Preliminare di vendita: scioglimento del contratto anche in caso di consegna anticipata del bene

Il diritto potestativo di sciogliersi dal contratto preliminare di vendita riconosciuto al curatore dall’articolo 72, numero 4, l. fall. può essere esercitato anche quando il promissario acquirente sia già stato immesso nel possesso della cosa.

Premessa. La Suprema Corte, con l’ordinanza numero 7268 del 27 marzo 2014, ha ribadito la legittimità dello scioglimento dal contratto, ovvero della risoluzione per inadempimento, da parte di una curatela fallimentare, nell’ipotesi di preliminare di vendita. Il caso. Con citazione del 17.12.2002, un curatore aveva chiesto la condanna di due promissari acquirenti al rilascio di un immobile oggetto di preliminare di vendita con la fallita società di costruzioni, deducendo che il negozio non era a sé opponibile in quanto privo di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento. Chiedeva, inoltre, lo scioglimento del contratto, ovvero la risoluzione per inadempimento, ai sensi dell’articolo 72, numero 4 l. fall. I promissari si costituivano chiedendo il rigetto delle domande e, a tal proposito, sostenevano che il contratto in parola era da qualificare come compravendita e non come preliminare, con conseguente inapplicabilità del dettato dell’articolo 72 l. fall. nel testo vigente ratione temporis . Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Catania, successivamente adita dai soccombenti, accoglievano le richieste della curatela, ritenendo che trattavasi di un preliminare di vendita, alla luce delle specifiche previsioni contrattuali. Avverso la decisione della Corte catanese hanno interposto ricorso per Cassazione i promissari acquirenti, lamentando la violazione degli articolo 1362, 1363 e 1366 c.c. ed il vizio di motivazione in relazione all’interpretazione del contratto del pari hanno dedotto la violazione dell’articolo 72 l. fall ed il vizio di motivazione. Contratto di natura preliminare. La Corte, tuttavia, ha ritenuto di non aderire alle tesi dei ricorrenti, in primis poiché il contratto era effettivamente di natura preliminare, nonostante vi fosse stata la consegna anticipata della cosa. Questa, peraltro, non comporta il contestuale verificarsi dell’effetto traslativo, risultando, piuttosto, dal titolo l’altruità della cosa. Né valeva prospettare la fattispecie come ipotesi di c.d. preliminare improprio, ovvero di un contratto ad effetti anticipati, poiché, secondo costante giurisprudenza, neppure da quello poteva farsi derivare il sopra detto effetto traslativo. Sul secondo motivo, la Corte ha parimenti rilevato l’infondatezza della doglianza in quanto il contratto, per le ragioni sopra esposte, doveva qualificarsi come preliminare di vendita. Non possessore ma semplice detentore qualificato. Inoltre, ha chiarito il Collegio, l’anticipata consegna del bene al promissario non lo costituisce possessore, ma semplice detentore qualificato, proprio perché egli detiene nella consapevolezza dell’altruità della cosa, salva la dimostrazione di un’interversio possessionis, nei modi previsti dall’at. 1141 c.c. Alla luce di quanto emerso, la Corte, trattando il ricorso in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 380-bis e 375 c.p.c., ha rigettato le domande e condannato i ricorrenti al rimborso delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 22 gennaio – 27 marzo 2014, numero 7268 Presidente Piccialli – Relatore Proto Osserva in fatto Con citazione del 17/12/2002 il curatore del fallimento R. Costruzioni s.r.l. conveniva in giudizio C.F. e R.G. chiedendone la condanna al rilascio di due appartamenti e un garage oggetto di un preliminare di vendita apparentemente stipulato il 18/1/1994 tra la società R. Costruzioni, promittente venditrice e i due convenuti, quali promissari acquirenti la curatela attrice deduceva che la scrittura privata non era a sé opponibile in quanto priva di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento e comunque chiedeva, ai sensi dell'articolo 72 comma 4 L.F., la declaratoria di scioglimento del contratto, ovvero la risoluzione per inadempimento, oltre al risarcimento del danno per l'occupazione, da commisurarsi al valore locativo degli immobili. I convenuti si costituivano e chiedevano il rigetto delle domande avversarie sostenendo che il contratto in questione doveva qualificarsi contratto definitivo di vendita e non contratto preliminare e di conseguenza l'inapplicabilità del disposto dell'articolo 72 l.f. nel testo vigente ratione temporis che attribuisce al curatore la facoltà di scioglimento dal contratto in caso di vendita non ancora eseguita. Con sentenza dal 20/8/2008 il Tribunale di Catania accoglieva le domande della curatela fallimentare qualificando il contratto come contratto preliminare di vendita, oltre tutto privo di data certa. I convenuti proponevano appello che veniva rigettato dalla Corte di Appello di Catania con sentenza del 29/3/2011. La Corte di Appello, esaminato l'atto nel suo complesso e ritenendo decisive alcune specifiche previsioni contrattuali la proprietà sarà trasferita contestualmente alla stipula dell'atto pubblico “gli immobili saranno venduti” quanto a lire 20.000.000 vengono pagati ora stesso a titolo di caparra confirmatoria da valere in conto prezzo alla stipula dell'atto pubblico di trasferimento giungeva alla conclusione che la proprietà non era stata ancora trasferita con il contratto e che di conseguenza era applicabile il disposto dell'articolo 72 comma 4 L.F. nel testo vigente ratione temporis la Corte escludeva, inoltre, che la data certa fosse idoneamente provata dagli elementi addotti dagli appellanti per sostenere che il contratto avesse data certa anteriore al fallimento alcune cambiali, una istanza al giudice tutelare recante la data 7/1/1997 con la quale era richiesta - e ottenuta in data 13/3/1997 - l'autorizzazione a impegnare la somma di lire 55.000.000, di proprietà dei figli minori, per l'acquisto degli immobili . C.F. e R.G. hanno proposto ricorso affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso la curatela fallimentare. Osserva in diritto 1. Con i primi due motivi i ricorrenti deducono la violazione degli articolo 1362, 1363 e 1366 c.c. e il vizio di motivazione in relazione all'interpretazione del contratto come contratto preliminare invece che come contratto definitivo sostengono che non sarebbe stata considerata l'espressione vende e l'integrale pagamento del prezzo e il trasferimento dell'immobile mediante consegna. 1.1. I motivi sono manifestamente infondati le espressioni letterali valorizzate ai fini interpretativi dalla Corte di appello come in precedenza riportate rivelano con assoluta evidenza che le parti non intendevano procedere all'immediato trasferimento della proprietà, ma differirlo nel futuro e alla stipula del contratto definitivo come ulteriormente confermato dalla previsione della caparra confirmatoria , che non risulta mai concluso. L'accertamento della Corte territoriale, così motivato, deve ritenersi sufficiente al fine di escludere la natura traslativa della scrittura. Lo stabilire se le parti abbiano inteso stipulare un contratto definitivo o dar vita ad un contratto preliminare di compravendita, rimettendo l'effetto traslativo ad una successiva manifestazione di consenso, costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in cassazione se sorretto da motivazione sufficiente ed esente da vizi logici o da errori giuridici, e sia il risultato di un'interpretazione condotta nel rispetto delle regole di ermeneutica contrattuale, dettate dall'articolo 1362 c.c., e segg. Cass. 564/2001 nel caso la Corte territoriale, come detto, ha dato congrua e convincente motivazione della valutazione effettuata, facendo corretta applicazione dei criteri di interpretazione del contratto di cui agli articolo 1362 e ss. c.c. I ricorrenti, fondando la loro tesi sulla anticipata consegna della cosa e sull'intervenuto pagamento del prezzo circostanza, peraltro motivatamente smentita dalle persuasive osservazioni della Corte di Appello, sviluppate a pagina 8 e 9 della sentenza, circa la non riferibilità al pagamento del prezzo degli effetti cambiari prodotti in causa intendono prospettare l'effetto traslativo ex se del c.d. contratto preliminare improprio, ma la tesi non trova il conforto della giurisprudenza di questa Corte che, in relazione al contratto preliminare ad effetti anticipati o preliminare improprio , nel quale le parti, nell'assumere l'obbligo della prestazione del consenso al contratto definitivo, convengono l'anticipata esecuzione di alcune delle obbligazioni nascenti dal contratto, quale la consegna immediata del bene al promissario acquirente, con o senza corrispettivo, ritiene che la disponibilità del bene ha luogo con la piena consapevolezza dei contraenti che l'effetto traslativo non si è ancora verificato, risultando piuttosto dal titolo l'altruità della cosa così Cass. 8796/2000, 10469/2001, 13368/2005, 24290/2006, S.U. 7930/2008 1296/2010 12634/011 . Da ciò consegue che neppure dalla prospettazione di un contratto ad effetti anticipati c.d. preliminare improprio , potrebbe derivare l'effetto traslativo, secondo l'orientamento dominante della giurisprudenza. 2. Sempre con il secondo motivo, i ricorrenti deducono altresì il vizio di motivazione in quanto la Corte di Appello avrebbe recepito le conclusioni del CTU circa il valore locativo degli immobili oggetto di causa senza considerare le loro osservazioni critiche. 2.1. Il motivo è inammissibile per la sua assoluta genericità in quanto non vengono specificate le osservazioni critiche che sarebbero state formulate e pertanto non è possibile valutare la rilevanza del preteso vizio di motivazione. Ove si dovesse ritenere superabile l'evidenziato profilo di inammissibilità, il motivo è comunque manifestamente infondato in quanto la Corte di Appello ha, da un lato, motivato sull'irrilevanza delle censure in quanto assolutamente generiche e, dall'altro, ha rilevato che le fonti di conoscenza dalle quali il CTU ha tratto il suo convincimento erano verificabili e che gli appellanti a loro volta potevano effettuare le opportune verifiche. 3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'articolo 72 comma 4 L.F. e il vizio di motivazione. I ricorrenti, sul presupposto che il contratto fosse un contratto definitivo di vendita e non un preliminare, sostengono che non poteva essere riconosciuto al curatore il diritto potestativo di sciogliersi dal contratto ai sensi dell'articolo 72 numero 4 l.f. nella formulazione vigente rati one temporis, ossia prima della riforma di cui al D.Lgs. numero 5/2006 i ricorrenti aggiungono che l'immissione in possesso sarebbe equivalente al trasferimento della proprietà ai fine di integrare il presupposto ostativo alla facoltà di scioglimento. 3.1. Il motivo è manifestamente infondato in quanto il contratto, per le ragioni già esposte, deve essere qualificato come preliminare di vendita e non come contratto traslativo della proprietà inoltre l'anticipata consegna della cosa al promissario acquirente non lo costituisce possessore, ma semplice detentore proprio perché detiene nella consapevolezza dell'altruità della cosa. Solo per completezza di argomentazione, è opportuno ricordare che questa Corte, componendo a sezioni unite il contrasto insorto tra le sezioni semplici, ha da tempo enunciato il principio che nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato, funzionalmente collegato al contratto preliminare e produttivo di effetti meramente obbligatori, e che, pertanto, la relazione del promissario acquirente con il bene è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata, salva la dimostrazione di un'interversio possessionis nei modi previsti dall'articolo 1141 c.c. Cass. S.U. numero 7930/2008 Cass. numero 1296/2010 Cass. numero 9896/2010 . 4. In conclusione il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 380 bis e 375 c.p.c. per essere dichiarato manifestamente infondato. Considerato - che il ricorso è stato fissato per l'esame in camera di consiglio - che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite le quali non hanno depositato memorie ex articolo 380 bis c.p.c. - che questo collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore - che le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a pagare al controricorrente Fallimento R. Costruzioni in persona del suo curatore fallimentare le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in euro 2.500,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi.