Riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile

L’11 gennaio 2015 è entrato in vigore il regolamento UE numero 606/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 giugno 2013, relativo al riconoscimento reciproco nei 28 Stati membri delle misure di protezione in materia civile. In sostanza, le vittime di stalking, molestia o violenza di genere che hanno ottenuto protezione in uno Stato membro potranno usufruire di una protezione equivalente in un altro Stato, senza dover adempiere a particolari formalità.

Il regolamento garantirà che la protezione accordata in uno Stato membro sia mantenuta quando la vittima viaggia o si trasferisce in un altro Stato membro. Semplificherà la procedura di richiesta di protezione, eliminando tutte le attuali formalità intermedie. Una volta emessi da uno stato membro, infatti, mediante una semplice certificazione saranno riconosciuti in tutta l'Ue in modo rapido e immediato. Certificato multilingue standard. Per garantire che la protezione sia riconosciuta ed eseguita in tutta l'UE, il regolamento contiene un certificato multilingue standard, che fornisce tutte le informazioni essenziali. L'utilizzo del certificato deve mantenere i costi di traduzione al minimo, per far sì che non vi siano costi aggiuntivi per la persona protetta. Al fine di facilitare l’eventuale adeguamento di una misura di protezione, il certificato dovrebbe indicare se l’indirizzo specificato nella misura di protezione corrisponde al luogo di residenza o al luogo di lavoro della persona protetta ovvero a un luogo che essa frequenta regolarmente. Inoltre, il certificato dovrebbe altresì indicare, se pertinente, l’area circoscritta raggio approssimativo a partire dall’indirizzo specifico a cui si applica l’obbligo imposto dalla misura di protezione alla persona che determina il rischio. Conformemente al principio di riconoscimento reciproco, il riconoscimento corrisponde alla durata della misura di protezione. Tuttavia, tenuto conto della diversità delle misure di protezione in base alle legislazioni degli Stati membri, in particolare riguardo alla loro durata, e considerato che il presente regolamento normalmente si applicherà in situazioni di emergenza, gli effetti del riconoscimento a norma del presente regolamento dovrebbero essere limitati, in via eccezionale, a un periodo di dodici mesi dal rilascio del certificato previsto dal presente regolamento, indipendentemente dall’eventuale maggiore durata della misura di protezione stessa sia essa di natura provvisoria, limitata nel tempo o indefinita . Per garantire il rispetto del diritto alla difesa della persona che determina il rischio, qualora la misura di protezione sia stata disposta in contumacia o in base a una procedura che non prevede la precedente comunicazione a tale persona «procedura in assenza di contraddittorio» , il rilascio del certificato dovrebbe essere possibile solo se tale persona abbia avuto la possibilità di difendersi contro la misura di protezione. Tuttavia, per evitare l’elusione e tenendo conto dell’urgenza che caratterizza i casi in cui sono necessarie misure di protezione, non si dovrebbe richiedere che il periodo per far valere i mezzi di difesa sia scaduto prima che possa essere rilasciato un certificato. Il certificato dovrebbe essere rilasciato non appena la misura di protezione è esecutiva nello Stato membro d’origine. In caso di sospensione o revoca della misura di protezione o di revoca del certificato nello Stato membro d’origine, l’autorità competente dello Stato membro richiesto, previa presentazione del pertinente certificato, dovrebbe sospendere o revocare gli effetti del riconoscimento e, ove applicabile, l’esecuzione della misura di protezione. Il regolamento integra, infine, la direttiva 2012/29/UE, che detta norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato stabilendo che «il fatto che una persona sia oggetto di una misura di protezione disposta in materia civile non osta necessariamente a che essa sia definita “vittima” ai sensi di tale direttiva». Completata la tutela, dopo l’ordine di protezione europeo in sede penale. Il regolamento in materia civile, che copre le minacce all'integrità fisica e psichica delle persone, comprese le minacce alla libertà personale, alla sicurezza e all'integrità sessuale, completa la direttiva in materia penale sull'ordine di protezione europeo. In particolare, direttiva 2011/99/Ue del Parlamento e Consiglio dell’Unione europea adottata, in seconda lettura, il 13 dicembre 2011, al termine della procedura di coodecisione è volta ad assicurare il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle misure di protezione adottate in materia penale per le vittime di reato. Un ordine di protezione europeo può essere emesso solo se nello Stato di emissione è stata precedentemente adottata una misura di protezione che impone alla persona che determina il pericolo uno o più dei seguenti divieti o delle seguenti restrizioni a divieto di frequentare determinate località, determinati luoghi o determinate zone definite in cui la persona protetta risiede o che frequenta b divieto o regolamentazione dei contatti, in qualsiasi forma, con la persona protetta, anche per telefono, posta elettronica o ordinaria, fax o altro c divieto o regolamentazione dell'avvicinamento alla persona protetta entro un perimetro definito. La Direttiva deve essere attuata entro l'11 gennaio 2015 articolo 21 della direttiva medesima la delega per l'emanazione del decreto legislativo è contenuta nella legge di delegazione europea per l'anno 2013 legge numero 96/2013 . In virtù della proroga prevista dall'articolo 31, comma 3, legge numero 234/2012 Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea , il termine per l'esercizio della delega scadrà l'11 febbraio 2015. Il Consiglio dei Ministri il 30 settembre 2014, ha presentato uno schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo, al quale, il 9 dicembre 2014, la Commissione Giustizia ha espresso parere favorevole. Insieme, i due strumenti copriranno la più ampia gamma possibile di misure di protezione, in materia civile e penale, adottate dagli Stati membri. Solo per fare un esempio, in ipotesi di violenze domestiche le vittime potevano richiedere in Italia, ai sensi degli articolo 342- bis e 342- ter c.c. un ordine di protezione contro gli abusi familiari, quando « la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale dell’altro coniuge o convivente il giudice ». Se la vittima dell’illecito endofamiliare si trasferisce in altro Stato, potrà adesso chiedere, attraverso il regolamento UE numero 606/2013, una certificazione, su richiesta della persona protetta, senza che sia necessaria una misura cautelare emessa nell’ambito di un procedimento penale. Il regolamento si applica anche ai casi di ammonimento. Il regolamento precisa che, per tener conto dei vari tipi di autorità che dispongono misure di protezione in materia civile negli Stati membri, e diversamente da altri settori della cooperazione giudiziaria, la normativa comunitaria dovrebbe applicarsi «alle decisioni sia delle autorità giurisdizionali sia delle autorità amministrative, a condizione che queste ultime offrano garanzie per quanto riguarda, in particolare, la loro imparzialità e il diritto delle parti al controllo». Quindi, laddove sia emesso un provvedimento di ammonimento del Questore ai sensi dell’articolo 8 d.l. numero 11/2009 all’autore di stalking , o ai sensi dell’articolo 3 d.l. numero 93/13 sul contrasto della violenza di genere , nei casi in cui alle forze dell'ordine siano segnalati in forma non anonima fatti riconducibili ai delitti di percosse e lesioni personali aggravate consumate o tentate, nell'ambito di violenza domestica, la vittima potrà beneficiare del regolamento UE numero 606/2013. Era problematico, infatti, che tali provvedimenti, di natura amministrativa, potessero ricadere nell’ambito di applicazione dell’ordine di protezione europeo in quanto la direttiva 2011/99/Ue si applica «alle misure di protezione adottate in materia penale».

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