Giudizio di appello, chi si lamenta è attore

Nel giudizio di appello, se l’appellante si lamenta dell’erronea valutazione da parte del primo giudice di documenti prodotti dalla controparte in primo grado e da questa non depositati in appello, deve essere lui a produrli in sede di gravame.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 4806, depositata il 10 marzo 2015. Il caso. Il tribunale di Catanzaro accoglieva la domanda dell’attore e dichiarava la nullità di un contratto di compravendita di un terreno stipulato tra le parti con scrittura privata, a causa della mancata allegazione del certificato di destinazione urbanistica. Gli eredi della controparte proponevano appello, deducendo che la scrittura integrava un mero preliminare di vendita, ad effetti obbligatori, cui non era applicabile la causa di nullità ritenuta. L’impugnazione veniva respinta dalla Corte d’appello di Catanzaro, in quanto la scrittura, ritualmente prodotta dall’attore nel fascicolo di primo grado, non risultava più allegata in grado d’appello. Dovendo la causa essere decisa sulla scorta del solo materiale probatorio presente in atti e concretamente esaminabile, le conseguenze della mancata produzione del documento ricadevano sugli appellanti. I soccombenti ricorrevano in Cassazione, lamentando l’errata applicazione del principio secondo cui ricade sulla parte appellante l’onere di allegare in sede di gravame il documento a sé favorevole prodotto in primo grado dalla controparte. Nel caso di specie, il contratto di vendita doveva essere provato per iscritto e, quindi, era indispensabile per l’accoglimento della domanda dell’appellato. Critica vincolata. La Corte di Cassazione ricorda che il giudizio d’appello non è più un riesame pieno nel merito della decisione impugnata, ma ha le caratteristiche di un’impugnazione a critica vincolata. Di conseguenza, l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio di appello e su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza delle singole censure, a prescindere dalla sua posizione processuale nel giudizio di primo grado. Produzione dei documenti. Se si lamenta dell’erronea valutazione da parte del primo giudice di documenti prodotti dalla controparte in primo grado e da questa non depositati in appello, deve essere lui a produrli in sede di gravame, avvalendosi eventualmente della facoltà prevista dall’articolo 76 disp. att. c.p.c. «Le parti o i loro difensori muniti di procura possono esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d'ufficio e in quelli delle altre parti e farsene rilasciare copia dal cancelliere, osservate le leggi sul bollo» . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 20 gennaio – 10 marzo 2015, numero 4806 Presidente Di Palma – Relatore Cristiano E' stata depositata la seguente relazione 1 II Tribunale di Catanzaro, in accoglimento della domanda avanzata da L.V. nei confronti di A.D.R., dichiarò la nullità, per la mancata allegazione del certificato di destinazione urbanistica, del contratto di compravendita di un terreno stipulato inter partes con scrittura privata del 16.12.97 e condannò il convenuto-alienante a restituire all'attore acquirente la somma ricevuta in acconto del maggior prezzo pattuito in corrispettivo. La decisione fu appellata da G.N., Rosanna D.R. ed Emma D.R., eredi di A.D.R., che dedussero che la scrittura integrava un mero preliminare di vendita, ad effetti obbligatori, cui non era applicabile la causa di nullità ritenuta sussistente dal primo giudice. In sede di gravame si costituì il Fallimento di L.V., nel frattempo dichiarato. La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza del 24.1.011, ha respinto l'impugnazione in base al rilievo che la scrittura, ritualmente prodotta dall'attore nel fascicolo di primo grado,non risultava più allegata in grado d'appello e che dovendo la causa essere decisa sulla scorta dei solo materiale probatorio presente in atti e concretamente esaminabile le conseguenze della mancata produzione del documento ricadevano sugli appellanti, atteso che, alla luce delle espressioni adoperate dalle parti riportate nella sentenza impugnata, andava condivisa la qualificazione -di contratto definitivo di vendita attribuita dal tribunale al negozio controverso e che era pertanto privo di rilievo che le eredi D.R. avessero notificato al V. un atto di diffida ad adempiere con il quale lo avevano invitato alla stipula del definitivo. La corte del merito ha inoltre accertato che non risultava posto in essere alcun provvedimento di sanatoria ed ha in conseguenza escluso che potesse trovare accoglimento il secondo, e subordinato, motivo di gravame con il quale le appellanti avevano invocato l'applicazione del nuovo testo dell'articolo 30 del T.U. numero 380101, così come novellato dall'articolo 12, commi 4, 4 bis e 5 della I. numero 246105. La sentenza è stata impugnata dalle eredi D.R. con ricorso per cassazione affidato a due motivi. li Fallimento di L.V. non ha svolto attività difensiva. 2 Con il primo motivo le ricorrenti lamentano l'errata applicazione dei principio giurisprudenziale secondo cui ricade sulla parte appellante l'onere di allegare in sede di gravame il documento a sé favorevole prodotto in primo grado dalla controparte, rilevando che, nel caso di specie, ai sensi dell'articolo 2725 c.comma il contratto di vendita doveva essere provato per iscritto ed era perciò indispensabile ai fini dell'accoglimento della domanda dell'appellato. Il motivo appare infondato. Infatti, secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte cfr., per tutte e da ultimo, Cass. S.U. numero 30331013 , nel vigente ordinamento processuale il giudizio d'appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata, ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata. Ne consegue che l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio di appello e che su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza delle singole censure, quale che sia stata la sua posizione processuale nel giudizio di primo grado. Pertanto, ove egli si dolga dell'erronea valutazione da parte del primo giudice di documenti prodotti dalla controparte in primo grado e da questa non depositati in appello, ha l'onere di produrli in sede di gravame, eventualmente avvalendosi della facoltà di cui all'ari. 76 disp. att. c.p.comma 3 Col secondo motivo le eredi D.R. lamentano il rigetto della censura da esse svolta in via subordinata. Deducono di aver invocato l'applicazione dello ius superveniens, di cui all'articolo 12 della l. numero 246105, avente portata retroattiva, che prevede la possibilità di confermare od integrare, anche ad iniziativa di una sola delle parti, gli atti di compravendita di immobili cui non sia stato allegato il certificato di destinazione urbanistica, con conseguente sanatoria della relativa nullità, e di aver prodotto, all'udienza del 30.9.08, la relativa documentazione , di cui la corte d'appello avrebbe affermato l'irrilevanza sull'errato presupposto che la sanatoria potesse operare solo in presenza di un contratto preliminare di vendita e non anche di un definitivo. II motivo appare inammissibile. La corte territoriale si è infatti limitata ad affermare che l'atto di diffida ad adempiere con i[ quale le D.R. avevano intimato al V. di stipulare il contratto definitivo era del tutto inconferente ai fini dell'accoglimento del primo motivo d'appello. Il secondo motivo di gravame è stato invece respinto dal giudice del merito in base al rilievo che il provvedimento di sanatoria ovvero, a norma di legge, il documento integrativo o confermativo redatto anche da un sola delle parti o dei suoi aventi causa mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, al quale sia allegato un certificato contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate al giorno in cui è stato stipulato il precedente atto di vendita non risulta essere stato posto in essere . Ne consegue che, per vincere tale accertamento, le ricorrenti non potevano [imitarsi ad affermare di aver prodotto la relativa documentazione , ma avrebbero dovuto indicare l'esatto contenuto dei documenti asseritamente prodotti all'udienza del 30.9.08, chiarirne la decisività, allegarli al ricorso o specificare dove essi erano rintracciabili all'interno del fascicolo di parte o di quello d'ufficio, denunciandone al contempo l'omesso esame da parte della corte territoriale. Si dovrebbe pertanto concludere per il rigetto del ricorso, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. Le ricorrenti hanno depositato memoria. II collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne condivide le conclusioni, non utilmente contraddette dalle ricorrenti con la memoria depositata, nella quale, per un verso, non si introducono nuovi argomenti di diritto che possano indurre a rivedere il consolidato indirizzo giurisprudenziale contestato nel primo motivo, e, per l'altro, si insiste nel confondere una ragione di rigetto del primo motivo d'appello con quelle, ben diverse, poste a fondamento del rigetto del secondo motivo. Il ricorso deve pertanto essere respinto. Non v'é luogo alla liquidazione delle spese in favore del Fallimento intimato, che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.