A mettere nei guai il dipendente della scuola hanno provveduto le segnalazioni fatte dai docenti e dagli studenti. Legittimo, secondo i Giudici, il drastico provvedimento adottato dal Ministero.
A casa il collaboratore scolastico inguaiato dalle segnalazioni di docenti e studenti che si sono lamentati per la scarsa pulizia delle classi e delle aule comuni. Sacrosanto, secondo i Giudici, il licenziamento per “scarso rendimento” Corte di Cassazione, sentenza numero 17602/21, sez. Lavoro , depositata il 21 giugno . Scenario della vicenda è un istituto industriale in Lombardia. A finire nell'occhio del ciclone è un collaboratore scolastico con contratto a termine a lui viene addebitato dai vertici della scuola un comportamento per nulla professionale, posto in evidenza da professori e studenti lamentatisi per la pessima pulizia delle classi e delle aule comuni . Fatta una rapida indagine interna, il lavoratore viene messo alla porta dal Ministero dell'Istruzione con un « licenziamento disciplinare per insufficiente rendimento ». Questo provvedimento viene ritenuto legittimo dai giudici di merito. In Appello, in particolare, viene osservato che «il lavoratore ha chiesto di tener conto delle disposizioni intervenute con il decreto legislativo numero 75 del 2017 che, pur annoverando come causa di licenziamento l'insufficiente rendimento dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, ha richiesto a tal fine la valutazione negativa della perfomance del dipendente in ciascun anno dell'ultimo triennio» ma, ribattono i giudici, «la previsione, come risulta dal testo normativo, non è applicabile ai rapporti a termine, regolati dai criteri generali della giusta causa». Peraltro, secondo i giudici d'Appello, «non era necessaria la assunzione della prova dell'inadempimento del lavoratore, inadempimento che non solo era provato dalle segnalazioni di professori ed alunni sulla mancata pulizia delle classi e delle aule comuni ma era ammesso dallo stesso lavoratore, che, sentito in sede disciplinare, aveva dichiarato di non avere mai effettuato le pulizie, in quanto non di sua competenza», mentre, invece, «le pulizie rifiutate, oltre ad essere tra i compiti del collaboratore scolastico, erano quelle di minore impegno spazzare il pavimento, spolverare e pulire i banchi di sole quattro aule », annotano i giudici. Sacrosanto, infine, il licenziamento, poiché, osservano i giudici, «il rifiuto della prestazione lavorativa era reiterato ed assolutamente ingiustificato» e «si trattava di violazione grave, influente sull'organizzazione dell'attività del plesso scolastico». Inutile il ricorso in Cassazione proposto dal lavoratore e mirato a sostenere che «il contratto prevede solo genericamente, ed in via subordinata, tra i compiti del collaboratore scolastico l'esecuzione delle pulizie dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi, senza affermare che dette mansioni gli spettino obbligatoriamente». I Giudici di terzo grado ribattono osservando che alla luce del contratto del ‘comparto scuola' «i compiti del personale ATA . sono costituiti dalle attività e mansioni espressamente previste dall'area di appartenenza nonché da incarichi specifici che, nei limiti delle disponibilità e nell'ambito dei profili professionali, comportano l'assunzione di responsabilità ulteriori. La attribuzione di tali incarichi è effettuata dal dirigente scolastico. E la tabella relativa ai profili di area del personale ATA prevede tra i compiti del personale non solo, come assume il lavoratore, la accoglienza e la sorveglianza nei confronti degli alunni e del pubblico e la custodia dei locali scolastici ma anche i compiti di pulizia dei locali , degli spazi scolastici e degli arredi». Ciò smentisce la tesi proposta dal lavoratore, secondo cui «si tratta di mansioni – quelle relative alla pulizia delle classi e degli spazi comuni – non attinenti al profilo di collaboratore scolastico», e, aggiungono i Giudici, «la possibilità di fare ricorso a contratti di fornitura non costituisce un obbligo del dirigente scolastico né esonera il collaboratore ATA dallo svolgimento delle mansioni». Di conseguenza, è confermato il licenziamento del collaboratore scolastico, proprio a causa del suo «persistente insufficiente rendimento», concludono dalla Cassazione.
Presidente Torrice – Relatore Spena Fatti di causa 1.Con sentenza in data 12 febbraio 2019 numero 63 la Corte d'Appello di Brescia rigettava il reclamo proposto da C.G. , dipendente a termine del MIUR come collaboratore scolastico, avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo, confermativa del provvedimento della prima fase, che aveva respinto la impugnazione del licenziamento disciplinare intimato al C. il 21 dicembre 2017 dal MINISTERO DELL'ISTRUZIONE DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, per persistente insufficiente rendimento, ai sensi dell'articolo 95, comma 7, CCNL 2007 Comparto scuola. 2.Per quanto ancora in discussione, la Corte territoriale esponeva che il C. chiedeva di tener conto delle disposizioni intervenute con il D.Lgs. numero 75 del 2017 che, pur annoverando come causa di licenziamento l'insufficiente rendimento dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, aveva richiesto a tal fine la valutazione negativa della perfomance del dipendente in ciascun anno dell'ultimo triennio. Sul punto osservava che la previsione, come risultava dal testo normativo, non era applicabile ai rapporti a termine, regolati dai criteri generali della giusta causa. 3.In proposito riteneva non necessaria la assunzione della prova dell'inadempimento del C. , che non solo era provato dalle segnalazioni di professori ed alunni sulla mancata pulizia delle classi e delle aule comuni ma era ammesso dalla stessa parte, che, sentita in sede disciplinare, aveva dichiarato di non avere mai effettuato le pulizie, in quanto non erano di sua competenza. 4. Le pulizie rifiutate, oltre ad essere tra i compiti del collaboratore scolastico, erano quelle di minore impegno spazzare il pavimento, spolverare e pulire i banchi di sole quattro aule . 5. In punto di proporzionalità, la Corte territoriale osservava che il rifiuto della prestazione lavorativa era reiterato ed assolutamente ingiustificato si trattava di violazione grave, influente sull'organizzazione dell'attività del plesso scolastico. Il lavoratore era stato già colpito da vari rimproveri scritti senza risultato, se non la minaccia di una denuncia di mobbing le sanzioni, anzi, avevano ancor più convinto il C. della bontà della sua posizione. 6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza C.G. , articolato in tre motivi. 7. Il MIUR e l'Istituto tecnico industriale di Stato omissis , cui il ricorso è stato notificato presso l'avvocatura distrettuale dello Stato, sono rimasti intimati. 8. Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione Si precisa in premessa che la notifica del ricorso è stata effettuata presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato ma che la questione di nullità di tale notifica è superata dalla soluzione della controversia, che esime, per il principio della durata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso in cassazione presso l'Avvocatura generale sul principio, ex aliis, Cass., sez. lav., 09/03/2021, numero 6502 Cass., sez. III, 03/03/2021, numero 5855 Cass. 13/01/2021, numero 394 Cass. 26/11/2020, numero 26997 Cass. numero 6924/2020 . 1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunciato ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , numero 4 violazione e falsa applicazione dell' articolo 112 c.p.c. , per avere la Corte d'Appello, al pari del Tribunale, omesso di pronunciare sui motivi di reclamo con i quali si deduceva l'erronea applicazione dell'articolo 95, comma 7, lett. e, del CCNL 2007 del Comparto Scuola, poiché esso prevedeva nell'ipotesi di scarso e insufficiente rendimento il licenziamento con preavviso e non il licenziamento per giusta causa la violazione del D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 55-quater , comma 3-sexies, il quale disponeva l'invio all'Ispettorato per la Funzione Pubblica dell'eventuale provvedimento di sospensione cautelare, della contestazione e della sanzione disciplinare, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 55 bis, comma 4, adempimento che nella specie non era stato assolto. 2. Il motivo è inammissibile. 3. Ed, invero, anche in caso di denuncia del vizio di omessa pronuncia il potere di questa Corte di accesso diretto agli atti ai fini della verifica del fatto processuale resta condizionato al previo assolvimento dell'onere della parte ricorrente di rispettare il requisito della specificità dei motivi di impugnazione, sicché l'esame diretto degli atti che la Corte è chiamata a compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che il ricorrente abbia specificamente indicato ed allegato Cass. SU 22/05/2012, numero 8077 . Nella fattispecie la parte ricorrente non ha trascritto l'atto di reclamo, nella parte in cui si impugnava il licenziamento denunciando i vizi in relazione ai quali si lamenta l'omessa pronuncia ha genericamente dedotto che con il reclamo si lamentava l'omessa pronuncia del Tribunale sulle questioni, già formulate con il ricorso introduttivo e con il ricorso in opposizione. 4.Con il secondo mezzo si impugna la sentenza ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , numero 3 per violazione o falsa applicazione della Tabella A Area A del CCNL 2007 del COMPARTO SCUOLA in merito alle mansioni del collaboratore scolastico. 5.Assume parte ricorrente che la suddetta tabella A prevede solo genericamente, ed in via subordinata, tra i compiti del collaboratore scolastico l'esecuzione delle pulizie dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi, senza affermare che dette mansioni gli spettino obbligatoriamente. 6.Si espone che le istituzioni scolastiche avevano appaltato i servizi di pulizia e gli altri servizi ausiliari utilizzando le convenzioni quadro CONSIP. La CONSIP era stata poi sanzionata dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato e, pertanto, aveva proceduto alla risoluzione delle Convenzioni per alcuni lotti, tra i quali quello della Regione Lombardia, con conseguente venir meno degli ordinativi di fornitura. Tuttavia, il D.L. 24 aprile 2017, numero 50, articolo 64, comma 1, conv. in L. 21 giugno 2017, numero 96 , al fine di consentire la regolare conclusione delle attività scolastiche per l'anno scolastico 2016/2017 ed il regolare avvio delle stesse per l'anno 2017/2018, aveva stabilito la prosecuzione sino al 31.12.2019 dell'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali e degli ordinativi di fornitura. 7. Il motivo è infondato. 8. Ai sensi dell'articolo 47 CCNL COMPARTO SCUOLA per il quadriennio 2006-2009, del 29/11/2007, i compiti del personale A.T.A. sono costituiti dalle attività e mansioni espressamente previste dall'area di appartenenza nonché da incarichi specifici che, nei limiti delle disponibilità e nell'ambito dei profili professionali, comportano l'assunzione di responsabilità ulteriori. La attribuzione di tali incarichi è effettuata dal dirigente scolastico. 9.La tabella A, relativa ai profili di area del personale ATA, prevede tra i compiti del personale dell'area A, non solo, come assume la parte ricorrente, la accoglienza e sorveglianza nei confronti degli alunni e del pubblico e la custodia dei locali scolastici ma anche i compiti di pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi . 10.Tanto smentisce la tesi di parte ricorrente secondo cui si tratterebbe di mansioni non attinenti al profilo di collaboratore scolastico. La possibilità di fare ricorso a contratti di fornitura non costituisce un obbligo del dirigente scolastico nè esonera il collaboratore ATA dallo svolgimento delle mansioni. 11.Del resto, il D.P.R. 22 giugno 2009, numero 119, articolo 4, proprio sul presupposto dell'appartenenza dei compiti di pulizia al collaboratore ATA aveva reso indisponibile il 25 per cento dei posti di detto profilo nelle istituzioni scolastiche in cui i relativi compiti erano assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione. La L. 30 dicembre 2018, numero 145, articolo 1, comma 760 erroneamente invocata dalla parte ricorrente a sostegno della propria tesi si è limitata a dispone che dall'1 gennaio 2020 le istituzioni scolastiche ed educative statali svolgono i servizi di pulizia e ausiliari unicamente mediante ricorso a personale dipendente appartenente al profilo dei collaboratori scolastici, rendendo pertanto nuovamente disponibili i corrispondenti posti accantonati ai sensi dell'articolo 4 del regolamento di cui al D.P.R. 22 giugno 2009, numero 119 . 12. Con la terza critica il ricorrente, in ipotesi di mancato accoglimento dei due precedenti motivi, ha lamentato ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , numero 3 violazione o falsa applicazione dell'articolo 95, commi 1 e 4 del CCNL COMPARTO SCUOLA del 29.11.2007, del D.Lgs. numero 150 del 2009 e del D.Lgs . numero 75 del 2017 . 13.Si contesta il giudizio di proporzionalità della sanzione del licenziamento, assumendo che la condotta non era intenzionale, in quanto egli riteneva di agire legittimamente che ai sensi del CCNL del comparto scuola, articolo 95, era prevista per l'insufficiente rendimento la sanzione conservativa del rimprovero verbale o della multa comma 4, lett. f ovvero della sospensione dal servizio e della retribuzione, nelle ipotesi di recidiva nelle mancanze e di particolare gravità comma 6 . 14.11 motivo è in parte inammissibile, in parte infondato. 15.Da un canto si contesta il giudizio di fatto sulla gravità ed intenzionalità dell'inadempimento e, sotto questo profilo, sulla proporzionalità della sanzione, giudizio riservato al giudice del merito e non sindacabile in questa sede di legittimità, se non nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione. 16. Nel resto, erroneamente si assume che il codice disciplinare di cui al CCNL del 2007 prevederebbe sanzioni conservative laddove è pacifico che l'addebito contestato è quello di cui all'articolo 95, comma 7, lett. e, del CCNL COMPARTO SCUOLA 2007 ovvero il persistente insufficiente rendimento , per il quale non è prevista una sanzione conservativa ma il licenziamento. 17.Il ricorso deve essere complessivamente respinto. 18. Non vi è luogo a provvedere per le spese per la mancata costituzione degli enti intimati. 19. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17 che ha aggiunto il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto Cass. SU 20 febbraio 2020 numero 4315 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.