Confermata la sanzione, cioè diciotto mesi di arresto, per un uomo beccato a passeggiare in un centro abitato occultando un tirapugni in metallo in una tasca del giubbotto. Per i giudici è evidente che l’oggetto in questione è un’arma a tutti gli effetti.
Beccato ad andare a spasso avendo con sé un tirapugni in metallo, occultato nella tasca del giubbotto. Consequenziale la condanna per porto abusivo di armi, sanciscono i giudici, qualificando il tirapugni come un'arma vera e propria Corte di Cassazione, sentenza numero 23840, sez. I Penale, depositata il 17 giugno . Facilmente ricostruito l'episodio all'origine della vicenda giudiziaria l'uomo sotto processo «è stato sorpreso in possesso di un tirapugni – in metallo – che teneva in una tasca del giubbotto» mentre «stava percorrendo una via del centro abitato». Per i giudici di merito gli elementi probatori a disposizione sono sufficienti, sia in primo che in secondo grado, per una pronuncia di condanna, essendo evidente «il porto abusivo di armi » compiuto dall'uomo. In Appello, comunque, la pena viene ridotta a diciotto mesi di arresto. Per mettere in discussione la decisione presa in secondo grado il difensore dell'uomo punta soprattutto sulla catalogazione del tirapugni come mero «oggetto atto ad offendere ». Dalla Cassazione, però, l'obiezione difensiva viene respinta in modo netto, spazzando via ogni dubbio e chiarendo che «il cosiddetto tirapugni è da ritenere un' arma a tutti gli effetti , visto che l'unico scopo può essere quello di offendere un'altra persona colpendola. Col suo impiego si possono solo produrre, quindi, lesioni a terze persone e ciò lo assoggetta», sottolineano i giudici, «alle leggi che disciplinano l'acquisto, la detenzione e l' uso delle armi ». In sostanza, «sono da qualificare come armi tutti gli strumenti atti ad offendere e che, sono, naturalmente, destinati a recare un'offesa o un danno ad altro soggetto. All'interno della categoria si suole distinguere le armi bianche dalle armi da fuoco le prime comprendono tutti gli strumenti atti ad offendere che possono provocare ferite per mezzo di punte come pugnali e baionette , forme contundenti manganelli o lame di metallo sciabole, spade, katane, ecc. . Nella categoria rientrano, altresì, quelle che permettono di scagliare altri oggetti archi, balestre, cerbottane, o cosiddette armi da lancio . In generale, le armi bianche, sfruttano solo la forza di chi le impugna e la potenzialità lesiva dell'oggetto e richiedono la forza e l' abilità dell'utilizzatore ». Invece, «le armi improprie , a differenza di quelle proprie, possono essere qualificate come strumenti idonei a offendere, ma non hanno, in via esclusiva e per destinazione naturale, quello scopo, né sono state ideate e realizzate per quella finalità. Si possono definire improprie, allora, le armi che, per loro natura, non sono destinate all'offesa della persona , pur potendo, tuttavia, nuocere, se utilizzate in maniera pericolosa cacciaviti, martelli, asce, trapani, catene, tubi di ferro , e qualsiasi strumento che, pur non avendo come naturale destinazione l'offesa, può essere utilizzato anche con quel fine». Per quanto concerne il fronte normativo, poi, « delle armi proprie in genere è vietata la detenzione non previamente denunciata all'autorità di pubblica sicurezza» mentre « delle armi improprie è vietato solo il porto , non anche la detenzione». In questo quadro si inserisce il tirapugni in metallo che, spiegano i giudici, «è uno strumento che ha naturale e oggettiva finalità di offesa e che, impiegato, è utilizzato solo per incrementare lo spessore lesivo che deriva da un colpo o un'azione violenta . Infatti, se impugnato, ha la finalità esclusiva di produrre lesioni, anche di certa gravità. Si tratta di un oggetto ideato per l'offesa e che va , per detta qualità, annoverato tra le armi proprie , nella categoria di quelle bianche, che sfruttano abilità e forza fisica individuale, per recare offesa e produrre lesioni». Tirando le somme, «il tirapugni è un'arma a tutti gli effetti», sanciscono i giudici, precisando poi che «a differenza del noccoliere, che è uno strumento che può avere analoga finalità d'impiego, il tirapugni metallico ha solo lo scopo di ledere . Il noccoliere, al contrario, come strumento di protezione della parte anatomica dell'arto prensile può essere realizzato in materiali diversi cuoio, pellame e può essere impiegato con un fine di lesione, ma può essere anche utilizzato allo scopo di proteggere la mano e le nocche che ne caratterizzano l'ossatura. Da ciò discende che allorquando il tirapugni sia in metallo e abbia le caratteristiche anzidette è un'arma che ha destinazione naturale di offesa contro le persone». Ciò significa che «del tirapugni in metallo è assolutamente vietato il porto » e violare tale paletto normativo comporta «la pena dell'arresto».
Presidente Rocchi – Relatore Cairo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza in data 24 settembre 2019 la Corte d’appello di Trieste, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Trieste il 15 febbraio 2017 assolveva B.F. dal reato ascritto al capo B perché il fatto non sussiste e rideterminava la pena in quella di anni uno mesi sei di arresto, confermando nel resto la decisione impugnata. Il giudice di primo grado aveva inflitto la condanna alla pena di anni uno mesi sette di arresto nei confronti di B.F. , previa unificazione per continuazione delle condotte di detenzione e di porto ingiustificato di un tirapugni, con confisca di quanto in sequestro e revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena precedentemente concesso. Emergeva che il […] B. , mentre percorreva una via del centro abitato, era stato sorpreso in possesso di un tirapugni, in metallo che teneva nella tasca del giubbotto. 2. Ricorre per cassazione, B.F. , con il ministero del difensore di fiducia, avvocato Davide Benvegnue e deduce quanto segue. 2.1. Con il primo motivo lamenta il vizio di motivazione per erronea applicazione della legge e, in particolare, si duole della violazione dell’articolo 699 c.p., comma 2, oltre che del vizio di motivazione. La sentenza impugnata non aveva fatto applicazione del principio di specialità e non aveva spiegato le ragioni per le quali avesse, comunque, respinto il riconoscimento della L. 18 aprile 1975, numero 110, articolo 4 Norme integrative della disciplina vigente, per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi . Per il tirapugni avrebbe trovato espressa applicazione l’articolo 4 anzidetto. Nella specie si era erroneamente ritenuto che l’articolo 4, comma 5, della legge citata trovasse applicazione nei soli casi di armi improprie, mentre l’articolo 699 c.p. si sarebbe dovuto applicare per le sole armi proprie. 3. Il ricorso è infondato e va respinto. 3.1. Il c.d. tirapugni è da ritenere un’arma a tutti gli effetti, visto che l’unico scopo può essere quello di offendere un’altra persona, colpendola. Con l’impiego dell’oggetto in esame, invero, si possono solo produrre lesioni a terzi e ciò lo assoggetta alle leggi che disciplinano l’acquisto, la detenzione e l’uso delle armi. Sono da qualificare come armi tutti gli strumenti atti ad offendere e che, sono, naturalmente, destinati a recare un’offesa o un danno ad altro soggetto. All’interno della categoria si suole distinguere le armi bianche dalle armi da fuoco. Le prime comprendono tutti gli strumenti atti ad offendere che possono provocare ferite per mezzo di punte come pugnali e baionette , forme contundenti manganelli o lame di metallo sciabole, spade, katane, ecc. . Nella categoria rientrano, altresì, quelle che permettono di scagliare altri oggetti archi, balestre, cerbottane, o cdd. armi da lancio . In generale, le armi bianche, sfruttano solo la forza di chi le impugna e la potenzialità lesiva dell’oggetto. Le armi da fuoco sono strumenti atti ad offendere che sfruttano il particolare meccanismo costruttivo, basato sull’esplosione o sulla deflagrazione. Esse integrano la categoria delle classiche armi da sparo e utilizzano, dunque, una peculiarità di tipo esplosivo pistole, bombe, fucili, ecc. . Le armi da fuoco si contraddistinguono, allora, per un utilizzo ben diverso dalle armi bianche. Queste ultime richiedono la forza e l’abilità dell’utilizzatore quelle da fuoco, sfruttano, per recare offesa, il semplice risultato del meccanismo esplosivo. Le armi improprie, a differenza di quelle proprie, possono essere qualificate come strumenti idonei a offendere, ma non hanno, in via esclusiva e per destinazione naturale, quello scopo, nè sono state ideate e realizzate per quella finalità. Si possono definire improprie, allora, le armi che, per loro natura, non sono destinate all’offesa della persona, pur potendo, tuttavia, nuocere, se utilizzate in maniera pericolosa cacciaviti, martelli, asce, trapani, catene, tubi di ferro e qualsiasi strumento che, pur non avendo come naturale destinazione l’offesa, può essere utilizzato anche con quel fine. La distinzione indicata è stata tracciata dalla giurisprudenza di legittimità che ha spiegato che in tema di reati concernenti le armi, per arma in senso proprio deve intendersi quella la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona rientrano in tale categoria, secondo l’articolo 30 T.U.L.P.S. e l’articolo 45 comma 1, del relativo regolamento, sia le armi da sparo che quelle cosiddette bianche. Sono invece armi improprie quelle che, pur avendo una specifica diversa destinazione, possono tuttavia servire all’offesa personale, secondo le indicazioni date dalla L. 18 aprile 1975, numero 110, articolo 4. Delle armi proprie in genere è vietata la detenzione non previamente denunciata all’autorità di pubblica sicurezza delle armi improprie è vietato solo il porto, non anche la detenzione. Sez. 1, numero 3377 del 22/02/1995, P.M. in proc. Scalmana, Rv. 200698 Sez. 1, numero 14953 del 17/03/2009, Gebril, Rv. 243917 . 3.2. Il tirapugni in metallo è uno strumento che ha naturale e oggettiva finalità di offesa e che, impiegato, è utilizzato solo per incrementare lo spessore lesivo che deriva da un colpo o un’azione violenta. Infatti, se impugnato, ha la finalità esclusiva di produrre lesioni, anche di certa gravità. Si tratta di un oggetto ideato per l’offesa e che va, per detta qualità, annoverato tra le armi proprie, nella categoria di quelle bianche, che sfruttano abilità e forza fisica individuale, per recare offesa e/o produrre lesioni. È, pertanto, arma a tutti gli effetti. A differenza del noccoliere che è uno strumento che può avere analoga finalità d’impiego, il tirapugni metallico ha solo lo scopo di ledere. Il noccoliere, al contrario, come strumento di protezione della parte anatomica dell’arto prensile può essere realizzato in materiali diversi cuoio, pellame e può essere impiegato con un fine di lesione, ma può essere anche utilizzato allo scopo di proteggere la mano e le nocche che ne caratterizzano l’ossatura. Da ciò discende che allorquando il tirapugni sia in metallo e abbia le caratteristiche anzidette è un’arma che ha destinazione naturale di offesa contro le persone. Di oggetti siffatti è assolutamente vietato il porto e la condotta è sanzionata con la pena dell’arresto dal cpv. dell’articolo 699 c.p., le cui disposizioni sono fatte salve dalla L. numero 110 del 1975, articolo 40, e non con quella dell’ammenda prevista dal comma 3 dell’articolo 4 di questa Sez. 1, numero 2776 del 16/11/1993 dep. 1994 De Palo, Rv. 196794 Sez 1 numero 3377 del 28/3/1995 P.M. in proc. Scalmana, rv. 200698 Sez 1 numero 8 del 11/3/1992, P.G. in proc. Boriosi, rv 191121 . Da quanto premesso discende l’infondatezza del motivo di ricorso sul punto. 3.3. Quanto alla omessa applicazione dell’attenuazione di cui alla L. 18 aprile 1975, numero 110, articolo 4, comma 3, essa trova applicazione nei soli casi di oggetti atti ad offendere e giammai potrebbe applicarsi alla fattispecie de qua del porto di un tirapugni metallico. L’invocata diminuente speciale del caso di lieve entità è applicabile ai soli oggetti atti a offendere e non alle armi, come quello della vicenda in esame. Questo Collegio, infatti, condivide il principio di diritto più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità tra le altre, Sez. 1, numero 9335 del 22/06/1998, dep. 12/08/1998, Ciro, Rv. 211288 Sez. 1, numero 44609 del 14/10/2008, dep. 01/12/2008, Errante, Rv. 242043 Sez. F, numero 33396 del 28/07/2009, dep. 17/08/2009, Balacco, Rv. 244643 , secondo cui l’indicata diminuente è applicabile nei casi di lieve entità riferibili al porto dei soli oggetti atti a offendere , ricollegandosi ai commi precedenti, ove si distinguono gli strumenti atti a offendere dalle armi. 3.4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.