Pubblicità professionale: il CNF dice no all’autocelebrazione dell’avvocato

Il Consiglio Nazionale Forense ribadisce che l’informazione sull’attività professionale deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, senza essere comparativa o autocelebrativa. La c.d. legge Bersani, infatti, pur consentendo al professionista di fornire informazioni sui suoi servizi professionali, non legittima una pubblicità indiscriminata avulsa dai dettami deontologici.

Così si è espresso il CNF con la sentenza numero 163/2015. Il caso. Il COA di Milano, irrogando la sanzione della censura, riteneva responsabile un avvocato per la violazione degli articolo 17, 17-bis e 18 del codice deontologico forense, in quanto aveva sollecitato o comunque accettato l’offerta di pubblicare in un periodico mensile un articolo-intervista dal contenuto autoelogiativo, fornendo informazioni sulla propria attività, professionalità e clientela e omettendo di indicare le informazioni obbligatorie, ivi compresa l’indicazione del Consiglio d’Ordine di appartenenza. Proponeva ricorso avverso tale decisione l’avvocato. La pubblicità autocelebrativa. Con il primo motivo, il ricorrente censura l’affermazione di responsabilità ex articolo 18 c.d.f. affermando che l’articolo non era stato sollecitato, ma era stato frutto di un’iniziativa dell’autore e che non emergeva in alcun modo che l’avvocato avesse enfatizzato la propria capacità professionale e speso il nome di clienti. Inoltre, egli critica l’affermazione di responsabilità ex articolo 17 c.d.f. in quanto ritiene che nell’articolo non è ravvisabile alcun intento pubblicitario, che egli non aveva parlato della sua professione ma di altro, che l’intento di marcare la propria eccellenza nei riguardi degli altri avvocati era una mera supposizione, che la decisione impugnata sembrava pretendere di vietare l’utilizzo delle leve concorrenziali introdotte dalla c.d. legge Bersani e che il Consiglio dell’Ordine aveva trascurato il diritto-dovere di informazione di cui all’articolo 40 c.d.f Il CNF non ritiene fondate le censure addotte. Anzi, ribadisce che le violazioni contestate sussistono, con particolare riferimento «all’enfatizzazione della capacità professionale ed al carattere elogiativo delle affermazioni rese nell’intervista, con la conseguente violazione del precetto dell’articolo 18 e delle regole relative all’esercizio della pubblicità informativa di cui all’articolo 17». Ciò in quanto, pur considerando anche fondati alcuni motivi di doglianza del ricorrente, essi non sono rilevanti ai fini dell’integrazione dell’illecito come la rivendicazione della mancata sollecitazione dell’intervista – rilevante solo ai fini della determinazione della sanzione o l’affermazione di non aver speso il nome di clienti – circostanza peraltro nemmeno contestata . La c.d. legge Bersani. Per ciò che concerne il richiamo alla c.d. legge Bersani, il CNF spende qualche parola in più. Infatti, Esso ha evidenziato come l’articolo 2 del d.l. numero 226/2006, convertito nella l. numero 248/2006, ha sì abrogato le disposizioni che non consentivano la c.d. pubblicità informativa relativamente alle attività professionali, ma non ha abrogato l’articolo 38, comma 1, R.d.l. numero 1578/1933 che punisce comportamenti non conformi alla dignità e al decoro professionale. E’ dunque consentita la diffusione di specifiche informazioni sull’attività, prezzi, contenuti ed elementi in grado di orientare razionalmente le scelte di colui che va cercando assistenza, con le dovute limitazioni connesse alla dignità e al decoro della professione, la cui verifica è affidata al potere-dovere dell’ordine professionale, e con la precisazione che essa non debba assumere i connotati della «pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa». L’Ordine di iscrizione. Con l’ultimo motivo di doglianza, il ricorrente censura l’affermazione di responsabilità ex articolo 17-bis c.d.f., osservando che nell’articolo si legge il Tribunale al quale era iscritto l’avvocato e che l’imprecisione era riferibile ad un refuso. Il Consiglio ritiene fondato tale motivo, non ritenendo violato l’articolo 17-bis c.d.f., posto che nell’intervista l’avvocato dichiara a quale Tribunale egli è iscritto, e dovendosi ritenere tale affermazione come riferimento all’Ordine della stessa città. Tale fondamento comporta il parziale accoglimento del ricorso da parte del CNF, riducendo la sanzione della censura a quella meno afflittiva dell'avvertimento.

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