Quanto rileva l’assoluzione penale del contribuente nel processo tributario?

Il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all'azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti articolo 116 c.p.c. deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui essa è destinata ad operare.

In particolare, esso non può attribuire efficacia automatica risolutiva alla pronuncia penale nel processo tributario, nel quale la prova testimoniale non è ammessa .Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con ordinanza numero 18233 del 24 ottobre 2012. Il caso. Il giudice del gravame ha rigettato l’appello del fisco per l’intervenuta sentenza penale di assoluzione nei confronti del contribuente. Il giudice di legittimità, accogliendo per fondatezza il ricorso in cassazione del fisco , ha sottolineato che il giudice di appello non ha indicato in modo adeguato e specifico gli elementi, in virtù dei quali ha ritenuto che il giudizio penale si era formato in ordine all'occultamento e distruzione delle scritture contabili nel caso in esame, non potendo ritenersi sufficienti quelli acquisiti in sede disciplinata in maniera del tutto diversa. Infatti - osserva ad abundantiam – la Suprema Corte, nel processo tributario, il giudice può fondare il proprio convincimento in materia di responsabilità fiscale anche su elementi presuntivi, con una sua autonoma valutazione del quadro indiziario complessivo esaminato dal giudice penale, poiché né le sentenze penali hanno efficacia di giudicato nel processo tributario, né in questo la legge pone limitazioni salvo che per le prove orali, non ammesse ex articolo 7, d.lgs. numero 546/1992 alla prova della situazione soggettiva controversa. Ne discende che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di sentenze penali in materia di reati tributari, recependone, senza motivazione critica, le conclusioni assolutorie. Inoltre, la suprema Corte ha accolto la censura del fisco ,per insufficiente motivazione della sentenza impugnata ,atteso che il giudice di seconde cure non ha specificato gli elementi, in base ai quali ha ritenuto che quelli acquisiti dal giudice penale erano da condividere, atteso in particolare che la sentenza penale non veniva non solo indicata, ma nemmeno enunciata con la data del deposito e dell'attestazione della cancelleria circa il passaggio in giudicato Indipendenza del procedimento penale rispetto a quello tributario. Sussiste l'indipendenza del procedimento penale rispetto a quello tributario anche sotto l'aspetto dell'autonoma valutazione del materiale probatorio raccolto nel giudizio davanti alle Commissioni tributarie. Il recepimento, da parte del giudice penale, dell'accertamento sul fatto emergente da una sentenza irrevocabile pronunciata in esito al processo tributario deve ritenersi consentito, ai sensi dell'articolo 238 bis c.p.p., ma deve accompagnarsi ad una verifica della compatibilità degli elementi su cui si fonda con le risultanze del processo penale. Pertanto, deve riconoscersi al giudice penale piena autonomia nella valutazione del giudicato extraprocessuale. Ciò in quanto sono diversi gli strumenti probatori e di difesa ed il principio del libero convincimento del giudice penale non si concilia con la presenza di altri giudicati vincolanti. Se a seguito dell’accertamento con adesione, l’imposta evasa scende al di sotto della soglia penale, viene meno il reato. Il giudice penale, infatti, non è vincolato all’accertamento del giudice tributario, ma non può prescindere dalla pretesa tributaria dell’amministrazione. Quindi, se non ha concreti elementi per ritenere più attendibile l’iniziale quantificazione dell’imposta, deve uniformarsi all’esito dell’adesione. L’accertamento con adesione e qualunque concordato fiscale fanno cadere l’accusa di evasione se l’imposta così “negoziata” fra fisco e contribuente è al di sotto della soglia di punibilità. Ciò a meno che il giudice penale non adduca «elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’iniziale quantificazione del tributo dovuto». Non qualunque condotta elusiva ai fini fiscali può assumere rilevanza penale ma solo quella che corrisponde ad una specifica ipotesi di elusione espressamente prevista dalla legge. È necessario che sia stata superata la soglia di punibilità. Autonomia di valutazione tra giudizio penale e giudizio tributario. Giova alla pretesa erariale affermare che l'imputato assolto in sede penale, anche con piena formula per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste , può essere responsabile fiscalmente, qualora l'atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria da parte dello stesso contribuente, a giustificare in tutto o in parte il debito tributario. Il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di un provvedimento penale favorevole al contribuente, assumendone automaticamente gli effetti nel giudizio di sua competenza, ma, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti articolo 116 c.p.c. , deve, in ogni caso, verificare e spiegare congruamente in motivazione le ragioni per cui ritiene che gli elementi concreti accertati dal giudice penale abbiano rilevanza per la soluzione del caso sottoposto al suo esame. L’archiviazione del procedimento penale non pone automaticamente fine all’accertamento fiscale che l’Amministrazione finanziaria ha promosso per gli stessi fatti nei confronti del contribuente. Ai sensi dell'articolo 654 c.p.p., l'efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova come il divieto della prova testimoniale e, dall'altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Nel processo tributario la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova. La sentenza penale di assoluzione può - ma non deve automaticamente - essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova e ciò in ossequio al principio del libero convincimento del Giudice.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 10 - 24 ottobre 2012, numero 18233 Presidente Cicala – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. L'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria numero 28/09/09, depositata il 4 marzo 2010, con la quale essa rigettava l'appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, sicché l'opposizione di M.F. relativa all'avviso di irrogazione di sanzioni inerenti alla mancata tenuta di libri contabili recupero di costi a tassazione ed infedele dichiarazione ai fini dell'irpeg, Iva ed Ilor per l'anno 1997, nella sua qualità dì amministratore della società E. srl., veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che era intervenuta sentenza penale di assoluzione nei confronti del contribuente, sicché le considerazioni svolte dal giudice di quel procedimento dispiegavano una certa efficacia nel processo tributario, tenuto conto degli elementi acquisiti in quell'ambito. F. resiste con controricorso. Motivi della decisione 2. Con i primi tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro analogia e stretta connessione, la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che nessuna efficacia poteva scaturire da una pronuncia penale nel processo tributario, nel quale peraltro La prova testimoniale non è ammessa. I motivi sono fondati. Invero, com'è noto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all'azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti articolo 116 cod. proc. civ. deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui essa è destinato ad operare Cfr. anche Cass. Sentenze numero 3724 del 17/02/2010, numero 20860 del 08/10/2010 . Ciò premesso, tuttavia va rilevato che il giudice di appello non indicava in modo adeguato e specifico gli elementi, in virtù dei quali riteneva che il giudizio penale si fosse formato in ordine all'occultamento e distruzione delle scritture contabili nel caso in esame, non potendo ritenersi sufficienti quelli acquisiti in sede disciplinata in maniera del tutto diversa. Infatti - e ciò va osservato solo ad abundantiam - com'è noto, nel processo tributario, il giudice può fondare il proprio convincimento in materia di responsabilità fiscale anche su elementi presuntivi, con una sua autonoma valutazione del quadro indiziario complessivo esaminato dal giudice penale, poiché né le sentenze penali hanno efficacia di giudicato nel processo tributario, né in questo la legge pone limitazioni salvo che per le prove orali, non ammesse ex articolo 7 del d.lgs. numero 546 del 1992 alla prova della situazione soggettiva controversa. Ne discende che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di sentenze penali in materia di reati tributari, recependone, senza motivazione critica, le conclusioni assolutorie V. pure Cass. Sentenza numero 20860 del 08/10/2010, numero 12041 del 2008 , mentre ciò non è stato svolto nel caso in esame. 3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacché il giudice di appello non enunciava adeguatamente il procedimento logico argomentativo, in virtù del quale perveniva al giudizio di annullamento dell'atto impositivo. La censura, che in parte rimane assorbita dal motivo testé esaminato, va condivisa, posto che il giudice di seconde cure non specificava gli elementi, in base ai quali riteneva che quelli acquisiti dal giudice penale fossero da condividere, atteso in particolare che la sentenza penale non veniva non solo indicata, ma nemmeno enunciata con la data del deposito e dell'attestazione della cancelleria circa il passaggio in giudicato elementi comunque non decisivi nella specie . 4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo , altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto. 5. Quanto alle spese dell'intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Liguria, altra sezione, per nuovo esame.