Anche le sottili allusioni possono costituire violenza sessuale, purché la malcapitata non abbia via di fuga

La Cassazione interviene sui confini fra fattispecie di violenza sessuale ex articolo 609 bis c.p. e minaccia semplice.

Il pubblico ministero competente ricorre avverso la sentenza d’appello che aveva condannato un imputato al reato contravvenzionale di molestie sessuali ex articolo 660 c.p., in luogo della ben più grave contestazione di violenza sessuale ex articolo 609 bis c.p. La pubblica accusa osserva che le modalità di verificazione dell’episodio delittuoso – le espressioni utilizzate dal reo e i gesti sessualmente inequivoci realizzati - avrebbero inciso l’area, penalmente più rilevante, delle fattispecie di reato poste a presidio della tutela della libertà personale. La Cassazione, III sez. penale, numero 38719 depositata il 4 ottobre 2012, a fronte dell’unico motivo di ricorso proposto, riforma la sentenza e reinvia gli atti al grado d’appello, per le ragioni di seguito esposte. I confini oggettivi fra molestie e violenza sessuale ordine pubblico versus libertà individuale. Il reato contravvenzionale di molestia o disturbo alle persone incide un valore costituzionalmente meno pregnante della libertà personale . Scopo della norma è presidiare la tranquillità pubblica , ossia un valore derivato dalla più ampia nozione di “ordine pubblico” per cui il codice penale Rocco ha speso, per assonanza ideologica ai tempi della compilazione, più fattispecie di reato. A questa connotazione pubblicistica – caratterizzata dai requisiti oggettivi contenuti nella norma ex articolo 660 c.p. – si contrappone il bene giuridico individualistico della piena estrinsecazione della propria libertà sessuale, il quale costituisce valore più moderno e dalla più forte tensione liberale, e che trova ampia tutela nelle fattispecie ex articolo 609 bis e ss. c.p. Nel caso specifico, l’autista aveva chiuso l’ingresso di un autobus deserto, la dimensione pubblica del reato aveva ceduto dunque il passo, per solo quel gesto, ad una dimensione costrittiva ed imponitiva nei confronti della libertà personale della sola malcapitata. Tanto alla Cassazione è bastato per ritenere riformabile la sentenza impugnata proponendo la modifica della contestazione, in senso peggiorativo per l’imputato. Le modalità del reato di violenza sessuale. Per cui tendenzialmente – salve quelle condotte abnormi che per ciò sole possiedono una intensità tale da integrare violenza - non sta nelle modalità del reato il nucleo distintivo fra molestie e violenza sessuale, in quanto la medesima condotta – per quanto sottile e allusiva – può integrare entrambe le fattispecie di reato. La distinzione sta nell’idoneità di quelle condotte, nel contesto circostanziale di verificazione, di coartare l’altrui determinazione, imponendo un comportamento, una reazione o l’impossibilità di sottrarvisi. Ad esempio in assenza di via di fuga per la malcapitata, anche la subdola allusione o il mero gesto potrebbe integrare violenza sessuale. L’elemento soggettivo. Trattandosi di una verifica giudiziale comunque presuntiva, minor rilevanza va attribuita all’elemento soggettivo quale criterio discretivo fra le fattispecie. Da un lato per la violenza sessuale è pacifica la richiesta del dolo specifico, spesso desumibile dalla forte capacità incisiva della condotta, dall’altro lato - in ordine al reato di molestie ex articolo 660 c.p. - la giurisprudenza appare meno rigorosa, richiede la mera coscienza delle azioni moleste piuttosto che la prova di intenti specifici lesivi dell’altrui dignità in un luogo pubblico. D’altronde, la mera contravvenzionalità del reato e la rilevanza principalmente pubblicistica dell’interesse tutelato dalla norma, suggeriscono una verifica meno puntuale ed esigente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 settembre - 4 ottobre 2012, numero 38719 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Motivi di fatto e diritto In riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Firenze con sentenza 31.3.2011 ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A M. in ordine al reato di cui all'articolo 660 c.p. perché estinto per prescrizione, così riqualificata l'originaria imputazione di tentata violenza sessuale. Ha confermato invece le disposizioni civili della sentenza impugnata. Per giungere a tale conclusione, la Corte di merito ha ritenuto che le azioni descritte nell'imputazione e ricordate dalla persona offesa K.L.G. nel corso del giudizio, ovvero le proposte oscene, i gesti volgari ed allusivi, il toccamento della gamba della donna nei tentativo di indurla a fermarsi, integrano il reato di molestie piuttosto che il tentativo di molestie sessuali, posto che si realizza un attentato alla tranquillità della persona piuttosto che la legione della sua sfera sessuale. Secondo la Corte fiorentina l'imputato, approfittando della situazione, ha provato a saggiare le reazioni della donna certamente recandole disturbo, mentre non può affermarsi l'inequivoca l'idoneità degli atti a far subire alla K. un congiungimento carnale sia per la dinamica del fatto, vista anche la condizione del luogo interno di un autobus di linea condotto dall'imputato , sia per la mancanza di atti indirizzati verso una zona erogena giacché il toccamento della coscia è parso un atto volto a fermare la donna che si apprestava a scendere dal mezzo piuttosto che l'espressione di concupiscenza. Per l'annullamento della sentenza, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per Cassazione a i sensi dell'articolo 606 lett. b c.p.p. in particolare, rilevando che, secondo la giurisprudenza, il tentativo di violenza sessuale si configura quando, in assenza di contatto fisico tra soggetto passivo ed attivo, la condotta del primo così testualmente, numero d.r denoti il requisito soggettivo dell'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo della idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e nel caso in esame, l'intento di appagare il proprio desiderio sessuale da parte del M. , pur in assenza di toccamenti in zone erogene che peraltro avrebbero determinato la consumazione del reato , è ampiamente provato dai gesti e dalle parole dell'uomo e la idoneità del suo comportamento a violare la sfera di autodeterminazione della donna è palesata sia dal gesto di bloccare la porta allungandosi, sia dal tentativo di trattenere mentre ella cercava di scendere, prendendola per la gamba. È evidente - secondo il Pubblico Ministero - che la richiesta di sesso da parte del M. non ha tenuto in alcun conto la volontà della donna, la mancata positiva risposta alle sue manifeste intenzioni e che essa, lungi dal turbare genericamente la tranquillità della donna, ha turbato la stessa anche nella sfera sessuale. Il motivo è fondato. Secondo l'orientamento di questa Corte per tutte Cass. 12.5.2010 numero 2742 Cass. n 7369 del 2006 , in tema di violenza sessuale articolo 609 bis c.p. , la condotta sanzionata comprende qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, pur se fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ovvero in un coinvolgimento della sfera fisica di quest'ultimo, ponga in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sfera sessuale. Il reato di molestia sessuale articolo 660 c.p. , è invece integrato solo in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi dall'abuso sessuale Cass. 12.5.2010 numero 2742 cit. . Ancora, è configurabile il tentativo del delitto di violenza sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta dal primo denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell’idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale Cass. Sez. 3 26.10.2011 numero 45698 . Nel caso di specie, l’imputato non si è limitato a meri atti di corteggiamento invasivo, perché – come accertato nel giudizio di merito – ha omesso di aprire la porta del mezzo di trasporto da lui condotto e, allungandosi, ha impedito il passaggio alla donna afferrandola altresì per la gamba nell’intento di trattenerla. Un tale comportamento materiale, accompagnato dai gesti volgari compiuti strano movimenti con la lingua, toccamento dei propri pantaloni e dalle parole oscene pronunciate “mi diventa grosso e duro”, invito a dare “una trombata” , denota senz’altro l’intento di appagare il proprio desiderio violando nel contempo la sfera di autodeterminazione sessuale della donna. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.