Omessa comunicazione della variazione del patrimonio effettuata per atto pubblico: l’accertamento del dolo non è in re ipsa

Precisati alcuni passaggi fondamentali in materia di accertamento dell’esistenza del requisito del dolo nei c.d. reati omissivi propri e, cioè, in quei reati in cui la norma penale impone al destinatario il compimento di una certa azione con la conseguenza che il realizzarsi di un evento non è elemento strutturale del reato.

Le disposizioni penale oggetto del capo di imputazione erano rappresentate dagli articolo 30 e 31, l. 646/1982 c.d. legge Rognoni La Torre relativa alle misure di prevenzione di carattere patrimoniale. In particolare, ai sensi del primo comma dell’articolo 30, le persone condannate per certi reati ovvero, come nel caso in esame, sottoposte a misura di prevenzione «sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, tutte le variazioni nell'entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14». Obbligo di comunicazione la cui omissione è penalmente sanzionata dall’articolo 31 «con la reclusione da due a sei anni e con la multa» oltre che con la confisca dei beni a qualunque titolo acquistati nonché del corrispettivo dei beni a qualunque titolo alienati eventualmente anche nella forma della confisca per equivalente. Atto pubblico, ma omessa comunicazione. E proprio questo era accaduto ad un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. quale indiziato di appartenere ad associazione mafiosa dopo aver acquistato due fondi rustici per atto pubblico notarile non aveva provveduto a comunicare le variazioni al nucleo di Polizia Tributaria. Orbene, il Tribunale di Siracusa, in primo grado, aveva assolto l’imputato con la formula «perché il fatto non costituisce reato» secondo quei giudici, infatti, il reato non poteva risolversi soltanto in un mero illecito di disobbedienza, ma, al contrario, avrebbe potuto dirsi realizzato soltanto dopo aver sottoposto a vaglio critico tutte le circostanze del caso concreto. E dal momento che nel caso di specie l’imputato aveva sì omesso di comunicare l’avvenuto acquisto, ma aveva ottenuto la proprietà dei beni con la stipulazione di un atto pubblico era possibile escludere il dolo del reato dal momento che egli non aveva voluto certamente nascondere alcunché. Senonché, il pubblico ministero aveva proposto gravame e la Corte di appello di Catania procedeva alla riforma della sentenza condannando l’imputato a due anni di reclusione, undicimila euro di multa e alla confisca degli immobili compravenduti. Per la corte territoriale, infatti, siamo in presenza di un reato omissivo proprio «il cui evento giuridico era il pericolo di illiceità delle fonti patrimoniali, rimarcando la finalità della comunicazione prescritta, consistente nell’informare con celerità l’amministrazione finanziaria». Nessun pregio, quindi, aveva la circostanza che l’atto fosse stato stipulato in forma pubblica dal momento che, così argomentando, l’esercizio del controllo presupposto dalla legge sarebbe stato meramente casuale e, comunque, in ritardo. L’accertamento del dolo. Inevitabile, quindi, a questi punti, era stato il ricorso dell’imputato per cassazione lamentando una errata modalità di accertamento del dolo da parte della Corte territoriale. Il ricorrente ritiene che il dolo non possa essere ritenuto in re ipsa per il semplice fatto dell’omissione della comunicazione, dovendosi viceversa accertare la sua «effettiva e consapevole volontà di omettere la prescritta comunicazione». Peraltro, specialmente quando l’incremento patrimoniale avviene per atto pubblico la Corte territoriale - proseguiva l’imputato - avrebbe dovuto prendere in considerazione anche altri fattori come l’esistenza, o no, di una intestazione fittizia di beni, la condanna per reato di mafia, la sproporzione tra valore del bene e reddito. A tal proposito la Suprema Corte, che annulla la sentenza con rinvio, muove la sua argomentazione dalla constatazione dell’esistenza di due orientamenti che, sebbene a prima vista possano apparire contraddittori, in realtà «non sono propriamente contrastanti». Il punto critico è rappresentato dalle forme che assume il trasferimento ed infatti, secondo un orientamento tra le tante Cass. 15220/2003 «il dolo è configurabile anche qualora l'omissione abbia ad oggetto una compravendita immobiliare effettuata per atto pubblico e, come tale, soggetta a trascrizione nei registri immobiliari, in quanto la conoscibilità dell'avvenuto trasferimento derivante dall'adempimento delle formalità connesse alla trascrizione non garantisce all'amministrazione finanziaria la reale conoscenza dei mutamenti dello stato patrimoniale dell'interessato, assicurata invece dalla segnalazione ». Secondo un secondo orientamento tra le tante Cass. 10024/2002 , invece, il dolo «non può essere ritenuto implicito, con una presunzione di dolo in re ipsa, nell'oggettiva realizzazione della mera condotta omissiva e va escluso quando le relative operazioni patrimoniali risultino sottoposte alle forme di pubblicità legali». Diversi orientamenti ma base comune. Per la Cassazione, però, non c’è necessità di una rimessione alle Sezioni Unite dal momento che entrambi gli orientamenti richiedono la prova del dolo la differenza risiede nel contenuto della prova del dolo. Ma un accertamento del dolo deve pur esserci, non può essere implicito ed è per questo che la Cassazione annulla con rinvio . Non solo, ed infatti, la Corte richiama anche quanto affermato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza 442/2001 e, cioè, che «il sistema fornisce elementi che conducono la giurisprudenza, alla stregua della ratio dell’incriminazione e attraverso una lettura conforme a Costituzione, a escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato quando la pubblicità sia comunque assicurata e dunque sia di per sè impossibile l’occultamento degli atti soggetti a comunicazione». Occorre quindi verificare tutti gli indici fattuali rilevanti come ad esempio, oltre a quelli prima ricordati l’eventuale latitanza sia in ordine alla consapevolezza di essere stato condannato, sia in ordine alle modalità di acquisizione dei beni e al loro valore.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 luglio - 21 novembre 2012, numero 45549 Presidente Giordano – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. A B.S.C. è stato contestato il reato di cui agli articolo 81 cpv. cod. penumero , 30 e 31 legge numero 646 del 1982, perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., ai sensi della legge numero 575 del 1965, in quanto indiziato di appartenere all'associazione di cui all'articolo 1 della detta legge, con decreto del 25 febbraio 1992 del Tribunale di Messina, definitivo il 25 giugno 1993, ha omesso di comunicare entro trenta giorni al Nucleo di Polizia Tributaria del luogo di dimora le variazioni, nella entità e nella composizione, del suo patrimonio in dipendenza dell'acquisto, avvenuto il 20 luglio 2000, di due fondi rustici siti nel territorio di OMISSIS . 2. Con sentenza del 14 marzo 2005 il Tribunale di Siracusa ha assolto l'imputato dal reato ascrittogli con la formula perché il fatto non costituisce reato . Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava, analizzando la struttura normativa del reato, che la condotta omissiva penalmente sanzionata assumeva rilevanza, in coerenza con la finalità e con la ratio della sua previsione, in quanto idonea a concretamente frustrare tale finalità, e che l'elemento soggettivo doloso sotteso alla condotta omissiva, non concretando l'illecito una mera disubbidienza formale, doveva essere apprezzato con necessario vaglio di tutte le circostanze del caso concreto, e rappresentava, illustrando le risultanze dell'attività istruttoria, che le due acquisizioni patrimoniali contestate erano state effettuate con atto notarile, destinato ad assicurare piena pubblicità legale dell'avvenuto acquisto, e quindi a manifestare l'intendimento dell'acquirente di esternare verso terzi l'avvenuto incremento patrimoniale, secondo l'orientamento espresso da questa Corte con sentenza numero 11398 del 2003, controverso ma condivisibile. Tale circostanza, che contraddiceva la configurabilità della dolosa inottemperanza dell'adempimento prescritto, portava ad attribuire l'inadempimento dell'obbligo di legge a mera negligenza dell'imputato o a inconsapevolezza del precetto formale da parte dello stesso. 3. La Corte d'appello di Catania con sentenza del 31 marzo 2011 così corretta, con ordinanza del 9 giugno 2011, la data del 24 marzo 2011 originariamente indicata , in riforma della sentenza di primo grado appellata dal Pubblico Ministero del Tribunale di Siracusa, ha dichiarato l'imputato colpevole del reato ascrittogli e l'ha condannato alla pena di anni due di reclusione ed Euro undicimila di multa, disponendo la confisca degli immobili indicati nella imputazione. Secondo la Corte, che dava conto dei due orientamenti di legittimità, non propriamente contrastanti, il primo dei quali rappresentato dalla sentenza richiamata dal primo Giudice, riteneva di aderire al secondo orientamento, ribadito con sentenza numero 32313 del 2010, secondo cui il delitto contestato era configurabile anche quando l'operazione immobiliare era effettuata a mezzo atto pubblico, richiamando la natura del reato omissivo proprio, il cui evento giuridico era il pericolo di illiceità delle fonti patrimoniali, rimarcando la finalità della comunicazione prescritta, consistente nell'informare con celerità dell'accrescimento o del decrescimento patrimoniale l'amministrazione finanziaria e di rendere obbligatoria una verifica, altrimenti solo casuale e non completa attraverso la consultazione dei registri immobiliari, e rilevando l'insussistenza di un obbligo di accertamenti periodici da parte della polizia giudiziaria nei confronti dei soggetti destinatari della richiamata previsione normativa. Sussisteva, pertanto, secondo la Corte di merito, la responsabilità dell'imputato che non aveva comunicato nei termini di legge al Nucleo di Polizia Tributaria del luogo di dimora abituale gli operati acquisti di fondi di valore superiore a Euro 10.329,14, compiuti durante il decennio successivo alla data del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale. Sotto il profilo sanzionatorio, ostavano alla concessione delle circostanze attenuanti generiche la gravità dell'illecito e la negativa personalità dell'imputate, gravato da precedenti penali, mentre la confisca degli immobili doveva essere disposta a norma dell'articolo 31, comma 2, legge numero 646 del 1982. 4. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del difensore, B.S.C. , che ne chiede l'annullamento sulla base di due motivi. 4.1. Con il primo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. penumero , sotto il profilo sia della erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale, in relazione agli articolo 30 e 31 legge numero 646 del 1982, sia della carenza e della illogicità manifesta della motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte ha affermato la sua responsabilità riportandosi a un orientamento giurisprudenziale non univoco e non sovrapponile alla fattispecie in esame e seguendo un iter motivo del tutto illogico e apparente, violando i doveri di correttezza e completezza nell'esame del materiale probatorio acquisito. Sotto il primo profilo, il ricorrente richiama gli orientamenti giurisprudenziali contrastanti, formatisi con riferimento alle modalità di accertamento dell'elemento soggettivo del reato - il primo espresso dal primo Giudice, che richiede una indagine specifica sulla effettiva e consapevole volontà di omettere la prescritta comunicazione, non potendo desumersi il dolo dalla mera condotta omissiva, soprattutto quando la variazione patrimoniale avvenga a mezzo atto pubblico, che assicura le forme di pubblicità legale - il secondo espresso dal Giudice d'appello, secondo cui il dolo si configura in re ipsa con la condotta omissiva della mancata comunicazione della variazione patrimoniale. Tale contrasto, ad avviso del ricorrente, che auspica l'intervento delle Sezioni unite, è reso ulteriormente evidente da ulteriori recenti interventi di questa Corte che si contrappongono all'orientamento seguito con la sentenza impugnata, e che rappresentano la necessità di una indagine specifica sulla effettiva e consapevole volontà di omettere la comunicazione prescritta numero 6334 del 2010 , o che collegano la sussistenza del reato alla prova del dolo desunto da indici storici del fatto, legati alle vicende di acquisizione del bene numero 27196 del 2010 . Sotto il secondo profilo, il ricorrente lamenta che la Corte d'appello, senza analizzare in concreto la fattispecie e le ragioni che avevano potuto indurlo a tenere la condotta omissiva contestata, e quindi verifica re l'atteggiarsi della sua presunta volontà criminosa, ha sostanzialmente affermato la sussistenza di una sorta di responsabilità oggettiva, astraendo dall'analisi degli elementi probatori in atti e richiamando per relationem argomentazioni di altri giudicanti in altri processi solo largamente analoghi, senza esplicitare il percorso logico seguito per condividere uno dei due orientamenti. Tale analisi avrebbe imposto una attenta valutazione dell'elemento soggettivo del reato in presenza di atto pubblico di trasferimento e la verifica di altri fattori quali l'intestazione fittizia del bene a terzi, la latitanza, la sperequazione del valore del bene rispetto al reddito, la condanna per associazione mafiosa , tanto più necessaria poiché veniva riformata una sentenza che aveva valutato l'insussistenza del dolo del reato, attribuendo la omissione a mera negligenza o alla inconsapevolezza del precetto formale, e non erano emersi elementi utili per ritenere una sua consapevole violazione del precetto penale, non essendovi stato il ricorso a prestanome, essendo i fondi conducenti rispetto all'attività lavorativa e non essendosi stato un rinvio della conclusione del contratto per superare il periodo decennale indicato. 4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. penumero , sotto il profilo sia della erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 62-bis cod. penumero , sia della carenza e della illogicità manifesta della motivazione, deducendo che la locuzione motivazionale adottata in sentenza è lacunosa e apodittica, mentre il Giudice aveva l'obbligo di giustificare sotto ogni aspetto l'affermata insussistenza delle condizioni per la concessione delle circostanze attenuanti generiche. 5. In data 14 giugno 2012 nell'interesse del ricorrente sono stati depositati motivi nuovi, con i quali, reiterandosi le deduzioni già svolte, si rappresenta che l'indirizzo giurisprudenziale seguito in primo grado non è minoritario per esservi due successive specifiche decisioni di questa Corte numero 21736 del 2007 e numero 6334 del 2010 , che lo hanno confermato, e si rileva che la complessità del quadro normativo è tale da rendere plausibile la non contezza della esistenza del reato, privo anche di generico profilo di disvalore sociale, da parte di chi è estraneo al mondo del diritto e avrebbe tenuto ben diverso comportamento, rispetto a quello di fare un acquisto pubblico e tracciabile esponendosi alle conseguenze, personali e patrimoniali, di una condotta omissiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Questa Corte ha più volte Sez. 1, numero 12433 del 17/02/2009, dep. 19/03/2009, Cannamela, Rv. 243486 Sez. 1, numero 10432 del 24/02/2010, dep. 16/03/2010, Iaconis, Rv. 246398 dato atto della formazione nella giurisprudenza di legittimità di due orientamenti, non propriamente contrastati, il primo dei quali rappresentato da quanto esposto nella sentenza numero 10024 del 2002 Sez. 1, numero 10024 del 30/01/2002, dep. 11/03/2002, Le Pera, Rv. 221494, Rv. 221494 , secondo cui il delitto di cui agli articolo 30 e 31 legge numero 646 del 1982 richiede una indagine specifica sulla effettiva e consapevole volontà di omettere la comunicazione, ogni volta che la variazione patrimoniale sia realizzata mediante atto di compravendita stipulato con atto pubblico notarile che di per sé assicura le forme di pubblicità legale idonee a consentire la conoscenza dei dati oggetto della comunicazione, e il secondo espresso da altre pronunce Sez. 5, numero 15220 del 18/02/2003, dep. 01/04/2003, Gallico, Rv. 224379 Sez. 5, numero 14996 del 25/02/2005, dep. 21/04/2005, P.G. in proc. Ruà, Rv. 231365 Sez. 1, numero 37408 del 25/10/2006, dep. 13/11/2006, Cesare, Rv. 235142 Sez. 1 numero 25862 del 15/06/2006, dep. 25/07/2006, La Gioia, Rv. 235263 , secondo cui il dolo è configurabile anche quando l'omissione abbia ad oggetto il conferimento di beni per atto pubblico, in quanto tali formalità non garantiscono l'effettiva conoscenza della variazione in capo all'amministrazione finanziaria. 3. Tale secondo orientamento, seguito dalle due suindicate decisioni che hanno posto l'accento sulla natura del reato e sulla esigenza di celere, puntuale e completa informazione dell'amministrazione finanziaria sottesa alla prevista comunicazione, non garantita dalla consultazione dei registri immobiliari del tutto casuale e non completa , né dagli accertamenti non obbligatori della polizia giudiziaria, prescindendo dalla natura lecita della provenienza dei beni, non prescinde dalla prova del dolo desunto da indici storici del fatto, individuati, nelle fattispecie esaminate, nella consapevolezza, in capo all'imputato, discendente ex lege, di avere l'obbligo in forza del quale l'ignoranza è inescusabile di presentare la comunicazione. 4. Questo Collegio, che rileva che i due indicati orientamenti sono stati posti a base delle decisioni, rispettivamente di assoluzione e di condanna, emesse, nel procedimento in esame, nei due gradi del giudizio di merito, ribadisce il dato -che esclude la necessità della rimessione alle Sezioni unite penali di questa Corte, come richiesto dal ricorrente - della insussistenza di un reale contrasto tra i medesimi, che, richiedendo per la sussistenza del reato sotto il profilo soggettivo la prova del dolo, anche quando l'omissione riguardi variazioni patrimoniali documentate da atti pubblici trascritti, ne connotano diversamente il contenuto, poiché il secondo orientamento, che pur ne afferma la desumibilità dagli indici storici del fatto, individua detti indici in concreto nella consapevolezza dell'imputato di avere riportato condanna per il reato di cui all'articolo 416-bis cod. penumero o di essere sottoposto alla misura di prevenzione personale, e di essere per tale ragione tenuto alla comunicazione, mentre il primo orientamento riscontrato, tra l'altro, da Sez. 6, numero 11398 del 05/02/2003, dep. 11/03/2003, Libri e altro, Rv. 224007 Sez. 1, numero 6334 del 14/01/2010, dep. 16/02/2010, PM in proc. Labate, Rv. 246569 , rifuggendo dalla presunzione della sussistenza di un dolo in re ipsa desunto dalla mera condotta omissiva, richiede una indagine specifica sulla effettiva e consapevole volontà di omettere la prescritta comunicazione. 5. Un'analisi che evita una tale indagine, finendo con il ritenere implicito il dolo nella oggettiva realizzazione della mera condotta omissiva da parte di chi riveste la condizione soggettiva che impone l'obbligo di legge, si pone, tuttavia, in contrasto con la pacifica connotazione quale dolo generico, e quindi quale coscienza e volontà della omissione, dell'elemento psicologico del reato in esame, che non può essere astratto, posta la consapevolezza dell'autore della propria qualifica soggettiva e della operazione economica compiuta e del suo valore, dalla prova della consapevolezza di omettere il conseguente obbligo di legge, e quindi dalla verifica circa la concreta volontà elusiva, e si pone in contrato con la lettura costituzionalmente corretta della disposizione incriminatrice riguardo all'elemento soggettivo del reato, nei termini indicati dalla ordinanza numero 442 del 2001 della Corte Cost., quando la pubblicità della informazione è assicurata attraverso le forme di pubblicità legale alle quali sono generalmente soggette le operazioni patrimoniali. Tali rilievi sono coerenti con recente ulteriore intervento di questa Corte Sez. 2, numero 27196 del 18/05/2010, dep. 14/07/2010, Cutto e altro, Rv. 247842 , che ha condivisibilmente rimarcato che il dolo del reato di omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte dei sottoposti a misura di prevenzione, di cui agli articolo 30 e 31 legge numero 646 del 1982, implica la consapevolezza dell'imputato di essere stato condannato per reati di mafia, e va desunto da indici sintomatici, legati a alle vicende di acquisizione del bene di volta in volta in questione nella specie, si trattava di beni fittiziamente intestati alla moglie, separata legalmente, ma convivente more uxorio con l'imputato, condannato per reati di mafia, il quale aveva assunto in prima persona gli oneri economici per l'acquisto dei predetti beni b al valore dello stesso che, nella specie, era risultato sproporzionato rispetto al reddito della donna . Detta decisione, che si raccorda, a sua volta, a precedente decisione Sez. 1, numero 37408 del 25/10/2006, citata , con la quale gli indici storici nel caso concreto sono stati individuati nelle vicende che hanno portato all'acquisizione dei beni, di provenienza ereditaria, ma frutto di una causa di divisione, nel valore degli stessi, collocati in zone appetibili della città, e nella consapevolezza in capo all'imputato, in stato di latitanza al momento dell'accertamento, di essere stato condannato per mafia, conferma ulteriormente, come prima detto e già diffusamente evidenziato da questa Corte Sez. 5, numero 14996 del 25/02/2005, citata , che il contrasto giurisprudenziale dedotto, attinente solo alla prova dell'elemento soggettivo del reato, è più apparente che reale. 6. Nel caso di specie, è pacifico che le operazioni contestate, che hanno superato per valore la soglia minima normativamente prevista, sono state poste in essere con atto pubblico notarile nel termine indicato dalla norma incriminatrice. Né il ricorrente ha contestato in fatto la condizione soggettiva che gli imponeva, anche in tal caso, di adempiere all'obbligo di legge e la mancanza in concreto da parte sua della dovuta comunicazione all'amministrazione finanziaria. La contestazione attiene, invece, alla mancanza di una disamina concreta inerente l'atteggiarsi della presunta volontà criminosa del ricorrente in ordine alla mancata comunicazione formale dell'avvenuto acquisto del bene, sulla base degli elementi fattuali e probatori acquisiti agli atti e di tutti i fattori riferibili al medesimo ricorrente e tratti, esemplificativamente, dalla condotta contestata, dalle vicende di acquisizione dei beni, dalla loro intestazione, dalla proporzione del loro valore al reddito. 7. La mancanza di tale verifica, del tutto omessa dalla Corte di merito, che ha limitato la sua analisi all'elemento oggettivo del reato, ribadendone la sussistenza anche nel caso, pacifico e non contestato, in cui la variazione patrimoniale, la cui comunicazione è stata omessa, sia realizzata mediante la stipulazione di atto pubblico, e attribuendo rilievo decisivo e dirimente a detta emergenza, senza indagare in alcun modo sull'elemento soggettivo del reato, comporta l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della stessa Corte d'appello per nuovo e più approfondito giudizio alla luce degli indicati rilievi. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Catania.