Applicazione del principio di retroattività della lex mitior alle sanzioni amministrative con natura punitiva

Sulla scorta dell’applicabilità del principio di retroattività della disciplina più favorevole anche nella materia amministrativa, il Tribunale di Ragusa si avvale del principio della ragione più liquida, in virtù del quale, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ex articolo 276 c.p.c

Così il Tribunale di Ragusa con sentenza depositata il 16 giugno 2021. Violazioni amministrative. Un cittadino straniero propone ricorso avverso il provvedimento di confisca del proprio motoryacht e la contestuale ordinanza ingiunzione di pagamento emessa dalla Prefettura deducendo di aver posto in essere i fatti oggetto di contestazione, ingresso nella acque italiane a seguito di soccorso di persone in mare, nell'adempimento di un dovere, invocando l'articolo 4 l. numero 689/1981, nella parte in cui prevede che non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell'adempimento di un dovere o in stato di necessità o di legittima difesa ed inoltre, il principio del ne bis in idem, essendo egli sottoposto a indagini preliminari per lo stesso fatto storico, avendo la sanzione amministrativa irrogata natura penale e risultando quindi eccessiva la pena complessivamente data in forza del principio del doppio binario sanzionatorio. Il principio di retroattività della lex mitior. Il Tribunale, al riguardo, sostiene che nel caso di specie vada applicata la disciplina favorevole attualmente vigente, che non contempla l'irrogazione di alcuna sanzione amministrativa nell'ipotesi per cui è causa, in luogo di quella vigente al momento della commissione del fatto. Pertanto, sulla base dell'applicabilità del principio di retroattività della disciplina più favorevole anche in materia amministrativa, l'ordinanza ingiunzione irrogata sulla scorta della disciplina non più vigente deve essere annullata, con accoglimento del ricorso in applicazione del principio della ragione più liquida, in virtù del quale, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ex articolo 276 c.p.c., «in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall'articolo 111 della Costituzione, con la conseguenza che il ricorso può essere deciso sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, senza che sia necessario esaminare previamente le altre».

Giudice Favara In fatto ed in diritto Con ricorso depositato il 27.3.2020, C.P.R. ha proposto impugnazione avverso il provvedimento di confisca del motoryacht E., di proprietà di esso ricorrente, e la contestuale ordinanza ingiunzione di pagamento emessa dalla resistente Prefettura, N. … del 4.1.2020, nonché avverso il presupposto verbale di sequestro elevato e notificato in data 2.9.2019 e avverso ogni ulteriore provvedimento connesso e/o consequenziale, deducendo preliminarmente, l'inesistenza della notifica dell'atto o comunque la relativa nullità, per essere stata la stessa effettuata alla PEC dei difensori di R. n altro procedimento, presso i quali lo stesso non aveva eletto domicilio con riferimento al procedimento per cui è causa di avere posto in essere i fatti oggetto di contestazione ingresso nelle acque territoriali italiane a seguito di soccorso di persone in mare nell'adempimento di un dovere, perciò invocando l'articolo 4 della L. 689/1981, nella parte in cui prevede che non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa in ogni caso, il principio del ne bis in idem, essendo egli sottoposto a indagini preliminari per il medesimo fatto storico, avendo la sanzione amministrativa irrogata natura sostanzialmente penale e risultando dunque eccessiva la pena complessivamente erogabile in forza del doppio binario sanzionatorio l'invalidità della notifica del decreto interministeriale presupposto l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12, co. 6 bis d.lgs. 286/1998 la mancanza di motivazione del provvedimento impugnato e la mancanza di istruttoria. Radicatosi il contraddittorio, la Prefettura di Ragusa ha chiesto il rigetto dell'avverso ricorso, deducendo la ritualità della notificazione, per essere tra l'altro l'ordinanza ingiunzione l'atto conclusivo del procedimento di irrogazione della sanzione, per il quale era stato dato mandato ai difensori destinatari della notifica, e, in ogni caso, l'intervenuta sanatoria della notifica, tanto in ragione della proposizione della presente opposizione, quanto in ragione dell'effettuazione di una nuova notifica, entro il termine di legge per le notifiche all'estero, sia presso l'ambasciata tedesca sia presso il domicilio estero del ricorrente nel merito, la validità del decreto interministeriale e la sussistenza del fatto illecito contestato, con insussistenza delle invocate scriminanti, non potendosi estendere lo stato di pericolo alla nave soccorritrice e non potendosi ritenere sussistente lo stato di necessità, non essendo state riscontrate emergenze di carattere sanitario a bordo della E. e, in ogni caso, avendo avuto il capitano R. la possibilità di attraccare in altri Stati la congruità della motivazione del provvedimento impugnato l'insussistenza della asserita violazione del principio del ne bis in idem, non sussistendo il requisito della medesimezza del fatto in ogni caso, la legittimità del c.d. doppio binario sanzionatorio la validità della notifica del decreto interministeriale. All'interno delle note successivamente assegnate, le parti hanno interloquito, tra le altre cose, in ordine alle modifiche normative intervenute successivamente all'irrogazione della sanzione segnatamente, intervenuta abrogazione dell'articolo 12, comma 6-bis del d.lgs. 286/1998 e all'odierna udienza di discussione le parti presenti hanno insistito in atti, chiedendo la decisione della causa. I. Ciò premesso in fatto, va anzitutto rilevata l'intervenuta abrogazione ad opera del D.L. numero 130/2020, convertito con modificazioni dalla L. 173/2020 dell'articolo 12, comma 6-bis del d.lgs. 286/1998 recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, da ora anche Testo Unico Immigrazione o TUI , come modificato dal D. L. numero 53/2019, convertito con modificazioni dalla L. numero 77/2019, ove si prevedeva che “in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane, salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, si applica al comandante della nave la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 150.000 a euro 1.000.000” e inoltre che “è sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente a sequestro cautelare”, in forza del quale sono state irrogate le sanzioni di cui all'impugnata ordinanza ingiunzione. In particolare, attraverso la summenzionata modifica normativa, il legislatore ha, da un lato, espunto la previsione di sanzioni amministrative nel caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane, nel contempo introducendo, all'articolo 1, comma 2 del medesimo D. L. 130/2020, una fattispecie penale pressoché sovrapponibile salvo l'omesso riferimento all'ingresso delle navi , sul piano della tipicità, a quella abrogata. II. Orbene, ritiene il decidente che la summenzionata abrogazione imponga l'applicazione al caso di specie della disciplina più favorevole attualmente vigente, che non contempla appunto l'irrogazione di alcuna sanzione amministrativa nell'ipotesi per cui è causa, in luogo di quella vigente al momento della commissione del fatto, per le ragioni che saranno di seguito spiegate. Come è noto, il principio di retroattività dello ius superveniens più favorevole, di matrice penalistica cfr. articolo 2 c.p. , è stato ricondotto dalla Corte Costituzionale, con sentenza numero 393/2006, all'articolo 3 della Carta fondamentale. Infatti, all'interno del precitato arresto, pur in assenza di una esplicita previsione costituzionale della retroattività della lex mitior contemplando l'articolo 25 Cost. la sola irretroattività della legge più sfavorevole , il giudice delle leggi ha ritenuto conforme al principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione l'esigenza, una volta modificata la fattispecie, di assicurare un trattamento paritario a soggetti che abbiano posto in essere una medesima condotta, pur in epoche diverse. Il principio di retroattività della legge più favorevole, d'altronde, trova esplicito riconoscimento tanto a livello internazionale quanto nell'ambito del diritto dell'Unione europea. In particolare l'articolo 15, primo comma, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, numero 881, stabilisce che se, posteriormente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, il colpevole deve beneficiarne. Sul punto, va rilevato come le norme internazionali relative ai diritti fondamentali della persona godono di una particolare forza giuridica, tale da guidare il giudice nella stessa interpretazione delle corrispondenti, ma non sempre coincidenti, norme contenute nella Costituzione. Ancora, l'articolo 7 CEDU che oggi ha ingresso nel nostro ordinamento attraverso l'articolo 117, primo comma, Cost. , nella lettura datane dalla Corte di Strasburgo cfr. sentenza Scoppola , prevede che “parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso”. Sul punto si osservi che il comma 3 dell'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea – nel testo risultante dal Trattato di Lisbona – ha affermato che i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali. Il principio di retroattività della legge più favorevole è stato esplicitamente confermato dall'articolo 49, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo e che, ai sensi dell'articolo 6 TUE, ha lo stesso valore giuridico dei trattati , ove si prevede che, se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest'ultima. Ne discende che il livello di rilevanza dell'interesse preservato dal principio di retroattività della lex mitior, tanto alla luce dal diritto interno, quanto nella lente del diritto internazionale convenzionale e dal diritto unionale, impone di ritenere tale principio quale valore preminente, per vero sacrificabile da una legge ordinaria a differenza del valore assoluto di cui all'articolo 25, comma 2 Cost. , ma solo in favore di interessi di analogo rilievo cfr. Corte Cost. numero 393/2006 cit. supra . III. Ciò premesso, va, per vero, osservato che l'articolo 1 della legge 24 novembre 1981, numero 689, rubricato “principio di legalità”, dispone che le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati, da ciò dovendosi desumere, prima facie, l'inapplicabilità alla materia amministrativa del principio di retroattività dello ius superveniens più favorevole. Ancora, è noto al decidente che, con la sentenza numero 193/2016, la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale del summenzionato articolo 1 L. 689/1981, sollevata, in riferimento agli articolo 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articolo 6 e 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, numero 848, rilevando che, nel quadro delle garanzie apprestato dalla CEDU, come interpretate dalla Corte di Strasburgo, non vi fosse l'affermazione di un vincolo di matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata, da parte degli ordinamenti interni dei singoli Stati aderenti, del principio della retroattività della legge più favorevole, da trasporre nel sistema delle sanzioni amministrative. Similmente, con riferimento all'articolo 3 Cost., la Corte ha in quella sede ricondotto alla discrezionalità del legislatore ‒ nel rispetto del limite della ragionevolezza ‒ la modulazione delle proprie determinazioni secondo criteri di maggiore o minore rigore in base alle materie oggetto di disciplina e alle relative peculiarità, ciò risultando coerente non solo con il principio generale dell'irretroattività della legge articolo 11 delle preleggi , ma anche con il divieto di applicazione analogica di norme di carattere eccezionale articolo 14 delle preleggi , ritenendo pertanto non irragionevole la scelta legislativa dell'applicabilità della lex mitior limitatamente ad alcuni settori dell'ordinamento. Eppure, già in quella sede, rimarcando l'opportunità di vagliare, di volta in volta, la specifica disciplina sanzionatoria, la Corte Costituzionale rilevava che “nell'affermare il principio della retroattività del trattamento sanzionatorio più mite – la giurisprudenza della Corte europea non ha mai avuto ad oggetto il sistema delle sanzioni amministrative complessivamente considerato, bensì singole e specifiche discipline sanzionatorie, ed in particolare quelle che, pur qualificandosi come amministrative ai sensi dell'ordinamento interno, siano idonee ad acquisire caratteristiche “punitive” alla luce dell'ordinamento convenzionale” ritenendo dunque necessaria, all'uopo, la “preventiva valutazione della singola sanzione qualificata “amministrativa” dal diritto interno come “convenzionalmente penale”, alla luce dei cosiddetti criteri Engel così denominati a partire dalla sentenza della Corte EDU, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri contro Paesi Bassi e costantemente ripresi dalle successive sentenze in argomento ”. Con la successiva sentenza numero 63/2019, intervenendo in termini più risoluti in ordine all'applicabilità del principio della retroattività favorevole in materia amministrativa, la Corte Costituzionale ha rilevato che “rispetto, però, a singole sanzioni amministrative che abbiano natura e finalità “punitiva”, il complesso dei principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della “materia penale” – ivi compreso, dunque, il principio di retroattività della lex mitior, nei limiti appena precisati […] – non potrà che estendersi anche a tali sanzioni”. In quella sede, la Consulta ha ritenuto che “l'estensione del principio di retroattività della lex mitior in materia di sanzioni amministrative aventi natura e funzione “punitiva” è, del resto, conforme alla logica sottesa alla giurisprudenza costituzionale sviluppatasi, sulla base dell'articolo 3 Cost., in ordine alle sanzioni propriamente penali. Laddove, infatti, la sanzione amministrativa abbia natura “punitiva”, di regola non vi sarà ragione per continuare ad applicare nei confronti di costui tale sanzione, qualora il fatto sia successivamente considerato non più illecito né per continuare ad applicarla in una misura considerata ormai eccessiva e per ciò stesso sproporzionata rispetto al mutato apprezzamento della gravità dell'illecito da parte dell'ordinamento. E ciò salvo che sussistano ragioni cogenti di tutela di controinteressi di rango costituzionale, tali da resistere al medesimo «vaglio positivo di ragionevolezza», al cui metro debbono essere in linea generale valutate le deroghe al principio di retroattività in mitius nella materia penale.” Se ne può desumere, pur nei limiti dell'apprezzamento del caso concreto indicati dalla Corte Costituzionale, l'applicabilità del principio di retroattività della lex mitior anche nel sistema dell'illecito amministrativo. IV. Ciò rilevato, occorre dunque procedere allo scrutinio della disciplina applicabile al caso di specie, alla luce dei princìpi interpretativi desumibili dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e da quella sovranazionale, onde individuare la natura eventualmente “punitiva” della sanzione amministrativa comminata al ricorrente, il cui positivo accertamento imporrebbe di non continuare ad applicare nei confronti di costui tale sanzione, qualora il fatto sia successivamente considerato non più illecito. Tale vaglio, in vero, precede logicamente quello della liceità del doppio binario sanzionatorio quantomeno con riferimento all'epoca di coesistenza della sanzione formalmente amministrativa con la sanzione penale e dell'eventuale violazione del divieto di bis in idem, atteso che l'applicazione del principio di retroattività favorevole precluderebbe, a monte, la conferma della irrogata sanzione amministrativa, non più prevista dall'ordinamento vigente. Orbene, lo scrutinio in merito all'afflittività della sanzione amministrativa, tale da permetterne una qualificazione come “sostanzialmente penale” può essere condotto alla luce dell'ampia nozione di “materia penale” elaborata dalla Corte EDU, a partire dalla sentenza Engel, ove si è individuata una triade di indicatori alternativi , consistenti nella qualificazione giuridica dell'illecito nel diritto nazionale, nella natura dell'illecito e nella natura, nonché nel grado di severità, della sanzione in cui l'interessato rischia di incorrere principi recepiti dalla stessa Corte di Giustizia dell'Unione europea, cfr. sent. 26 febbraio 2013, Akeberg Fransson, C617/2010 . La Corte EDU, con riferimento al concetto di “materia penale”, ha pertanto esteso i presidi formulati nell'articolo 7 della Convenzione a sanzioni dotate di una funzione punitiva sostanzialmente assimilabile a quella delle pene, e ciò a prescindere dal coinvolgimento del bene della libertà personale, ritenendo piuttosto rilevante l'attitudine di tali sanzioni di incidere sulle capacità personali, relazionali, economiche e lavorative del condannato, determinata, tra le altre cose, dal loro significativo ammontare. Ciò premesso, ritiene il decidente che la sanzione amministrativa al tempo prevista dall'articolo 12, comma 6-bis TUI abbia natura punitiva e debba dunque soggiacere alle garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale, ivi incluso il principio di retroattività della lex mitior, ciò anche alla luce del mutato apprezzamento del legislatore. La misura ivi prevista sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 150.000 a euro 1.000.000, oltre alla la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione non può infatti ritenersi meramente ripristinatoria dello status quo ante, né semplicemente mirante alla prevenzione di nuovi illeciti cfr., tra l'altro, l'articolo 10 della L. 689/1981, pure richiamata dall'abrogato articolo 12, comma 6-bis, ove si prevede che la sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 10 e non superiore a euro 15.000 . Invero, già dall'ammontare della sanzione, nell'ampia cornice edittale ivi prevista, oltre che dalla previsione che la confisca della nave venga disposta sempre, senza essere ad esempio subordinata alla reiterazione della condotta, può desumersene l'elevata carica afflittiva, che può spiegarsi in funzione di una finalità di deterrenza o prevenzione generale negativa, certamente comune alle pene in senso stretto si vedano sul punto le osservazioni del Presidente della Repubblica all'atto della promulgazione della legge di conversione del D. L. 53/2019, invocate dal ricorrente, che ha egli stesso sottolineato la gravità delle sanzioni per cui è causa . V. Si impone, pertanto, una interpretazione dell'articolo 1 L. 689/1981 conforme a Costituzione e alla disciplina sovranazionale, dovendosi ritenere che il dettato normativo laddove prevede che le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati debba intendersi riferito alle sole modifiche in peius, trovando per il resto applicazione il principio, costituzionale e convenzionale, di retroattività della legge più favorevole, dovendosi sul punto ritenere che, nella misura in cui le norme convenzionali ricadano in spazi normativamente vuoti, ossia non regolati in modo antinomico dalla legislazione nazionale, esse potranno e dovranno essere direttamente applicate dal giudice comune, come una qualsiasi altra norma dell'ordinamento. D'altronde, nella sentenza numero 49/2015, la Consulta ha ribadito che il giudice comune è tenuto ad uniformarsi alla «giurisprudenza europea consolidatasi sulla norma conferente» sentenze numero 236 del 2011 e numero 311 del 2009 , «in modo da rispettare la sostanza di quella giurisprudenza» sentenza numero 311 del 2009 nello stesso senso, sentenza numero 303 del 2011 , dovendo porre alla base del proprio processo interpretativo un diritto consolidato, generato dalla giurisprudenza europea. In quell'occasione la Corte Costituzionale ha affermato che nel caso in cui si trovi in presenza di un “diritto consolidato” o di una “sentenza pilota”, il giudice italiano sarà vincolato a recepire la norma individuata a Strasburgo, adeguando ad essa il suo criterio di giudizio per superare eventuali contrasti rispetto ad una legge interna, anzitutto per mezzo di «ogni strumento ermeneutico a sua disposizione», oppure, ma solo se ciò non fosse possibile, ricorrendo all'incidente di legittimità costituzionale. Ancora, la stessa Corte Costituzionale, nella sentenza numero 109/2017 ha affermato che “nell'attività interpretativa che gli spetta ai sensi dell'articolo 101, secondo comma, Cost., il giudice comune ha il dovere di evitare violazioni della Convenzione europea e di applicarne le disposizioni, sulla base dei principi di diritto espressi dalla Corte EDU, specie quando il caso sia riconducibile a precedenti di quest'ultima” ma non solo, per come rilevato da Corte Cost. numero 68/2017, ove si è affermato che è da respingere l'idea che l'interprete non possa applicare la CEDU, se non con riferimento ai casi che siano già stati oggetto di puntuali pronunce da parte delle Corte di Strasburgo e che, in tale attività, il giudice comune incontra il solo limite costituito dalla presenza di una legislazione interna di contenuto contrario alla CEDU rispetto alla quale abbia verificato l'impraticabilità di una interpretazione in senso convenzionalmente conforme. Tale soluzione, a parere del decidente, non si pone in contrasto con l'articolo 11 delle Preleggi, che può piuttosto ritenersi espressivo del principio di irretroattività delle leggi a carattere non punitivo. Né, d'altronde, potrebbe giungersi a diverse conclusioni, quand'anche, operando una comparazione in concreto tra l'illecito amministrativo previgente e la neo-introdotta fattispecie penale, si riscontrasse la natura più favorevole di quest'ultima. In primo luogo, infatti, a ciò conseguirebbe comunque l'inapplicabilità della sanzione formalmente amministrativa, in ipotesi, meno favorevole. In secondo luogo, e in ogni caso, in quanto l'individuazione della natura sostanzialmente penale di una sanzione amministrativa risponde piuttosto all'esigenza di evitare aggiramenti delle garanzie previste nell'ambito del diritto punitivo, non potendo dunque tale operazione avere come effetto l'estensione anche temporale dell'area della punibilità. VI. In conclusione, sulla scorta dell'applicabilità del principio di retroattività della disciplina più favorevole anche nella materia amministrativa, nei termini sopra indicati, e della natura punitiva da riconoscersi alla sanzione di cui all'abrogato articolo 12, comma 6-bis d. lgs. 286/1998, l'ordinanza ingiunzione irrogata sulla scorta della disciplina non più vigente deve essere annullata, con conseguente accoglimento del ricorso e assorbimento dello scrutinio di ogni ulteriore motivo, in applicazione del principio della ragione più liquida cfr. Cass. Civ., sez. I, numero 9370/2018, per cui “il principio della ragione più liquida, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare di cui all' articolo 276 del Cpc , in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall' articolo 111 della Costituzione , con la conseguenza che il ricorso può essere deciso sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, senza che sia necessario esaminare previamente le altre” . In considerazione della peculiarità e assoluta novità della questione giuridica trattata applicazione del principio di retroattività della lex mitior alle sanzioni amministrative aventi natura punitiva, in relazione all'abrogato articolo 12, comma 6-bis d. lgs. 286/1998 , anche alla luce degli sviluppi giurisprudenziali di cui si è dato atto in motivazione, le spese di lite devono intendersi integralmente compensate tra le parti, ai sensi dell'articolo 92 c.p.c. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Ragusa, dott.ssa Emanuela A. Favara, in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al numero R.G. 1147/2020, ogni altra azione e istanza disattese - annulla l'ordinanza ingiunzione numero 0000349 del 4.1.2020 della Prefettura di Ragusa, con cui è stato ingiunto a R.C.P. il pagamento della somma complessiva di € 300.020,50 ed è stata ordinata la confisca della motonave E. nr. … , battente barriera tedesca, di proprietà del predetto R. - spese di lite compensate.