivo di ricorso, laddove il ricorrente ha ritenuto che il consenso all'atto sessuale debba comprendere il consenso alla sua rappresentazione documentale, rectius, digitale, posto che la ripresa di un atto sessuale sarebbe ormai, alla luce dell'attuale sviluppo tecnologico ed alla fruibilità diffusa di dispositivi di riproduzione di comune impiego, una forma di espressione della sessualità e quindi atto sessuale in sè pag. 4 del ricorso . 6.1. Non si condivide tale affermazione. Infatti, a parere di questo Collegio, il consenso all'atto sessuale prestato dal minore ultraquattordicenne e nei casi di cui all'articolo 609-quater c.p., comma 4, anche dal tredicenne non includa affatto il consenso alla riproduzione in immagini digitali, o di altro tipo, dell'attività a connotazione sessuale posta in essere dal minore stesso nell'ambito della sua autonomia sessuale. Ritiene, anzi, questa Corte che vada messo in dubbio che il minore possa essere ritenuto in grado di prestare un valido consenso alla documentazione della propria vita sessuale, né il legislatore ha provveduto a delimitare con precisione i confini di una possibile liceità di tale documentazione, facendosi carico di una riflessione circa i rischi di diffusività della documentazione digitale e la necessaria consapevolezza di tali rischi che dovrebbe essere connessa alla maturità raggiunta dall'ultraquattordicenne. Sembrai invece che debba escludersi, anche tenuto conto delle indicazioni delle fonti sovranazionali vincolanti, che tale materiale pedopornografico possa lecitamente superare la sfera dell'esclusivo uso privato dei protagonisti coinvolti nell'attività sessuale, e pare perciò che il minore ultraquattordicenne non possa prestare un valido consenso alla cessione, diffusione e divulgazione di tale materiale. 6.2. Comunque, pur prescindendo dalla risposta a questa prima questione, questo Collegio è del parere che non si possa riconoscere in capo ad un minorenne, neppure se ultraquattordicenne, la capacità a prestare il consenso alla diffusione di tale materiale pedopornografico, ovvero alla sua cessione da parte di terzi, siano essi pure identificabili nel partner coinvolto nell'attività di tipo sessuale riprodotta nel materiale stesso, proprio in considerazione dei rilievi già svolti in tema di interesse protetto dalle disposizioni incriminatrici e della tutela del superiore interesse del minore , quale ricavabile dagli strumenti sovranazionali. 7. Orbene, per quanto fin qui osservato, appare chiaro che la questione di diritto all'esame della Corte riveste particolare importanza, atteso che la tematica della c.d. pedopornografia domestica deve essere esaminata nell'ambito della relazione interpersonale nel caso di specie, affettiva tra un adulto ed un minore ultraquattordicenne nella quale non siano stati accertati elementi di differenziale di potere e nemmeno siano emerse condotte induttive nei confronti del minore alla riproduzione delle immagini attinenti alla vita sessuale dello stesso. Inoltre/ non rimane estraneo alla soluzione del motivo di ricorso il tema della illiceità penale della divulgazione a terzi del materiale pedopornografico, anche ove ne fosse affermata la liceità di produzione per la sussistenza della scriminante del consenso dell'avente diritto, per le ragioni esposte al precedente paragrafo, fattispecie del pari ascritta al D.S 7.1 Si ritiene perciò necessario rimettere la questione alle Sezioni Unite, tenuto conto che la stessa involge quegli ulteriori aspetti di particolare rilevanza appena descritti, considerata la ricaduta interpretativa che la precisazione dell'ambito della pedopornografia domestica sulle fattispecie incriminatrici di cui all'articolo 600-ter c.p., commi 3 e 4, ed eventualmente anche 600-quater c.p. oltre alle eventuali ricadute sulla fattispecie di cui all'articolo 612-ter c.p., di più recente introduzione , dovendosi anche rilevare l'opportunità di sottoporre a verifica la concreta applicazione delle fattispecie incriminatrici tenuto conto della necessità di adempiere con efficacia agli obblighi repressivi in materia di sfruttamento sessuale dei minori derivanti dalle fonti Europee ed internazionali. Pertanto va rivolto alle Sezioni Unite il seguente quesito Se il reato di cui all'articolo 600-ter c.p., comma 1, numero 1, risulti escluso nell'ipotesi in cui il materiale pedo-pornografico sia prodotto, ad esclusivo uso privato delle persone coinvolte, con il consenso di persona minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, in relazione ad atti sessuali compiuti nel contesto di una relazione affettiva con persona minorenne che abbia la capacità di prestare un valido consenso agli atti sessuali, ovvero con persona maggiorenne . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite. In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di tutte le persone indicate nel provvedimento ai sensi del D.L. numero 196 del 2003, articolo 52, perchè previsto dalla legge.