Furto a scuola. La maestra controlla gli zaini e fa spogliare gli alunni: lesa la loro dignità

È esclusa la consapevolezza dell’illiceità della condotta da parte di una maestra di scuola elementare che ha controllato gli zaini e le tasche dei vestiti degli alunni, mentre è ravvisata in quella con la quale ha costretto gli stessi a restare in slip e canottiera. Ciò, in quanto, quest’ultimo comportamento, incidendo sulla dignità e la riservatezza personale dei bambini, si connota in termini di ben diversa gravità, immediatamente percepibile.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 47183, depositata il 27 novembre 2013. Il caso. A due maestre era stato contestato il reato di cui all’art. 609 c.p. perquisizione e ispezione personali arbitrarie , per avere, in qualità di maestre di una scuola elementare, eseguito perquisizioni personali sugli alunni di due classi, al fine di rinvenire la somma poco prima sottratta a una collaboratrice scolastica capo a . Inoltre, alle donne era stato addebitato anche il reato di violenza privata, per avere costretto gli alunni di una delle classi a restare in slip e canottiera mediante minaccia capo b . Infatti, una delle due imputate aveva condotto gli alunni a due alla volta all’interno del locale utilizzato dal personale scolastico e aveva intimato loro di togliersi i vestiti invece l’altra aveva sorvegliato, facendoli stare zitti, gli alunni rimasti nel corridoio in attesa di entrare nella stanza e facendoli entrare due alla volta. La Corte d’Appello aveva confermato l’assoluzione delle maestre dal reato di perquisizione, ritenendo l’insussistenza della prova della piena consapevolezza dell’illiceità delle condotte di perquisizione degli zaini e delle tasche dei vestiti degli alunni mentre aveva condannato le due per gli ulteriori fatti – riqualificati all’interno del paradigma dell’art. 609 c.p. -. Per i giudici di secondo grado, la condotta consistita nel fare spogliare gli alunni non poteva in alcun modo essere ricondotta, a differenza di quella di cui al capo a , nell’ambito dei poteri spettanti alle insegnanti di un istituto scolastico. Contro tale decisione, le imputate hanno proposto due distinti ricorsi. Secondo la maestra che aveva avuto un ruolo nella sorveglianza dei bambini nel corridoio, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che le risultanze istruttorie avevano dimostrato la sua estraneità alla condotta di cui al capo b . La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato. Ciò, in quanto il concorso della ricorrente era stato affermato senza considerare che il contributo a suo carico era stato individuato nell’aver sorvegliato gli alunni rimasti all’esterno dei locali nei quali era avvenuta l’attività di controllo, nonostante dalle deposizioni testimoniali raccolte risultasse in modo lampante che la maestra era rimasta nella sua classe e non era uscita nel corridoio. Pertanto, il Collegio ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, perché la donna non ha commesso il fatto. La maestra può avere erroneamente ritenuto di agire all’interno dei poteri disciplinari finalizzati a un retto comportamento scolastico, ma non per entrambe le condotte. Invece, è stato considerato infondato il ricorso dell’altra imputata, la quale aveva criticato l’omessa considerazione della sostanziale unitarietà dei due episodi sub a e sub b , in ragione della medesima offensività giuridica nonché dell’identità dei destinatari e del contesto cronologico. A riguardo, Piazza Cavour ha affermato che l’invocata unitarietà tra l’attività di perquisizione dei beni e quella di ispezione degli alunni può cogliersi sul piano finalistico dell’obiettivo perseguito, ma non su quello, qui rilevante, della materialità della condotta non casualmente diversificata anche all’interno del paradigma di cui all’art. 609 c.p. e della natura dei beni sacrificati . Alla luce di ciò, tale ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 luglio - 27 novembre 2013, n. 47183 Presidente Zecca – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. A R.G R. e P P. è stato contestato il reato di cui agli artt. 81, 110 e 609 cod. pen., per avere in qualità di maestre della classi IV e V di una scuola elementare, unitamente all'insegnante fiduciaria e al dirigente scolastico, eseguito perquisizioni personali sugli alunni di tali classi, al fine di rinvenire la somma poco prima sottratta ad una collaboratrice scolastica capo a il reato di cui agli artt. 81, 110 e 610 cod. pen., per avere in concorso tra loro e nelle ricordate qualità, costretto gli alunni della IV classe, fino a restare in slip e canottiera, mediante minaccia consistita, quanto alla R. , nel condurre gli alunni a due alla volta all'interno del locale utilizzato dal personale scolastico e nell'intimare loro di togliersi i vestiti, nonché, quanto alla P. nel sorvegliare, intimando loro di stare zitti, gli alunni rimasti nel corridoio in attesa di entrare in tale locale ed ivi facendoli entrare due alla volta. Con sentenza del 05/06/2012 la Corte d'appello di Genova ha confermato l'assoluzione delle due imputate dal reato di cui al capo a , ritenendo l'insussistenza della prova della piena consapevolezza dell'illiceità delle condotte di perquisizione degli zaini e delle tasche dei vestiti degli alunni, mentre, in parziale riforma della decisione di primo grado, le ha condannate per i fatti di cui al capo b , riqualificati all'interno del paradigma dell'art. 609 cod. pen., rilevando che la condotta consistita nel fare spogliare gli alunni non poteva in alcun modo essere ricondotta, a differenza di quella di cui al capo a , nell'ambito dei poteri spettanti alle insegnanti di un istituto scolastico. 2. Sono stati proposti distinti ricorsi nell'interesse delle due imputate. 3. Il ricorso proposto nell'interesse della R. è affidato ai seguenti motivi. 3.1. Con il primo motivo del ricorso proposto dalla R. , si lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, che, da un lato, aveva escluso la sussistenza del dolo in relazione alla perquisizione degli zaini e delle tasche e, dall'altro, l'aveva ritenuto presente in relazione al solo allestimento dei mezzi e delle modalità dei successivi controlli di cui al capo b . 3.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e inosservanza dell'art. 609 cod. pen., criticando, oltre che la diversità del fatto contestato rispetto a quello ritenuto in sentenza, anche l'omessa considerazione della sostanziale unitarietà dei due episodi sub a e sub b , in ragione della medesima offensività giuridica nonché dell'identità dei destinatari e del contesto cronologico. Da tale premessa doveva discendere che anche il secondo segmento dell'azione doveva essere ricondotto nell'alveo della pronuncia assolutoria. 4. Il ricorso proposto nell'interesse della P. è affidato ai seguenti motivi. 4.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali nonché violazione degli artt. 609 e 51 cod. pen., per avere la Corte d'appello, da un lato, aveva escluso la sussistenza del dolo in relazione alla perquisizione degli zaini e delle tasche e, dall'altro, l'aveva ritenuto presente in relazione al solo allestimento dei mezzi e delle modalità dei successivi controlli di cui al capo b . 4.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale omesso di considerare che le risultanze istruttorie dimostravano l'estraneità della ricorrente, rimasta nella sua aula, alla condotta di cui al capo b . 4.3. Con il terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali, nonché violazione o falsa applicazione dell'art. 609 cod. pen. per avere la Corte territoriale trascurato di considerare che la condotta delle insegnanti coinvolte difettava della necessaria antigiuridicità speciale richiesta dall'art. 609 cod. pen., in quanto esse avevano agito in esecuzione delle indicazioni dell'insegnante fiduciaria. 5. Nell'interesse delle due ricorrenti sono state depositate distinte memorie, con le quali si deduce l'intervenuta prescrizione del reato di cui al capo b alla data del 29/05/2013, non potendo assumere rilievo a fini sospensivi il rinvio disposto all'udienza del 27/01/2010 per astensione degli avvocati, dal momento che l'udienza comunque non si sarebbe potuta celebrare per assenza del magistrato titolare. Considerato in diritto 1. Va, preliminarmente, esaminato il motivo sviluppato nelle memorie appena menzionate, con le quali si chiede dichiararsi l'intervenuta prescrizione dei reati. Esso è infondato, dal momento che la sospensione, nel caso di specie, è stata disposta per l'astensione degli avvocati, laddove il concorrente riferimento all'assenza del magistrato titolare del fascicolo rappresenta non la ragione del rinvio, ma un profilo che giustifica le modalità del rinvio disposto. 2. Ciò posto il secondo motivo della P. , da esaminarsi prioritariamente per ragioni di ordine logico, è fondato. Il concorso della ricorrente è stato affermato dalla Corte territoriale, senza considerare che lo specifico contributo a carico della prima è stato individuato, nel capo di imputazione, nell'avere sorvegliato gli alunni rimasti all'esterno dei locali nei quali era avvenuta l'attività di controllo, per poi farli entrare due alla volta. E, tuttavia, le deposizioni testimoniali raccolte e allegate al ricorso mostrano in modo lampante che la ricorrente rimase nella sua classe con i ragazzi di V e non uscì nel corridoio. Ne discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, per la ragione che la P. non ha commesso il fatto. Ne discende l'assorbimento dei motivi restanti. 3. Il ricorso della R. è invece infondato. 3.1. Con riferimento al primo motivo, osserva la Corte che non è dato cogliere alcun vizio motivazionale, nell'avere la sentenza impugnata escluso la consapevolezza dell'illiceità della condotta quanto all'attività di verifica dei beni degli alunni, per invece ravvisarla in un comportamento che, incidendo sulla dignità e la riservatezza personale degli stessi, si connotava in termini di ben diversa gravità, immediatamente percepibile anche da parte di chi poteva, in relazione al primo segmento di condotta, avere erroneamente ritenuto di agire all'interno dei poteri disciplinari finalizzati ad un retta comportamento scolastico. 3.2. Il secondo motivo è del pari infondato. L'invocata unitarietà tra l'attività di perquisizione dei beni e quella di ispezione degli alunni può cogliersi sul piano finalistico dell'obiettivo perseguito, ma non su quello, qui rilevante, della materialità della condotta non casualmente diversificata anche all'interno del paradigma di cui all'art. 609 cod. pen. e della natura dei beni sacrificati. 4. Alla decisione di rigetto consegue la condanna della R. al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso proposto dalla R.R.G. e la condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni che riguardano P.P. , per la ragione che costei non ha commesso il fatto.