Bene indiviso: i comproprietari come unica parte contrattuale complessa

di Fabio Valerini

di Fabio Valerini *La sentenza della seconda sezione della Corte di Cassazione del 1° marzo 2011 numero 5027 ha avuto modo di pronunciarsi sul rapporto tra esecuzione in forma specifica di un preliminare con controparte complessa quando una o più manifestazioni di consenso erano inidonee a far sorgere validi ed efficaci rapporti obbligatori.La fattispecie. Orbene, nel caso in esame, nel lontano febbraio del 1968 era stato concluso un contratto preliminare di un fondo rustico con una costruzione che vi insisteva dietro il corrispettivo di una certa somma. Si trattava di un fondo che i promissari venditori avevano ricevuto in eredità.Senonché, due dei più promissari venditori erano minorenni e, quel che più conta nel caso in esame, la loro madre a sua volta, con riferimento alla propria ed autonoma situazione, promissaria venditrice non aveva ottenuto dal giudice tutelare l'autorizzazione alla vendita delle quote spettanti ai minori. Una volta che i due minori divennero maggiorenni, il promissario acquirente, dopo aver inutilmente richiesto ai promissari venditori la stipula del contratto, nel marzo del 1991 propose domanda giudiziale volta ad ottenere la trascrizione del preliminare, accertata l'autenticità delle scritture, ovvero pronuncia di sentenza ex articolo 2932 c.c. che tenesse luogo del contratto non concluso .In primo grado il Tribunale di Taranto rigettò la domanda accogliendo la difesa di una convenuta l'unica, peraltro, costituita che evidenziava la minore età di [ ] all'epoca della stipula del preliminare, non avendo peraltro la stessa madre ricevuto dal giudice tutelare l'autorizzazione alla vendita del bene .Né quella domanda ebbe miglior sorte davanti alla sezione distaccata di Taranto della Corte di appello di Lecce, ove il promissario acquirente aveva sostenuto che la sentenza di primo grado era ingiusta in quanto non aveva tenuto conto di ciò che il preliminare stipulato inter partes era da considerare scindibile in tanti preliminari quante erano le parti promittenti venditrici, ognuno dei quali aveva ad oggetto le singole quote del bene compromesso .Se il bene indiviso è oggetto del preliminare di vendita. Ed infatti, la Corte di appello ritenne che il contratto preliminare nella specie aveva ad oggetto un bene indiviso ciascuno per la parte di propria spettanza e pertanto doveva presumersi che le parti lo avessero considerato un unicum inscindibile e la mancanza o l'invalidità della manifestazione di volontà di taluno dei comproprietari [ ] impediva il trasferimento ex articolo 2932 c.c. .L'ultima chance per il promissario acquirente era, pertanto, il ricorso per cassazione che, però, viene rigettato con la sentenza in esame.Nessun successo, infatti, ha avuto la censura volta a criticare la ricostruzione della volontà negoziale da parte del giudice di merito. Ciò perché, come ben noto, in tema di accertamento del contratto, l'accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un'indagine di fatto, affidata in via esclusiva al giudice di merito . Indagine censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell'iter argomentativo seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche .Violazione che, però, deve dedursi con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poiché in caso contrario la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volontà si traduce nella proposta di un'interpretazione diversa, inammissibile come tale in sede di legittimità .E nel nostro caso l'iter logico seguito dal giudice di merito è stato correttamente motivato.I promettenti venditori quali unica parte contrattuale complessa. Ma v'è stato di più. Ed infatti, ciò posto, la sentenza di merito ha fatto puntuale applicazione del principio di diritto in base al quale nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa si deve ritenere che i promettenti venditori si pongano congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate, invece, a fondersi in un'unica manifestazione negoziale, dovendosi presumere che il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum giuridico inscindibile, e ciò in difetto di elementi desunti dal tenore del contratto, idonei a far ritenere che con esso siano state assunte - anche contestualmente - dai comproprietari promettenti distinti autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà', inesistenti nella specie .Il consenso viziato di uno dei comproprietari travolge il contratto. Ne deriva, in conclusione, che qualora una di dette manifestazioni manchi o risulti viziata da invalidità originaria - come nella specie - ovvero venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ex articolo 2932 c.c., restando, pertanto, escluso che il promissorio acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quelli tra i comproprietari promettenti dei quali esista o persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare .* Assegnista di diritto processuale civile nell'Università di Pisa

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 dicembre 2010 - 1° marzo 2011, numero 5207Presidente Schettino - Relatore FalaschiSvolgimento del processoCon atto di citazione notificato il 4 marzo 1991 S. G. B. evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Taranto, C. B., D. T., L. T., T. O. e G. T., esponendo di avere concluso in data 10.2.1968 contratto preliminare con il quale aveva acquistato dai convenuti, per il prezzo di L. 30.000.000, un fondo rustico in agro di con insistente costruzione, pervenuto ai predetti promittenti venditori per successione di Vito T. che divenuti maggiorenni G. e O. T. minorenni al momento della conclusione del preliminare , aveva invitato i convenuti alla stipula del contratto definitivo, ma senza alcun esito pertanto chiedeva la trascrizione del preliminare, accertata l'autenticità delle scritture, ovvero pronuncia di sentenza ex articolo 2932 c.c. che tenesse luogo del contratto non concluso.Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della sola B. rimasti contumaci gli altri convenuti , che evidenziava la minore età di O. e G. T. all'epoca della stipula del preliminare, non avendo peraltro la stessa madre ricevuto dal giudice tutelare l'autorizzazione alla vendita del bene, all'esito dell'istruzione della causa, il Tribunale adito, rigettava la domanda attorea.In virtu' di rituale appello interposto dallo S., con il quale si doleva che il giudice del gravame non avesse ritenuto che il contratto preliminare stipulato inter partes era da considerare scindibile in tanti preliminari quante erano le parti promittenti venditrici, ognuno dei quali aveva ad oggetto le singole quote del bene compromesso, la Corte di Appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto, nella resistenza dell'appellata B., respingeva l'appello. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che il contratto preliminare nella specie aveva ad oggetto un bene indiviso ciascuno per la parte di propria spettanza e pertanto doveva presumersi che le parti lo avessero considerato un unicum inscindibile e la mancanza o l'invalidità della manifestazione di volontà di taluno dei comproprietari che avrebbero dovuto essere supportate dalle necessarie autorizzazioni del giudice tutelare, ex articolo 320 c.c. , impediva il trasferimento ex articolo 2932 c.c. al promissario acquirente. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto ha proposto ricorso per cassazione lo S., che risulta articolato su due motivi, mentre nessuna delle parti resistenti si è costituita.Motivi della decisioneCon il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2932 e 1362 c.c. con riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in quanto i giudici del merito non avrebbero considerato che in realtà il contratto concluso tra le parti non aveva ad oggetto tutta l'area in questione indicata in modo unitario, ma riguardava le quote di ciascun partecipante alla comunione, tanto che la promettente venditrice aveva conferito il possesso al promissorio acquirente. Da ciò doveva evincersi che i promettenti intendevano alienare ciascuno la propria quota e quindi avevano assunto l'impegno a vendere le quote dei partecipanti diversi da O. e G. T., minori al momento della stipula del preliminare, non ottenuta nelle more l'autorizzazione alla vendita dal giudice tutelare ex articolo 720 c.c., per tale parte il contratto doveva essere ritenuto valido ed efficace e doveva dispiegare i suoi effetti.Il motivo è infondato e va pertanto rigettato.La corte di appello ha chiaramente messo in evidenza che nel caso in esame si configura un'ipotesi di vendita di bene considerato nella sua interezza ed unitarietà, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente che ha insistito per la fattispecie della pluralità di negozi tra loro connessi, ciascuno dei quali avente ad oggetto la quota spettante al singolo partecipante. In particolare, il giudice distrettuale ha affermato che l'intenzione delle parti ha manifestato in modo inequivoco la volontà di considerare il cespite oggetto del contratto come bene indiviso, con la conseguenza che i promettenti si sarebbero impegnati a vendere solo unitariamente l'intero il bene.L'assunto è esatto e sul punto la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto.Per orientamento consolidato di questa Corte nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa si deve ritenere che i promettenti venditori si pongano congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate, invece, a fondersi in un'unica manifestazione negoziale, dovendosi presumere che il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum giuridico inscindibile, e ciò in difetto di elementi desunti dal tenore del contratto, idonei a far ritenere che con esso siano state assunte - anche contestualmente - dai comproprietari promettenti distinti autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà, inesistenti nella specie.Da ciò consegue che, qualora una di dette manifestazioni manchi o risulti viziata da invalidità originaria - come nella specie - ovvero venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ex articolo 2932 c.c., restando, pertanto, escluso che il promissorio acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quelli tra i comproprietari promettenti dei quali esista o persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare v. Cass. S.U. numero 239 del 1999 Cass., Sez. 2, 19 maggio 2004, numero 9458 Cass., Sez. 2, 23 febbraio 2007, numero 4227 . Nè in sede di legittimità è consentito alla parte soccombente prospettare una valutazione alternativa delle convenzioni stipulate rispetto ai vaglio operato dai giudici di merito, se non quando il relativo iter logico - giuridico risulti chiaramente viziato. Questa corte in proposito ha statuito che in tema di interpretazione del contratto, l'accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un'indagine di fatto, affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell'iter argomentativo seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche. Quest'ultima violazione deve dedursi con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poichè in caso contrario la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volontà si traduce nella proposta di un'interpretazione diversa, inammissibile come tale in sede di legittimità. Nel caso di specie, stante quanto sopra esposto, nessuna delle ipotesi ricorre avendo il giudice distrettuale ampiamente e chiaramente illustrato l'iter argomentativo seguito per giungere alle decisione pronunciata, che trova ampia conferma nei principi fissati in materia dalla Suprema Corte.Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 2932 c.c. con riferimento agli articolo 1419, 1420 e 720 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 3, in quanto pur avendo ritenuto la corte di appello che il contratto non prevedesse la vendita delle singole quote, tuttavia la nullità da cui era affetto non poteva travolgere l'intero contratto in virtu' del principio di conservazione degli atti nulli, che non inficia la validità complessiva del negozio, conservando le singole manifestazioni di volontà una loro autonomia. La censura non va condivisa.Oltre a rimanere parte assorbita da quanto enunciato con riferimento all'esame del primo motivo, occorre aggiungere che la corte distrettuale ha sottolineato che, venuto meno il contratto nella sua interezza per nullità, per non essersi formata la volontà di una parte plurisoggettiva, tale vizio necessariamente travolge ogni patto inserito nel contesto contrattuale che è da ritenere del tutto invalido.Infatti, venuto meno il preliminare, che costituiva il solo titolo in virtu' del quale lo S. era stato immesso nel possesso dell'area, egli non può ulteriormente continuare a possedere il cespite, essendo divenuta priva di causale la detenzione. Per tutte le considerazioni sopra svolte, il ricorso deve, dunque, essere respinto. Nulla va disposto sulle spese del giudizio di cassazione non essendo parte resistente costituita.P.Q.M.La Corte, rigetta il ricorso.