Reintegrazione effettiva del danno subito dalla persona offesa e sussistenza reale della buona condotta, con valutazione attenta degli elementi che la testimoniano, sono requisiti essenziali e necessari per la concessione della riabilitazione.
Lo ha stabilito la sentenza numero 42164/1 della Prima sezione penale della Cassazione. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza accoglie la richiesta di riabilitazione presentata da un condannato, nel 2001, per il reato di concussione continuata nell’arco di quattro anni. Il Procuratore Generale impugna però l’ordinanza di accoglimento, censurando violazione di legge e difetto di motivazione riguardo, rispettivamente, al risarcimento del danno cagionato alla persona offesa e alla valutazione del requisito della buona condotta del condannato. Reintegrazione effettiva La Suprema Corte giudica il ricorso fondato sotto entrambi i profili. Quanto all’adempimento delle obbligazioni civili imposto dall’articolo 179, ultimo comma c.p., il Collegio evidenzia come gravi sul richiedente il beneficio l’onere di provare di aver provveduto alla reintegrazione del danno sofferto dalla p.o., comprensiva di tutti i danni patrimoniali e nonumero Nel caso di specie ciò era avvenuto in via transattiva, il che non esclude aprioristicamente l’integralità del risarcimento, ma rende necessaria una verifica sul punto da parte del giudice di merito l’ordinanza impugnata risulta tuttavia del tutto carente di motivazione in questo senso, mancando una valutazione comparativa riguardo all’idoneità della somma pattuita ad assolvere simile funzione ripristinatoria. buona condotta anche. È allo stesso modo lacunosa la motivazione circa l’elemento della buona condotta individuato dal comma 1 dell’articolo 179 c.p Invero, non è sufficiente per l’ammissione al beneficio la semplice assenza di ulteriori elementi negativi, ma è necessario un quid pluris, individuato dalle parole della Cassazione nella «instaurazione di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di convivenza civile» connotato dalla «positiva acquisizione di indici che denotino l’avvenuto recupero del condannato». Nel caso di specie il giudice di merito ha assunto una decisione non basata su tali principi, ma sulla circostanza che nei confronti del condannato si erano nel frattempo instaurati procedimenti penali per contravvenzioni e non per delitti, quale era la concussione. Inoltre, conclude la S.C., il termine triennale previsto dall’articolo 179, comma 1 c.p. «vale quale termine dilatorio ai fini della proposizione dell’istanza di riabilitazione, ma non circoscrive il senso restrittivo il periodo temporale» da prendere in considerazione nel valutare la buona condotta. Per tali ragioni la Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza impugnata per un nuovo giudizio alla luce degli insegnamenti esposti.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 10 – 29 ottobre 2012, numero 42164 Presidente Bardovagni – Relatore Locatelli Ritenuto in fatto Con ordinanza del 19.1.2012 il Tribunale di sorveglianza di Genova accoglieva la richiesta di riabilitazione, presentata da C.A.G. , relativa alla sentenza 13.7.2001 della Corte di appello di Genova che lo aveva condannato alla pena di anni 4 di reclusione per il delitto di concorso in concussione continuata commessa dal 1988 al 1992 in danno dell'amministratore delegato di Italimpianti spa. Avverso l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova ricorre per violazione di legge e difetto di motivazione, formulando i seguenti motivi il condannato non ha risarcito integralmente i danni cagionati dal reato ma ha semplicemente corrisposto una somma transattivamente concordata con le persone offese illogicità della motivazione nella parte in cui ritiene sussistente il requisito della buona condotta per la natura semplicemente contravvenzionale del procedimento penale instaurato a carico dell'istante dopo la condanna per la quale ha chiesto la riabilitazione. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. L'articolo 179 ult. comma c.p., prevedendo che il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato costituisce causa ostativa alla concessione della riabilitazione, pone a carico di colui che chiede il beneficio l'onere di provare di avere provveduto alla reintegrazione della persona offesa mediante il risarcimento in forma integrale di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati dal reato Sez. 1, numero 23902 del 03/06/2010, Perfundi, Rv. 247991 . Se è vero che il requisito della integralità del risarcimento dei danni non può dirsi aprioristicamente escluso dall'esistenza di un accordo transattivo Sez. 1, numero 5767 del 08/01/2010, Scotuzzi, Rv. 246564 , è tuttavia onere del giudice di merito verificare, in base all'entità delle somme convenzionalmente pattuite e ad ogni altro elemento ritenuto rilevante, che quanto versato a seguito di accordo tra le parti corrisponda, nella sostanza, ad un risarcimento integralmente satisfattorio del diritto alla riparazione dei danni vantato dalle persone offese. Nel caso in esame il Tribunale di Sorveglianza omette qualunque valutazione comparativa al fine di verificare la concreta idoneità della somma pattuita la cui entità non è indicata a soddisfare sostanzialmente i diritti risarcitori delle vittime di una condotta concussiva protratta per anni nei confronti della persona offesa, costretta all'esborso delle ingenti somme di denaro indicate nella sentenza di condanna. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato. La previsione dall'articolo 179 comma 1 cod.penumero secondo cui la riabilitazione è concedibile quanto il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta , significa propriamente che la semplice assenza di ulteriori elementi negativi, quali la mancata commissione di nuovi reati dopo l'esecuzione della pena, non è sufficiente per l'ammissione al beneficio, richiedendosi un quid pluris rappresentato dalla positiva acquisizione di indici che denotino l'avvenuto recupero del condannato ad un modello di vita conforme alle regole della convivenza civile in tal senso Sez. 1, numero 39809 del 02/10/2008 Lombardo, Rv. 241652 Sez. 1, numero 22775 del 16/04/2007, Nicoletto, Rv. 236877 . Con specifico riguardo alle denunce ed in genere alle pendenze giudiziarie riportate dal riabilitando successivamente alla estinzione della pena, si è affermato che esse di per sé sole non escludono il requisito della buona condotta, essendo invece necessario che il giudice di merito ricavi dall'apprezzamento concreto di tali accadimenti il convincimento, logicamente corretto, che non sussiste il requisito della buona condotta. Sez. 1, numero 4414 del 25/10/1993 - dep. 08/03/1994, Galvegno, Rv. 196797 Sez. 1, numero 196 del 03/12/2002 - dep. 08/01/2003, Rega, Rv. 223027 .Nel caso in esame l'affermazione della irrilevanza del procedimento penale instaurato da ultimo a carico di C.A. per i reati previsti dall'articolo 733 cod.penumero e per la violazione delle norme sulla tutela dei beni culturali e del paesaggio, dedotta dalla natura contravvenzionali dei reati a fronte di una istanza di riabilitazione avente per oggetto delitti, non appare corretta dal punto di vista logico-giuridico nessuna norma prevede la distinzione introdotta dal Tribunale di Sorveglianza, ed il rilevato principio secondo cui la buona condotta , richiesta dall'articolo 179 cod. penumero ai fini della riabilitazione da condanna penale, non consiste soltanto nella mera astensione dalla commissione di reati ma postula l'instaurazione di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di convivenza civile, consente, a maggior ragione, di prendere in considerazione le condotte materiali sottese dalla contestazione di reati di natura contravvenzionale. La motivazione dell'ordinanza merita censura anche nella parte in cui, pur dando atto della esistenza a carico del riabilitando di numerose iscrizioni nel registro delle notizie di reato , afferma di non tenerne conto con riguardo ai fatti assai risalenti nel tempo e per tale motivo inidonei a connotare negativamente la recente condotta del soggetto . Sul punto, si deve osservare che il termine triennale previsto dall'articolo 179 comma 1 cod.penumero vale quale termine dilatorio ai fini della proposizione dell'istanza di riabilitazione, ma non circoscrive in senso restrittivo il periodo temporale valutabile ai fini della sussistenza del requisito delle buona condotta che si estende per l'intero lasso temporale intercorrente tra la data di espiazione o comunque estinzione della pena e quella della decisione sulla istanza di riabilitazione. Sez. 1, numero 2314 del 20/03/1997 - dep. 21/04/1997, Maione, Rv. 207324 . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Genova.